Autore: Msp17 [Kamy su efp]
Titolo: Innamorata
di un assassino
Prompt Vegeta
+
Bulma + n° 4 Viaggio/Navicella Spaziale
Personaggi: Vegeta;
Bulma
Genere: Generale
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if
Beta
Reading: (sì/no Nome)
No
Introduzione
alla storia: Ci
troviamo prima dei cyborg, Vegeta parte
dalla Terra per diventare supersaiyan; probabilmente il pianeta nemmeno
reggerebbe alla potenza della trasformazione. Bulma parte con lui
clandestina.
Note
dell'autore: Nessuna
Innamorata di un assassino
Le
gocce di
sudore mischiate al sangue cadevano pesantemente sul pavimento.
Vegeta
tirò
un calcio in aria, si voltò, colpì di taglio con
la mano. Evitò il laser,
rotolò di lato schivando anche l’altro,
allungò le braccia e lanciò due onde.
L’energia fuoriuscì bluastra-violacea dai suoi
palmi.
I
robottini
da allenamento esplosero nell’impatto con i ki blast, i
rottami precipitarono
in terra con una serie di rumori sordi. La carcassa aperta di uno dei
due
rimase immobile, ne uscì un liquido nerastro e un paio di
circuiti presero
fuoco.
Il
principe
dei saiyan si rialzò, si passò una mano tra i
duri capelli neri, tirò indietro
la fastidiosa frangia e con la mano libera finì di
distruggere l’oggetto.
“Tsk”
mormorò.
Si
piegò in
avanti, si sistemò sul pavimento. La stanza era totalmente
rossa per colpa
della luce, l’aria la vedeva tremare. Su, giù, su,
giù, contava mentalmente i
piegamenti. “… 10… 11…
12… 13… 14…”
contò ad alta voce.
La
luce iniziò
a lampeggiare, il numero sul display si distorse, le stecchette
digitali
segnarono una serie di cifre senza senso, la gravità si
annullò.
“Si
è rotta
di nuovo!” pensò, seccato.
Si
rimise in
piedi, si passò una mano sul petto segnato dalle cicatrici
cercando di far
asciugare il sudore che rendeva le dita umidicce. Camminò a
piedi nudi fino
alle scarpe, le indossò facendo ticchettare la punta dorata
in ferro sul
pavimento. Si avvicinò al pannello di controllo e gli diede
un pugno, i tasti
cedettero spezzandosi, volarono una serie di frammenti di plastica. Il
metallo
si piegò formando una conca sotto la sua mano,
l’intero pannello tremò con un
gran fracasso. Le casse si misero in funzione, un frastuono terribile
gli
devastò i timpani, si portò una mano
all’orecchio, si piegò in avanti sulle
ginocchia e ringhiò.
“Maledizione
al vecchiaccio col gatto! Gli auguro di morire, portandosi nella tomba
la sua
fissazione per l’impianto stereo!”
ululò. Colpì nuovamente il macchinario che
tremò una seconda volta e dei circuiti mandarono delle
scintille bluastre, si
alzò del fumo, con un’ultima nota acuta e
prolungata la musica si spense. Si
avviò alla porta, l’aprì e la
lasciò sbattere. Proseguì fino a
un’altra stanza,
raggiunse l’immenso frigo bianco, lo aprì,
afferrò una lattina di birra.
Richiuse l’elettrodomestico, aprì
l’alcolico abbassando la levetta, appoggiò le
labbra sul metallo gelato e ingurgitò lunghe sorsate. Si
voltò, a lunghi passi
raggiunse il bagno, afferrò il primo asciugamano bianco che
si trovò davanti
appeso, se lo sistemò dietro al collo. Uscì,
accelerò il passo, rendendolo più
silenzioso. Raggiunse un’altra porta, colpì con
due pugni l’uscio, i cardini
scricchiolarono e con una serie di sussulti rischiò di
crollare.
