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Autore: AllHailTheGlowCloud    11/04/2012    1 recensioni
"I genitori non hanno mai saputo che nome le si addicesse di più, e le stessa dimostrò più volte di non aver cura di una questione che pare per lei sia del tutto futile. Quindi, ognuno finisce per chiamarla come vuole…" [...]
"Mi sento un po’ un vigliacco a rassegnarmi così a qualunque sia il mio destino, lasciandolo nelle mani della mia fidata compagna, ma è anche vero che non posso fare altrimenti.
Non vorrei tornare a casa senza di lei, non mi darei pace e non saprei come spiegare la sua scomparsa ai suoi genitori ignari di tutto.
Eppure so che anche per Junie è lo stesso."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6. Attraverso il giorno, verso la notte.

Corbellerie varie:

 

  • Aodhàn: si legge “Aidan” (più o meno. Yeah, finalmente hai un nome, eh? LOL ndDaruku)

 

 

Il ginepro selvatico.

 

~ Attraverso il giorno, verso la notte.

 

 

 

 

Ci introduciamo così nella folta vegetazione, tornando nella penombra umida che avevamo da poco lasciato. Gli alberi sono tutti robusti e antichi, e il sottobosco è rigoglioso e lussureggiante. E’ un luogo meraviglioso, il bosco più bello in cui abbia mai messo piede, eppure continuo ad avere dei brividi che salgono dalle caviglie fin sulle spalle, e viceversa, e più andiamo avanti, più i miei muscoli sono tesi e scossi da tremiti; sono tesi come corde di violino, pronti a guizzare come giovani rane al minimo fruscio tra le fronde. Improvvisamente sobbalzo e mi volto: la sensazione tiepida e piacevole delle ditine bianche di Junie che si intrecciano con le mie mi ha colto di sorpresa. Ci guardiamo intorno stupefatti. Nessuno dei due osa parlare, forse perché non c’è niente da dire, o ce ne sarebbe anche troppo, e non sappiamo come esprimerlo. Anche se ormai siamo totalmente immersi in questo tripudio della natura, e l’entrata ormai lontana è scomparsa dall’orizzonte, inghiottita dal verde alle nostre spalle, ho la gola ancora secca. Junie invece si è già ripresa. Cammina qualche passo avanti a me, a testa alta, osservando curiosa ogni movimento delle foglie, ogni scanalatura delle cortecce, e tutto ciò che ci circonda. Sento uno strano rumore e mi blocco improvvisamente. Junie origlia con le orecchie ben aperte. Lo strano suono –che più ci avviciniamo, cautamente, poi così strano non è, e si rivela essere un suono a noi ben familiare- sembra venire da poco più avanti, da un grande cespuglio di rovi dai rami spessi. Il belato accentua la sua nota acuta quando la capra nota la nostra presenza, e inizia a dimenarsi più di prima, torcendo il collo e tirando, impuntandosi e calpestando nervosamente con gli zoccoli, nel tentativo di fare leva e liberarsi. Io e Junie ci guardiamo, decidendo unanimemente, senza consultarci, di avvicinarci e cercare di aiutare quel povero animale.

Io l’avvicino da un lato, avvolgendola con le braccia per tenerla più ferma possibile, mentre Junie si adopera per spostar i rami in cui sono impigliate le sue corna. Dopo un po’, con un po’ di sforzo, una volta riesce a liberarle. Indietreggio, l’animale scuote la testa, come volendo accertarsi della veridicità della propria libertà, poi saltellando si gira e si allontana velocemente, sparendo tra la fitta boscaglia.

«Povero animale.»

«Poveri noi! –sbuffo- ci ha fatto perdere tempo, e poi se n’è andato così!»

«Ti aspettavi un ringraziamento speciale?» mi rimbecca. Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.

Dopo aver ancora camminato per un tempo indefinito, mi rendo conto che è decisamente il caso di procurarci un po’ di legna, prima che faccia buio, o dopo sarà impossibile, e avremo sicuramente freddo, e non vedremo più nulla intorno a noi. Lo faccio presente a Junie, così, avanzando, raccogliamo qualche ramoscello che troviamo. Ormai è tardo pomeriggio, quindi decidiamo di fermarci e cercare di accendere un fuoco. La sua fiamma vivida ci riscalda facilmente. Sediamo l’uno accanto all’altro, e io tiro fuori dalla mia borsa del pane e del formaggio, che offro anche a Junie, la quale mi confessa che il suo stomaco stava brontolando già da un po’. «Perché non l’hai detto prima!?» ribatto e lei, per tutta risposta, mi fa una linguaccia e continua a mangiare. Ha conservato perfettamente tutti i tratti tipicamente infantili, e questa è una delle cose che maggiormente me la fanno apparire bella: è vivace e curiosa, e sa essere nel contempo sia astuta e ingegnosa, sia di un ingenuità disarmante, il tutto condito di una spontaneità genuina che la accompagna in ogni suo gesto. Mi guarda con un cipiglio interrogativo. Sorrido scuotendo la testa e distolgo lo sguardo, addentando il mio ultimo boccone di formaggio. Mi capita sempre più spesso di restare incantato a guardarla senza nemmeno accorgermene.

