Finalmente
ce l’ho fatta!!!!!!!!!!!!!!
La pupa dorme (e spero per parecchio!!!) e sono riuscita ad accendere
il pc e
postare!
GRAZIE
INFINITE PER LA VOSTRA
PAZIENZA!!!!!!!!
Non mi
dilungo troppo … ogni minuto
è prezioso, quindi Buona lettura e BUONA PASQUA A TUTTI!!
Cap.
14
Bella
Mi svegliai
che stava albeggiando.
Al mio fianco c’era Edward. Dovevano essersi dati
il cambio durante la
nottata. Stropicciandomi gli
occhi cercai di stiracchiarmi come meglio potevo; la fasciatura
stretta,
necessaria per le costole rotte, m’impediva di fare movimenti
più ampi e, a
dirla tutta, provavo ancora un gran dolore.
Edward non
si mosse di un
millimetro.
Non
voltò nemmeno lo sguardo.
Il giorno
prima era stato tremendo,
la nuova costola incrinata e la febbre che non si stabilizzava, avevano
peggiorato il suo umore fino all’inverosimile, fino a ridurlo
a una maschera
d’impassibilità. Mi ero addormentata con
l’illusione che oggi fosse meglio, e
invece qualcos’altro, mentre dormivo, doveva avergli dato il
colpo di grazia;
forse l’ennesimo diverbio con Rosalie … certo era
che ogni momento che passava
il suo umore peggiorava sempre di più.
Sicuramente
sapeva che ero sveglia,
ma non aveva ritenuto necessario nemmeno salutarmi …
La sua
caparbietà era ormai, per me,
cosa nota; io non ero certo un carattere malleabile, ma adesso stava
veramente
oltrepassando ogni limite, il fatto che anche Charlie si fosse accorto
che
qualcosa non andava dal mio solo tono di voce la diceva davvero lunga
su come
mi sentissi.
Ero delusa,
amareggiata e impaurita.
Mai mi
sarei aspettata un simile
comportamento da parte sua. In un primo momento l’avevo
idealizzato, sicuramente
capita a tutti coloro che s’innamorano, specialmente per la
prima volta, mi
resi conto che non era “l’uomo perfetto”
molto prima del matrimonio
ciononostante, nella sua imperfezione, era perfetto per me; ero
convinta che
sarebbe stato sempre al mio fianco, che avrei avuto qualcuno con cui
affrontare
i problemi della vita, avrei avuto una famiglia … quella che
mi è sempre
mancata. Invece al primo ostacolo Edward ha eretto un muro
invalicabile, le
uniche volte che siamo riusciti a parlare sono scoppiate liti furiose;
costringendomi a chiedere aiuto ad un’altra persona,
all’ultima con cui avrei
mai immaginato di stringere un’alleanza.
Era inutile
che adesso, ogni volta
che Rose mi aiutava si sentisse tradito e offeso, forse non leggevo nel
pensiero ma il suo viso, le espressioni che lo attraversano, le
conoscevo
benissimo; ma poteva logorarsi quanto voleva, in questo momento la mia
prima
preoccupazione era il mio piccolo, suo figlio, e dovevo fare in modo
che tutto
andasse per il meglio.
Rose stava
già raccogliendo il suo
veleno; nel caso ci fosse stata qualche emergenza e i normali morsi non
fossero
bastati, sicuramente ne era al corrente anche lui, ma non ne aveva
fatta
parola. Il mio desiderio più grande era che fosse lui a
trasformarmi, me lo
aveva promesso; ma vedendo come progrediva, il suo illogico
comportamento non
sarei stata così sicura che avrebbe mantenuto la sua
promessa e poi, nel caso
in cui si trovasse davanti ad una scelta, chi avrebbe salvato tra sua
moglie e
suo figlio?
Non
riuscivo più a fidarmi di lui.
«Buongiorno.»
Mi salutò Rose
porgendomi la colazione, sia quella tradizionale che quella
“alternativa”.
«Grazie
Rose.» risposi cercando di
accomodarmi meglio sul divano.
Edward si
spostò appena.
Mi sforzavo
di dare ascolto ai
consigli di Carlisle mangiando un po’ di tutto, ma le mie
preferenze andavano
in tutt’altra direzione e dopo pochi bocconi preferii
concentrarmi sul
bicchiere di sangue.
Mi
sfiorò la fronte e lo sentii
sospirare.
«Cosa
c’è?» chiesi, stupendomi di
quanto fosse diventato piatto il mio tono di voce.
«Controllavo,
la febbre, è scesa.»
“Conciso e
telegrafico.” pensai. La
sua diagnosi non poteva essere più asettica.
Finii di
mangiare, rannicchiandomi
più comodamente sul divano, usai il plaid che Rosalie mi
aveva avvicinato per coprirmi
il più possibile. Non che sentissi freddo, la febbre
sembrava essersi
stabilizzata ed Edward si era allontanato per non farmi calare troppo
la
temperatura, io però avevo bisogno di sentirmi protetta,
coccolata, anche Rose,
seduta per terra vicino a me si teneva a distanza per non raffreddarmi
troppo,
e la coperta, in questo momento, era ciò che di
più simile ad un abbraccio
potessi trovare.
