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Autore: Sette Lupe    13/04/2012    2 recensioni
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E' una bella giornata di sole. L'ideale per raccontarsi qualche bella storia, allora perchè non narrare di come Modo, Vinnie e Throttle si sono conosciuti? E chi sono gli Erranti?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non possiedo i Biker Mice from Mars, sono proprietà di  Rick Ungar. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

N.D.A.: Ho riscritto il capitolo cambiando qualcosa perché ritengo che così com’era non potesse proprio andare, i personaggi non seguivano i loro profili e il viaggio era un po’ troppo noioso … spero che stavolta sia venuto meglio :D

ERRANTI


CAPITOLO 4: IN CAMMINO

Camaro si stava domandando cosa accidenti ci faceva lì. Si era buttato a piedi pari in un’avventura che comprendeva l’utilizzo di capacità di guida che dubitava fortemente di avere, su un mezzo che ancora non padroneggiava bene, in compagnia di topi dalla dubbia fama, per raggiungere un luogo che definire malfamato sarebbe stato un complimento, con lo scopo di convincere i suddetti soggetti equivoci a difendere una città di gente perbene…

Ma a cosa diavolo stava pensando quando aveva accettato? E cosa diavolo era saltato in mente ad un adulto coscienzioso come lo zio, quando aveva valutato la prospettiva di invitarlo!

Al momento Tu’Tsui era al limite delle sue possibilità con i sistemi di controllo della stabilità, e lui poteva sentire le vampare di calore che salivano dal motore surriscaldato e su di giri. Lei non era fatta per fare cose del genere…

Si tenne vicino a Defender, a portata di vista, e continuò a maledirsi per la sua avventata decisione.

E’ un onore, gli aveva spiegato il topo dal muso sfregiato la sera prima della partenza: gli avrebbe permesso di camminare tra le reclute a testa alta. Si, ma a quale prezzo!

Gli sembrava di vivere un incubo, e la situazione non poteva che farsi ancor più pericolosa, andando avanti. Si chiese per l’ennesima volta cosa potesse aver spinto gli adulti a prendere la decisione di allearsi con questa gente. Ma del resto era Stoker il comandante. Assennata o meno che fosse, la sua scelta era la scelta del generale dei Freedom Fighters, e, di conseguenza, andava seguita.

Camaro era un buon soldato e un bravo ragazzo. Niente discussioni con gli adulti.

Mentre guidava non poteva fare a meno di notare il differente stato d’animo di Modo: il topino era estasiato, cercava di vedere tutto, di notare ogni cosa e, da dietro lo schermo del casco, si poteva vedere bene il suo sorriso sognante ed incantato.

Camaro sospirò, quando il fratello evitò di guardarlo. Negli ultimi giorni il loro rapporto si era un po’ incrinato: erano sempre stati molto legati e ora si sentivano traditi l’uno dall’altro. Modo aveva stretto un forte legame con il piccolo errante fulvo e, per giunta, lo difendeva apertamente e di fronte a chiunque. Lui era invece rimasto con i ragazzi di Serra, formando un gruppo unito e affiatato. Il ragazzo non capiva come il fratellino potesse trovare tanto piacevole la compagnia di quella piccola belva selvatica: Modo gli aveva persino raccontato che Throttle aveva già ucciso una persona! Era un assassino!
Eppure continuava a uscire per giocare con lui.

Camaro aveva diverse volte cercato di dissuaderlo, di fargli capire quanto fosse sbagliata la sua condotta, e si era sentito tradito anche dalla madre, quando lei si era tirata fuori dalla questione, lasciando che fosse Modo a decidere con chi giocare e quale condotta fosse la più corretta.

“Sono scelte che dovete fare voi, io non parteggio per nessuno. Ricordate solo che siete fratelli. Spero che, al momento del bisogno, saprete mettere da parte i vostri dissapori per tornare ad essere una cosa sola” aveva detto semplicemente.

Le discussioni che aveva con Modo si erano fatte sempre più accese da quel giorno. Camaro gli voleva bene, era pur sempre il suo fratellino, e ammirava il suo coraggio – motivo per cui aveva parlato in suo favore la sera in cui era stato deciso se il piccolo avrebbe o meno partecipato alla spedizione- ma non riusciva proprio a capacitarsi di come lui potesse continuare a sostenere la sua condotta insubordinata e dissennata. Aveva anche cominciato a portare un bracciale borchiato al polso sinistro , un bracciale di fattura errante! Un dono di Throttle!

Sta facendo una stupidaggine che potrebbe costagli chissà quanto, si disse grugnendo di disappunto. Gli sarebbe rimasto accanto, lo sapeva. E gli avrebbe impedito di farsi del male, sapeva anche questo. E, quando Modo si sarebbe accorto del guaio in cui si era cacciato, quando finalmente si sarebbe reso conto del suo errore, allora Camaro sarebbe accorso, come sempre. Il problema è che sapeva anche perfettamente che poi non avrebbe nemmeno avuto il coraggio di rinfacciarglielo e rimproverarlo per essersi così intestardito nel suo errore! Lo avrebbe perdonato, aiutato e avrebbe dimenticato tutto! Che rabbia che gli faceva il fatto di sapere di non essere il genere di persona in grado di criticare qualcuno appena uscito da un guaio!

Modo, dal canto suo aveva la mente completamente vuota e cercava solo di cogliere stralci di quel mondo che cominciava a profilarsi tra le volute di rena pungente.

Aveva visto solo vaghe forme e ombre sfuggenti dai toni ramati, nella penombra confusa, ma lo splendore della tribù di Lancer e Throttle, si rivelò solo quando la tempesta cominciò a scemare, lasciando che le sue spire sabbiose ricadessero in molli sfilacci sui mantelli di topi e animali e sulle carene dei mezzi, tramutando per qualche istante tutti i presenti in curiose statue di terra.

Poi tutti cominciarono a scrollarsi la polvere di dosso, e il campo visivo del topino si riempì all’improvviso di colori sgargianti, riflessi luccicanti e forme interessanti. Nella sua vita non aveva mai visto un prato di montagna in primavera, ma molti anni dopo avrebbe narrato quella storia, a milioni di anni luce da quel luogo, ad una giovane terrestre. Allora, avendone visto uno, con la sua miriade di colori che si mescolavano in un arazzo maestoso di perle luminescenti, avrebbe paragonato la sua prima impressione proprio a quello. Del resto, su Marte, nulla era raffrontabile all’allegro turbinare di toni cromatici di una tribù di Erranti. Per il momento, Modo poteva solo continuare a ripetersi che non aveva mai visto nulla del genere. Nulla.

