Questa è una riscrittura del capitolo pubblicato nel 2006.
A parte i miglioramenti stilistici, il racconto di Caleb a Will è
un po' cambiato rispetto alla versione originale, e tutta la parte sulla
cena è stata spostata al capitolo successivo.
Un grazie di cuore a Melisanna per le sue osservazioni puntigliose fatte sui capitoli 2 e 4 originali. |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon, tornata ad Heatherfield a trovare le sue amiche W.I.T.C.H., racconta loro che è preoccupata per una profezia, fatta da lei stessa, che prefigura una nuova tirannia a Meridian. Inoltre confida di avere grossi problemi ad adattarsi alla mentalità della città di cui è sovrana. Will è preoccupata: l'improvvisa ricomparsa di Elyon può attirare attenzioni inopportune anche su di loro. A Meridian, in un colloquio con la madre adottiva Miriadel e con il giovane Caleb, emergono le aspettative che rendono infelice Elyon: lei sola può porsi al vertice della piramide di controlli telepatici che assicura onestà e fedeltà in tutta la gerarchia sociale. Inoltre, lei sola potrà generare la prossima regina, e questo le rende impossibile sposare Caleb, che non può avere figli. Il giovane ottiene che lei si dimentichi del loro amore con l'aiuto di un filtro, ma resta al fianco di Elyon come amico e attendente. Elyon invita le amiche a cena a palazzo e, mentre si apparta con Cornelia per delle confidenze, lascia le altre in compagnia di Caleb. |
Cap.5
Il giardino di Phobos
(versione riscritta dell’Ottobre 2008)
Meridian, palazzo reale
Mentre la sua regina si trattiene con Cornelia, Caleb è al tempo
stesso deluso e sollevato che l’incontro con la sua vecchia fiamma sia
stato così breve.
Aveva immaginato mille volte di trovarsi nuovamente faccia a faccia
con lei, ed ogni volta era diverso.
La realtà è stata più prosaica. Avrebbe avuto
tante cose da dirle, ma temeva di incespicare ad ogni parola.
Nel ruolo di cicerone del castello, invece, si sente molto più
a suo agio. Ha già illustrato l’edificio a diversi ospiti importanti,
in passato, e le parole gli vengono senza sforzo.
“Questo palazzo risale alla regina Adariel, trecentoquaranta anni fa.
Ha sostituito, come residenza della regina, il vecchio castello”.
Guarda fuori da una finestra alta, dalle nervature simili ad ali di
farfalla. “Venite, ragazze, da qui si vede”. Lo indica loro attraverso
il vetro. “E’ stato usato come caserma, ma ora quasi tutte le unità
militari che vi erano stanziate ai tempi di Phobos sono state spostate
fuori città e impiegate per la costruzione di strade e acquedotti”.
Will osserva con attenzione la tozza costruzione lontana. “Sembra proprio
un castello medievale terrestre, con mura di pietre squadrate, merli e
torri. Non somiglia minimamente a questo dove siamo ora”.
Caleb annuisce. “Quel castello è antichissimo, fu costruito
ai tempi di Escanor”.
“E questo?”. Will indica attorno a sé.
“Il palazzo dove siamo ora fu disegnato dalla regina Adariel da giovane”,
riprende Caleb, “ma passarono trent’anni prima che lei potesse inventare
quasi dal nulla i metodi per costruirlo. La magia ebbe un ruolo determinante:
le pietre degli ultimi piani furono teletrasportate in alto una per una,
e saldate con le restanti. Questa costruzione è in grado di resistere
a qualunque cataclisma, e di ripararsi da sola come un organismo vivente”.
Irma reprime uno sbadiglio. Ha un commento telepatico per le amiche:
‘Questa sarebbe la gita ideale per il professor Collins. Will,
chissà se lui ha usato questo sistema per fare colpo su tua madre?’.
Un’occhiata di Caleb, oltrechè di Will, le fa capire che quel
metodo di comunicazione non è così privato come credeva.
Il luogotenente le dice, con tutta la gentilezza di cui è capace:
“Irma, hai piacere di andare ad aspettare Elyon nel giardino? E’ bellissimo,
forse ti piacerà più del palazzo o del mio cianciare”.