Rimanemmo
immobili e silenziosi per
non so nemmeno quanto tempo.
Edward mi
osservava squadrandomi attentamente,
sicuramente stava facendo un check-up del mio stato di salute.
Avrei
preferito parlasse.
Una
qualsiasi sfuriata delle sue
sarebbe stata preferibile
a questo
terribile silenzio.
Sapevo
benissimo che accettava
passivamente ogni mia richiesta pur di non farmi soffrire o agitare,
era tipico
da lui; ma avrei preferito mille volte che si opponesse: non gli
piaceva come
gestivo la situazione con mio padre? Bene, poteva dirlo. Era mio padre
e la
decisione finale spettava a me, ma una sua qualunque reazione sarebbe
stata più
apprezzata che questo muro di rassegnazione. Era inutile che
acconsentisse in
silenzio facendo buon viso a cattivo gioco, per poi sfogare la sua
rabbia non
degnandomi né di uno sguardo né di una parola.
Tanto valeva che esprimesse la
sua opinione subito. Non ero poi così sprovveduta, lo
conoscevo bene, ed il
fatto che avessi deciso di tacere era unicamente perché
volevo, e speravo, di
vedere in lui un qualsiasi tipo di reazione.
Ogni volta
che negli ultimi giorni
aveva accennato anche il più piccolo sorriso, era come se
tutte le mie
sofferenze ed il dolore che provavo fossero spariti
all’istante; non avrebbe
potuto esserci per me medicina migliore che il suo splendido, per
sentirmi
subito meglio.
Possibile
non se ne rendeva conto?
Il suo
ostinato silenzio mi
opprimeva come un macigno sul cuore.
Perché
non capiva che avevo bisogno
di lui, anche se non era d’accordo, poteva cercare di non
abbandonarmi così,
avevo un bisogno disperato della sua voce, dolce e melodiosa che mi
cullava nel
sonno, di una carezza, di un suo sorriso.
Invece ero
sola, come mai lo ero
stata prima; e avevo paura.
«Ohi!»
esclamai d’improvviso.
Gli sguardi
dei presenti si
puntarono subito su di me.
«Che
succede?!» esclamò Rose in
apprensione.
Edward
fremeva, in silenzio.
«Niente,
niente, si è mosso e … ha
tirato un calcetto».Più che un calcetto sembrava
mi avesse scambiato per un
pungi ball, ma era tutto relativo no?
«Devi
fare il bravo …»sussurrai al
pancione carezzandolo piano «… lo so che stai
stretto, ma manca pochissimo …
resisti e stai buono …» Edward si girò
dalla parte opposta, senza dire una
parola; ed il silenzio tornò a fare da padrone nella stanza.
Cercai di
soprassedere, presi un
profondo respiro e mi concentrai sul mio piccolo brontolone,
massaggiando lentamente
dove sentivo, arrivavano i “colpetti”;era
particolarmente agitato oggi, stava
crescendo sempre più in fretta e lo spazio, era quello che
era.
Forse se mi
fossi sgranchita un po’,
sarei stata meglio … sempre seduta sul divano sentivo la
schiena a pezzi.
«Rose,
scusa, mi aiuteresti ad
alzarmi? Vorrei provare a fare due passi, non ne posso più
del divano».Prima
ancora che finissi la frase Rosalie era già al mio fianco
per sorreggermi.
Ci volle un
minuto abbondante prima
di poter assumere la posizione eretta, ma la sensazione era splendida!!
Finalmente!!
Mossi
appena un paio di passi
traballanti che Edward ci bloccò.
«Rosalie,
ferma! Hai sentito?»
«Cosa?»
«Ho
sentito un crack …»
«Che
cosa intendi Edward?» chiese
spazientita.
«Qualcosa
si è rotto … un osso.»
«No,
non credo …» mormorai
guadandomi come se dall’esterno si potesse vedere.
«le costole stanno bene …»
«Edward,
non ho sentito niente …»
replicò Rosalie imperturbabile.
«Potrebbe
essere il bacino che si è
incrinato …».
«Io
sto bene …» sussurrai, cercando
quasi di discolparmi.
«Stavi
traballando!»
«Soltanto
perché è tanto che non
cammino da sola …» replicai secca.
«Vi
assicuro che ho sentito qualcosa
spezzarsi! È il caso di fare una radiografia.
SUBITO!»
“Un’altra
…” sospirai
sfinita, avevo perso il conto di quante lastre,
esami e accertamenti avevo fatto da quando eravamo tornati dal Brasile.
«Magari
eravamo distratte e non
abbiamo, non ho, sentito lo scricchiolio … »
suggerì Rose prendendomi in collo
«… forse è il caso di dargli
ascolto.»
E senza
nemmeno aver aspettato la
mia risposta mi trovai nuovamente nell’ambulatorio/studio di
Carlisle.
Edward
Lo studio
di Carlisle, negli ultimi
giorni, non aveva nulla da invidiare all’ospedale
più all’avanguardia degli
Stati Uniti, ciononostante non eravamo in grado di capire nulla di
più sul
feto.