Il Campo Lento è il cuore della vita di ogni Errante. Con esso viaggia l’intera tribù: vecchi, donne, bambini, nonché guerrieri feroci preposti alla difesa del clan. Con loro portano tutti i loro beni materiali: mezzi, animali, provviste, tende, mercanzie e quant’altro possa servire alla vita quotidiana. Spesso da esso si staccano pattuglie in ricognizione di guerrieri, cacciatori o mercanti, poiché muovere tante cose, animali e persone assieme, richiede tempi logistici decisamente lunghi, quindi, come dice il nome, i Campi Lenti, si muovono decisamente con calma; tuttavia le pattuglie rientrano sempre rapidamente -per gli standard di quella gente- in modo da non lasciare indifese le proprie famiglie a lungo.

Il Campo Lento è anche il biglietto da visita di ogni tribù di Erranti, ed essi prestano molta attenzione all’aspetto che ha il loro campo: ogni animale ed ogni mezzo vengono decorati il più possibile, con finimenti raffinati, pitture variopinte e pendenti luccicanti. Il loro status e la loro ricchezza non si stimano con i possedimenti in terreni e case lussuose, non esistono banche per il denaro, e gli oggetti che essi portano con loro non possono superare un certo numero ed ingombro- non bisogna dimenticare che essi devono poter raccogliere tutto e spostarsi in breve tempo-. Quindi, si usa adornare il proprio corpo, i pochi oggetti posseduti, persino le armi e tutto ciò che sia visibile, per poter mostrare il proprio prestigio e la propria ricchezza.

Il campo di Lancer era molto ricco, e costituiva quindi uno spettacolo raro a vedersi. Era anche un campo decisamente numeroso, che contava, fra tutti, quasi cinquanta individui. A cui si aggiungevano una trentina di componenti della tribù capeggiata da Engine, il topo nero che aveva accompagnato Lancer a parlamentare con la città di Serra. Essendo molti topi delle rispettive tribù imparentati tra loro, i due campi si erano uniti per il viaggio, così da sostenersi ed aiutarsi a vicenda.

Modo cercò con lo sguardo Throttle, e lo trovò , molto più avanti, impegnato nell’ennesima battaglia verbale con il padre: Lancer l’aveva nuovamente sorpreso con le gambe incrociate mentre cavalcava proprio assieme ad Engine, il quale proseguiva ridacchiando e scuotendo la testa, ma senza intromettersi nella lite tra i due.

Gente strana, quella: lui non si sarebbe mai permesso di rispondere a quel modo ad un adulto….

Lasciando stare i due scalmanati che litigavano ferocemente, il topino ricominciò a studiare i suoi nuovi compagni di viaggio.

Gli scorpioni dorati non erano quattro, bensì cinque: l’intero gruppo di Freedom Fighters aveva guidato tra le gambe del più grande di essi, durante la tempesta, e la colossale zampa che Modo aveva visto abbattersi diverse volte vicino a lui apparteneva proprio a quella bestia, il cui corpo li aveva protetti in parte dalla bufera. Modo stimò che il ventre dell’animale fosse sospeso circa una decina di metri sopra le loro teste, brillante come oro zecchino nel cielo ormai terso e sgombro.  Da sopra poteva sentire le grida dei guidatori che si sbeffeggiavano a vicenda lanciandosi sabbia e pezzi di pomice  - entrambi i materiali erano residui della tormenta appena conclusasi- da uno scorpione all’altro. Sembravano divertirsi molto.

Spaventati ed infastiditi dalla pioggia di polvere e pezzi di pomice, alcuni degli strani animali con la coda piumata e dai colori vivaci passarono vicino a loro emettendo una sorta di guaito gorgogliante nel radunarsi, sotto la guida dei loro mandriani, fuori dalla portata della battaglia scherzosa che si stava svolgendo tra i guidatori di scorpioni. Venivano chiamati etha, ed erano ottimi corridori e saltatori, i loro mantelli erano di un blu cangiante, e nel muoversi assumevano tutte le tonalità metalliche del verde e del viola. Le corna erano di un morbido color panna, mentre i becchi sembravano scolpiti nel diaspro rosso. Molte delle piume che ornavano acconciature, suppellettili, mezzi e finimenti di produzione degli Erranti, derivavano da quegli animali. Essi, inoltre, fornivano carne, uova e pelli; dalle loro corna si ricavava un avorio molto pregiato che era ricercatissimo in tutta Marte dalle dame più ricche per farne squisiti gioielli.

Il rango e la ricchezza di una tribù poteva facilmente essere stimato dal numero di etha posseduti, nonché dalla quantità e composizione di gioielli che i componenti stessi della tribù sfoggiavano sul corpo e sui propri mezzi.

Simili ad un incrocio tra cervi e cavalli, invece i samàr, erano posseduti solo dalle tribù più nobili. Potevano essere ricondotti alla famiglia dei bovidi, più che a quella degli equidi, sebbene l’aspetto generale ricordasse molto un cavallo dalle linee più sottili e con lunghe corna da cervo. I loro zoccoli fessi erano fatti per correre e saltare sulle dure rocce delle zone montuose di Marte, quindi, camminare nella cedevole sabbia era stata una grossa fatica per loro, come dimostrava la schiuma alle loro bocche. La tribù di Lancer frequentava poco i deserti sabbiosi, preferendo le distese di terra dura e gli altopiani più a nord, quindi preferiva allevare animali adatti a quegli ambienti.

Erano pochi rispetto agli altri capi di bestiame in quanto si trattava di bestie impossibili da far riprodurre in cattività, inoltre erano decisamente scorbutiche, dotate di denti affilati e difficili da addestrare, quindi era arduo catturarli e domarli. Tuttavia, una volta addestrati, erano ottime cavalcature per la caccia e la guerra.

Gli animali simili ad orici che trottavano placidamente tra le zampe di uno degli scorpioni più piccoli, infine, erano chiamati mumba: fornivano latte, carne, pelle e lavoro, grazie alla loro straordinaria forza. 

Oltre la moto di Defender, intanto, Lancer aveva rinunciato a discutere col figlio, e si era arreso, spostandosi al fianco di Stoker . Appena libero, Throttle saltò dalla moto del topo nero, rotolando in terra per attutire l’impatto, si alzò rapidamente e si mise nella traiettoria di una delle chele dello scorpione che li sovrastava, e che l’animale teneva pigramente a poche decine di centimetri dal suolo. Modo gridò atterrito vedendo che l’animale non rallentava, ma il topino fulvo era abituato a quella che per lui era una manovra di routine: fece qualche passo di corsa e saltò dritto tra le valve chitinose della chela, sfruttando le irregolarità della loro superficie e lo slancio preso, per poter salire in fretta sulla tenaglia con una capriola e sedere sull’immenso pedipalpo.  Da lì si guardò attorno fino a individuare la moto di Defender, e si sbracciò per attirare l’attenzione degli occupanti del mezzo.

