Note
iniziali: i personaggi di
questa shot arrivano dal fandom di “The vampire diaries”, sono
stati creati per il mio future!verse
Ginger
e per la meravigliosa History Repeating di Laura ♥
(se siete curiosi sui due personaggi della flash – e seguite TVD –
fate un salto nelle storie per conoscerli meglio!). Posto la shot nella sezione
“Originali” per il semplice motivo che non accenno a nessun
fenomeno paranormale, a nessuno dei problemi di vampiri/lupi/ealtroancora, ma solo all’amicizia tra questi due
personaggi creati da me e Laura. Può essere quindi letta come shot a
parte, senza sapere niente di TVD.
Personaggi/Pairing(s): Charlotte Williams/Mason
Lockwood. Citati Caroline
e Ricki Lockwood, i fratelli di Mason (sempre di proprietà di Laura :D).
Disclaimer:
Mason Lockwood appartiene alla magnifica Laura, Charlotte
Williams è invece un mio personaggio.
Per Laura, perché
oggi è il suo compleanno – nonostante abbia letto la shot in
anteprima assoluta – la seconda parte del regalo “inedito”
arriverà quando il computer collaborerà :D
Nel frattempo tanti auguri,
ti voglio bene ♥
Pictures of you,
pictures of me
Charlotte amava fondamentalmente due cose nella vita:
la fotografia e la sua famiglia. Per questo aveva costretto i genitori a
costruirle una piccola “camera oscura” in cui sviluppare le proprie
foto, man mano che la sua passione per quell’arte aumentava. La vecchia
lavanderia di casa sua era la stanza ideale, quindi con un po’ di
pazienza era riuscita a crearsi uno spazio tutto suo in cui poter riflettere e
rimanere da sola quando ne sentiva la necessità.
«E questa quando diavolo me l’hai
scattata?»
Certo, non quel giorno però. Si voltò
sbuffando verso Mason, che poco in là teneva un dito ad indicare una
foto appesa al filo che si estendeva per tutta la stanza. Ritraeva Mason seduto
su un tavolo di legno, nel cortile esterno del loro liceo, che leggeva un libro
di scuola. Nella luce rossastra, riuscì a cogliere lo stesso la sua
espressione confusa e anche un po’ scocciata.
«Quando non ci facevi caso, no?» lo prese
in giro, tirando fuori dalla vaschetta d’acqua una foto che aveva
scattato alla grigliata che i genitori avevano organizzato qualche settimana
prima per rivedere dei vecchi amici di famiglia.
«Appunto, bella roba la privacy…»
affermò Mason, scotendo la testa e infilando le mani nelle tasche dei
jeans.
La ragazza roteò gli occhi verdi, prima di appendere
la foto, «Quanto la fai lunga… sei anche venuto bene!»
affermò sicura, «L’unico modo che ho di avere una tua foto
decente è quella di scattartela di nascosto.»
«A parte il fatto che nelle foto vengo sempre bene…»
ghignò Mason, «Non capisco perché sono l’unico a cui
scatti le foto di nascosto.» le lanciò un’occhiata
eloquente.
Charlotte deviò lo sguardo, mentre allungava le
pinze per girare la carta nella bacinella d’acqua: non aveva tutti i
torti, il novanta per cento delle foto che aveva scattato al suo migliore amico
non lo ritraevano con gli occhi fissi nell’obiettivo.
«Perché quando sei consapevole di essere
davanti all’obiettivo, assumi la tua espressione da fighetto.»
Lui le si avvicinò, sbirciando l’ennesima
foto che la ragazza stava sviluppando, «Ah-ha.»
commentò semplicemente, senza darle corda. Charlotte lo spintonò
con una spalla, ridacchiando.
«E’ la verità!» gli disse
facendogli poi la lingua quando anche lui la spintonò leggermente, «Quando
non guardi l’obiettivo sei una persona completamente diversa.»
disse senza pensarci.
Mason fece una smorfia, «Tipo?»
«Tipo…»
lei parve pensarci un attimo, prima di alzarsi in punta di piedi per
raggiungere una foto appesa più in alto rispetto alle altre. La
staccò dalla molletta e gliela porse, sorridendogli complice, «Ti
faccio vedere la differenza.» disse prima di dargli le spalle per cercare
un’altra foto.