Ci dovevamo
limitare a fare
l’inventario dei danni interni che provocava muovendosi e
assistere, inermi, al
suo massacro.
Bella
sdraiata sul lettino si stava
sottoponendo all’ennesima radiografia, qualcosa si era rotto,
ero convinto
fosse il bacino, ma era più di mezz’ora che
Carlisle osservava lastre e
ripeteva esami e nulla confermava la mia diagnosi.«Anche
questa è perfetta …»
commentò osservandola in controluce«Fortunatamente
questa volta è stato un
falso allarme».
«Non
sono convinto. Ho sentito
chiaramente il rumore di qualcosa che si spezzava.»
“Sì,
forse un ramo in giardino. Cerca
di calmarti Edward, le tue paranoie non fanno bene a nessuno e non
servono
assolutamente a nulla. Ci sono altri modi per aiutare Bella!”Pensò
Rosalie fulminandomi con lo sguardo. «Ho voluto
darti ascolto Edward, anche se non ero convinta, nel dubbio non si sa
mai; ma
adesso basta. Rassegnati. Ti sei sbagliato.»
«NON.MI.SONO.SBAGLIATO.
So
perfettamente cosa ho sentito.» le ruggii addosso.
«Ehi,
ti ho detto che non ho sentito
nessuno schiocco. Meglio che tu ti faccia controllare le orecchie,
Edward».
Ribatte subito lei.
«Basta,
vi prego …»sussurrò Bella
trattenendo a stento le lacrime «Torniamo nel salone
… anche se fosse vero che
si è incrinato il bacino, non potremmo farci niente
comunque, non può essere
ingessato … cercherò di stare il più
ferma possibile.»
«Forse
è il caso che ti sdrai un po’
sul letto.» provai a suggerirle, ma come sempre le mie parole
furono ignorate.
«Non
sono malata … »borbottò
sommessamente.
“Questo
è opinabile …”pensai
guardandola di traverso.
«…
Sono solo incinta. Ti prego
almeno nel salone c’è un po’ di via vai
… in camera è tremendo …» e
come al
solito, cedetti.
Jasper
«Basta!
Mi arrendo» esclamò Emmett chiudendo
con violenza il libro davanti a sé. «Sono giorni
che cerchiamo, spulciamo
proviamo ad interpretare. Non c’è
soluzione.»
«Eppure
è impossibile che nei secoli
non sia mai accaduto qualcosa di simile.» risposi alzando
momentaneamente gli
occhi dal computer.
«Hai
scandagliato la rete in lungo e
largo e la riposta, è sempre la stessa.»
Sospirò passandosi le mani tra i
capelli «Morte.»
«Esattamente
come ha detto quella
nativa brasiliana a Edward.» mormorai rassegnato.
Sembrava
impossibile ma nulla ci lasciava
pensare potesse essere diverso. Bella sarebbe morta mettendo alla luce
non si
sa bene cosa, e l’avrebbe uccisa proprio
quell’essere che desiderava con tutta
se stessa … e l’avrebbe fatto in un modo orribile
…
Nella mia
esistenza avevo assistito
alle atrocità più efferate, anche ad opera della
mia stessa mano, ma pensare
cosa sarebbe toccato a quella povera ragazza mi faceva rabbrividire.
Come se non
bastasse, la sofferenza
ed il dolore che provava a suo modo ogni membro della famiglia, mi
lasciavano
spiazzato ed impotente. Non avevo la forza di oppormi e mi lasciavo
invadere
dalle loro emozioni facendomi portare a fondo con loro; talmente grande
e
dolorosa era la disgrazia che si era abbattuta sulla nostra famiglia
che non me
la sentivo di contrastarle, ci sono momenti in cui dobbiamo vivere le
sensazioni del momento senza mistificazioni, unicamente
perché è l’unica cosa
che ci è rimasta e non ne possiamo essere defraudati.
Edward,
ormai rassegnato, erano già
un paio di giorni che non si aggiornava più sui progressi
delle nostre
indagini. Era comunque già a conoscenza che nulla si era
aggiunto alle
informazioni già in nostro possesso. Almeno non ero
costretto a specchiarmi
nella sua disperazione che, tra tutte, era la più devastante.
«Le
sole leggende che si avvicinano
al nostro caso, sono di origine Brasiliana.» aggiunsi
cercando di distrarmi dai
miei precedenti ragionamenti, riconquistare un po’ di
lucidità e dare un senso
a tutte quelle informazioni «Parlano dei Lobishomen
… ma il confine tra realtà
e leggenda è molto labile. Potrebbero essere tutto e nulla
contemporaneamente
e, ovviamente, non ci sono testimoni … nessuno sa che fine
abbiano fatto i
figli di quelle sventurate … forse era solo un palliativo
per nascondere
gravidanze scomode … le ultime risalgono al secolo scorso.
Non so proprio cosa
pensare, troppo vaghe … troppo incomplete. Dovessi iniziare
una ricerca,
comincerei da là … dal Brasile ... ma non saprei
comunque in che direzione
andare.»
