Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: MarchesaVanzetta    13/04/2012    2 recensioni
Alessio e Tommaso: due ragazzi diversi che si scontreranno una mattina di aprile come tante. Cosa succederà?
*
Tutto questo ambaradam doveva essere una drabble, scritta per una sfida tra me e Power Lolly che coinvolge cinque prompt. Temo si sia allungata un po' e continuerà a farlo... in ogni caso, qualsiasi cosa venga fuori, la dedico a lei :)
{Aggiornamenti venerdì sera, spero}
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Alessio stava passeggiando per la città dalle cinque e mezza del mattino, dopo essere stato sbattuto fuori casa da Daniele, il suo coinquilino da due anni, amico da uno e mezzo e ragazzo da quattro mesi. Nonostante il mal di testa dovuto ai troppi Martini, i vestiti che puzzavano di alcol, sudore e sigarette e la faccia stravolta, era entusiasta come un bambino nel vedere la città che si svegliava.
Stava scoprendo posti che non aveva mai visto: il mercato ortofrutticolo, per esempio. Certo, sapeva dove fosse ma in quella fresca mattina di aprile vi aveva messo per la prima volta piede. Mentre girovagava, incuriosito da tutta quella frenetica attività umana e rimpiangendo di non aver preso la macchina fotografica, vide due uomini scaricare da un furgone cassette di melanzane e zucchine. Silenziosamente era andato ad aiutarli, ricevendo in compenso un sorriso sfuggevole e nascosto dalle cassette di uno dei due e una banconota da dieci euro da quello che supponeva essere il proprietario. Stranito da quel gesto si allontanò dall’edificio, dirigendosi verso il centro, nella disperata ricerca di un caffè e di una farmacia.
Erano le sei e mezza e in strada iniziavano a vedersi sempre più persone, tutte di fretta, tutti tesi al proprio obbiettivo e ignari della bellezza che li circondava: il cielo ancora tinto dei colori dell’alba, l’aria limpida, la luce morbida, il profumo di brioche e pane che si spandeva dalle panetterie che stavano alzando in quel momento le saracinesche, mostrando le vetrine piene di dolci.
Alessio entrò in una panetteria che faceva anche da bar; a dicembre era entrato lì a riscaldarsi aspettando Daniele per il loro primo appuntamento. La panettiera non lo vide, occupata a disporre sul bancone i cornetti ancora caldi e alcune torte. Non appena alzò lo sguardo vide dinnanzi a sé un ragazzo dall’aspetto trasandato e il sorriso sognante, che fissava goloso le brioche.
“Buongiorno” lo salutò cordiale, riportandolo al mondo.
“Buongiorno” ricambiò il giovane “Vorrei due di quei cornetti, per favore. Vuoti” ordinò cortese, pregustandone già il sapore morbido e dolce.
“Subito” rispose la donna, avvolgendo la sfoglia in due tovaglioli di carta e riponendoli poi con cura nel sacchetto di carta bianco. “Altro?”
“Un caffè…?” domandò titubante Alessio, non vedendo la macchinetta.
“Si è rotta l’altro giorno la macchinetta. Se vuole può andare nel bar dall’altro lato della piazzetta: immagino che Umberto sia già là” gli rispose la donna, facendogli poi lo scontrino.
Alessio pagò e, salutando, uscì. Si diresse tranquillamente sul fronte opposto alla panetteria, cercando di ricordare se avesse visto un bar, l’ultima volta che era stato lì. Non riusciva a trovarne un’immagine ma in quella situazione era talmente agitato che avrebbe potuto esserci un elefante seduto su una panchina e non se ne sarebbe accorto. Arrivato di fronte a una porta a vetri dipinta evidentemente a mano, cercò di guardare l’interno: le sedie erano ancora sui tavoli, le tende erano chiuse ma al bancone c’era un ragazzo che stava iniziando a sistemare il locale. Guardò il cartellino appeso alla porta, girato sul lato di ‘Aperto’ ed entrò.
“Buongiorno” salutò Alessio, sorridendo al ragazzo che aveva alzato la testa dal bancone, avvertito dallo scampanellio della porta.
“Siamo chiusi” sbuffò il ragazzo, tornando a tirare fuori tovagliette e zuccheriere da un mobiletto.
“Il cartello sulla porta dice il contrario e la proprietaria della panetteria qui di fronte anche. Come mai di cattivo umore, Umberto?” rispose a tono Alessio, sentendosi superiore a quel ragazzo allampanato e scontroso.
Dopo aver allineato tutte le tredici zuccheriere sul bancone e impilato altrettante tovagliette bianche lì affianco, il ragazzo si fermò, appoggiò i gomiti sul bancone e lo guardò con aria di sfida.
“Primo: il cartello sulla porta dice ‘Chiuso’. Secondo: la panettiera non è il nostro ufficio di relazioni col pubblico, quindi non tutto ciò che dice è oro colato. Terzo: non mi chiamo Umberto” ribatté arrogante.