Irma arrossisce colpevolmente, e cerca di recuperare con un largo sorriso.
“No, Caleb, io adoro seguire una guida d’eccezione come te!”.
Si percepisce un risolino imbarazzato delle compagne.
Lui annuisce severo. “Sono contento della tua attenzione. Però
sappi che ti aspetteranno ancora delle scalinate in salita”.
Irma ora comincia a temere di essere stata congedata. “Peccato che
non ci siano ascensori!”.
“Veramente ci sono”, ammette Caleb. “Non assomigliano ai vostri…”.
“Perché?”, chiede preoccupata. “Hanno fauci aguzze e il motto
‘Lasciate ogni speranza, o voi che entrate?’”.
“No”, risponde Caleb, sopprimendo un sorriso divertito. “Sono piattaforme
per il teletrasporto che appaiono come dischi bianchi sul pavimento”.
Irma sorride sollevata.“Grazie, vada per l’ascensore!”, conclude.
“A me farebbe tanto piacere vedere il giardino”, se ne esce inaspettatamente
Hay Lin, alla quale il teletrasporto di prima ha già fatto venire
le farfalle nello stomaco. “E’ quello stesso di Phobos?”.
Caleb aggrotta le sopracciglia, sfiorato dal sospetto di essere piuttosto
noioso come guida. “Sì, ma i mormoranti e le piante letali non ci
sono più. Elyon è di casa lì”.
Taranee decide di accodarsi all’amica. “Aspetta, Hay, ti seguo”.
Poi, con un sorrisino di scusa a Caleb: “Ci raggiungi giù anche
tu, dopo il giro?”.
Meridian, giardino di Phobos
Quando Hay Lin e Taranee escono dalla porta nella torre ed accedono
alla coltre verde del giardino, il sole sta declinando su Meridian, ma
dalla luce che passa attraverso la vegetazione si capisce a malapena se
è giorno o notte.
Alcuni fiori stanno aprendosi lentamente, mostrando i primi segni della
loro luminescenza notturna.
La voce di un uomo proviene da un angolo scuro sotto un albero. “Stando
qui, non si può capire l’ora dalla posizione del sole, né
dalle stelle. Però, chi ha esperienza la può dedurre dai
fiori che sono aperti o chiusi, o dall’orientazione di certe corolle”.
Quando gli occhi si abituano alla penombra, le ragazze riconoscono
il giardiniere. “Daltar! Ricordo bene?”, lo saluta Taranee.
“Ben tornate, guardiane”. Ad una seconda occhiata, resta incerto. Le
ricordava più adulte. “Ma siete voi?”.
“In persona!”, risponde Hay Lin. “Non temere, non ci sono cadute le
ali invecchiando!”.
L’ambiente attorno viene illuminato da un lampo blu, mentre lei, per
dimostrare ciò che dice, si trasforma nella Guardiana dell’Aria
in alette e calze a righe.
“Ta-dah! Mi riconosci, ora?”, chiede con un sorriso giocoso. Osserva
lo sguardo meravigliato del giardiniere, e decide di prenderlo per un sì.
Detto questo, opera la trasformazione inversa, molto meno spettacolare.
“E’ solo che siamo fuori servizio”, conclude.
“Stiamo aspettando Elyon… cioè Sua Altezza”. spiega Taranee.
“Aveva qualcosa di personale da dire a Cornelia, e si sono appartate assieme”.
“Scommetto che le sta raccontando la sua vita da quando è nata”,
scherza Hay Lin.
Il vento fruscia tra le foglie.
Hay Lin ascolta attenta. “Tacete un attimo, per piacere. Questo sussurro
di foglie… mi ricorda qualcosa. Daltar, mi parla di te. Delle tue ore passate
a curare amorevolmente queste piante. Delle potature, degli innesti. Per
te questo non è solo un lavoro, o sbaglio?”.
Il giardiniere sorride. “E’ vero. Questo giardino è quasi la
mia ragione di vita. Sono stato io a portarlo all’attuale splendore negli
ultimi venti anni. Phobos mi ha…”.
“Scusa, questo fruscio… ora è lui. Phobos, scommetto”. Per la
Guardiana dell’Aria, la voce del vento non ha misteri. “Risentimento…vendetta…
la sensazione di avere subito una enorme ingiustizia. Il desiderio di rivalsa”.
