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Autore: lella23    02/04/2012    3 recensioni
SEQUEL DI My Only Desire
Erano passati tanti anni, era passato tanto tempo.
Quanto cose erano cambiate, molte stravolte altre rimaste immutate.
Era il tempo che decideva, stravolgeva e faceva rimanere uguale.
Tutto era cambiato, eppure loro erano le stesse... o forse non lo erano più?

Erano passati 9 anni da quando le ragazze avevano salutato Emma all'aereoporto, lasciando che se ne andasse via dalla città.
Molte cose erano cambiate, le ragazze erano diventate donne.
Emma lontana da tutti. Alice finalmente felice. Bea sola ad affrontare la vita. Ele rassegnata al suo destino.
Erano passati 9 anni... sarebbero state capaci di ritrovare la felicità?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'All You Need Is Love '
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Nuovo Inizio

Erano passati tanti anni, era passato tanto tempo.

Quanto cose erano cambiate, molte stravolte altre rimaste immutate.

Era il tempo che decideva, stravolgeva e faceva rimanere uguale.

Tutto era cambiato, eppure loro erano le stesse... o forse non lo erano più?


Cap. I Nuovo Inizio


It's funny how, the walk of life,
Can take you down without a fight.
So many years, can lay behind,
Regretfully until it's time,
To realize the moment,
When you turn around.


I'm coming home to breathe again,
To start again,
I'm coming home,
From all the places I have been,
With nothing but a voice within,
That calls me, calls me home.

***

E 'strano come, il cammino della vita,
Può tirarti giù senza combattere.
Così tanti anni, può deporre dietro,
Purtroppo fino a quando è il momento,
Per realizzare il momento,
Quando si gira intorno.

Sto tornando a casa a respirare di nuovo,
Per ricominciare,
Sto tornando a casa,
Da tutti i luoghi che sono stati,
Con niente ma una voce dentro,
Che mi chiama, mi chiama a casa.

{Shannon LaBrie ~ Calls Me Home}


Camminava lentamente per le strade, sorseggiando un caffè fumante dal bicchiere di carta, avrebbe preferito della cioccolata, ma la mancanza di sonno doveva essere ridotta almeno da permetterle di arrivare a casa. Si strinse nel cappotto quando una sferzata di vento gelido di Gennaio le scompigliò le poche ciocche libere dalla crocchia che aveva fatto prima.

La strada dalla metropolitana a casa sua non era molta per fortuna, era quasi buio era l'alba e lei non vedeva l'ora di stare sotto le coperte. Controllò un'ultima volta il cercapersone, ma vide che era muto fece un sospiro di sollievo.

Arrivata al suo appartamento si spogliò degli abiti pesanti e si buttò sul letto sfinita, non aveva molto in quello spazio, c'erano solo tre stanze: la sala con la cucina, il bagno e la camera, non che le interessasse granché visto che comunque non passava molto tempo lì.

Il turno di notte era stato massacrante, un uomo era stato colpito da una pistola alla spalla, per un soffio non aveva colpito la colonna vertebrale e i frammenti del proietti erano però finiti nel collo fino ad arrivare quasi al cranio e aveva dovuto operare subito.

Emma si girò nel letto, sentiva negli appartamenti vicini rumori lievi, mentre lei stava per addormentarsi gli altri si alzavano per affrontare una nuova giornata. Sospirò pensando che almeno per quel giorno era libera e un pò di sonno le avrebbe fatto più che bene. Si era da poco specializzata in neurochirurgia, dopo un durissimo tirocinio, Oxford non faceva certo passare incompetenti pigri.

Ripensò a come in quegli anni si era impegnata, si era ammazzata quasi sui libri, studiare, studiare e studiare. Non aveva nemmeno visitato Londra, solo nelle poche occasioni in cui le altre erano venuta trovarla e la vita sentimentale era un caos tremendo di cui non aveva nè la voglia nè la forza per sistemare... non che adesso fosse cambiato qualcosa.

Nemmeno si rese conto di essersi addormentata, intontita si svegliò ore dopo, vide che erano le tre del pomeriggio e il telefono squillava insistentemente. Con un grugnito cercò il cellulare sul comodino e lo tirò a sè.

-Hello?- borbottò.

-Ehm... Emma?-rispose una voce femminile.

Emma spalancò gli occhi e si svegliò di colpo.

-Ali! Ciao!- esclamò felice.

-Ciao... era da un mese che non ti sentivamo!- era Bea quella.

La rossa rise, avevano messo il viva voce.

-Ciao Bea-

-E io chi sono?! L'ultima ruota del carro?- sbuffò Ele.