Il giovane Lockwood sfiorò quel rettangolino di
carta lucida, con le sopracciglia corrugate in un’espressione
concentrata: erano al bowling, e lui circondava le spalle di un’allegra
Caroline Lockwood con un sorrisetto sulle labbra. Non capì
immediatamente a cosa si riferisse l’amica, prima che questa tornasse di
fronte a lui porgendogli una seconda foto.
Sempre al bowling, ma questa volta erano Ricki e
Caroline a guardare l’obiettivo. Dietro di loro vi era seduto lui, con le
scarpe da bowling tra le mani e un sorriso a increspargli le labbra nel fissare
il fratello e la sorella fare le smorfie alla macchina fotografica.
«Voglio bene ad entrambe le versioni.»
disse Charlotte, che si stava rifacendo la coda di cavallo in cui aveva
raccolto i lunghi capelli castani. Aveva un sorriso dolce in volto, mentre lo
fissava, «Eppure la seconda versione è quella che preferisco,
quando ti scatto una foto.»
Mason ricambiò lo sguardo un attimo, per poi
sospirare, «Tu sei pazza.»
«Sempre carino.» lo etichettò
Charlotte, dandogli di nuovo le spalle.
Rimasero in silenzio qualche minuto, mentre Mason
tornava a studiare le varie foto in attesa che l’amica finisse. Non era
la prima volta che rimaneva da solo con lei nella camera oscura, ma di solito
non ci rimaneva così tanto. Charlotte preferiva il silenzio quando era
impegnata in quel lavoro e ripeteva sempre che non lo voleva tra i piedi, con
le sue battute sarcastiche a distrarla. Quindi, trovarsi per più di
mezz’ora in quella piccola stanza, non era routine quotidiana.
«Oh cazzo.»
Charlotte sobbalzò quando Mason imprecò
a mezza voce, «Che succede?» domandò allarmata. Trovò
l’amico a bocca aperta, intento a fissare una delle foto attaccate al
muro: erano quelle che la ragazza aveva sviluppato negli anni, ma non sapeva in
quale album di foto sistemarle.
«Perché hai questa foto?»
strappò una foto dal collage, porgendogliela sconvolto. Se non ci fosse
stata la luce rossastra, Charlotte avrebbe giurato che fosse arrossito. La
ragazza osservò la foto, mordendosi le labbra nervosamente nel
riconoscerla, «Charlie… perché.hai.questa.foto?» ripeté
scandendo ogni parola lentamente.
Lei sospirò, «In realtà non mi sono
resa conto che eri nell’obiettivo, fino a quando non l’ho
sviluppata qualche settimana dopo.» disse, capendo il motivo per cui
Mason fosse arrabbiato: in quella foto c’erano lui e la sua prima
ragazza, intenti a scambiarsi un bacio. Il problema è che era il primo bacio del suo migliore amico,
quando aveva quattordici anni. Ora che di anni ne erano passati altri quattro,
era ovvio che non ci pensasse più come prima, ma tuttavia a quel ricordo
sembrava esserci ancora molto legato.
«E posso sapere anche perché l’hai
tenuta?»
Charlotte tentennò, abbassando per un momento
lo sguardo, «Era il tuo primo bacio, Mase.»
disse solo.
Quando riportò gli occhi su di lui, si accorse
che la fissava sempre più confuso, «E allora?»
«Va ricordato.» mormorò quindi
l’amica.
Mason si passò una mano sul viso, stancamente, «Ma
di che parli? Quella serata fu un completo disastro!»
«Almeno tu l’hai avuta, una serata del
genere.» lo interruppe Charlotte. Sostenne un momento il suo sguardo
accigliato, trovandosi ad arrossire per quella pseudo-confessione. Mason ci
mise qualche secondo a collegare quelle parole.
«Scusa, ma Keith…»
«Keith era un idiota.» sbottò
ricordando il ragazzo per cui si era presa una cotta quando aveva quindici
anni. Un bel ragazzo, certo, ma con la tendenza ad ignorarla platealmente di
fronte ai suoi amici e prenderla in giro quando non erano da soli, «E io
ci tenevo troppo al mio primo bacio, quindi ho preferito stroncare sul nascere.»
ritornò alle sue foto, imprecando a mezza-voce e ringraziando il cielo
che quella che stava sviluppando non si fosse bruciata.
«Avevi quindici anni, Charlie.» fece
notare Mason, «Cosa pretendevi?»