Daltar annuisce. “La tua sensibilità è sorprendente,
Guardiana. Questo giardino era realmente il luogo favorito di Phobos. Venite,
vi accompagno a vedere la vasca con le ninfee dove faceva il bagno”. Muove
qualche passo in salita, verso una piccola rupe che sembra marcare il centro
del giardino. “E’ quella”, indica una pozza limpida ai piedi di una cascatella
artificiale.
Poi si volge verso due alberi enormi: “Dietro a quella cortina di rampicanti,
c’era il suo angolo preferito”.
Le ragazze si dirigono verso il luogo indicato, scostando i rampicanti.
Erba e muschio sofficissimi rivestono il terreno costellato dai fiori gialli.
Hay Lin si siede. “Il terreno è morbido come un cuscino”.
Anche Taranee si siede, chinandosi sul tappeto erboso. “Questi fiorellini
hanno un profumo delizioso”.
Le ragazze li annusano, inebriandosi con quell’aroma così esotico.
Daltar le raggiunge. “Guardiane, non annusate direttamente quei fiori.
No, non così!”.
“Perché? E’ stupendo!”, si estasia Hay Lin, immergendo il viso
nella folla di corolle profumate.
Taranee ridacchia. “Hai il muso giallo. Cioè, ancora più
giallo del solito!”.
“E le tue mani! Guardale!”, ribatte Hay Lin con insolita allegria.
L’altra si porta una mano alla fronte, senza perdere il sorriso. “Ho
un po’ di mal di testa, Hay Hey. Hai parlato ancora troppo!”.
Daltar scuote il viso, senza partecipare all’allegria delle due ragazze.
“Guardiane, avete fatto male ad annusare appieno quei fiori. Colpa mia,
non ho fatto in tempo ad avvertirvi. Dovrebbero essere usati solo per propiziare
grandi poteri magici in occasioni particolari. Ora venite via…”.
Per tutta risposta, Taranee inizia a sproloquiare. “Si trattava bene
Phobos. Bravo il nostro tirannello! Ma non ho bisogno di prati e
fiori: guarda cosa faccio, Hay Lin”. Comincia a creare dei bellissimi cerchietti
di fuoco con le dita. “Guarda Hay Hey: questi, Phobos non li sapeva fare!”.
La cinesina non ascolta l’amica. Resta assorta nell’ascoltare una debole
folata di vento. “Quanti progetti sono nati in quest’angolo! Quanto potere
hanno portato! Prima ancora che sua madre morisse, Phobos era già
quasi il padrone incontrastato. E all’ultimo momento, zac, viene la piccoletta
a gettargli acqua sul fuoco. O era benzina? Ah…benzina…”.
Daltar alza un po’ la voce: “Guardiane, venite via, andiamo dentro
a sederci su un divano!”.
“Aspetta aspetta!”, dice ancora una Hay Lin esaltata. “Un’altra folata.
Questa è lei! La piccoletta! Oh, questo è anche il suo angolo
preferito. Altrochè trono! Altrochè riunioni noiose con omini
verdi! Che confusione! C’è più confusione nella testona di
Elyon che nella camera di Will! E le brucia ancora… le brucia ancora di
non essere riuscita a difendersi da Phobos da sola! Bastava che lo chiedesse;
prego, Luce di Meridian. Cavatela pure da sola! Illuminaci!”.
Daltar si sta irritando. “Venite via, guardiane! E tenete la bocca
chiusa!”. Le afferra per i polsi e le allontana dall’angolino dei fiori.
“Ahi!”, protesta Taranee. “Mi fai male! Nessuno ti ha mai ridotto in
cenere prima d’ora?”. D’improvviso, si porta l’altra mano alla fronte.
“Ohi, la testa, che cerchio, sembra un cerchio di fuoco nella mia testa.
Attorno alla testa”.
Con impressione, Daltar si accorge che la ragazza ha realmente un cerchio
di innaturale fuoco giallo e freddo che le cinge il capo come una corona.
Hay Lin continua a sproloquiare per conto suo. “Una folata di vento!
