Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: eldarion    11/04/2012    5 recensioni
Tsubasa e Sanae stanno per sposarsi. Sono felici. Tuttavia, la felicità a lungo sognata viene bruscamente spazzata via da una tragica fatalità.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.

Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

Note personali: non amo scrivere storie con più di un capitolo, perché ho poca pazienza, ma ho voluto tentare. E’ una specie di sfida e spero di fare un buon lavoro!

Ringrazio coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.

Buona lettura!

 

Arrivederci, Addio

 

 

"Pronto?..."

Il silenzio all'altro capo del filo impensierì Natsuko, sperò che fosse Tsubasa: egli non era solito chiamare ogni giorno ma era da un po' che non lo sentiva e quel silenzio pareva gridare. Natsuko sorrise sentendosi un po’ sciocca: le grida di quel silenzio erano solo la sua nostalgia di quel figlio lontano. Tuttavia, chiese al misterioso e muto interlocutore...

"Ma chi parla?..Tsubasa?..."

Un sospiro greve fu la risposta alla gentile domanda della giovane madre; poi finalmente...

"No...Sono....Sono Kumiko signora Ozora, io..."

La ragazza però si interruppe.

"Kumiko, certo mi ricordo di te...Coma va?" Natsuco non disse altro, non capiva la ragione di quella telefonata, in effetti, non ricordava che avesse mai chiamato ma non domandò altro, aspettò paziente che la modella continuasse da sé...

"Io sto bene...Ho un messaggio di Tsubasa e di Sanae...Ve lo porto!

Riattaccò velocemente lasciando Natsuko a casa Ozora sommersa da mille domande e impietrita. Era là, impalata, con il telefono in mano a ripetere a se stessa il nome di Sanae.

Kumiko si mise velocemente le scarpe e uscì, era stato un bel ritorno a casa il suo, nella sua famiglia. “Sua famiglia” proprio una bella espressione...Era come se non se ne fosse mai andata, certo c'era molto da dire e da chiarire, c'erano sofferenza ed anche imbarazzo ma era tutto come se lei e i suoi genitori si fossero lasciati soltanto il giorno prima. Forse era questo, questo che faceva una famiglia...Accogliere, accogliere sempre, non importa l'errore che puoi aver fatto. 

Kumiko sospirò: lei aveva fatto molti gravi errori, uno pesava particolarmente, un errore inconfessabile, almeno per ora, un errore al quale non poteva porre rimedio ma poteva mitigarne le conseguenze.

Iniziò a correre mentre le frasi della lettera del capitano le martellavano la testa e le parole laceravano l'aria scagliandosi come pietre contro il suo corpo.

Probabilmente era quello l'inferno, ecco cos'era, forse osservare con consapevolezza i propri errori e le conseguenze senza poter far nulla si avvicinava alla sensazione di quello che poteva realmente essere un'inferno. 

Tsubasa l'aveva perdonata, ma sarebbe riuscita lei a continuare a vivere? E come?

Solo Tsubasa, Sanae e Jerwis conoscevano la realtà delle cose, lei non era tenuta a confessare nulla ma era costretta ad osservare impotente la devastazione che il suo gesto aveva provocato: piangeva a dirotto, non voleva ascoltarle quelle parole, non voleva ricordare quelle righe, non voleva rammentare il suo errore, non voleva vedere la sofferenza che aveva causato eppure... Doveva! Questo e soltanto questo le aveva chiesto Tsubasa: l’aveva pregata di portare una speranza e un addio alla famiglia e agli amici. Lei non doveva far altro che questo piccolo passo verso il prossimo, verso il dolore e verso la verità.

Quella lettera pesava come un macigno...

 

"Cara mamma e caro papà volevo dirvi che vi voglio bene e che sono felice di avervi avuto come genitori. Non ho mai espresso il mio amore giorno per giorno perciò spero che lo comprendiate da queste poche righe, come sapete, non ci so fare con le parole, le penne e i fogli...E' Sanae quella brava a scrivere, in effetti Sanae avrebbe saputo scrivere una lettera meravigliosa, ma...beh...Forse no, questa lettera l'ho sempre avuta nel cuore ma non sapevo leggerla... Poi, un giorno al mio risveglio l'ho trovata: era lì per voi e anche voi la terrete nel cuore, lo so. Questa lettera è apparsa nel silenzio della notte, sotto il cielo stellato. Me l'hanno dettata forse i fili d'erba del prato dove ho ritrovato Sanae e il ruscello che ho attraversato per raggiungere il bosco da dove vi scrivo.