«Di certo quello che sognano tutte le ragazzine
a quell’età.» replicò ironica, «Volevo baciare
qualcuno che ci tenesse a me… ma tu sei un maschio, non puoi capire.»
concluse voltandosi per scoccargli un’occhiata divertita.
Mason fece una smorfia, fissando la schiena
dell’amica. L’ultima parte della frase era la solita scusa banale
che lei proferiva quando non voleva soffermarsi troppo a spiegargli qualcosa,
per un motivo o per l’altro.
«E ora… come vorresti che fosse il tuo
primo bacio?»
Si irrigidì dall’imbarazzo nel sentire
quella domanda: non era abituata a parlare con lui di certi argomenti,
soprattutto perché Mason lo faceva senza peli sulla lingua. Era molto
più tranquillo su quell’argomento e lei a volte lo detestava per
quel motivo.
«Non è cambiato molto, voglio sempre che
sia qualcuno a cui tengo e che mi vuole bene a sua volta.» rispose
d’istinto, mentre Mason le si metteva accanto armeggiando con una vecchia
polaroid che aveva lasciato su uno scaffale.
«Quindi… va bene anche un amico?»
Charlotte quasi fece cadere la vaschetta d’acqua
a terra, compresa di pinze e carta lucida, quando sentì quelle parole.
Dopodiché non riuscì neanche a pensare di rispondere,
perché quando si girò trovò Mason a mordersi il labbro
inferiore per trattenere un sorriso.
Si limitò a fissarlo mentre allungava una mano
verso il suo viso, a sfiorarle una guancia – e il sorrisetto che si
dipinse in volto al ragazzo le confermò che grazie a quel semplice tocco
aveva capito che era arrossita – per poi chinarsi sulle sue labbra.
Chiuse d’istinto gli occhi, senza la forza di respingerlo o altro. Si
ritrovò semplicemente a scollegare il cervello che continuava a ripetere
“è il tuo migliore amico”, e appoggiò una mano sul
petto di Mason, mentre ricambiava il bacio. Quando sentì il rumore
tipico di una foto scattata da una polaroid, ci volle qualche secondo prima che
Mason si separasse. Riaprì gli occhi, sforzandosi di non pensare a
quanto il cuore stesse battendo così veloce da sfondare quasi la gabbia
toracica. Si limitò ad allontanare la mano dal petto dell’amico,
mentre lui faceva lo stesso dal suo viso – non prima di aver sfiorato con
il pollice la sua guancia ormai bollente. Un piccolo quadrato di carta lucida
le comparve davanti agli occhi, quando Mason si staccò e le rivolse uno
sguardo un po’ impacciato. Nella luce rossastra, Charlotte capì
che nonostante la tranquillità che Mason si ostinava ad esibire, anche
lui era un po’ in imbarazzo per ciò che era successo.
«Non devo dirti che…»
«No, certo che no.» lo interruppe
Charlotte, prendendo in mano la polaroid.
Era ovvio
che quella foto non avrebbe dovuto stare con le altre, avrebbe suscitato troppe
domande da parte di amici e parenti. No, quella foto e quel momento erano qualcosa
di troppo personale per poterlo condividere con qualcuno che non ne avrebbe
capito il vero significato.
Un paio di tocchi alla porta chiusa li riportarono
alla realtà, «Mason, ti fermi a cena?» domandò Elena
oltre la porta. Il ragazzo rispose con un “no”, usando un tono di
voce con cui la madre dell’amica potesse sentirlo. Tuttavia, Charlotte si
ritrovò a sorridere divertita poiché si era ritrovato a
balbettare su quel semplice “no”.
Seguì un attimo di silenzio, ma proprio quando
Charlotte stava iniziando a calmare il cuore e riconnettere il cervello, Mason
prese un grosso respiro e si allontanò in direzione della porta, «Beh,
ti lascio alle tue foto…»
«Mase…» lo
richiamò quando il ragazzo fu già fuori per non rischiare di
rovinare le foto con la luce in corridoio.
Socchiuse la porta, annuendo e guardandola con un
sorriso sincero sulle labbra, «Lo so.» disse soltanto, prima di
chiudere in fretta la porta e lasciarla da sola.
Charlotte a quel punto si permise un sorriso, nel
guardare la polaroid che ancora teneva tra le mani: lì, nella luce
rossastra della camera oscura, era immortalato il gesto d’affetto
più grande che Mason avesse mai fatto per lei.