Datemi una folata di vento, e vi racconterò tutto quello che illumina
la Luce di Meridian!”.
La risposta del suo elemento non si fa attendere: un soffio innaturale
comincia a turbinare nel giardino, agitando le fronde e l’erba. Mentre
Daltar le sta ancora tirando verso l’ingresso della torre nordest, vengono
nuovamente raggiunti dal profumo inebriante dei fiori gialli.
Hay Lin nota la zappetta appesa alla cintura del giardiniere, la sfila
e la fa suonare contro il muro del palazzo. “ Questo sei tu, Daltar.
Ti riconosco! Non è la prima volta che succede, eh? Quando eri appena
arrivato… ah, quante scemenze che hai detto. Le guardie ti hanno portato
a smaltirla in guardina prima che ti sentisse Phobos…”.
Taranee continua a lamentarsi. “La testa… Ho un cerchio di fuoco nella
testa… Di che colore è il fuoco in questo posto? Io vedi fuoco giallo…”.
Arrivati finalmente alla breve scalinata dell’ingresso, Daltar le trascina
su quasi con rabbia.
Entrati nell’atrio, due guardie e una cameriera li guardano con costernazione,
mentre una nuova folata di vento richiude di botto la porta alle loro spalle.
“Chiama il dottor Tarnos!”, grida Daltar alla donna. “Un’altra intossicazione!”.
Lei guarda impressionata la corona di fuoco che cinge la testa di Taranee.
“Può servire anche un secchio d’acqua?”.
Meridian, atrio del palazzo reale
Un quarto d’ora e varie iniezioni dopo, l’antidoto del dottor Tarnos
ha iniziato a fare effetto.
Hay Lin e Taranee smaltiscono i fumi del polline sedute scompostamente
su un sontuoso divano nell’atrio.
“Ohi, la testa… “, si lamenta Hay Lin serrando gli occhi.
“Non dire niente…”, le fa eco Taranee con viso sofferente.
Quando discendono dallo scalone, Caleb, Will e Irma notano l’atteggiamento
sofferente delle amiche.
Il luogotenente intuisce subito le cause del malessere. “Ragazze, siete
state lì dei fiori gialli?”, chiede alle due ciondolanti sul divano.
“Mai più… mai più!”, risponde Hay Lin boccheggiando.
“Ho ancora mal di testa…”, aggiunge Taranee, portandosi le mani alle
tempie.
Caleb si morde il labbro. “Colpa mia, temo. Avrei dovuto avvisarvi,
ma ero certo che lo avrebbe fatto Daltar”. Rivolgendosi a Will e Irma,
aggiunge: “Quei fiori possono essere un problema”.
“Quali fiori?”, chiede Will.
“Si trovano nell’angolo del giardino preferito da Elyon”. Fa strada
verso la porta. “Venite a vederli?”.
“Ma, se è pericoloso…”, nicchia Will.
“Non vi salteranno addosso. Sono una gioia per gli occhi, purché
si faccia un minimo di attenzione. Non dovete annusarli a pieno, perché
il loro polline ha proprietà particolari”.
Scendendo la breve rampa di scale che digrada sul giardino, lui continua:
“Elyon passa molto tempo lì, però non la abbiamo mai vista
nelle condizioni in cui dovevano essere le vostre amiche poco fa”.
Poco dopo, scosta con il braccio una cortina di rampicanti, facendo
strada alle ragazze.
Le due guardano, a bocca aperta. Il giallo vivido delle corolle rivaleggia
con il verde tenero dell’erba, e con quello più scuro dei cespugli
ed alberi che chiudono quest’angolo di paradiso.
“Ma è meraviglioso!”, esclama Will, meravigliata.
“Ed ha un profumo stupendo!”. Irma annusa voluttuosamente l’aria, poi
passa la mano tra i fiori, ammirando le tracce gialle che restano sulle
mani, e poi soffiandole via.
“E’ vero!”, annuisce lui. “Era anche l’angolo preferito di Phobos.
Qui i konnestras ci sono da molto tempo, ma è lui che ha voluto
che fossero piantati in questa quantità.”.
Will si acciglia all’accostamento inatteso. “Pensi che questo posto
possa avere qualche influenza negativa su di lei?”.