“Modo! Hai intenzione di restare ad annoiarti su quella moto per tutto il giorno?!” Gridò allegramente: “Andiamo! Vieni! Di sopra stanno facendo una battaglia! Non possiamo perdercela!”

Ovviamente il topino fulvo si riferiva al pericoloso gioco di lanciarsi le pietre dal dorso di uno scorpione all’altro. Evidentemente era un passatempo apprezzato durante i lunghi viaggi…. E Modo ne era allettato…

Modo sentì Defender che si irrigidiva irritato. Il grosso topo sfregiato non tollerava avere Erranti troppo vicini a lui, e non voleva in nessun modo mescolarsi a loro. Era venuto solo perché era stato un ordine diretto di Stoker.  Il fatto che uno di loro si rivolgesse così a Modo lo infastidiva molto… ma Rose gli aveva fatto giurare che non avrebbe fatto nulla per ostacolare Modo e Throttle, e lui manteneva sempre le sue promesse.

“Ehm… Zio Defender….” La voce di Modo nell’interfono del casco lo fece quasi sussultare.

“Che c’è”

“Ecco… posso andare con Throttle?”

Ovvio. Doveva saperlo. Non gli andava di discutere con un ragazzino, e nemmeno che il suo nipotino ripetesse quella manovra sconsiderata che aveva visto compiere al monello.

Sospirò e si rivolse al topino grigio: “Te la senti?”

Modo non aspettava altro e annuì vigorosamente. Stava sognando sicuramente, si disse estasiato, e che bel sogno!

“Sarai da solo in mezzo a quella gentagl… a quella gente” lo ammonì mentre si avvicinava alla pinza seghettata dall’interno: “Sii prudente”

Modo non lo stava nemmeno ascoltando, si alzò in piedi sulla sella della moto e si aggrappò saldamente alla mano dell’amico fulvo, che lo aiutò ad issarsi sul pedipalpo dorato assieme a lui.

Stoker, che aveva notato la manovra e l’aveva seguita dallo specchietto retrovisore, annuì in omaggio al coraggio di Modo e all’accortezza di Defender: rifiutare l’invito di Throttle sarebbe stato scambiato per disprezzo e, sebbene fosse quasi certo che quella non fosse una sfida, temeva che la cosa avrebbe potuto avere conseguenze negative.

“Se vuoi dico a Throttle di evitarlo in futuro: non voglio mettervi in difficoltà” offrì Lancer, che aveva seguito la scena al pari dell’amico, fugandone così i timori.

“No, non importa, Modo è un ragazzo coscienzioso, ed è giusto che si diverta un po’. Sembra aver legato molto con tuo figlio”

“Già, ma non è uno di noi, e non è abituato ad avere a che fare con animali tanto grandi, se fare cose simili vi preoccupa non siete costretti. Non vogliamo mettervi alla prova” chiarì il topo dal manto bronzeo.

Stoker sorrise: Lancer aveva capito perfettamente quello che lui e gli altri Freedom Fighter temevano. Poteva essere un guerriero spietato, ma non una persona malvagia.

“Grazie Lan, immagino la fatica e le discussioni che ti sarà costato” il topo bruno aveva una mezza idea che il rispetto e la cortesia che gli stavano dimostrando i componenti del campo non fossero del tutto frutto della semplice socievolezza: probabilmente il nobile si era preso carico della loro incolumità, e si era fatto garante della loro buona fede. Pregò che tutti si comportassero bene e non creassero così troppi problemi al suo generoso amico.

Lancer si strinse nelle spalle e ridacchiò.

Pochi metri più indietro, qualcun altro aveva osservato la scena con molto, troppo interesse: Vinnie.

Il topino bianco ardeva dal desiderio di tentare anche lui nell’impresa di saltare su una chela del gigantesco scorpione, e voleva raggiungere i due amici che si stavano divertendo a scalare il braccio della bestia per raggiungerne il dorso. Rifletté a lungo sulla manovra, rivedendone mentalmente tutte le fasi per assicurarsi di aver ben compreso la teoria. Vincent era molto giovane, ma aveva già dimostrato un talento innato per le acrobazie, talento reso più efficace dalla sua totale mancanza di prudenza. L’idea di saltare tra le pinze armate del bestione lo solleticava terribilmente….

La fortuna era dalla sua, Clearance si allontanò dallo scorpione per uscire dalla sua ombra, e si ritrovò proprio davanti alla chela sinistra della bestia.

Fu un attimo. Senza pensare, Vinnie saltò.

Udì l’urlo straziante di sua madre un istante prima di urtare con violenza il suolo. Stordito, si rialzò scrollando la testa, e si ritrovò faccia a faccia con il gigantesco arto che scorreva rasente al terreno a pochi metri da lui. Ignorando lo scompiglio che si stava generando alle sue spalle scattò in una rapida rincorsa e spiccò un secondo salto.

Throttle si volse di scatto, sentendo il grido, e vide subito il corpo candido del giovane amico… troppo vicino alla chela…

Senza pensarci su lasciò scivolare lungo l’arto lucente, abbandonando uno stravolto Modo a metà della scalata e arrestandosi bruscamente sulla parte anteriore della pinza; non aveva modo di ordinare alla bestia di fermarsi dal punto dove si trovava, perché le chele erano troppo corazzate per permettere una qualunque sensazione tattile, quindi corse lungo il tarso pronto a lanciarsi giù per cercare di spostare il topino dalla traiettoria della tenaglia. In quell’istante Vinnie saltò, atterrando scompostamente tra le valve della chela e issandosi abilmente sull’articolazione del bulbo mobile.
Throttle lo afferrò prontamente.

“Vincent! Ma sei matto?! Avvertici prima di fare cose del genere!”

Il topino gli rivolse un disarmante e gioioso sorriso: “Che forza! Hai visto che salto perfetto?” cinguettò felice e orgoglioso.

Throttle rimase sbigottito. Poi ridacchiò: “Beh, in effetti è stato un bel salto, bisogna solo correggere un po’ i tempi: dovevi aspettare che la chela fosse più bassa e un po’ più aperta. E solo una questione di ritmo. Quando ci fermeremo, stasera, ti insegno con Marwari, che è più piccolo ed è più facile salire” spiegò indicando con il pollice lo scorpione che procedeva in coda al gruppo, e che aveva quasi la metà della stazza di quello su cui erano loro. Intanto, la coppia fu raggiunta da un lato da Modo, che aveva trovato il modo di scendere , e dall’altro da Clearance e Sutra, entrambi atterriti.

“VINCENT!” Ruggì il padre: “Stai bene?!”

Il topino si sporse dalla chela e rise allegramente: “Certo! Hai visto che bravo sono stato?!”

Se l’anima dei due giovani genitori fosse stata un radiatore, probabilmente sarebbe saltata in aria la valvola….

