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Autore: Yuko majo    08/04/2012    5 recensioni
Magnus aveva lottato per avvicinarlo, per guadagnare la sua fiducia.
Aveva lottato per far scemare ogni sua paranoia, la paura che aveva di vivere, di amare, di provare sentimenti.
Aveva lottato con la sua gelosia, e nuovamente con i suoi dubbi.
Ogni uscita, ogni incontro era una vera e propria lotta; Magnus doveva convincerlo, sedurlo, conquistarlo ad ogni nuovo invito, fino a che Alec non cedeva, con i suoi dubbi e la sua ritrosia, ma cedeva.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Pensieri alla luna

 

 

 

 

Ad Aika, Bea e Wilma,
perché amano questi due come e
più di me.
Un bacione.

 

 

 

Quella sera faceva freddo, una brezza pungente soffiava da nord, portando con sé i primi fiocchi di neve che entro pochi giorni avrebbe ricoperto di bianco le strade di New York.
Non amava particolarmente le serate gelide come quella, il vento soffiare, ma doveva ammettere che le luci tremolanti della città, che si estendevano come tanti puntini luminosi all’infinito, avevano il loro fascino, un loro lato romantico. Sarebbe stato ancora più romantico se a fissare la distesa di New York non fosse stato da solo, ma accanto a lui ci fosse stata la persona amata.
Gettò uno sguardo davanti a sé, la città si estendeva a perdita d’occhio, le luci, i neon creavano giochi di ombre a dir poco inquietanti per le strade e i vicoli scuri; ascoltò il rumore del traffico ancora fitto persino a quell’ora della notte.
New York era rumorosa, lo era sempre stata, nei suoi ottocento e più anni di vita Magnus aveva scoperto che le grandi città erano solo tanto rumore, un agglomerato di persone e rumore, dove si avvertivano sempre un brusio, mormorii e parole; e più gli anni passavano, più tutto questo non faceva altro che aumentare.
Lo stregone amava il caos, amava le luci, i suoni, la vita; eppure, a volte, con il passare del tempo si era reso conto di quanto il mondo stesse cambiando, di come lui stesse cambiando.
Di come a volte desiderasse il silenzio, momenti di tranquillità, immerso nei suoi pensieri, il Presidente Miao acciambellato accanto a lui in vena di coccole, il suo leggero ronfare, le fusa a fare da sottofondo a quei momenti; dopo tutti quegli anni, le difficoltà, amava i momenti di tranquillità.
Diede uno sguardo alla luna con le iridi feline ricordando il passato, i secoli trascorsi, e come quanto per lui la vita fosse molto più semplice ora rispetto ad un tempo. Il suo aspetto, i suoi occhi e persino la sua eccentricità non destavano più paura, forse ilarità, curiosità, ma non paura.
Il tempo era passato, e lui infine era giunto a New York, aveva creduto che la sua vita potesse scorrere serena, scivolare calma e piatta, fra una festa e l’altra per l’eternità. Lavorava con i Nephilim, aveva stretto un accordo, ma per il resto i giorni scorrevano sereni.
Tutto sarebbe andato avanti a quel modo, anno dopo anno, secolo dopo secolo, questo aveva pensato Magnus, del tutto ignaro di chi sarebbe entrato nella sua vita solo pochi mesi prima.
Di cosa sarebbe accaduto.
Sorrise, mentre una carezza gelida sfiorava il suo volto senza tempo; quel ragazzo, un Lightwood, aveva stravolto le sue giornate, lui e quella strana famiglia che si ritrovava.
Alec era entrato all’improvviso nella sua essitenza, con quegli occhi blu, profondi come il mare e altrettanto malinconici.
Magnus aveva lottato per avvicinarlo, per guadagnare la sua fiducia.
Aveva lottato per far scemare ogni sua paranoia, la paura che aveva di vivere, di amare, di provare sentimenti.
Aveva lottato con la sua gelosia, e nuovamente con i suoi dubbi.
Ogni uscita, ogni incontro era una vera e propria lotta; Magnus doveva convincerlo, sedurlo, conquistarlo ad ogni nuovo invito, fino a che Alec non cedeva, con i suoi dubbi e la sua ritrosia, ma cedeva.
Sorrise mentre la luna in cielo illuminava il suo volto, i capelli scuri spettinati, e gli occhi coperti da un generoso strato di glitter. Persino quella sera avevano un appuntamento, Alec doveva andare a casa sua, s’incontravano lì come ogni volta.
Si era preoccupato, quando con il passare delle ore non lo aveva visto arrivare, Magnus aveva capito com’era, anche se pieno di dubbi, d’incertezze; non aveva mai tardato ai loro appuntamenti, sempre puntuale, preciso; nel caso avesse tardato, lo chiamava, soffiava timido poche parole al telefono. In quei momenti lo stregone lo immaginava: nervoso che qualcuno potesse ascoltare le sue telefonate, all’inizio per paura, ora per evitare le battute sarcastiche di Jace.
Immaginava le sue gote arrossate e gli occhi accesi di una scintilla che ancora Magnus non era riuscito ad identificare; aveva fatto molte supposizioni al riguardo, ma scrutare quel ragazzo nell’animo a volte era difficile.
Non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe stato in apprensione per qualcuno, tanto da fare avanti e indietro dalla sua camera alla porta di casa, e viceversa per almeno due ore. Era rimasto sorpreso a ritrovarsi a fissare la strada dalla finestra della sua stanza, in attesa di veder comparire un’ombra che elegante si avvicinava verso il portone di casa.
Era diventato apprensivo, e ora come ora la cosa lo inquietava e lo divertiva, Magnus sapeva che Alec era un shadowhunters, un guerriero, un umano. Sapeva perfettamente che un giorno non sarebbe più entrato dalla porta di casa sua, non avrebbe più visto il suo sorriso timido e quegli occhi blu, nebulosi, assorti.
Alec era un guerriero, nato e addestrato per combattere, aveva un animo nobile, avrebbe sacrificato la sua vita per salvare quella delle persone a lui care. Era per questo che Magnus lo amava, perché era rimasto tanto affascinato da lui, ma quella sera aveva avuto paura; non vederlo arrivare, non avere notizie gli aveva fatto capire, ora più che mai quanto fosse legato al cacciatore.
Respirò, per poi chiudere la finestra della camera da letto, la casa era completamente al buio; pensò a come, poche ora prima, aveva lottato per non telefonare a casa di Alec, ai suoi genitori per avere notizie. Per chiedere a sua madre dove fosse finito il più grande dei suoi figli. Non voleva fare la figura di quello che perdeva la testa, dell’innamorato apprensivo, non era da lui. Lui era il Sommo stregone di Brooklyn, era Magnus Bane, non una ragazzina innamorata, o almeno era quello che aveva creduto fino a quella sera.
Il suo cuore, in quelle ore di attesa, era diventato un macigno, un peso nel petto che doleva ad ogni battito. Quando poi aveva avvertito i passi leggeri salire le scale, quella camminata inconfondibile, Magnus aveva tirato un sospiro di sollievo, a stento si era trattenuto dal correre ad aprire la porta. Si era contenuto, aspettando di sentire quel leggero bussare alla porta, un tocco delicato, ma allo stesso tempo deciso; quel modo che solo Alec aveva di richiamare la sua attenzione.