-Ciao anche a te Ele!- sorrise.

-Ci hai fatto preoccupare! Potevi anche mandarci qualche segnale che eri ancora viva!- si lamentò Bea.

-Scusate, ma dopo la specializzazione è tutto frenetico... è tanto se mi ricordo di mangiare-

-Povera la nostra neodottoressina specializzata- ridacchiò Ele.

-Si continua Ele e dopo se avrai bisogno di me, me ne ricorderò!-

-Ok, ok... basta ragazze, ho voluto riunirvi per darvi un annuncio importante... Emma potresti collegarti con il pc? Così potremmo vederti!- esordì Alice.

-Aspettate, accendo e sono subito da voi!-

Dopo pochi minuti le vide tutte e tre allo schermo, erano cambiate in quei 9 anni eppure le avrebbe riconosciute tra mille.

-Cavolo non scherzavi! Sembri davvero uno zombie Emma!- disse sorpresa Bea.

-Io non dico bugie! E poi ho avuto il turno di notte... comunque cosa devi dirci Ali?-

-Ecco...- Alice sorrise e le guardò quasi timida – Eric mi ha chiesto di sposarlo!- disse tutto d'un fiato.

Le altre urlarono di contentezza e Emma rise, era davvero felice per Alice, era da tanto che aspettava quel momento e finalmente Eric aveva deciso di farsi avanti. Era davvero una rarità che una coppia dei tempi del liceo arrivasse a sposarsi, ma lei non ne era sorpresa, Eric e Alice erano fatti per stare assieme, erano anime gemelle. Continuarono a ridere e a fare progetti per il matrimonio che era già stato fissato per luglio. Dopo due ore Emma dovette andare, aveva ancora sonno da recuperare.

Si sedette le coperte e come sempre dopo aver parlato con le altre le vennero in mente i momenti passati, le giornate che aveva trascorso all'ultimo anno di liceo e con quelle l'inevitabile ricordo di un paio di occhi azzurro ghiaccio che le avevano spezzato il cuore.

Strinse gli occhi e si girò dall'altra parte, nove anni... nove anni in cui era stata con altri ragazzi, nove anni in cui era cresciuta, nove anni un cui era diventata davvero una donna e ancora pensare a lui le causava lo stesso identico colpo al cuore, lo stesso dolore che aveva quando era partita.

Restò a guardare il muro, qualcosa che aveva cercato di nascondere in quella conversazione con le altre era emerso e non la lasciava in pace, qualcosa come... nostalgia. Quanto le sarebbe piaciuto stare con le altre e parlare del matrimonio di Alice, organizzare e... scosse al testa chiuse gli occhi, non poteva permettersi questo genere di pensieri, eppure... sospirò e lasciò che quelle sensazioni la sommergessero, era stanca di lottare, forse arrendersi era l'unica soluzione.


Correva senza fiato per le strade, doveva assolutamente arrivare in tempo, lo sapeva che non avrebbe dovuto restare con Alice a parlare del matrimonio, lo sapeva eppure l'aveva fatto lo stesso. Sbuffò dandosi della stupida, bastava ancora un po' e sarebbe arrivata.

Era diventato tutto così frenetico, dopo la laurea si era fatta in quattro per la specializzazione e averla ottenuta era stato un sogno, aveva sempre desiderato diventare pediatra ed ora che ci era riuscita non poteva che esserne fiera! Lavorava all'ospedale della città da ormai tre mesi. Peccato che però la vita sentimentale non andasse come quella lavorativa, con Mirko era ormai tutto finito, erano stati anni difficili quelli dell'università, sembrava che tutto potesse andare per il meglio, ma... il lavoro che aveva intrapreso l'aveva allontanato così tanto ed era cambiato così tanto che stare insieme era diventato un inferno. Le liti erano diventate quotidiane, i silenzi rancorosi insostenibili e l'assenza di lui non aveva fatto altro che accelerare la rottura.

Finalmente dopo la curva raggiunse l'arrivo, piegata sulle ginocchia e con il fiatone per la corsa provò a fare un altro passo, quando la vide seduta nel cortile tranquilla. Sorrise nel vederla e dopo aver preso un po' di fiato le andò vicino e si accorse della sua presenza.

-Mamma!- urlò la sua piccola.

Le corse incontrò e l'abbracciò, Bea allora la prese in braccio e le diede un bacio sulla fronte. Eccolo, il suo piccolo miracolo... la sua Isabel, aveva solo due anni e l'adorava. Salutò la maestra mentre tranquillamente, a differenza dell'andata, andarono verso casa. La piccola raccontò dettagliatamente cosa aveva fatto al nido e di come aveva litigato con un'altra bambina per il possesso di una certa bambola.