“BRAVO?!” ruggì Sutra mentre la madre scoppiava in lacrime affidando la guida al pilota automatico della sua moto: “SCENDI DA LI CHE TI SBRICIOLO!”

A Vinnie venne il sospetto che la sua acrobazia potesse non aver raccolto troppi consensi.

“Ci hai fatto prendere un accidente! Potevi ucciderti!” gemette la topina bruna ancora in lacrime.

“Oh mamma! Non poteva succedere! Sapevo quello che stavo facendo” replicò inflessibile Vinnie.

Throttle e Modo si guardarono sbalorditi: “Lo sapeva?!” chiese il topino fulvo al compagno.

Modo scrollò la testa: “Per lui supporre e sapere sono la stessa cosa” rispose sarcasticamente.

Anche Stoker e Defender li raggiunsero: “Che succede?” chiese ansiosamente Stoker: “Ho sentito Clearance gridare!.... e cosa diavolo ci fa Vinnie sulla chela?!”

“Ci è saltato da solo e con immensa abilità!” rispose prima di tutti il fiero topino bianco.

Sutra valutò seriamente di centrarlo con uno stivale e poi cuocerlo sulla graticola la sera stessa.

I due genitori cominciarono ad inveire sul figlio assieme, e il gruppetto di guerrieri ansiosi assistette alla scena dapprima sbigottito, e poi divertito.

Lancer si avvicinò a sua volta al gruppetto.

“State innervosendo lo scorpione stando così vicini alla chela! Si può sapere cosa c’è che non va?” ringhiò scocciato dal caos che i nuovi arrivati stavano creando.

“C’è che mio figlio stava per uccidersi seguendo l’esempio del tuo! Disgraziato! Selvaggio!” Scattò Clearance.

Lancer fissò il gruppetto di bambini senza capire, ma sentendo la rabbia crescere in lui come magma nella caldera di un vulcano. Throttle ricambiò il suo sguardo stringendosi nelle spalle. Neanche lui aveva capito dove fosse il problema: Vincent era vivo, no?

“Uccidersi? Ma sono solo saliti sullo scorpione. E nessuno si è fatto male, no?” chiese con furente calma.

Stoker si frappose fisicamente tra i due per evitare che scoppiasse un casino: aveva condiviso sufficiente tempo con Lancer da sapere che lui reagiva sempre prontamente ad insulti o provocazioni e che, al pari di ogni Errante, non servivano particolari minacce per indurlo a uccidere i suoi avversari. Clearance non stava solo rischiando la sua vita, stava rischiando di compromettere l’esito di tutta la missione: Serra aveva un bisogno disperato di quella alleanza. A qualunque costo.

“Lancer, Vince è troppo piccolo per fare queste cose” spiegò evitando che l’irruenza della madre preoccupata creasse problemi e scoccando un’occhiata di fuoco alla topina per zittirla: “Non è abituato a fare queste cose. Un conto è che Modo si faccia tirare sulla chela, un’altra cosa è che Vincent si lanci da una moto in corsa e salti su quel coso da solo…”

Il tipo fulvo sbuffò: “ Beh, stiamo andando piano! E poi la manovra gli è riuscita, no? Che problemi avete? I bambini imparano, se non li si lascia fare diventano larve incapaci come… “

“Lancer, possiamo andare a parlarne più avanti?”

Lancer diede rabbiosamente gas e Stoker lo seguì dopo aver segnalato a Defender di allontanarsi.

 “Si può sapere che diavolo vi prende tutto ad un tratto?! Prima mi dici che i ragazzi possono stare sugli scorpioni e poi quella scalmanata si avventa su di me e mio figlio perché i ragazzi sono saliti!” sbottò Lancer appena furono fuori portata d’udito degli altri Stanziali.

“Senti, sono cose da genitori, te l’ho già detto, Vincent è troppo piccolo!”

“Troppo piccolo?! Ha otto anni! Santissima Madre di Marte! Cosa pretendete, che se ne stia in vaso come una tallia?!” Lancer si riferiva ad una piccola pianta simile ad un cactus, tipica di Marte, che veniva spesso coltivata in vaso… o meglio, che veniva coltivata da chi poteva permettersi abbastanza acqua da annaffiarla.

Stoker ridacchiò al paragone.

“Non mi piace che mio figlio venga rimproverato da uno Stanziale, Stoke. Specialmente quando non ha fatto nulla di male. E non mi piace che uno stanziale mi dia del selvaggio”

Eccolo il vero problema.

“Lan… senti… Clearance è turbata: noi educhiamo diversamente i nostri figli, diamo loro delle regole e non li esponiamo a pericoli inutili”

“Pericoli inutili?! I vostri bambini sono delle larve! Non sanno fare nulla, come pretendete di poterli poi buttare su un campo di battaglia se non imparano fin da piccoli come ci si muove nel mondo!

Siamo in un mondo in geurra Stoke, è ora che ve ne rendiate conto! E solo i guerrieri possono sopravvivere! Ecco perché non esistono grandi combattenti tra gli Stanziali!”

Stoker cominciava a sentirsi un po’ offeso: “Beh, con tutte le nostre restrizioni noi permettiamo ai nostri figli di arrivare a festeggiare la maggiore età almeno!”

“Per poi farsi uccidere alla prima battaglia! Basta guardare quel poppante che guida la moto verde! Si farà uccidere alla prima scaramuccia!” Lancer si riferiva a Camaro, che aveva appena cominciato il suo addestramento e ovviamente non aveva le straordinarie capacità dei topi veterani, sebbene agli occhi di un terrestre le sue competenze sarebbero sembrate straordinarie: “ Guarda Throttle invece: a dieci anni ha già ucciso cinque nemici! Lui si che diverrà un guerriero degno di questo nome!”

“E ne vai fiero?! Allora davvero sei un selvaggio! Un assassino!” ora anche Stoker era furioso.

La lite stava per degenerare quando la terra attorno a loro esplose come un mare ribollente. Dalla sabbia emersero strani tentacoli violacei che frustavano selvaggiamente l’aria alla ricerca di prede: un piccolo branco di calamari dai denti a sciabola li stava attaccando.

Questi mostri sono molto simili ai calamari terrestri, ma molto più grandi, con rostri dotati di barbigli affilati come rasoi – da qui il nome di calamari dai denti a sciabola- e la capacità di muoversi attraverso la sabbia come i loro simili terrestri fanno nell’acqua. Completamente ciechi, essi basano i loro spostamenti su un complesso sistema di rilevamento sonar e sulla loro capacità di percepire le più piccole vibrazioni del terreno anche a grande distanza. Di norma si sarebbero tenuti ben alla larga dagli scorpioni dorati, che sono i loro predatori naturali, ma questo piccolo gruppo era affamato, e non trovava prede da molto tempo. Spinti dalla fame, avevano tentato il tutto per tutto, e avevano deciso di attaccare sperando di poter fuggire con qualche preda prima di finire presi dalle chele di uno dei giganti dorati.