Lui si stringe nelle spalle, passandosi una mano sul mento. “Non so.
Elyon fa molta fatica ad accettare alcuni degli aspetti del suo ruolo.
All’inizio, tutto sembrava più facile. Era entusiasta, fiduciosa,
si sentiva come una principessa delle favole. Poi, ai primi confronti con
le vere responsabilità, si scoprì inadeguata. Si rifugiava
in attività marginali come visitare la gente, organizzare feste…”.
“Un po’ come Cenerentola II”, interviene Irma dall’alto della sua cultura.
“Non conosco questa regina”, risponde perplesso Caleb, per poi tornare
al filo del suo racconto. “Poi c’è stata quella prigionia a Kandrakar
che l’ha segnata”.
Will annuisce triste. “Non posso biasimarla per questo”. Si figura
quel luogo da incubo, ammantato da candide nuvole e dalla retorica di quella
stessa Kandrakar di cui lei è guardiana, che custodisce l’equilibrio
tra i mondi. Ha dovuto spesso ripetersi che un luogo come quella torre
può essere stato dettato dall’anelito ad un bene superiore.
“E poi”, riprende Caleb, “poco tempo dopo, nel giorno del suo compleanno,
ricevette da Galgheita un cofanetto sigillato con dentro una lettera postuma
di sua madre”.
“Postuma?”, si stupisce Irma. “Ma sua madre è pur viva, la abbiamo…”.
Lui la interrompe. “Non mi riferisco a Miriadel, ma alla regina Nadarin,
madre di Elyon e di Phobos”.
“Cosa c’era scritto, su quella lettera?”, chiede Will.
Caleb scuote il viso. “Nessuno lo sa, se non lei. Si ritirò
a leggerla in camera sua, e ne fu sconvolta. Da allora, si è rifugiata
sempre più spesso nel posto in cui siamo ora”.
“Le è stato di conforto?”, chiede Will.
“Non so. Il suo umore è diventato instabile: in alcuni momenti
è solare, entusiasta di tutto. A distanza di poche ore sembra un’altra
persona, irritabile e lontana. Spesso fa cose di cui si pente, e poi chiede
scusa in lacrime. Prima non era così”.
“Glielo hai detto?”, chiede Irma. “E lei?”.
“Ho fatto di tutto per sostenerla, per darle forza, con il risultato
che…”. Caleb si interrompe, mentre una nuova ombra passa sul suo viso.
Scuote la testa, scacciando qualche pensiero. “E poi, stando qui a lungo
tra i konnestras, il dono della profezia le si è manifestato prima
del tempo”.
“Prima del tempo…”, ripete Will. “Di quale tempo?”.
“Dell’età in cui si è manifestato nelle regine che l’hanno
preceduta”.
“Ma che dono e dono, è una iettatura!”, se ne viene fuori Irma,
seduta sul pendio con gli occhi un po’ più lucidi del solito. “Sarebbe
stato meglio non sapere certe cose, se poi non si possono evitare!”.
“Verissimo”, ammette cupo Caleb. “Però, talvolta le profezie
infallibili si possono interpretare in più modi”.
“Come la profezia della tirannia. Mi farebbe perdere il sonno”, continua
Irma ancora più inopportuna del solito.
Caleb annuisce ancora. “Credo che anche lei ci abbia passato delle
notti in bianco”. Sospira, senza guardarle. “Sapere di essere destinata
a diventare un tiranno non…”.
“COSA?” rispondono le ragazze a una sola voce, spalancando gli occhi.
“Sarebbe lei, il tiranno?”, completa Irma, scambiando uno sguardo allibito
con Will.
Caleb si porta le mani al viso. “Non ve l’aveva…”. Scuote la testa.
“Basta così, Guardiane. Ho parlato e straparlato!”. Si alza in piedi,
guardando con rabbia il terreno attorno a sé. “Magari sono stati
questi fiori traditori ad annebbiarmi la mente e sciogliermi la lingua”.
Will, turbata, cerca di giustificarlo. “Ma no, Caleb. Scommetto che
Elyon ci ha chiamate qui anche per parlarci di questo”.
“Può darsi”, annuisce lui. “Visto che la profezia vi riguarda…”.