Bea ascoltava sorridendo, era bello sentirla così felice con gli occhioni blu che si illuminavano. A volte la guardava e pensava se era stata davvero lei ad aver tenuto per 9 mesi quell'angelo nel suo grembo. Sospirò pensando che l'altro che aveva contribuito a quel miracolo non era così entusiasta... Mirko era davvero preso dal suo nuovo incarico di amministratore delegato per passare un po' di tempo con Isabel e quello era il principale motivo di discussione tra i due, certo il fatto che non parlavano d'altro contribuiva.

Ricordava la sorpresa di essersi trovata positiva al test, aveva avuto un ritardo abissale, ma vedere nero su bianco che era veramente incinta l'aveva atterrita, sopratutto in quel periodo, si stava lasciando con Mirko e trovarsi incinta di lui non era certo stata una mossa intelligente. Ricordava anche il pallore di lui quando gli aveva comunicato la buona novella, stava per svenire, doveva dargli atto però che non aveva detto quello che si era aspettata, aveva voluto contribuire nella crescita della piccola anche se loro non stavano più assieme, ma oltre a mandare soldi in quel periodo non faceva altro e lei sapeva quanto era importante per sua figlia una figura maschile.

Così Bea si era trovata a dover crescere una bambina a 26 anni e ora che ne aveva quasi 28 non ne rimpiangeva nemmeno un minuto, anche se era difficile e aveva davvero sudato per avere il lavoro che faceva non aveva rimpianti.

Anche se la sua vita sentimentale era pressoché nulla, dopo Mirko, la gravidanza e la specializzazione non aveva nemmeno avuto il tempo per pensare agli uomini.

Arrivò all'appartamento che condivideva con Ele e Alice, anche se quest'ultima negli ultimi mesi stava passando più tempo da Eric che lì con loro.

Bea mise giù la bambina che schizzò subito in camera a mettere via lo zainetto. Era un appartamento abbastanza grande, l'avevano trovato le ragazze quasi subito dopo aver iniziato l'università, era stato davvero un colpo di fortuna: tre camere, un bagno, cucina e sala. Essendo in tre a pagare l'affitto il prezzo si abbassava permettendo a tutte di poter vivere tranquille.

Si sdraiò sul divano mentre Isabel aveva preso dei fogli da colorare, Bea sorrise le ricordava sua cugina quando era piccola che colorava in modi assurdi tutti i soggetti... com'era cambiata! Come anche gli altri, tutti erano diventati così grandi. Lo sguardo le si fece malinconico, cambiava davvero tutto e non potevi davvero far niente per fermare il tempo, ma c'era stato un momento in cui aveva sperato di poterlo fare, troppo giovane e sciocca per vedere la verità.

Sospirando di passò una mano sulla faccia, era davvero stanca e Ele non era ancora tornata, si domandava dove diavolo fosse finita.


-No! Vi prego no! Ilaria! I ciclamini non vanno lì! I miei poveri fiori!- urlava una ragazza mentre rincorreva quella che doveva essere la sua aiutante per quel giorno ma che si stava rivelando solo un'ulteriore lavoro.

-Benni devi stare più calma! Potrebbero venirti le rughe sai?- rise l'altra.

Ele rise con lei, uscendo dal magazzino portando della terra per le piante.

Era una giornata plumbea di gennaio e stavano aiutando Benedetta con il negozio di fiori che i suoi genitori gestivano da anni. Benni era una ragazza allegra e solare, era piuttosto bassa, capelli biondi che scendevano liberi ma che spesso legava per lavorare con le piante e occhi marroni.

Ilaria invece era l'opposto, alta, capelli lunghi e mori con occhi blu che potevano incenerirti o regalarti uno sguardo amichevole, il più delle volte non riusciva a stare zitta e finiva sempre per fare figure o offendere senza volerlo.

Ele le aveva conosciute in facoltà, quella di lettere, si erano trovate vicine e subito era scattato qualcosa che le aveva unite, parlando si erano sentite in sintonia e ora dopo 9 anni erano ancora amiche.

Lei però era l'unica ad aver finito quell'università, infatti Ilaria aveva cambiato presto per la sua passione per la paleontologia e da poco aveva trovato lavoro presso il museo della città, invece Benni aveva lasciato gli studi per il negozio che andava a gonfie vele.

Ele si sedette un attimo per prendere fiato, dopo alcuni mesi di supplenza in scuole di paesi lontani dalla città era finalmente riuscita ad ottenere un posto per insegnare al liceo dove 9 anni prima era uscita, avrebbe iniziato a settembre e non vedeva l'ora, sarebbe stato davvero strano... sperava solo di fare del suo meglio.