«Quando
torna il lupo?» chiese
Emmett sollevando gli occhi completamente neri dalla sete verso di me.
I miei
non erano certo da meno. «Spero che la sua ricognizione sia
breve perché
rischio di impazzire. Sta circolando troppo sangue in questa casa. Non
voglio
nuocere a nessuno, ma sto per cedere.»
Ci eravamo
chiusi per le nostre
ricerche al terzo piano della casa, il più lontano possibile
da Bella. Porte
sprangate, finestre spalancate per aerare il più possibile i
locali, ma era
tutto inutile. Eravamo al limite, il profumo del sangue ci stava
ottenebrando
la mente, anche concentrarci sulle ricerche, non riusciva a distrarci
abbastanza.
«Via
libera!» esclamò Alice facendo
improvvisamente irruzione nella stanza. «Jacob è
tornato ha detto che possiamo
andare, fino a Seattle la strada è liberà. Io ed
Esme vi spettiamo fuori.»
«Rose?»chiese
Emmett preoccupato.
«Non
viene. Non vuole lasciare Bella
in balia di Edward e Jacob …»
«Non
ce la può fare.» sospirai.
«La
sua determinazione è la sua più
incredibile risorsa. Potete solo immaginare quanto
forte sia il suo
carattere.» Sentenziò tra
l’avvilito e l’orgoglioso e, come lui, sperai che
il suo pregio non si
trasformasse nel più grosso dei suoi difetti.
Edward
Anticipando
le mosse di mia sorella,
riuscii a prendere in braccio Bella prima di lei e con le dovute
precauzioni
tornammo nel salone, nel mentre era tornato anche Jacob; avevo sentito
Alice
andare alla porta a riceverlo e avevo avvertito i suoi pensieri,
compreso il
piano per far fuori Rosalie … In alcuni casi il suo cervello
ragionava con una
certa abilità e la sua idea non era da sottovalutare.
L’adagiai
sul divano cercando di
procurarle meno scosse possibili, come suo solito stringeva i denti, ma
era
chiaro che stesse provando un dolore indescrivibile ormai, non si
capiva più da
cosa fosse dovuto, se dalle costole, dai movimenti del feto o dal
bacino,
sicuramente incrinato; stringeva tra le sue mani ossute e tremanti
l’ennesimo
bicchiere di sangue, l’unica cosa certa era che non aveva
quasi più fiato
nemmeno per respirare tanto stava trattenendo il dolore.
«Jake»,
sussurrò cercando di
sorridere appena lo vide.
Lui non
fece parola
“Non puoi
assecondarla sempre …”
pensò guardandomi di sfuggita. In poco meno di un minuto
aveva già capito cosa fosse successo al piano di sopra.
Aveva ragione … ma non
avevo alternative.
Era
indubbiamente un segnale di
debolezza, ma come gli avevo già tentato di spiegargli la
notte precedente, non
mi era rimasto che questo per cercare di alleviare il suo dolore,
esattamente
come a lui non era rimasto altro che farle visita … fino a
quando a entrambi
il destino non ce
l’avesse
strappata via.
«Carlisle»,
disse appena lo vide
scendere dallo scalone, «siamo arrivati a metà
strada per Seattle. Non c'è
traccia del branco. Potete andare». “Sembra
improvvisamente invecchiato di
trent’anni …” commentò
tra sé, in effetti, aveva ragione, la sete si stava
facendo sentire non solo ai miei fratelli ma anche a lui e la sua
stoica
resistenza era messa alla prova ogni istante di più, i
bicchieri di sangue
fresco che circolavano costantemente in casa certamente non aiutavano a
resistere.
«Grazie,
Jacob. È il momento buono.
Ne abbiamo davvero bisogno».
«Secondo
me, potete partire
tranquilli e andare in più di tre alla volta. Sam si sta
concentrando su La
Push, ci scommetto».
Carlisle
annuì. «Se ne sei convinto
tu, va bene. Alice, Esme, Jasper ed io andremo ora. Poi Alice
tornerà a
prendere Emmett e Rose... ».
«Neanche
per sogno», sibilò Rosalie.
«Emmett viene con voi adesso».
«Dovresti
andare a caccia»,le intimò
nostro padre con voce ferma ma gentile.
«Andrò
a caccia quando ci andrà lui»,ringhiò,
voltandosi di scatto verso di me.
Non avrei
avuto dubbi.
Ma se
sperava che mi sarei
allontanato da Bella tanto facilmente si sbagliava di grosso, per
quanto mi
riguardava, poteva morire dalla sete, non avrei certo sentito la sua
mancanza,
io non mi sarei assentato.
“Spero solo
che sia in grado di
resistere …”sospirò
Carlisle, guardandomi di
sfuggita, “Per qualsiasi emergenza ho il cellulare
con me.” E questo,
almeno in parte, mi confortò.
Jasper ed
Emmett furono in un lampo
ai piedi delle scale, Alice ed Esme stavano già aspettando
sul retro e dopo
aver ringraziato Jacob, si dileguarono nel bosco. Lasciandoci soli a
gestire
l’imprevisto.