 

Coperto di sangue, di non si sa bene quale demone, pallido, aveva lo sguardo stanco, e gli occhi lucidi. Lo aveva salutato con un sorriso prima di crollare fra le sue braccia.
Tremava Alec, il respiro accelerato, e brividi scotevano il suo corpo. Magnus aveva passato una mano fra i capelli spettinati incrostati di sangue, lo aveva accarezzato, fissandolo attentamente con i suoi occhi verdi alla ricerca di qualche ferita; assicuratosi che non ve ne fossero, lo aveva portato in bagno, dove lo aveva fatto riscaldare con un bel bagno caldo. Gli era sembrato di essere una madre amorevole mentre lo lavava e asciugava, per poi metterlo a letto.
Uno stupido, ecco cos’era: uno stupido Nephilim che un giorno o l’altro si sarebbe fatto ammazzare.
Al pensiero di come fosse ridotto, Magnus sbuffò, a stento si doveva reggere in piedi quando era uscito per combattere insieme ai suoi compagni, ma come al solito aveva fatto passare tutto in secondo piano, come si sentisse, la sua salute, perché doveva proteggere la sua famiglia, sua sorella, e persino quell’idiota che considerava un fratello.
Lo stregone si diresse verso la cucina, imprecando contro il suo compagno e ripensando a quei momenti di attesa e paura. Si muoveva come un automa mentre metteva il bollitore su un fornello e attendeva che l’acqua si fosse scaldata, nel frattempo in mischiava fra loro erbe di diverso genere, per preparare quell’infuso, uno sciroppo che avrebbe fatto abbassare la febbre a quel testone.

 

Il calice che aveva fra le mani risplendeva di uno strano sciroppo verde, il vapore che ne fuoriusciva portava alle narici di Magnus un rinfrescante odore di menta, le iridi dell’uomo si posarono sulla figura addormentata nel suo letto.
Sbuffò, non sapendo se ridere o ritenersi offeso dalla situazione: Alec era nel suo letto abbracciato al Presidente Miao che contento ronfava accanto al ragazzo, mentre quest’ultimo borbottando e stringendolo sempre più a sé lo chiamava Magnus.
«Dovrei ritenermi offeso, scambi il mio gatto per me, io sono decisamente molto più bello di lui.» affermò più a sé stesso che al ragazzo, mentre si sedeva accanto a lui, e lo scuoteva gentilmente. «Su, bell’addormentato, è ora della medicina.» continuò lo stregone, carezzando gentilmente le gote arrossate del ragazzo, attendendo che aprisse gli occhi.
«Apri gli occhi, devi prendere lo sciroppo, poi potrai riprendere a flirtare come preferisci con il mio gatto.»
«Io non sto flirtando con il tuo gatto, e non voglio lo sciroppo, le medicine hanno un pessimo sapore.» biascicò Alec, ancora mezzo addormentato, girandosi nel letto per dare le spalle allo stregone e stringere ancora più vicino al petto il Presidente Miao, decisamente contento di quelle attenzioni e del calore che emanava l’amico speciale del suo padrone.
Magnus posò il calice con il liquido verde sul comodino, sospirò esasperato, per poi cedere. «E sia, lo berrai più tardi.» sussurrò alle ombre della stanza, mentre con lo sguardo scrutava Alec riprendere a dormire tranquillamente.
Seduto accanto al ragazzo, posandogli carezze fra i ricci scuri, rimase a cullarlo fino alle prime luci del mattino, quando il sonno non s’impadronì anche di lui.

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

 

Dunque, storia scritta in un momento di follia per il contest Let’ ship again, ho usato tre prompt, dunque alla luna del sabato, e sciroppo e paranoia di venerdì, anche se ammetto che mi sembrano tutti molto accennati, però l’ispirazione è stata questa ^^.

Probabilmente sono anche andata molto OCC con la storia, non ha nemmeno un ambientazione temporale, non saprei proprio dove collocarla fra i libri usciti, quindi prendetela così com’è, una piccola follia momentanea, un piccolo attimo fra questi due, in un momento non ben precisato.

   
 
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