L’intero campo reagì con prontezza impressionante: erano abituati a quel genere di imprevisti e sapevano bene quale strategia usare.

In pochi istanti l’intero campo si mobilitò estraendo le armi e lanciandosi ferocemente all’attacco di qualunque cosa si levasse dalla sabbia. Nessuno degli Stanziali riuniti quel giorno aveva mai visto veramente e in prima persona un Errante combattere, ed era uno spettacolo impressionante.

Feroci e spietati, si lanciavano contro i calamari appena essi si mostravano, usando lazi per afferrare i tentacoli e trascinare i loro corpi flaccidi fuori dalla sabbia e farli a pezzi in pochi minuti. Combattevano con qualunque arma, dai fucili ai coltelli, persino con i denti, se l’arma veniva loro strappata di mano; evitando con naturalezza le chele scattanti degli scorpioni che, nel frattempo, coglievano volentieri l’occasione di fare un bello spuntino; per nulla disturbati dagli spari dei topi appostati sui loro basti.

In poco tempo il terreno divenne un pantano viscido di sangue verdastro e appiccicoso, costellato dai corpi  sbrindellati dei mostri uccisi. Stoker e Defender avevano messo a segno un paio di buoni colpi, abbattendo da soli una delle bestie, mentre Clearance e Sutra si erano occupati di allontanare i bambini dalla chela su cui erano appollaiati, quando l’immenso scorpione dorato aveva deciso che era ora di rifocillarsi un po’.

Ormai la bravata di Vincent, così come il diverbio tra Stoker e Lancer erano dimenticati, nell’esultanza della vittoria: solo un mumba era caduto vittima dei calamari dai denti a sciabola e non c’erano che feriti lievi. Era stato un combattimento eccellente, si resero tutti conto radunandosi per fare la conta dei danni e dei feriti.

“Suppongo che in effetti Vincent sarebbe più al sicuro in groppa a quel gigante” sospirò Clearance, in quella che era la frase più simile ad un’offerta di scuse che lei poteva permettersi di rivolgere ad un Errante.

Lancer stava per replicare piccato, ma decise di reprimere la sua natura battagliera e di cercare di tollerare: la gente di quella topina sarebbe divenuta un suo alleato commerciale se tutto fosse andato come previsto, non era conveniente proseguire nei litigi con i suoi futuri clienti.

“Sarebbe bastato che ci avessi avvertito di quello che volevi fare e ti avremmo fatto salire come aveva fatto Modo” borbottò piccata, Clearance, rivolgendosi ora a Vinnie nella vana speranza che il bimbo non ripetesse simili prodezze in futuro.

“Prometti di essere più prudente in futuro” grugnì Sutra, aiutando il piccolo a risalire nuovamente sul grosso pedipalpo con gli altri topini per poter raggiungere il dorso dello scorpione che li avrebbe trasportati e tenuti al sicuro allo stesso tempo.

“Certo!” trillò Vinnie senza nemmeno aver sentito quello che gli diceva il padre.

 “Throttle, vai su e fai calare una scala per i tuoi amici” intervenne Lancer rivolgendosi al figlio: “Saranno al sicuro sul dorso di Segesta, e inoltre il baldacchino che porta ha le ringhiere” assicurò il topo fulvo con un tono tra il condiscendente ed il disgustato.

“Chi è Segesta?” chiese il curioso Vinnie giocherellando con un pezzo di tentacolo rimasto incastrato tra le lame seghettate della chela.

“La bella signora a cui sei appena saltato in braccio” rispose lui ridendo. Vinnie aveva il potere di strappare sempre un sorriso alle persone che aveva attorno.

Modo seguì con lo sguardo il compagno dal manto bronzo-dorato risalire abilmente l’arto lucente e issarsi sul dorso, bersagliato giocosamente- ma con una notevole violenza – da alcuni ragazzini appollaiati poco sopra ai cheliceri della paziente Segesta, che gli tiravano pezzi di pomice e sabbia.

Poco dopo che fu scomparso dalla vista, in groppa all’animale scoppiò un pandemonio colossale di urla e schiamazzi vari.

 “HEY! Poca rùggia 1 lassù!” rimproverò Lancer avvicinandosi minacciosamente alla zampa di Segesta e ed evitando con naturalezza la chela grande quanto una navetta da trasposto leggero: “Guardate che vengo su! Throttle! Smetti di fare il cretino e butta la scaletta! Dobbiamo ripartire!”

I ragazzi si calmarono e Throttle obbedì solerte: “Ma ci stavamo divertendo!” protestò come il bambino che era.

Modo e Vinnie si arrampicarono sulla scaletta che si era srotolata lungo il “braccio” di Segesta e raggiunsero Throttle che li presentò ai suoi amici; in tutta la tribù c’erano solo tre novizi, incluso Throttle e cinque bambini più piccoli. Una tale carenza di giovani era una delle terribili conseguenze della guerra in corso: i Plutarkiani erano vili senza pietà, e il loro primo bersaglio erano invariabilmente gli inermi.

A tenere buoni i bambini e dirigere i passi della lucente Segesta –Modo scoprì con meraviglia che l’animale aveva più di 200 anni ed era a buona ragione l’orgoglio ed il vanto del clan- c’erano due donne, una topina di mezz’età dal manto roano ed i capelli intrecciati di nastri scarlatti, e un’anziana che catturò subito lo sguardo dei nuovi venuti.

Si trattava di Alu-Zele, nonna Zele per chi la conosceva: uno dei più temuti e riveriti sciamani tra gli Erranti. Era una topina dall’indefinibile età, il cui manto era candido come un ghiacciaio d’alta quota, abbigliata con una strana accozzaglia di pelli e tessuti di tutte le più vibranti e calde tonalità di marrone; il suo corpo era inoltre ricoperto da centinaia di ninnoli, ossicini, teschi di piccoli animali, piume e pendenti d’ogni sorta, tutti dai colori tenui e smorzati, al contrario delle abitudini della sua gente, e in numero tale da nascondere quasi completamente le forme del suo fisico. Ma la cosa più impressionante era il teschio che portava a mo’ di cappello, che apparteneva ad un samar, ed era stato scarnificato e ricoperto di sculture a sbalzo e pitture rossicce, piume marroni e ramate e campanelli dorati. Al posto degli occhi erano stati incastonati due rubini di eccezionale dimensione che rilucevano dando un’impressione di vita ultraterrena, nel buio delle orbite.

Guardandola si aveva la sconcertante impressione che fossero due esseri senzienti, o un’unica creatura con due teste, mentre da lontano pareva uno spirito ultraterreno, con una teschio al posto del capo.