Guardò l'orologio e vide che era molto tardi, quella sera si era messa d'accordo con Bea e Ali per cenare e parlare del matrimonio.

Salutò le ragazze e andò verso l'appartamento, quel giorno era malinconica, pensava al passato e a quanto sarebbe stato bello avere lì anche Emma a festeggiare con loro, come lo sarebbe stato alla nascita dello scricciolo, come loro chiamavano Isabel. Sospirò, sarebbe stato bello ma Emma era lontana, in un altro stato a lavorare anche troppo, l'aveva visto quando si era collegata con loro, sembrava l'ombra della ragazza vivace e sorridente di 9 anni fa.

Eppure doveva sapere come le cose possono cambiare, di come possono essere crudeli a volte. Il pensiero corse subito verso Luca, da quanto non lo sentiva? Due anni se non di più, da quando era partito per gli Stati Uniti, da quando le aveva detto di andare con lui...

A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se avesse detto di si, se fosse partita con lui fregandosene di tutto quello che aveva lì, ma non ci sarebbe mai riuscita. L'aveva amato e tanto e le mancava da morire, ma come poteva lasciare la sua famiglia? La sua vita?

Però c'erano alcune notti in cui si stringeva sotto le coperte infreddolita e senza pensare allungava la mano per cercarlo e trovava solo uno spazio vuoto e freddo che le ricordava continuamente ciò che aveva perso.


Era sul divano e stava già sfogliando la rivista per spose che aveva comprato venendo lì. Era così felice! Quasi ridacchiò da dietro quel giornale, tutto stava andando per il meglio, finalmente Eric si era deciso a farle la fatidica proposta. Quanto era stato bello... l'aveva invitata fuori, in uno dei più costosi ristoranti della città dicendo di voler festeggiare la specializzazione a cardiochirurgo, a fine serata si era trovata una torta, la sua preferita, con sopra l'anello. Sospirò al ricordo, sapeva che prima o poi avrebbe ceduto.

Solo il pensiero di Emma lontana le fece smorzare il sorriso estatico che le si era affacciato sulle labbra, era così lontana... sarebbe mai tornata? Sapeva che ormai aveva un lavoro assicurato lì, ma come poteva trovarsi davvero bene a Londra? Sapeva che oltre ai dottori dell'ospedale non frequentava praticamente nessuno, pure con gli uomini niente se non qualche storia durata poche settimane.

A volte si chiedeva se potesse andare avanti e dimenticare Francesco, dimenticarlo e finalmente innamorarsi ancora di qualcuno che non la lasciasse mai.

Appoggiò la guancia sulla mano guardando fuori dalla finestra, sapeva però che non tutti potevano essere felici come lo era lei, ma quanto avrebbe voluto che le sue amiche finalmente potessero avere il loro lieto fine che sembrava così vicino, ma che invece non era che una piccola parentesi delle loro vite.

In quel momento delle mani le oscurarono gli occhi, un respiro le solleticò l'orecchio e l'odore penetrante e forte che ormai conosceva così bene le entrò dentro.

-Chi sono?- le sussurrò all'orecchio.

Alice rise, quanto era stupido, erano passati anni ed erano cresciuti, ma lui doveva fare ancora quegli scherzi infantili.

-Chissà! Forse il mio futuro marito?- disse pensosa.

Rise anche lui e le liberò la vista, Alice si girò subito e sorridendo allacciò le braccia intorno al suo collo e lo baciò. Erano passati nove anni eppure quell'emozione, quel sentimento, non cambiava mai.

-Vorrei stare con te stasera...- le sussurrò quando si divisero.

-Mi dispiace, ma devo proprio cenare con le altre! Dobbiamo iniziare a organizzare!-

-Mancano ancora sette mesi!-

-Voglio che sia tutto perfetto!-

Lo baciò ancora, quella sera aveva già previsto che probabilmente avrebbero parlato di tutto tranne che del matrimonio, avrebbero parlato del vestito sicuramente, ma per le altre cose era ancora presto.

Lo salutò e andò via prendendo la giacca e la borsa, era davvero freddo e iniziava ad imbrunire. Salì in macchina e andò verso il suo appartamento, erano passati così in fretta quegli anni, lei e Eric erano rimasti uniti nonostante tutte le difficoltà che avevano incontrato ed erano riusciti a trovare quella stabilità che la rendeva così felice.