Io e
Rosalie, in questo periodo, non
eravamo certo le persone più adatte per collaborare,
l’unica cosa confortante
era che ancora, con molta probabilità, avevamo tempo e
questo, forse, avrebbe
impedito di scannarci durante la giornata.
Mi sedetti
per terra vicino a Bella
e cercai di mantenere la calma; non serviva a nulla fare scoppiare una
lite in
questo momento, poi c’era già Jacob a stuzzicare
mia sorella, era meglio non
esagerare.
“No palla
più …”
Mi guardai
attorno cercando di
capire di chi fosse quel pensiero.
«Allora?»,
chiese Jacob con
insistenza. «L'hai già sentita o no?».
Sicuramente
era Rosalie esasperata.
Anche se quella voce … non era proprio …
«L'ha
già sentita?», domandò a me
dopo aver capito che Rosalie non gli avrebbe mai dato soddisfazione.
“Pecché
no palla …”
“Ma cosa
...” Guardai
Rosalie fissare la televisione senza degnarlo
della minima considerazione. Voleva che rispondessi al posto suo? Jacob
sembrava uno di quei bambini nella fase del “perché?”dove
ogni risposta
dei genitori non fa altro che accrescere la loro curiosità e
devastare il
sistema nervoso degli adulti. Era più irritante di un
rubinetto che perde.
«No».
Risposi pur di zittirlo.
«Magnifico.
Allora ti piacerà,
succhiasangue. I neuroni delle bionde muoiono soli».
Come
supponevo il mio tentativo era
stato inutile.
«Ho
ucciso centinaia di volte più di
te, bestia schifosa. Non te lo scordare». Ribatté
acida Rosalie senza
distogliere lo sguardo dal televisore.
«Un
giorno, Miss Universo, ti
stancherai di minacciarmi a vuoto. Non vedo l'ora che arrivi, quel
giorno».
«Basta,
Jacob», disse infine Bella
con un filo di voce ma tono deciso.
“No muovere
io … o so …”
E questo,
cosa voleva dire? Chi
aveva parlato adesso?
Stavo
impazzendo.
“Stupido!
Stupido! Stupido! Giuro che
non volevo farti arrabbiare!” «Vuoi
che me ne vada?». Chiese Jacob capendo forse di aver superato
il limite e
mortificato dall’improvvisa reazione di Bella.
«No!
Certo che no». Si affrettò a
rispondere lei.
Se
finalmente gli avesse detto di
levarsi di torno avrei avuto la certezza che fosse impazzita, invece
tutto
normale … come sempre.
«Sembri
stanco», commentò lei.
«Morto».
«Se
vuoi morire davvero fammi un
fischio», bofonchiò Rosalie, in modo che Bella non
potesse sentirla. Si stava
spazientendo … forse, il nostro “amico”
era il caso che capisse che doveva
darsi una regolata.
“Pecché
no palla più … era bela”
“No, non
è Rosalie, queste frasi non
hanno senso … Non può essere Bella
…” pensai
sospirando, non ero mai riuscito a leggerle il pensiero, ma adesso
… non poteva
essere nessun altro dei presenti; forse tutto lo stravolgimento che le
aveva
portato la gravidanza aveva cambiato qualcosa … eppure
…
«Hai
detto qualcosa?» le chiesi
vedendola pensierosa, quasi concentrata.
“Ok, Edward
che ti prende? Qui non è volata una
mosca?” Sì, certo,
mancava che anche Jacob mi facesse notare quanto fosse strana questa situazione.
«Io?»,
rispose Bella dopo un
secondo. «Io non ho detto niente». I suoi occhi
brillavano di una luce
stranissima … intensa. Era bellissima.
“Bela voce
… ancoa …”
No. Non era
possibile. «Che stai
pensando ora?».
«A
niente. Che succede?». Il suo
viso inespressivo mi lasciò senza fiato … era
come se mi temesse, che avesse
paura a dire qualsiasi cosa, temendo una mia reazione.
“Dio mio,
fino a questo punto l’ho
impaurita …” pensai
vergognandomi di me stesso.
Ma quella
strana vocina mi riportò
alla realtà.
“
… ancoa
…”
Non poteva
essere … era … assurdo ….
«A cos'hai pensato un minuto fa?» le chiesi.
«Solo...
all'Isola Esme. E alle
piume». Mormorò arrossendo.
“
… bela
…”
“Incredibile
… Impossibile …” «Dì
qualcos'altro», mormorai.
«Ma
cosa? Edward, che succede?». La
voce le tremava.
Un brivido
mi percorse la schiena.
Aveva capito anche lei.
“Cosa
diavolo … Edward cosa stai
facendo? Cosa succede?” pensò
Rose sulla porta della cucina; vedendomi posare le mani sul pancione di
Bella.
Le
avvicinai piano, quasi con
devozione.
«Il
fe...». Deglutii. «Al... al
bambino» com’era strano chiamarlo per quello che
era … suonava bene però …
«piace il suono della tua voce».
«Santo
cielo, riesci a
sentirlo!»gridò Bella, dopo un istante necessario
per elaborare quella
sconvolgente verità.