“Sono le sette meno un quarto e sei già incazzato col mondo. Brutta serata? La tipa ti ha mandato in bianco?” insinuò Alessio, divertito da quello scambio di battute. La tua lingua ti caccerà nei guai, tuonò nella mente sua madre; sogghignò divertito al pensiero di come avrebbe potuto usare diversamente la lingua, su quel peperino.
“Questa discussione è sterile, nonché puerile. Cosa vuoi?” chiese brusco, girando intorno al bancone per andare ad apparecchiare la saletta.
“Un caffè, grazie” rispose Alessio, ammirando il fisico dell’altro: era davvero magro e scattante, ma non così alto come sembrava all’inizio: lo superava di cinque centimetri al massimo. Il volto era affilato, il naso dritto e gli occhi guizzavano ovunque, tranne che, apparentemente, su di lui.
In pochi minuti silenziosi finì di preparare tutto e si diresse alla porta per voltare il cartello su ‘Aperto’; un lampo gli attraversò il viso quando vide che era già girato. Pacatamente si avvicinò nuovamente al bancone, riparandosi dietro quel muro di legno dallo sguardo indagatore del biondo che era entrato nel bar, interrompendo il suo momento di pace quotidiana.
“Un caffè” ribadì, guardandolo di sottecchi e notando la camicia stropicciata e il viso sfatto, come se non avesse dormito per tutta la notte.
“Ah-ah” confermò laconico Alessio, appollaiato sull’alto sgabello di legno scuro e lucido.
“Le macchinette non le ho ancora accese. Puoi aspettare un minuto?” chiese più cortese di prima, accedendo quelle che erano le appendici delle sue braccia, dalle sette a mezzogiorno.
“Ti ho già aspettato prima. Un minuto in più non fa differenza” rispose, scrutandolo attentamente. Era innegabilmente carino ma non riusciva a provarci spudoratamente, come faceva con chiunque; era come se stesse aspettando il primo passo dell’altro.
Le macchine si erano scaldate e il ragazzo preparò due tazzine, che posò con cura sul tavolo.
“Zucchero?” chiese ad Alessio, come se fossero nel suo salotto dopo aver pranzato. Che idea stupida.
“No grazie, lo prendo amaro. Vuoi?” chiese, allungandogli una delle due brioche, sorridendogli gentile. Lo affascinava, altroché.
“Grazie” accettò titubante. Stette a fissare il dolce per qualche secondo, poi alzò risoluto lo sguardo e sorrise ad Alessio.
“Scusa per prima, siamo partiti col piede sbagliato. Piacere, Tommaso. Amo la mezz’ora di pace che c’è in questo posto prima delle sette e un quarto e le brioche vuote” si presentò, prima di mordere la sfoglia burrosa e ancora tiepida.
“Alessio. Sono in giro dalle cinque e mezza perché sono stato sbattuto fuori casa e ho bisogno di un caffè che neutralizzi questo mal di testa lancinante. E una tachipirina, ma la farmacia apre tra un’eternità” snocciolò il biondo, buttando giù il caffè rovente e amaro. Posò la tazzina sospirando di sollievo.
“Buttato fuori di casa? Non hai pagato l’affitto?” chiese Tommaso, incuriosito.
“Non ho scopato il mio coinquilino, ecco cosa”  borbottò Alessio, facendo in piccoli pezzi la brioche.
Tommaso assunse un’espressione stupita: aveva capito bene? Il mio coinquilino? Maschile? La fonte del suo malumore mattutino poteva essere anche qualcuno di più interessante. E poi, gli aveva offerto un dei cornetti di sua zia, i più buoni del mondo.
Sorridendo mise una mano nella tasca posteriore e ne tirò fuori un liso portafoglio in pelle, che aprì con dita lunghe e agili. Dal taschino delle monete trasse un quadratino di plastica bianca, con al centro una pasticca, e la mise sotto gli occhi di Alessio.
“Paracetamolo. È lo stesso principio attivo, solo che è di una casa farmaceutica diversa. Se ti fidi…” gli spiegò, riempiendo un bicchiere d’acqua.
Alessio lo guardò riconoscente e ingoiò in un sorso d’acqua la pastiglia bianca.
“Grazie” disse semplicemente, mettendo poi mano al portafoglio per pagare.
“Non c’è di che. So quanto sia pessimo un dopo sbronza passato in giro. E niente soldi: una brioche vale un caffè. E una pastiglia” spiegò sorridendo.
“Allora vedrò di passare qui più spesso, d’ora in poi” annunciò seriamente Alessio. Per quanto non sia esattamente il caffè che mi interessa, pensò malizioso mentre usciva.
“A presto!” gli gridò Tommaso, facendolo sorridere. Guardando con la coda dell’occhio il ragazzo che si allontanava, riordinava le tazzine e lo zucchero caduto.
Proprio un culo interessante.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: MarchesaVanzetta