Alla
deriva, ecco come si sentiva, osservando il paesaggio
fuori dalla finestra della sua camera. Completamente perso nei suoi
pensieri,
in balia di emozioni e nostalgia, la paura per il futuro e
dell’ignoto che
aveva davanti a sé. Erano le stesse sensazioni che aveva
provato poco più di un
anno prima, quando si era imbarcato per il Nuovo Mondo, per le
Americhe. Da
solo, su quella nave, si era sentito alla deriva, diretto verso
l’ignoto per
portare avanti gli affari di famiglia. Mai avrebbe pensato che quella
città, in
quelle strade dove si parlava la sua stessa lingua, così simile ma allo stesso
tempo differente, un
misto fra Parigi e i paesi caraibici, lo incantasse tanto. Esercitava
su di lui
una strana malia, un incantesimo che lo avrebbe legato a quelle vie
rumorose e
piene di vita, dove la musica dei locali riecheggiava ad ogni ora, per
sempre;
persino in quel momento, in cui, a separarlo da New Orleans e da lui vi
era un
intero oceano.
Alexandre fissò il paesaggio
fuori dalla finestra; il vento sferzava la campagna circostante,
trascinando
con sé i residui della nebbia mattutina.
Ai suoi occhi erano ancora
nascoste le colline morbide, i campi e le distese di lavanda, che in
primavera
avrebbe tinto ogni cosa di azzurro.
Amava la Provenza, la sua terra.
Per lunghi anni aveva creduto fosse il Paradiso, un angolo di mondo
dove
rifugiarsi, dove nascondersi da occhi indiscreti, mai avrebbe pensato
di voler
fuggire.
Ma ora era differente, voleva scappare Alexandre,
lasciare quella magione per solcare nuovamente l’oceano.
Strinse fra le mani la
tazza di caffè che una delle cameriere gli aveva portato;
era ancora calda, il
suo profumo lo avvolgeva, l’aroma lo circondava riportandogli
alla mente
ricordi e sensazioni.
Spaziò con lo sguardo la sua
camera. Nel letto, addormentata, c’era la sua fidanzata. Una
donna sconosciuta
che, la sua famiglia gli aveva presentato subito dopo averlo richiamato
in
Francia. Si era presentata nella sua stanza quella notte stessa, dopo
il ballo
di bentornato organizzato per lui; con aria civettuola, sbattendo le
lunghe
ciglia bionde ad ornare le iridi chiare, desiderava qualcosa che lui
non
avrebbe mai potuto darle, non più.
Non dopo aver
conosciuto lui.
Non dopo aver assaporato le
labbra, la pelle di quel ragazzo.
Non dopo essersi perso nelle
sensazioni che Jaime gli aveva fatto provare.
L’aveva osservata dormire per
tutta la notte, cercando di trovare una somiglianza con il suo Jaime,
la curva
dei fianchi o i lineamenti morbidi, ma era impossibile. Non vi era
nessuna donna
che potesse essere paragonata a lui.
Alle prime luci dell’alba, quando
faticosamente i raggi di un pallido sole invernale avevano iniziato a
filtrare
attraverso la fitta coltre di nubi, si era abbandonato ai ricordi.
Quando l’aroma del caffè lo aveva
inebriato, era tornato con la mente al loro primo incontro, a quando ne
era
rimasto incantato, al giorno in cui erano divenuti un unico essere.
Alexandre
fissò la tazza di
liquido scuro che stringeva ancora fra le mani, il fumo a circondarlo,
portando
con sé immagini e ricordi.
Jaime non beveva caffè, non gli
piaceva. Lui preferiva la cioccolata, gli aveva detto la prima volta
che si
erano visti, quella sera di una calda primavera in cui era rimasto
catturato da
quella figura eterea.
Quando aveva posato gli occhi su
di lui era rimasto senza fiato, amore a prima vista.
Jaime era bello, la pelle era
color del cioccolato, poco più chiara di quella dei suoi
antenati; i capelli
lisci e lunghi gli ricadevano sulle spalle in una folta chioma scura;
ma la
cosa che aveva attratto Alexandre da subito, erano state le sue iridi,
grigio
tempesta. Grigie come il cielo carico di pioggia.
Incurante della musica che
riecheggiava nel locale e delle parole che venivano scambiate, si era
perso nel
veder spiccare quegli occhi su quel volto brunito dai lineamenti
regolari.
Ne era rimasto incantato e aveva
deciso che voleva quel ragazzo solo per lui, nessuno mai più
avrebbe dovuto
mettergli le mani addosso.
Quella notte lo aveva posseduto,
si era perso scoprendo quel corpo poco a poco. Aveva assaporato la sua
pelle
vellutata, inebriandosi del profumo di spezie e sole che Jaime emanava.