Vidi una
protuberanza muoversi in
alto sulla sua pancia, appena sotto il seno; spostai con delicatezza la
mia
mano su quel punto e … lo sentivo … era lui
…era … mio … mio figlio.
“…
nooo piano
…”
«Sssh»,
mormorai. «Hai spaventato
il... lui».
La
meraviglia che lessi nei suoi
occhi era indescrivibile; lei era bellissima ed io … io
… non lo so nemmeno io
come mi sentii in quel momento, una quantità indefinita di
emozioni mi stava
investendo come un tir ed io mi sentivo improvvisamente stordito
… felice …
euforico …
«Scusa,
piccolo». Canticchiò lei tamburellando
sulla pancia con le dita.
“
… bela
…”
Avvicinai
l’orecchio verso la
sporgenza del suo ventre.
«Cosa
pensa ora?», domandò
impaziente.
“
… bela
… ancoa …mama … ancoa
…”
«La
cosa... lui, o lei è...».Il mio
cervello era andato completamente in tilt, non mi rendevo conto di
ciò che
stavo dicendo, ero come ipnotizzato, da lei, dal piccolo,dall’atmosfera
quasi surreale che la
consapevolezza di diventare padre aveva creato. «
… Felice», sussurrai
incredulo, ricambiando il suo sguardo stupito.
Sul suo
viso, si accese uno dei più
bei sorrisi che le avessi mai visto e i suoi occhi
s’inondarono di lacrime.
Bella
Lo sentiva
… aveva carezzato il
pancione … l’aveva chiamato bambino e ne era
rimasto incantato …
Improvvisamente
non mi sentii più
sola.
Il mio
Edward era tornato.
Era come se
finalmente tutti e tre
insieme fossimo diventati una cosa sola, inscindibile e
indistruttibile.
In
quell’esatto momento ebbi la
certezza che saremmo sopravvissuti entrambi; Edward non avrebbe mai
permesso
che ci succedesse nulla.
«Certo
che sei felice, bel bambino,
certo che lo sei», canticchiai, massaggiandomi la pancia, le
lacrime di
commozione che mi rigavano le guance erano ormai(erano)inarrestabili;
avevo perso le
speranze che potesse accadere. «Come potresti non esserlo,
così al sicuro, così
al caldo, così amato? Ti amo tanto, piccolo EJ, certo che
sei felice».
Edward
“EJ???”
«Come
lo hai chiamato?», chiesi curioso.
«Gli
ho dato una specie di nome. Non
pensavo che volessi... be', ecco». Farfugliò
arrossendo.
«EJ?».
«Anche
tuo padre si chiamava Edward,
no?».
«Sì
… ma …»
“Ancoa
… bela … palla ancoa …”
«Ma
cosa...? » Gli piaceva la mia
voce?? L’aveva appena sentita è gli piaceva?!?!
M’inorgoglii
improvvisamente, aveva
percepito chi fossi; e gli piacevo … voleva bene anche a me
… Mi trovai a
ridere senza nemmeno ricordare quando avevo cominciato.
«Che
c'è?».
«Gli
piace anche la mia voce».Dissi
orgoglioso.
«Certo
che gli piace».Gongolò Bella.
«Hai la voce più bella dell'universo. A chi non
piacerebbe?».
Per come
l’avevo trattato fino a
pochi istanti prima, non mi sarei stupito che mi odiasse …
me lo sarei
meritato.
“E bravo
Edward! Era l’ora che ti
comportassi da padre! Questo bambino aspettava solo te.”Pensò
Rosalie guardandomi e abbozzando un sorriso
soddisfatto e complice. «Avete un piano di
riserva?», chiese poi, appoggiandosi
alla spalliera del divano. «Che si fa se è una
lei?».
«Qualche
idea mi è venuta. Pensavo a
un misto fra i nomi di Renée ed Esme...». Rispose
Bella cercando di asciugarsi
le lacrime.
«Resmé?».
Azzardò titubante e non
troppo convinta.
«Ma
no: Renesmee. Troppo strano?».
«No,
mi piace», confermò Rosalie.
«È
bellissimo. E unico, quindi perfetto».
«Comunque,
sono convinta che sia un
Edward».
In cuor mio
sperai di no.
“mama
… è feice …”
Ancora un
pensiero, capiva tutto
quello che stava accadendo fuori dal suo ambiente, percependo
chiaramente lo
stato d’animo di Bella; era intelligente, molto
più intelligente di un bambino
umano, sicuramente il suo sviluppo era precoce in tutti i sensi.
«Che
c'è?», chiese Bella trasognata
vedendomi assorto a fissare il suo pancione. «Cosa
pensa?».
“…
mi piace
…. Voio bene mama”
Ormai in
trance, posi l’orecchio
nuovamente sul pancione, dove più o meno credevo fosse
l’origine di quei
pensieri.
“No tiste
mama … mai…”
«Ti
vuole bene», mormorai
completamente sbalordito. «Ti adora indiscutibilmente».
In
quell’istante la voce di un’altra
mente entrò prepotente nella mia testa, carica di odio e
rancore. “Venduto!