Zele era una di quelle persone che si notano anche tra mille identiche nell’aspetto. Emanava saggezza e forza in una misura che travalicava le capacità fisiche, una sorta di quieta imponenza, come quando si guardano gli occhi di una tigre che sonnecchia nell’afa di un pomeriggio d’estate. Chiunque le parlasse si ritrovava ben presto in condizione di sottomessa ammirazione, avvolto dalla potenza della sua presenza che pareva poter stritolare l’anima di chiunque avesse incrociato il suo sguardo. Bella e terribile come un’armata schierata, l’avrebbe definita qualcuno.

Tuttavia sapeva mostrare anche il lato dolce e materno che è in ogni femmina, qualunque sia la razza di appartenenza, il segno esteriore del potere innato di generare vite che è in ogni donna. E fu proprio quel lato che offrì ai bambini che le si avvicinarono, sorridendo graziosamente nella rete di rughe che le sollevavano il pelo del musetto un tempo grazioso quanto una rosa di maggio.

“Ah! Il mio bambino dorato!” ridacchiò buttando le braccia tintinnanti al collo di Throttle, che era il suo unico nipote ancora in vita: “E chi mi ha portato il mio piccolo?” mormorò suadente allargando le braccia in un curioso gesto, che poteva essere la stilizzazione di un abbraccio, per porgere omaggio ai due nuovi bambini. Modo sussultò nel notare che gli occhi della topolina non avevano pupille, ne cornea, o iride: erano due specchi scarlatti e perfettamente lisci. Sentì le dita di Vinnie che si serravano alla stoffa della sua giacca.

“Loro sono Modo e Vincent” li presentò Throttle.

“Ma guarda-guarda…” la sua voce era una nenia suadente: “Da quanto tempo non vedo un altro Prediletto” cinguettò volgendosi verso il topino bianco e avvicinandosi ai due. Profumava come una cattedrale la notte della vigilia.

Vinnie si sentì osservato troppo intensamente e si nascose dietro a Modo. Zele rise: “Un gioiello di marmo protetto da uno scudo di ardesia! Non temete, venite più vicino e fate contenti gli occhi di una vecchia stanca!”

“Melodrammatica!” sbuffò Throttle.

Poco alla vota i due persero il loro timore nei confronti della sciamana e in loro rinacque la solita curiosità di bambini. Una volta che le domande si furono esaurite, i due topini Stanziali si mescolarono con gli altri, nel darsi battaglia giocosamente e caracollando in giro per l’ampio baldacchino.

Il tesoro più prezioso che quel gruppo di topi portava con se era ora al sicuro, nel centro del Campo Lento, cuore pulsante del loro futuro protetto e custodito dalla sublime potenza dell’arma più potente della tribù: Segesta.

L’ oscurità li raggiunse presto, preceduta da un tramonto infuocato, ed il sole morente fu testimone dei preparativi del campo per fermarsi la notte.

Camaro raggiunse i topini e nonna Zele e si presentò rigidamente, sconvolto dalla sciamana ma deciso a non mostrare paura nei suoi confronti.

Gli Erranti erano un popolo chiassoso e allegro, e la notte fu ben presto illuminata da numerosi falò che bruciavano ossa e letame, accesi sui baldacchini dei cinque immensi scorpioni dorati, distesi e assopiti in cerchio.

Non avevano bivaccato sul terreno per via del pericolo di essere aggrediti dai calamari dai denti a sciabola. Gli unici a correre rischi erano i loro animali, radunati a terra, al centro del circolo di scorpioni acquattati. Era una cosa rara, ma poteva accadere che un calamaro attaccasse le bestie, se era sufficientemente affamato da vincere la paura degli scorpioni, ma la perdita di qualche capo di bestiame era un’eventualità che essi mettevano in conto e non se ne crucciavano troppo: era il corso della natura, non potevano opporvisi.

Attorno al fuoco allestito sul dorso di Segesta, il gruppetto di Stanziali assistette divertito a balli e canti, nonché ad una divertente sequela di scherzi e giochi di gruppo. Ma Modo sentiva la mancanza del suo giovane amico fulvo. Throttle era partito appena il campo si fu sistemato per la notte, assieme al padre, Engine e gli altri novizi. Stoker si era fatto scuro in volto.

“E’ stata individuata una pattuglia di Schiavisti a poche ore da qui” aveva detto quando Modo gli aveva chiesto dove andava il gruppetto.

“Vogliono assicurarsi che non ci attacchino” dedusse Modo innocentemente.

Il generale si voltò, quindi si chinò per poterlo guardare dritto negli occhi. Non voleva che Modo idealizzasse quella gente e in particolare Throttle, non perché fosse contrario all’amicizia che si stava instaurando,  che gli ricordava molto quella che condivideva con Lancer, ma perché Modo doveva imparare ad accettare le persone per ciò che erano, pregi e difetti inclusi. Modo aveva ereditato lo spirito nobile del padre e tendeva a valutare il mondo attraverso il proprio credo e ad attribuire agli altri le proprie convinzioni, senza pensare che, specialmente in quel caso, i parametri erano completamente diversi. Se non voleva che il piccolo si scottasse, Stoker doveva mostrargli che stava giocando con un fuoco molto, molto caldo.

“Gli Schiavisti non attaccano mai gli Erranti, Modo. Li temono e non si avvicinano nemmeno” gli disse lentamente.

Il topino parve confuso: “Allora che cosa ci sono andati a fare?”

Un lampo di comprensione gli attraversò i lineamenti un attimo prima che le parole di Stoker lo colpissero come macigni: “ Sono andati ad ucciderli” il topo aveva scelto appositamente di essere diretto e spietato perché non ci fossero margini di incomprensione.

“Non è vero!”

“Modo” lo chiamò il topo bruno afferrandogli le spalle: “Pensaci, cosa credi che possano voler fare,  armati come sono? Throttle e gli altri devono imparare ad uccidere, e devono riscattare i loro anni da infanti.”

Modo lo guardò, non voleva che il suo nuovo miglior amico fosse un assassino.

“Ma non possono, gli Schiavisti non ci hanno fatto nulla di male! Lancer ha detto…”

“Che valgono solo le vite prese in battaglia, lo so. Ma noi topi siamo nemici dei Ratti e dei Sand Riders”

“E allora?”

“Guerra preventiva Modo. Li uccideranno tutti meno uno, perché torni indietro e ricordi agli altri che non è buona cosa avventurarsi in un territorio popolato da Erranti”

Modo chinò la testa e le orecchie, e Stoker si sentì in dovere di addolcirgli la pillola.