 Ho trovato quello che cercavo e so cosa devo imparare: ho trovato Sanae e devo imparare a vivere e ad amare, di nuovo come se fossi ancora piccolo ma voi non sarete con me e mi mancherete, perciò spero che questa lettera che ho scritto solo ora, queste parole che comprendo solo adesso rendano più leggero il fardello che vi opprime...Affiderò a queste righe anche tutto l'amore che Sanae ha per la sua famiglia, non è mai fuggita era felice di vivere con le persone che amava, non è colpa loro e non è colpa di Sanae, è stato un scherzo del destino, ora lei non può tornare a casa e io non la lascerò. Dite alla sua famiglia che Sanae sta bene e che siamo felici insieme. Non è una fuga la mia, non me ne sono andato per scelta ma non tornerò, non lo posso fare, esattamente come è accaduto a Sanae. Perdonatemi: nemmeno posso dirvi dove ci troviamo, comunque non mi credereste, né posso dirvi che torneremo, né che ci rivedremo, nessuno può dirlo, non si sa..forse un giorno...Io lo spero...

Ora devo salutarvi...

Cara mamma, caro papà non mi piacciono gli addii, non li ho mai sopportati, lo sapete e non mi piacciono le lacrime e le conclusioni tragiche perciò... Ora basta, sono felice qui con Sanae...State tranquilli.

Volevo dirvi anche, mi mancherà il vostro calore come a Sanae manca quello dei suoi...Ma anche, cara mamma non preoccuparti: l'ho preso il maglione di lana, non avrò quel genere di freddo che ti preoccupa tanto e dì ai genitori di Sanae che mi occuperò io di lei, certo non sarà come avere una mamma e un papà me ne rendo conto ma...Come diceva la sua mamma? Beh, non importa, controllerò che mangi abbastanza, lo sapete che potete fidarvi e...Cosa ne dici mamma? Possiamo sempre incontrarci nei sogni...

Quindi, cara mamma, caro papà... non so come salutare, forse il nostro è un....Arrivederci Addio."

 

Aveva smesso di correre, era quasi giunta a casa Ozora oramai ed i passi si facevano lenti e pesanti. Il nodo che le attanagliava la gola sembrava farla soffocare. Arrancò. Pensò che sarebbe morta....

"No, non morirò" 

Si disse, in fondo nemmeno Tsubasa e Sanae, né le loro famiglie, né gli amici erano morti. Il dolore li aveva consumati, smussati, modellati e fatti crescere; aveva scavato solchi sui loro visi e nelle anime ma non erano morti, affatto. Le loro vite, tutte, erano continuate nella speranza di rivedersi o in quella di trovare un giorno quelle risposte alle tante domande irrisolte. 

Una risposta, un'impietosa - pietosa risposta, stava per giungere finalmente. Era strano, strano come quelle parole così dolci di Tsubasa potessero essere allo stesso tempo amare e crudeli, così cariche di dolore ma anche di speranza e amore. Quella lettera era un ritrovarsi e un subitaneo lasciarsi...Cosa avrebbero detto, cosa avrebbero fatto, e lei...Cosa doveva dire lei?

Era arrivata.

Spinse dolcemente il cancello. Entrando nel giardino non poté fare a meno di ricordare l'armonia e la pace nel roseto di Jerwis, anche nel giardino di casa Ozora regnava la pace, una pace che era propria solo dei giardini, solo della natura. Una pace che aveva provato un tempo, da piccola, quando si poggiava al tronco degli alberi e ascoltava le favole della nonna. 

Era una sensazione, forse, che solo un certo tipo di serenità interiore o di amore verso gli altri poteva farti sentire. La paura svanì sciogliendosi nel ricordo dell'infanzia.

Si asciugò le lacrime, magari Jerwis aveva ragione: lei era guarita, era sulla buona strada e doveva portare una speranza a qualcun altro ora.

Suonò il campanello con decisione, era il momento: non portava odio, non portava morte o rancore. Solo amore, Amore che giungeva da molto lontano. Un legame per sempre, un legame che solcava tempo e spazio per perdersi nell’eternità.

La porta si aprì e ad accoglierla il dolcissimo viso di Natsuko. 

Kumiko non salutò, le porse la lettera che stringeva tra le dita dicendo con un filo di voce...

"Prima di salutarmi Tsubasa mi ha chiesto di portavi questo messaggio."

La donna le fece segno d'entrare e la condusse con sé in salotto: c'erano tutti, anche i genitori di Sanae. 

Natsuko aprì la busta, senza indecisioni...

 

Continua..

(Solita lentezza: scusate! Comunque grazie a tutti quelli che continuano a leggere.

Un grazie particolare a Sanae 78: lei non lo sa ma è stata una sua osservazione nella prima recensione a questa storia ad avermi ispirato l’idea della lettera!)

 

N.B.

Lo spunto per questa storia mi è stato offerto da una novella tedesca “Germelshausen” scritta da Friedrich Gerstacker. Questa storia, nel 1954, ispirò un musical della MGM “Brigadoon”. Dal musical, Vincent Minnelli, trasse l’omonimo film. Fu il suo primo film girato in Cinemascope.

  
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