Come ho potuto fidarmi di te credendoti
mio alleato! Sei solo una schifosa sanguisuga …”Preso da
quel momento di euforia, avevo completamente
rimosso la presenza di Jacob nella stanza e come me anche Bella e
Rosalie si
trovarono a fissare il viso di quel ragazzo completamente sconvolto dal
furore.
I pugni
serrati e il tremore che gli
faceva vibrare tutto il corpo erano i segnali che stesse arrivando al
limite.
Non lo
meritava, nonostante non mi
fosse particolarmente simpatico, non meritava di assistere a tutto
questo,
conoscevo il suo dolore e quanto già stesse soffrendo;
questo dovevo
risparmiarglielo.
Veloce,
come solo un vampiro può
essere, presi da un cassetto di un tavolo poco distante da noi la
chiave di
un’auto e gliela lanciai, offrendogli la
possibilità di scappare dai suoi
fantasmi.
Rosalie
Il cane si
era dileguato, non era
ancora uscito da casa che lo sguardo di Edward era nuovamente puntato
sul
pancione di Bella.
Bene.
Sembrava
che finalmente il caro
fratellino avesse deciso di crescere affrontando le sue
responsabilità, Non
aveva nemmeno idea di quando fosse stato benevolo il destino con lui.
A quelli
come noi certe gioie non
erano concesse.
Il mio
compito era finito, ero
decisamente di troppo, adesso dovevano risolvere i loro problemi da
soli.
Come una
famiglia.
«Vado
a prendere una boccata d’aria,
la puzza del cane ha affumicato tutta casa … torno tra un
po’…» “è
il tuo
momento Edward … fatti perdonare!” pensai
soddisfatta uscendo.
Edward
Rosalie
chiuse la porta dietro di
sé, lasciandomi solo, a tu per tu con i miei errori, ne
avevo parecchi sulla
coscienza … aveva ragione. Mi sarei dovuto scusare anche con
lei …
Mi sedetti
sul tavolino basso,
davanti al divano, mi sentivo
piccolo e insignificante davanti a lei, che aveva creduto in questo
bambino fin
dal primo istante, esattamente come aveva creduto in me, e il piccolo
la
ricambiava, cercava di muoversi poco e piano, ed era completamente
innamorato
di lei.
Non sarei
mai stato capace di così
tanto amore e non mi meritavo il suo, così incondizionato e
puro, ma sapevo che
per me, adesso, loro erano il mio tutto.
«Scusa
se mi sono arrabbiato tanto»
«Chiederei
scusa anch’io»
“No, non
devi …”pensai
sospirando «Ti ho lasciata sola ad affrontarlo»
«Il
matrimonio …» accennò in un
tentativo di essere sarcastica.
Ridacchiai
«Dicono che il primo anno
è il più difficile …»
«Già
…» sussurrò guardandomi negli
occhi, con quella luce così speciale che solo lei irradiava.
Rimanemmo
così per un tempo
indefinito: immobili, le sue mani sul pancione e le mie sopra le sue.
Tutti e
tre insieme.
«Edward
…» sussurrò. «Mi
abbracci?»
«Ti
congelerai Bella, non è il caso
… ti è appena passata la febbre
…»
«Ti
prego … ho bisogno di sentirti
vicino a me … ho bisogno di te …»
Non ebbi il
coraggio di opporre
resistenza, ne avevo un bisogno disperato anch’io, la
infagottai il più
possibile nella coperta che aveva sulle gambe e mi sedetti accanto a
lei,
facendola accoccolare tra le mie braccia.
«…
Ecco, così è perfetto … sono a
casa …» mormorò con la voce
già impastata dal sonno.
Già
… a casa. Era proprio quella la
sensazione che stavo provando anch’io … la mia
casa … la mia famiglia.
Sembrava
così piccola rannicchiata
vicino a me, con le mani sul pancione, quasi volesse difenderlo dal
mondo
intero, involontariamente la mia mano scivolò sulla sua e le
nostre dita
s’intrecciarono istintivamente, come un riflesso
incondizionato.
Un altro
colpetto la fece
sussultare.
Stava
crescendo in fretta e per la
prima volta questa considerazione non mi spaventò, e mi
scoprii curioso …
Curioso di
vederlo, di tenerlo tra
le braccia e di proteggerlo, di sentire il battito del suo cuore come
già
sentivo i suoi pensieri … ma allo stesso tempo ero
preoccupato … sarei riuscito
a salvarli entrambi … Rose stava raccogliendo il suo veleno
… non si fidava
di me e si era mossa
per tempo … la
sua era stata un’ottima intuizione e anch’io stavo
facendo lo stesso da qualche
giorno, se si fosse presentato un imprevisto, avremmo dovuto agire
tempestivamente e farlo entrare in circolo in più punti
contemporaneamente
poteva essere una soluzione, mordere non sarebbe bastato.
«Ehi
piccolino, mi senti?»sussurrai
per non svegliare Bella «Il tuo papà
troverà una soluzione, non permetterò che
ti succeda nulla … né a te né alla tua
mamma … merita che tu la conosca, molto
più di me. Io non sono nulla confrontato a
lei, ma credimi se di dico che ti amo, anche se l’ho capito
troppo tardi.»