“Terrestre
apri!” urlò il saiyan. I capelli a fiamma erano
leggermente scesi per colpa del
sudore, socchiuse gli occhi d’ossidiana. Sbatté il
candido stivaletto a terra
per poi digrignare i denti.
<
Dannazione! Non risponde > pensò. Si
appoggiò con l’orecchio al legno e
origliò, sentì un respiro profondo diffondersi
per la stanza.
Abbassò
la
maniglia ed aprì la porta con un tonfo.
“Non
sono
neanche elettriche” rifletté.
Entrò,
fece
qualche passo guardando il letto, abbassò lo sguardo sul
pavimento, saltò oltre
metà panino addentato in più punti;
evitò una bottiglia di vino vuota e passò
lateralmente a un cuscino. Si fermò davanti al giaciglio e
osservò Bulma
addormentata aggrovigliata nelle coperte.
<
Non è
nemmeno capace di dormire > pensò.
Si
abbassò
chinando la schiena, piegò anche le gambe. Portò
le sue labbra vicino
all’orecchio di lei, respirò un po’
più forte, ansimando.
“Gallina”
ululò. La giovane urlò, sgranò gli
occhi, mulino le braccia nel vuoto, rotolò
nel letto, sgambettò.
Il
saiyan
con un salto schivò il colpo involontario, la
osservò dimenarsi agitando
braccia e gambe, e ghignò. La terrestre ansimò,
cercò di sedersi, cadde in
ginocchio sul letto, i capelli color lilla[1]
le ricadevano lunghi e disordinati
davanti al viso.
“Che
vuoi
scimmione?” ringhiò. Sbatté un paio di
volte le palpebre, lo osservò
socchiudendo gli occhi, corrugando le sopracciglia.
“Ripara
subito la Gravity Room” disse con voce imperiosa il
guerriero. Mise le mani sui
fianchi, gonfiò il petto e alzò il capo.
“Non
sono la
tua schiava!” urlò la giovane. Si sedette sulle
coperte, incrociò le braccia e
allungò le gambe.
“Io
sono
Bulma Briefs, la punta di spicco della Caspsule corporation”
pensò. Sorrise
compiaciuta, mosse il capo in modo che i capelli azzurri ricadessero
indietro.
“Ora
donna!”
ordinò il principe dei saiyan.
“Te
l’ho già
riparata una ventina di volte!” strillò Bulma.
Chiuse i pugni e colpì il
materasso che tremò leggermente per il colpo.
“Appunto,
non fa altro che rompersi” le rispose il moro.
<
E ogni
giorno mi sembra di rivivere sempre le stesse cose > si disse
mentalmente.
I
muscoli
scattarono, il suo corpo si mosse per seguire il calcio laterale,
spiccò un
volo continuando a colpire usufruendo dello slancio precedente, le
gambe si
riavvicinarono e atterrò perfettamente in piedi.
Una
serie di
pugni, i movimenti rapidi delle braccia, tutti per un nemico invisibile.
Il
sudore
colava su tutto il corpo, solcava le cicatrici che segnavano il suo
fisico e
cadeva pesantemente a terra finché le gocce non creavano
delle pozzanghere. La
luce rossa che riempiva l’ambiente lo illuminava totalmente,
dandogli dei
riflessi ancora più cupi lì dove
l’ombra già copriva il suo viso. I capelli a
fiamma si muovevano leggermente seguendo le sue movenze a scatti, in
cui ogni
mossa vibrava per la forza con cui era stata inferta.
Sì
sentì ben
vivido uno scoppio, la luce si spense. Si voltò di scatto
verso il panello di
controllo, si avvicinò a passi veloci ma misurati, teneva il
capo ben dritto.
Storse la bocca in un’espressione di fastidio e i suoi occhi
neri si
socchiusero nel tentativo di scrutare da lontano la serie di tasti.
Batté
le
palpebre occhi tornando alla realtà, scacciando il ricordo.
“Possibile
che
tu non voglia fare altro che allenarti?!” ululò
lei.
