“Qual
è la tua epoca preferita?” domandò
Twelve alla
ragazza. Forse se l’avesse fatta felice in qualche modo, lei
per ricompensarlo
gli avrebbe dato qualsiasi cosa…
“Roma
Antica” rispose immediatamente Veronica.
“Bene,
andremo a fermare i Germani di Arminio
allora, e a salvare le legioni di Augusto!” disse il
Dodicesimo Dottore digitando
la destinazione designata.
“Fermo!
Cosa fai?Non puoi! Cambieresti la Storia!”
si mise in mezzo la ragazza, bloccandogli le mani. “Una volta
vidi un
documentario di History Channel che spiegava che se Roma avesse
conquistato la
Germania, una sola cultura si sarebbe imposta in Europa, e non ci
sarebbe mai
stato nessun Napoleone Bonaparte, né tantomeno Adolph
Hitler!” spiegò
concitata.
“Ah,
sì?” Twelve inarcò il sopracciglio,
infastidito
da quella lezione di Storia non richiesta. “Tanto meglio,
allora!” decretò
annoiato, cercando di finire quello che aveva iniziato.
“No,
Dottore! Non puoi farlo! Non devi cambiare la
Storia.” Gridò allarmata Veronica.
“Perché
no? Chi me lo impedisce? Una sciocca
ragazzina umana che si crede importante solo perché viaggia
a bordo del Tardis
con me?” disse arrabbiato.
La
ragazza non demorse, e si morse la lingua per non
rispondere a tono all’ennesima frecciatina velenosa del
ragazzo. Prese in mano
la leva di avvio e lottò con il Dottore per il comando
dell’astronave. Il
rumore di motore che si ferma di colpo, dopo un ultimo borbottio, fece
loro
temere che qualcosa di brutto fosse successo.
Il
Dottore si precipitò alla porta del Tardis, e
l’aprì con una cattiva sensazione: il Tardis si
era fermato, in mezzo ad una
galassia non identificata, sospeso e immobile nella volta stellata.
“Guarda
cos’hai fatto!” la rimproverò duro
Twelve,
mettendosi le mani nei capelli.
Veronica,
rossa in viso, e sentendosi in colpa disse
a bassa voce: “Ma si può aggiustare,
vero?”
“Non
ne ho idea!” disse correndo verso la postazione
di comando e iniziando a trafficare.
Veronica,
invece, pensierosa, si sedette sulla
soglia del Tardis, per osservare la maestosità
dell’Universo.
All’improvviso
la ragazza si vide risucchiare in un
vortice e gridò spaventata.
Twelve
corse da lei, e provò a tirarla su, e a farla
rientrare dentro il Tardis. “Prendi la mia mano” le
urlò, mentre il berretto
gli veniva risucchiato dal vortice.
Veronica
la prese e si aggrappò a esse con
disperazione crescente.
“Non
lasciarmi, Dottore. Non lasciarmi” lo implorò
in preda al panico.
“Non
ti lascio, Veronica. Tu resterai sempre qui con
me, intesi?” obiettò preoccupato.
Il
Dottore fu sbalzato fuori dal Tardis, e urlò
mentre stava per essere risucchiato insieme alla sua compagna e alla
sua
astronave, fin dentro il vortice infradimensionale.
“Mhmm.
Che botta!” disse il Dottore aprendo gli
occhi.
“Mi
fa male dappertutto” si lamentò la ragazza,
stesa sotto di lui, in una posizione decisamente scomoda.
Twelve
si affrettò a spostarsi, anche se doveva
ammettere che era stato piacevole avvertire contro di sé il
corpo caldo e
morbido della giovane.
“Dove
siamo?” domandò l’oggetto dei suoi
pensieri,
appoggiandosi alla porta del Tardis.
Il
Dottore si guardò intorno e, per loro sfortuna,
non vide nulla di familiare. A dir la verità il Dottore,
come anche la sua
giovane compagna di viaggio, non scorsero proprio nulla!
Sotto
i loro piedi, intorno ai loro corpi, sopra le loro
teste, non c’era altro che una distesa sconfinata di azzurro.
Non esisteva
nient’altro, e dopo ore di cammino, ne ebbero la certezza.