Will aggrotta gli occhi. “In che modo?”.
Caleb si morde ancora il labbro. “Ve lo dirà lei stessa, se
vorrà. Scusate, ho parlato troppo. Torniamo dentro, ora”.
Salone alla base della torre nordest
Scendendo lo scalone, Elyon e Cornelia trovano le amiche ciondolanti
sul divano dell’atrio, sotto lo sguardo impassibile di due guardie in divisa
verdazzurra ai lati della sala.
Sua Altezza le saluta scherzosa. “Tara, Hay, vedo che Caleb vi ha fatto
camminare fino allo sfinimento”.
Quando un rantolo inarticolato esce dalla bocca di Hay Lin, l’ombra
di una smorfia ironica passa sul viso dei due militi impettiti.
Una volta di fronte alle loro amiche, Cornelia ed Elyon notano il loro
sguardo stranamente spento.
“Ragazze, vi sentite bene?”, fa la Guardiana della Terra.
“Meglio, grazie”, risponde Hay Lin con un poco convincente strabuzzare
d’occhi.
“Solo un capogiro”, boccheggia Taranee.
Elyon storce il viso. Ha notato le tracce di polline giallo sulle scarpe
ed i vestiti delle due.
In quel momento, Caleb rientra dalla porta sul giardino. Anche lui ha
qualche traccia gialla sui pantaloni e le scarpe, ed abbassa gli occhi
colpevoli.
Quando entrano Will e Irma, la Luce di Meridian nota una nuova preoccupazione
nel loro sguardo.
Sarà il caso di chiarire la cosa entro la serata, si promette.
Ora riprende il tono festoso da padrona di casa: “Ragazze, restate
a cena? Il nostro cuoco ha già preparato per tutte!”.
Le altre si guardano indecise.
“Vi prego!”, aggiunge Elyon con sguardo supplichevole, più da
bambina che da regina.
Will risponde combattuta: “Credo che a quest’ora ci stiano aspettando
a casa. Non sanno neanche…”.
“Non c’è problema, Will”, le sorride Sua Altezza. “Ti accompagno
a telefonare!”.
Irma spalanca gli occhioni verdi, ancora un po’ arrossati. “Avete il
telefono, qui?”.
“Veramente no”, ammette Elyon. “E neanche la copertura di rete. Andremo
un attimo ad Heatherfield, a casa mia”.
Will annuisce dubbiosa, mentre Elyon la prende a braccetto. L’ immagine
delle due, avvolta da un debole scintillio, tremola e svanisce alla vista.
Cornelia continua a guardare, inquisitoria, le sue amiche boccheggianti.
“Ma cosa vi è successo? Sembrate ancora più strane del solito”.
“Sono quei fiori gialli…”, biascica una Taranee decisamente non nei
momenti migliori.
Caleb risponde: “I konnestras. Se si respira a pieno il loro polline,
gli effetti sono stranissimi e sgradevoli. Anzi, quelli che vedi sono solo
i postumi”.
“Konnestras?”. Cornelia ha già sentito quel nome. Sono i fiori
ritratti nel disegno che Elyon le ha regalato poco tempo prima. “Per piacere,
posso vederli?”.
Caleb annuisce, incerto. “Va bene. Seguimi. Ma attenta…”.
Giardino di Phobos
Quando Caleb le scosta i rampicanti, Cornelia accede con meraviglia
a quell’insidioso angolo di paradiso.
Guarda il giallo vivido che sembra abbagliare. Annusa l’essenza profumata
di cui si ammanta il suolo. Sfiora con le dita le corolle delicate, e ne
percepisce le proprietà psicoattive.
“E’ bellissimo… e ingannevole. Quei fiori fanno più male che
bene. Non dirmi che…”.
“Che questo è l’angolo preferito di Elyon?”. Le ha letto nel
pensiero. “Sì, è così”.
Lei annuisce preoccupata. “Credimi, io capisco le piante, anche quelle
che non ho mai visto prima. Queste dovrebbero essere estirpate. Ne parlerò
a Elyon in privato”.
Caleb annuisce, combattuto. Le parole di Cornelia confermano i suoi
timori. Non crede affatto, però, che la regina rinuncerà
a quei fiori di sua spontanea volontà.