Anche il lavoro andava bene, ormai da un anno era stata presa dall'asilo della città, trattare con i bambini era sempre stato il suo sogno ed ora che era realizzato era orgogliosa di sé e tra un anno anche Isabel si sarebbe aggiunta, adorava quella bambina così dolce e testarda. Somigliava molto a Bea, sia per aspetto che per carattere, se solo Mirko se ne fosse preso più cura... sospirò e parcheggiò.

Mentre saliva le scale pensò ancora a Emma, la voleva con lei in quel giorno, la voleva con le altre a farle da testimone, non poteva rifugiarsi in un'altra nazione per sempre... prima o poi avrebbe dovuto affrontare i suoi demoni e prima era meglio sarebbe stato per tutti, perchè mancava anche alle altre seppur non ne parlavano quasi mai e con questo pensiero entrò sicura in casa.


Era quasi finito il suo turno, stava compilando l'ultima cartella dell'uomo colpito dalla pallottola e avrebbe dato un'ultima occhiata al paziente prima di andare. Si fermò un attimo per sollevare lo sguardo, dalla finestra vide che l'acqua stava iniziando a scendere, che strano... pensò sarcastica.

-Ehi Castello!-

Emma si girò verso la voce, ormai aveva fatto il callo alla stana pronuncia che facevano del suo cognome, nei primi tempi la trovava irritante, ma ti abitui a tutto.

-Che vuoi Smith?- disse quasi seccata, non le era mai andato a genio quel tipo, da quando era venuta lì per la specializzazione non aveva fatto altro che provarci con lei, davvero irritante.

-Il capo chiede di te- rispose tranquillo lanciandole un sorriso.

Lei girò gli occhi al cielo, prese la cartella e andò subito verso l'ufficio del capo chirurgo, era un'uomo dall'aspetto giovanile sulla cinquantina, brizzolato e con un pizzetto quasi completamente bianco. Emma fin da subito aveva provato un enorme rispetto per lui, infondeva fiducia e serenità e sapeva incantarti con i suoi racconti.

Si chiese perchè mai l'avesse fatta chiamare, le vennero in mente i motivi più disparati, ma nessuno poteva corrispondere al vero. Arrivata davanti alla porta bussò e subito sentì la forte voce dell'uomo dire di entrare.

-Ah eccoti Castello... vieni pure, entra!-

Emma entrò nell'ufficio e titubante si sedette su una delle due poltroncine che stavano davanti alla scrivania.

-Ti sarai chiesta perchè ti ho convocata!-

-Si... che voleva dirmi?- cercò di andare subito al sodo lei, voleva far finire subito quella conversazione, non le piaceva temporeggiare e sopratutto voleva vedere come stava il suo paziente.

-Dritta al punto, bene! Volevo proporti un trasferimento...-

Emma sobbalzò leggermente, cosa aveva detto?

-Un trasferimento?-

-Si! Hanno chiesto di te, nella tua città natale, vorrebbero averti tra i loro chirurghi e tu sei una delle migliori che abbiamo, ma so che ti manca casa e non posso certo trattenerti qui!-

Emma rimase imbambolata per alcuni attimi, tornare a casa? Tornare in quella città dove nove anni prima era praticamente scappata per lasciarsi dietro tutto quello che era successo, dove stavano tutti i suoi ricordi brutto o belli che siano, dove... dove aveva perso tutto e avuto tutto.

Con poche parole si congedò dall'uomo dicendo che ci avrebbe pensato e con la promessa che l'avrebbe chiamato subito per informarlo della sua scelta uscì da quell'ufficio. Finì di compilare la cartella, controllò il paziente ed andò agli spogliatoi per cambiarsi, fece tutto questo con un pensiero in mente, con un'immagine che le girava in testa... casa.

Nel suo appartamento vide quanto malinconico e squallido fosse, vide quanta solitudine l'aveva circondata, vide quanto quella vita la stava trasformando in una zitella acida e senza speranza, vide quanto le mancava casa, le sue amiche e... anche lui.

Era seduta sulla poltrona con il cellulare in mano, lo guardava e pensava, sarebbe valsa la pena? E se tutto sarebbe finito per peggiorare? Eppure... poteva già sentire le altre che l'accoglievano all'aeroporto, il sole sulla pelle... tutte cose che le vorticavano in mente ed era come se la chiamassero. Sicura compose il numero del suo superiore.

Forse era venuto il momento di tornare a casa.














Ed eccoci con un nuova storia! Il seguito di My Only Desire eccolo qui, spero davvero che tutti quelli che seguivano leggano anche il seguito! Voglio ringraziare tutti quelli che mi hano messo tra gli autori preferiti, davvero grazie mi ha reso molto felice! Fatemi sapere cosa ne penate!

Al prossimo capitolo!!

Baci^^

   
 
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