“Gli Erranti sono diversi da noi. Ragionano in modo differente, ma non per questo sono da definire assassini. Lancer è una bravissima persona, anche se ha preso molte vite”

“Anche se è un killer, volevi dire”

Stoker sorrise teneramente e gli fece alzare il musetto triste: “E’ un predatore Modo, uno dei più efficienti in circolazione. E suo figlio è come lui. Pensa agli scorpioni” fece un gesto per indicare le meravigliose bestie accoccolate in cerchio: “Loro uccidono perché è la loro natura, per mangiare, oppure per difendere il loro territorio. Se ci rifletti, scoprirai che non sono poi così diversi dagli scorpioni….. e nemmeno noi lo siamo”

Modo piegò la testa di lato in un gesto interrogativo.

“Cosa credi, che le mie mani, o quelle dello zio Defender, siano pulite?” spiegò allora il topo bruno mostrandogli i palmi: “ Tu vuoi diventare un Freedom Fighter. Cosa credi che dovrai fare quando lo sarai a pieno titolo?”

“I-Io…” balbettò Modo.

“Non dirmi che non ci avevi mai pensato. Possiamo vincere questa guerra solo uccidendo i nostri nemici. Ciò che ci distingue dagli Erranti è solo che noi facciamo prigionieri e loro no”
“Throttle resta sempre Throttle. Anche se stasera va là e uccide dei ratti. Avrà fatto una cosa sbagliata, ma non sarà mai tutto sbagliato”

La vocina alle loro spalle li fece quasi saltare fuori dalle loro pellicce, non solo perché non si erano accorti dell’arrivo di Vinnie, ma anche perché non erano abituati a sentire un ragionamento simile uscire da quella bocca.

Stoker rise e afferrò il piccolo strofinandogli vivacemente la testa facendolo guaire indispettito. Poi lo raddrizzò e lo depose accanto a Modo, quindi li strinse entrambi per un braccio perché lo ascoltassero attentamente.

“Mi sorprende dirlo, ma Vinnie ha ragione. Possono fare cose che noi reputiamo sbagliate, ma non possono … essere tutti sbagliati. Loro hanno fatto i loro conti, e le loro azioni sono la risposta migliore che sono riusciti a trovare ai problemi che avevano. Solo il tempo potrà dire chi aveva ragione… e non è detto che non finiscano per avercela entrambi i popoli. Throttle è un bravo bambino, e un amico fedele. Non rovinate la vostra amicizia solo perché la sua gente ha scelto di insegnargli a combattere un po’ prima. E se qualcosa di lui vi disturba, o non vi quadra, forse parlandogliene potrete risolverla. Capito?”

Entrambi i topini annuirono. Vinnie scappò via tornando immediatamente ad essere se stesso e fiondandosi, con sommo orrore della madre, nel mezzo della mandia di etha, deciso a uscire da quella selva di zoccoli scalcianti –si era fiondato in mezzo alle povere bestie urlando come un ossesso-  con almeno una di quelle bellissime penne come trofeo. Li aveva adocchiati dal mattino e non intendeva risalire sullo scorpione se non avesse potuto portare con se una di quelle piume.

Modo rimase un attimo indietro, riflettendo sulle parole del generale. Se uccidere era assiomaticamente sbagliato, come poteva esserci un modo di farlo in maniera corretta?

Il suo ragionamento fu bruscamente interrotto da un grosso etha in fuga, che rischiò di travolgerlo, inseguito da un Errante sghignazzante. Sembrava che quella gente trovasse le bravate di Vinnie molto divertenti, anche quando costavano loro ore di lavoro per rimediare ai danni….

Più tardi ne parlò con Camaro. Suo fratello rimase altrettanto turbato dal realizzare che la carriera che aveva tanto sognato di intraprendere lo avrebbe portato a diventare un omicida. Non aveva mai pensato  a quante vite avrebbe dovuto spezzare per divenire un osannato eroe di guerra.

“Non possiamo farci un bel niente” concluse il ragazzino: “Non abbiamo scelto noi di avviare questa guerra, e l’unica cosa che i Plutarkiani capiscono sono i laser. Ma una volta che sarà finita noi smetteremo di uccidere, mentre gli Erranti no. E’ questo a renderci migliori.”

Modo sospirò: non ne era convinto.

“Ho conosciuto uno di loro. Wristpin. Sai?” fece all’improvviso Camaro cambiando argomento.

Modo ricordava l’anziano topo dalla pelliccia striata di marrone che era nella squadra la prima volta che aveva incontrato Lancer. Attese che il fratello proseguisse.

“E’ un tipo forte. Racconta un sacco di storie di guerra, e sa un sacco di cose su come guidare sui terreni più diversi. Mi ha promesso che mi insegnerà un paio di manovre, quando ci fermeremo a questo Campo dei Morti

“Allora ti piace?”

“Non ho detto questo, Modo. Dico solo che forse … e sottolineo forse …. Qualcuno di questa gente potrebbe essere… interessante”

Modo ridacchiò. Ecco il Camaro che conosceva. Quanto gli era mancato!

Throttle e gli altri tornarono che era quasi mattina. Chanel, la bella moto di Lancer, aveva qualche segno di bruciature da laser sulle fiancate e tutti i topi sfoggiavano qualche ferita di poco conto e qualche strappo nei vestiti. Le bandoliere che portavano erano quasi vuote di munizioni, e uno dei samar che li aveva accompagnati zoppicava leggermente. Furono salutati premurosamente dai topi rimasti al campo, che si occuparono dei loro animali e mezzi e li condussero verso gli scorpioni perché potessero ripulirsi e medicare le ferite. Nonna Zele accorse accanto a Lancer, che stava aiutando il figlio a scendere dal suo samar . Lancer sfoggiava uno stanco ma trionfante sorriso. Modo non capì cosa diceva, mentre la vecchia topina li accompagnava entrambi alle docce soniche, ma il gesto che fece, sollevando quattro dita, e le festose grida delle persone che li accompagnavano non lasciarono dubbi al topino plumbeo. Throttle aveva riscattato quella sera, la metà dei suoi anni da infante.

A dieci anni appena compiuti, aveva ucciso ormai cinque persone.

E ne era felice.

Il Campo Lento si rimise in moto subito dopo aver rifocillato e medicato i guerrieri di rientro. Coloro che avevano preso parte alla spedizione di quella notte, non avrebbero viaggiato a terra, ma a bordo degli scorpioni o dei pik up, in modo che potessero dormire e riprendersi dalle fatiche.

Segesta apparteneva da generazioni alla famiglia di Alu-Zele e Lancer, quindi, lui e suo figlio avrebbero viaggiato su di lei. Modo non era sicuro di voler fare altrettanto: si sentiva tradito dal topino fulvo. Ma Throttle lo venne a cercare.