Sarei mai
riuscito ad occuparmi di
lui se Bella non ce l’avesse fatta? L’angoscia che
mi assalì fu cancellata
dalla discussione che, intanto, era iniziata all’esterno.
«No.
Dove credi di andare.»Sentii
ruggire improvvisamente Rose.
«Lasciami
passare schifosa
succhiasangue»
“Leah?!? Ma
cosa …”.. In
quell’istante la porta si spalancò.
«Devo
parlare con Bella.»sentenziò
entrando; Rose dietro di lei era pronta ad attaccare. Con uno sguardo
le feci
cenno di mantenere la calma.
Non ero in
confidenza con la sua
mente, questo mi aveva impedito di prevedere con più
anticipo le sue
intenzioni, averlo saputo non le avrei mai permesso di entrare.
«Sta
riposando. Puoi dire a me?»
«NO.»
«Sono
sveglia …» mormorò Bella alle
mie spalle.
«Non
credo sia il momento per
affrontare certi discorsi Leah …» provai a dire
per dissuaderla, dopo aver
capito cosa l’avesse spinta a questa visita improvvisa, nella
speranza di non
far scattare un conflitto, ma ignorandomi completamente mi
superò arrivando a
due passi dal divano.
Leah
Finalmente
ero faccia a faccia con la
principessina di Forks. Vedere Jacob fuggire in quel modo mi aveva
fatto
ribollire il sangue; non era normale scappasse a quella
velocità su un’auto non
sua. Non si era trasformato e questo voleva dire solo una cosa: non
aveva
intenzione di renderci partecipi del suo dolore.
Sua altezza
doveva avergli inferto
l’ennesima mazzata e, dopo tutto quello che stava sopportando
e a cui aveva
rinunciato per lei, poteva anche usare un po’ più
di riguardo nei suoi
confronti.
Era bene
che capisse che era giunto
il momento di
scendere dal
piedistallo e farle presente che le persone sono dotate di un cuore,
hanno dei
sentimenti, non come i suoi amichetti vampiri e che, approfittarsi
sfruttando
spudoratamente i sentimenti che gli altri nutrivano per
lei, non era più
accettabile.
«Cosa
gli hai fatto?» le ringhiai in
faccia.
«Non
capisco cosa …» iniziò a
difendersi, ma il suo succhiasangue preferito s’intromise
rispondendo per lei.
«Jacob,
aveva solo bisogno di
cambiare aria, tutto qua. Gli ho prestato la mia auto perché
potesse farsi un
giro.»
«Non
l’ho chiesto a te. Cosa è
successo? Non si è trasformato, sta mantenendo le distanze
dal suo branco. Non
credo volesse solo farsi due passi.» chiesi nuovamente
puntandola dritta negli
occhi.
«Io
non …»
«Abbiamo
sentito i pensieri del
bambino. Jacob si è sentito in difficoltà e ha
preferito allontanarsi.» rispose
nuovamente lui.
«Quindi
mentre voi giocavate alla
famiglia felice, Jacob assisteva alla scena.» sputai con
tutta la rabbia che
avevo dentro.
«È
stata una cosa improvvisa, io non
vol …»
«Tu
non vuoi mai, ma ormai è quasi
un anno che lo tormenti e lo illudi, con il solo scopo di tenerlo
legato a te
come cavalier servente. Mi fai schifo.»
«Vattene
Leah.» sibilò suo marito.
«Ti
sei appoggiata a lui quando il
tuo vampiro ti ha lasciata; hai continuato ad illuderlo anche quando
è tornato,
ha rischiato di farsi ammazzare per te! Non contenta l’hai
anche invitato al
tuo matrimonio!» Continuai senza freno.
«Non
sai quello che stai dicendo
Leah. Ma adesso basta, FUORI DA QUESTA CASA.»
ruggì la sanguisuga.
«Sembra
impossibile che tu sia
figlia di una persona corretta e irreprensibile come Charlie Swan. Sei
subdola,
scorretta, calcolatrice e senza scrupoli; sia nei confronti di Jacob
che nei
confronti di tuo marito, ma se a lui non disturba, puoi fare
ciò che vuoi, con
Jacob invece NO, non te lo permetto più. Tu hai fatto le tue
scelte, permetti a
lui di vivere la sua vita, non lo puoi tenere legato a te in eterno. Il
tuo
egoismo sta sfiorando la cattiveria. Ha perso tutto per te, la
famiglia, la
casa, il branco e la dignità, prova ancora una volta a
prenderti gioco dei suoi
sentimenti che dovrai renderne conto a me.»
I due
vampiri iniziarono ad avanzare
lentamente. Se avessero voluto attaccare, l’avrebbero
sicuramente già fatto,
evidentemente la presenza di Sua Maestà li metteva in
difficoltà.
Meglio,
almeno ero riuscita a
levarmi questo peso dallo stomaco.
«Non
vi disturbate». Sibilai
guardandoli sprezzante «Conosco la strada.» e
soddisfatta, me ne andai.