“Non
mi convince” disse il Dodicesimo guardando il
Tardis davanti a sé.
“Cosa?”
domandò, sfinita, Veronica.
“Dove
andiamo. Il Tardis è sempre visibile, per
quanto ci sforziamo di distanziarlo!” considerò il
ragazzo, passandosi una mano
tra i capelli biondi.
“Hai
ragione, Dottore! Come abbiamo fatto a non
capirlo prima? Ma se stiamo girando intorno vuol dire
che…” Entrambi
sollevarono lo sguardo nel medesimo istante ed inorridirono nel vedere
che
sopra le loro teste un enorme occhio inquietante li stava osservando,
forse fin
da quando erano stati risucchiati nel vortice.
“D
… dottore? C… c…cosa è
quella cosa mostruosa?”
domandò indicando con il braccio l’occhio gigante
terrificante.
Twelve
prese Veronica per un braccio, mentre il loro
oscuro nemico oculare, accortosi di essere stato scoperto, stava
scatenando un
terremoto contro di loro.
“Sta
giù” le gridò facendole scudo con il
suo corpo,
quando poi qualcosa cadde dal cielo.
L’enorme
occhio alieno stava tirando fuori
l’armamentario pesante contro di loro,e a nulla valsero i
tentativi del Dottore
di eliminare, quelle che sembravano bombe, con il cacciavite sonico.
Ma
una volta giunti atterra, i misteriosi oggetti si
rivelarono innocui.
“Cosa
sono? Gocce di pioggia? Domandò Veronica,
incuriosita, toccandoli.
“Lacrime,
direi” rispose il Dottore, assaggiandone
una.
Veronica
alzò di nuovo la testa e vide che le
lacrime partivano proprio dall’Occhio. Ma perché
piangeva? E soprattutto che
intenzioni aveva?
Un
nuovo terremoto, stavolta di maggiore entità,
spaventò i due ragazzi. Veronica abbracciò il
Dottore, spaventata. Più
preparato a questa manifestazione d’affetto, rispetto alla
prima volta, il
Dottore ricambiò timidamente l’abbraccio, mentre
il mondo si capovolse, ed
entrambi persero i sensi nuovamente.
Al
loro risveglio si ritrovarono l’Occhio a una
distanza fin troppo ravvicinata.
Si
accorsero entrambi che era un semplice Occhio
senza corpo, e con una coda che gli consentiva il movimento.
Veronica
prese il Dottore per mano, determinata ad
affrontare al meglio quella nuova minaccia, mentre Twelve puntava il
suo
cacciavite sonico contro l’alieno, per avere una sua
identificazione.
Razza
estinta. Decretò
il Tardis. E allora perché loro riuscivano a
vederlo?
“Io
sono il Dodicesimo Dottore, Ultimo Signore del
Tempo del Pianeta Gallifrey, andato distrutto secoli fa. Ho mille e
duecento
anni, e posso aiutarti se mi dici cosa vuoi da noi, e perché
ci tenevi
prigionieri”.
Il
Tardis tradusse anche per Veronica, in modo che
anche lei potesse capire la lingua dell’alieno.
“Bimbo.
Bimbo!” disse iniziando a saltellare. “Mamma,
Mamma” urlò guardando Twelve con calore.
Il
Dodicesimo si ritrasse, preoccupato: in mille
anni di vita nessuno ancora l’aveva chiamato
“Mamma” seriamente.
Veronica
scoppiò a ridere, e dovette trattenersi la
pancia tanto si stava sbellicando!
Twelve
emise un gemito di stizza e cercò di spiegare
con tutta la calma(poca in verità) di cui disponeva, che non
era colei che
cercava cosi disperatamente.
Dopodicchè,
con una Veronica che ancora continuava a
ridere di lui, entrò nel Tardis, riparò il guasto
minimo, che la
sconsideratezza della ragazza aveva causato, e avviò il
motore.
Prima
sarebbero partiti e meglio sarebbe stato.
Sebbene
la partita per la conquista della ragazza
fosse solo agli inizi dovette ammettere con sé stesso che il
risultavo lo dava
già perdente!
Veronica
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