“Vieni un attimo, Modo” gli disse stanco. Teneva le orecchie basse, lasciava che la coda strisciasse in terra e le sue antenne erano divenute rosa pallido, tanta era la stanchezza accumulata. Ma aveva parlato con suo padre durante il rientro, e Lancer gli aveva spiegato molte cose sugli Stanziali. Incluso il fatto che sarebbe stato considerato un assassino se gli Stanziali avessero saputo cosa erano andati a fare quella notte. E l’avrebbero saputo.

Throttle non voleva che Modo lo considerasse una persona abbietta.

Condusse l’amico all’ombra di un parasole d’avorio e broccato, sedendosi su uno dei tanti cuscini sparsi sul tappeto che ricopriva le assi di legno del “basto” che portava Segesta.

“Volevo solo dirti che non penso di aver sbagliato” esordì: “Io sono anche questo. Lo sai … “

Lancer lo aveva preparato ad una serie di reazioni che avrebbe potuto avere il suo amico stanziale. Tranne a quella che ebbe: Modo ridacchiò divertito.

“Si, lo so. Ci ho pensato molto. E mi va bene. Cioè no, non mi va bene: continuo a credere che sia sbagliato, ma mi basta sapere che tu ne sei consapevole. Hai molti più pregi che difetti. Mi vai bene così come sei”

Throttle lo guardò sbigottito.

“ooook… quindi suppongo che il chilometrico e faticosamente preparato discorso per convincerti che non sono un mostro sia fatica inutile….”

Stavolta Modo rise apertamente: “Se vuoi puoi farmelo lo stesso! Basta solo che mi prometti che non mi chiedi di festeggiare le uccisioni che porti a termine. Non condivido, lo sai”

“Nessuna baldoria. ok. Capito”

“Quanti erano?”

“Chi?”

Modo sospirò: “Gli schiavisti”

“Big Fella…”

“Non voglio sapere quanti ne hai uccisi, lo so già. Solo quanto era grande la pattuglia”

“E come fai a saperlo?!”

“Ho le mie fonti”

“Big Fella!”

“Ho un nome, lo sai?”

“Certo”

A volte parlare con Throttle poteva essere frustrante.

Poco più in la, abbastanza lontani da lasciare ai due bambini un po’ di privacy, sedevano a gambe incrociate Lancer e Stoker. Il topo bronzeo gemette appoggiandosi con i gomiti ad una delle corde della balaustra e lasciando penzolare la testa nel vuoto, il trucco fresco che si era rifatto attorno agli occhi dopo la doccia, brillava intenso e scurissimo.

“Ma quanto ci mettono! Voglio andare a dormire!” i due bambini infatti parlavano animatamente standosene sui cuscini che il nobile Errante aveva programmato di usare per dormire. Lancer non aveva voglia di dormire sul duro legno del basto di Segesta, ma non voleva nemmeno disturbare i ragazzini che stavano evidentemente parlando di cose serie.

Stoker rise: “Noi quanto ci mettemmo quando facemmo lo stesso discorso?”

Lancer sollevò bruscamente la testa fissando i due bambini: “Un’intera giornata” realizzò.

Stoker continuò a sghignazzare.

“Ora vado là e gli dico di darsi una mossa”

“Lan. Hanno bisogno di farlo tanto quanto ne abbiamo avuto noi”

“Tu”

“Chi?”

Essssèh…. Buonanotte!  ”

“Finiscila di fare il cretino!” ruggì il topo bruno: “Cosa vuol dire tu?”

“Vuol dire te: Stoker. E’ un pronome personale, sai?”

A volte parlare con Lancer poteva essere frustrante.

Ma Stoker era abituato a farlo. Sgrovigliò le gambe e assestò una potente tallonata alla coda dell’amico, fortunatamente colpì uno degli anelli d’acciaio che la ornavano, e che la protesse in parte dall’impatto. L’Errante guaì e saltò direttamente in piedi.

“Mi hai fatto male!” protestò con veemenza.

“Si. Ci contavo. Ora. Cosa vuol dire tu?”

“Non lo sai che gli Erranti sono famosi per le loro spietate vendette?!” ma la finta ferocia che aveva sul volto non faceva effetto sull’amico Stanziale, nemmeno dopo tanto tempo: “Intendevo dire che eri tu quello che ne aveva bisogno. Siete voi quelli che codificano e regolamentano tutto” si arrese Lancer lasciandosi cadere nuovamente si pavimento in legno: “La vostra società è tutta un no: no allo sfoggio di troppi gioielli, no ai tatuaggi, no all’andare dove si vuole, no qui, no li… e che non si parli per carità di mordere!”

Stoker rise, in effetti l’amico aveva ragione. Gli Erranti erano abituati a pensare con la loro testa e a fare un po’ come gli pareva, molto più delle altre popolazioni di topi. Per questo non avevano un esercito vero e proprio. Tuttavia il loro modo di pensare liberale li metteva maggiormente in grado di accettare le differenze, comprese quelle di persone con una cultura differente. Nel saltare addosso al topo sfinito per una breve rissa amichevole, Stoker ricordò perché aveva trovato tanto piacevole la compagnia di Lancer.

Ansanti si appoggiarono nuovamente alla balaustra di corde, cullati dai movimenti dell’incedere di  Segesta.

“Dimmi un po’” esordì con voce strascicata dopo pochi minuti Lancer: “Esattamente quante regole avete con i bambini?”

Stoker lo fissò, ma il topo fulvo guardava sonnacchioso un punto indefinito alle sue spalle.

“Regole? Con i bambini?” chiese Stoker non capendo dove Lancer volesse andare a parare, che volesse tirare fuori la discussione che avevano avuto il giorno prima riguardo ai metodi educativi dei figli?

“Si” proseguì lui con noncuranza accendendosi una sigaretta: “In particolare riguardo al rispetto degli spazi delimitati da funi che stanno sospesi a più di dieci metri da terra”
Il manto di Stoker schiarì di un paio di toni. Si volse lentamente.

Vinnie si stava dondolando nel vuoto, appeso con la coda ad una delle funi che costituivano la ringhiera.

Stava cercando di scoprire se gli scorpioni dorati soffrivano il solletico, sfiorando, con la punta della piuma di etha che aveva conquistato, un punto di giunzione tra due enormi placche dorsali.

VINCENT!!!!!!”
 
 
 
  1) - Ruggia -   Termine dialettale bolognese. Tecnicamente starebbe ad indicare il rumore di un motore molto potente. Viene utilizzato però anche per indicare genericamente una situazione in cui si sta producendo molto rumore – musica alta, grida, rumori di oggetti sbattuti o fatti cadere etc - … esattamente quel genere di atmosfera generata da un gruppo di topi marziani che si “divertono”! :D
 P.S. 
Commentare non è vietato, anzi, è molto gradito qualunque suggerimento, consiglio o correzione che potrete fornirmi! :D
Sono una principiante ed ho bisogno di tutto l'aiuto possibile per migliorare! :D
  
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