<
Io
continuo a dire che se aveste ucciso subito Gero sarebbe stato meglio
> pensò,
incrociando le braccia.
“Potevi
anche non venire!” ruggì come risposta il saiyan.
“Ho
dovuto
nascondermi nella navicella! Mi avresti lasciata da sola
incinta!” gridò lei.
Sgranò
gli
occhi e ululò rabbiosa guardando il saiyan voltarsi e
dirigersi verso l’uscita
dalla stanza.
“Sei
schizofrenico!” gridò l’azzurra, vedendo
che apriva la porta. Scese giù dal
letto mettendo entrambi i piedi nudi sul pavimento, si mise in piedi e
rabbrividì sentendo il pavimento gelido sotto le piante
scalze, alzò la gamba
sinistra e la allungò facendo un passo per evitare un
orsacchiotto abbandonato
a terra, continuò a camminare fino a raggiungerlo.
“Mi
hai
capito!” gli strepitò.
Il
principe
dei saiyan si voltò lentamente. La afferrò per il
colletto della camicia da
notte, la giovane urlò divincolandosi e abbassò
lo sguardo quel tanto che basto
per vedersi lontana davvero troppo dal pavimento per i suoi gusti.
“Non
eri
invitata in questo viaggio…”
sibilò lui.
“Una
volta
che ti ho trovato clandestina a bordo, non ti ho ammazzato non
perché me ne
freghi qualcosa di te, ochetta o di quel marmocchio che porti in
grembo. Non
m’interessa un ca**o che è figlio mio”
ringhiò. Socchiuse gli occhi e le iridi
nere gli brillarono di luce vermiglia.
“Ti
sto
tenendo solo perché un meccanico mi fa comodo, ma tira
troppo la corda e come
minimo ti ritrovi abbandonata su un pianeta alieno!”
urlò. La terrestre
deglutì, lo guardò negli occhi.
<
Anni fa
sognai quegli occhi senza anima, pensai di morire >
rifletté. Strinse i
denti digrignandoli, il suo viso divenne vermiglio.
“Io
ti ho
offerto ospitalità in casa mia” sibilò.
Lui le appoggiò l’indice e il medio
sulla fronte, entrambe le dita s’illuminarono di violaceo.
“Hai
fatto
il minimo, terrestre, e non ti ho certo detto io di farmi entrare nel
tuo
letto” disse, abbassando la voce. Le tolse la mano dal capo,
la abbassò
lasciandola penzolare e mise giù Bulma.
“Riparami
la
Gravity Room” le ordinò nuovamente.
“Vuoi
continuare a scappare in eterno?” domandò lei e si
massaggiò le spalle con le
mani continuando a rabbrividire.
“No,
voglio
diventare supersaiyan. Dimostrare a tutti chi è il
più forte dell’universo
uccidendo quei cyborg e fare fuori Kakaroth”
ribatté incolore l’uomo.
La
giovane
chinò il capo.
<
Resterà
sempre un assassino > pensò, accarezzandosi il ventre
piatto.
“Povero
animale”. La carcassa fumava ed emanava un forte odore di
bruciato oltre che di
uova marce.
“Dannata
creatura, le sta bene di essere crepata!” ribatté
il saiyan.
“Era
uno dei
gatti di mio padre” mormorò Bulma.
Deglutì a vuoto un paio di volte.
"C'era
proprio bisogno che lo uccidessi con una delle tue sfere di energia?"
domandò e la voce le tremò. Vegeta
annuì e scoppiò a ridere.
Bulma
alzò
il capo e guardò Vegeta uscire dalla stanza.
“In
fondo è
colpa mia, che mi sono innamorata di un assassino”
bisbigliò.
[1]
Ho preferito inserire il vero
colore di capelli di Bulma, ossia quello che avrebbe avuto nel manga.
Al
contrario è controverso se Vegeta abbia o no dei riflessi
rossastri tra i
capelli, quindi ho preferito evitare di metterlo.