Mi pare di sentire un rumore, un calpestio, e mi volto, ma non c’è nulla. Junie non ci ha nemmeno fatto caso, forse mi starò solo autosuggestionando. Mi guardo intorno. In realtà, per essere il crepuscolo, c’è molta più luce di quanto immaginassi. Il mio sguardo viene rapito da un dettaglio, che solo ora noto.

Alle nostre spalle, non molto distante da noi, un fungo si è appena tirato fuori dalla sua postazione nella terra, e con minuscole zampine, molto simili a quelle di un pulcino, ha iniziato a camminare. Avanza a tratti velocemente, poi si ferma e si guarda intorno, proprio con l’andatura impacciata di un pulcino. Posso dire “si guarda intorno” perché –ho avuto modo di notare- appena sotto il cappello c’è un piccolo volto paffuto, come di un bambino. Faccio cenno a Junie di voltarsi, ma le impongo il silenzio, mostrandole il dito indice davanti alle mie labbra. Di seguito a quel buffo fungo, anche altri più piccoli si uniscono alla marcia, e il curioso corteo prosegue con non poche difficoltà, dato che i più piccoli hanno anche zampe più piccole, e di conseguenza ogni tanto inciampano.

Sono troppo preso da questo spettacolo per rendermi conto che il tramonto è arrivato, e che, insieme a quei funghi, anche tutto il resto del bosco si sta animando. Dai cespugli sbucano minuscole creaturine dall’aspetto più bizzarro, quasi tutte dalla pelle verde, e vestite di muschio e di foglie. Certe mettono delle alucce e salgono sui rami degli alberi. Dalla corteccia iniziano ad emergere volti dalle fattezze umane, così, dopo un po’ ciascun albero ha il suo. Perfino dal tronco della quercia sotto la quale siamo seduti escono in piccoli gruppi altri esserini di varie dimensioni, alati, come uno sciame, che in breve si sparpaglia ovunque. Alcuni di loro hanno dei microscopici strumenti, come violini, tamburi e flauti e iniziano a suonare una musica confusa, ma molto ritmata. Quindi l’intero gruppo inizia a dimenarsi in una danza folle. Tuttavia non tutte quelle creature vi partecipano, molte sembrano interessate alla nostra presenza, e ci scrutano minuziosamente con i loro occhietti scuri. Hanno sguardi curiosi, alcuni sorridono maliziosamente, altri ridacchiano tra di loro.

Sono totalmente rapito, ma riesco provvidenzialmente a riavermi almeno per un attimo, e istintivamente la mia attenzione va a Junie. Sorride estasiata ammirando quelle meravigliose creature e la loro ipnotica danza. La fisso insistentemente, e forse lei se ne accorge, perché mi prende nuovamente la mano. Siamo circondati da esseri magici. Ovunque mi giri, tutto è fate e folletti, e spiritelli, e pixie, e la natura stessa sembra presa dall’euforia dei loro festeggiamenti.

Scorgo poi di lontano, alle spalle di Juniper, due corna, e riconosco subito la capra di oggi pomeriggio. I suoi caratteristici occhi fissi, dallo sguardo vacuo e un po’ folle, riescono a distogliermi dal resto. Non capisco per quale motivo, ma sento che anche la capra sta guardando proprio me, e ci ha riconosciuti. Poi si volta indietro e continua a fissarci, belando. L’intera situazione mi lascia in bilico tra il visibilio e lo sgomento.

«Junie, la capra. Io credo voglia che la seguiamo.» bisbiglio al suo orecchio, indicandole l’animale con un cenno. La mia amica allora annuisce, e decidiamo di andarle dietro. Seguendola ci allontaniamo dalle creaturine che, fortunatamente, sembrano aderire alla decisione della capra di allontanarci da lì, e in breve si dimenticano dei loro ospiti.

Ci lasciamo il nostro fuocherello alle spalle. Più procediamo , più la poca luce si fa ancora più fioca, finchè, in pochi minuti, non ci ritroviamo completamente sommersi dal buio.

 

 

 

 

Note:

Uuuuh! Ok, non credevo di essere capace di descrivere un viaggio, specie di questo tipo. E invece qualcosa l’ho scritto! :D

Beh, questo capitolo mi sembra più denso e corposo degli altri, forse anche leggermente più lungo? Boh, forse mi sbaglio. °-°

  
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