Aveva catturato le sue labbra,
baciandole, mordendole, prendendosi ogni cosa di lui.
E Jaime si era abbandonato a lui,
ad ogni suo volere, esaudendo ogni suo desiderio, perché lui
era l’amore,
l’amore fisico, ma anche l’amore spirituale.
Jaime lo aveva incatenato a sé,
con quelle iridi chiare e il sorriso dolce, la lussuria e il desiderio.
Dopo quel primo incontro ve ne
erano stati altri, in quel locale, nella piccola camera dove Jaime
riceveva i
suoi clienti, poi nella casa alle porte di New Orleans che Alexandre
aveva
comprato, dove lo aveva portato.
Avevano fatto l’amore, erano
stati l’uno dell’altro nella camera da letto che
condividevano, nel patio, nei
campi di grano maturo e lungo le rive del Mississippi, cullati dal
rumore del
fiume che placido scorreva.
Dopo aver fatto l’amore,
Alexandre lo stringeva a sé, s’inebriava
dell’odore di sole proprio del suo
amante, si abbandonava a quelle giornate, incurante del mondo
circostante, come
se il tempo si fosse fermato per loro, come se nulla avesse importanza.
Tornò
al presente, Alexandre,
quando uno spiffero gelido entrò nella stanza e lo
colpì. Ora come alcuni mesi
prima fu riportato alla realtà bruscamente, dopo un sogno
che aveva sperato non
avesse mai termine. Suo padre lo aveva richiamato a casa, in Francia.
Il viaggio di ritorno, il
fidanzamento e il matrimonio imminente erano piombati su di lui come
una
secchiata d’acqua gelida. Per la prima volta dopo mesi si era
trovato
nuovamente in balia degli eventi, come una barca senza capitano che
andava alla
deriva, trasportata dalle onde verso l’ignoto.
Altri avevano deciso per lui,
infrangendo quei mesi di idillio in cui era caduto non appena aveva
incontrato
Jaime.
Socchiuse gli occhi, assaporando
la bevanda scura e amara, proprio come piaceva a lui.
Un brivido percorse il suo corpo,
ricordando gli ultimi momenti fra di loro, le iridi tristi di Jaime lo
avevano
ferito, si erano insinuate in lui, come la sua voce tremante.
«Tornerai?»
gli aveva chiesto.
«Tornerò da te.» glie lo
aveva promesso, guardandolo negli occhi.
Alexandre sapeva
di non essere
stato sincero, non sarebbe mai tornato nella casa che condividevano,
non lo
avrebbe più rivisto.
Non sarebbe tornato dal suo unico
amore.
Gli aveva mentito e Jaime aveva
accettato quella menzogna, con sguardo malinconico, sapendo
perfettamente che
quello era un addio.
Aveva accettato le sue parole
senza incolparlo, con un sorriso triste, mentre la nave sui cui era
imbarcato
si allontanava, separandoli per sempre.
Non un arrivederci, ma un addio.
Un addio.
Una lacrima scivolò lungo il viso di Alexandre. La tazza
con il caffè cadde in terra, mentre parole confuse
giungevano dalla donna
ancora addormentata nel suo letto.
Un brivido, il dolore che s’impossessava di lui. Vedeva il
suo Jaime, al di là del mare, con lo sguardo perso, mentre i
giorni passavano.
Sapeva che lo avrebbe aspettato, giorno dopo giorno, fino
a quando i ricordi dei loro giorni insieme non si fossero fatti
più sbiaditi,
solo ombre nei meandri della mente.
Riusciva a vederlo: sarebbe arrivato qualcuno e si sarebbe
preso il suo amore, quella divinità dal sorriso dolce e gli
occhi color della
pioggia.
Al contrario, Alexandre lo avrebbe ricordato in ogni
momento della sua vita, ogni giorno ed ogni ora, nei momenti in cui i
primi
raggi del sole fossero filtrati dalla finestra per baciare il suo
volto,
riportandogli alla mente il profumo di Jaime.
Lo avrebbe ricordato ogni volta che l’aroma del
caffè
avesse raggiunto le sue narici – i loro momenti insieme, le
loro notti di
passione.
Alexandre lo avrebbe ricordato nel momento in cui il
profumo del sole avesse sfiorato la sua pelle con i suoi caldi raggi.
Angolino
dell’autrice:
Dunque, scritta per il
contest
Let’s
ship again, i
prompt scelti sono caffè e alla
deriva entrambi
di giovedì.
Sinceramente
non so nemmeno io come sia uscita questa cosa, una specie di
illuminazione
arrivata ieri sera mentre leggevo e rimuginavo sui prompt.