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Autore: Little Dreaming Writer    14/04/2012    1 recensioni
Mi capita spesso di riflettere, su quello che è stato, su quello che è e quello che sarà.
Su dove il mio sincro mi ha portato, su dove le mie compagne mi abbiano aiutato ad arrivare.
E credo che sia giusto dare voce ai miei pensieri, perchè è giusto.
Questa raccolta è un insieme di ricordi, un capitolo per ogni persona che mi sembra meritarlo.
Perchè alla base di chi sono ci sono loro... Ruote, trucco e brillantini - e solo ora ci ho pensato...
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“Riprova!”
È la voce dell’allenatrice.
“Ahi!”
Questa invece è la mia.
Perché, no, i salti non mi vengono bene.
E in un modo o nell’altro mi ritrovo sempre pancia a terra, una mano all’altezza del viso.
“Forza! Rialzati! Non c’è tempo per i piagnistei!” mi grida mentre tento di rialzarmi, senza neanche lasciarmi il tempo di aprire bocca.
E quindi ci riprovo: mi spingo di nuovo all’indietro, il tempo di prendere un po’ di velocità e punto ancora una volta il freno.
Ma questa volta atterro di ginocchio.
“Non ti dai abbastanza spinta!” è l’unica cosa che sento prima di scoppiare a piangere, osservando quella chiazza vermiglia che impregna rapidamente le calze ormai distrutte.
Tiro su le calze e mi osservo tristemente il ginocchio, mentre con la manica della felpa tento inutilmente di asciugarmi gl’occhi.
Accade tutto in secondo, e il secondo dopo mi trovo davanti una figura magrolina, i capelli lisci legati in una coda e una frangetta che arriva appena sopra gl’occhi, con una bottiglietta d’acqua in mano.
“Ci sei?” mi chiede gentilmente, un’espressione preoccupata le riempie gl’occhi.
Non faccio niente, non dico niente. Solo la osservo mentre tira fuori un fazzoletto dalla tasca della giacca e ci rovescia sopra un po’ d’acqua, per poi adagiarmelo sul ginocchio con gentilezza.
“Tienilo per un po’, così smette di sanguinare.” Dice dandomi una mano ad alzarmi.
Mi accompagna alla panchina fuori dalla pista e ritorna dentro, un sorriso gentile sul volto, mentre mi saluta con un gesto della mano.


La cosa che più mi è rimasta impressa di una caduta… è l’aiuto di un’amica, che ancora non sapevo di avere…
 

  ***

 
“Non voglio andare all’allenamento!” strillo attaccandomi alla portiera della macchina “Non voglio! Sono tutte più brave e più grandi! Non voglio!”
“L’altra volta avevi detto che ti eri divertita.”
Le voce di mia mamma è strana, contraddittoria. Sembra più una domanda retorica che un’affermazione.
“Sì, ma io non sono brava come loro! Mi prenderanno in giro!” strillo, ormai sull’orlo di una crisi isterica.
“Andiamo tesoro, un’ultima prova. Se proprio non ti piace il sincronizzato torni a fare singolo.”
Rabbrividisco pensando ai salti che non i vengono, alle trottole che sono incapace di finire, alle ore di obbligatori e a cinque estranei con gl’occhi puntati su di me, pronti a segnare ogni mio errore, e subito mi fiondo verso la porta del palazzetto.
Pochi minuti dopo sono in pista, davanti agl’occhi passano rapide le altre ragazze della squadra.
- Non ce la posso fare – penso entrando in pista, mentre prendo quella velocità che a me sembra tanta, ma per le altre è uno scherzo.
Mi concentro un attimo da quello che sto facendo, quando vedo che poco più avanti una ragazza è caduta. Mi avvicino in fretta, le porgo una mano e la aiuto ad alzarsi.
Sobbalzo un poco quando due occhi scuri così familiari mi trafiggono, un sorriso entusiasta illumina il volto della ragazza che h davanti quando mi riconosce.
“Ciao!” esclama dopo essersi alzata.
Lo stesso suo sorriso mi compare sul volto quando capisco chi ho appena aiutato.
“Ciao…”
“Mi chiamo Ilaria” continua lei, mentre riprendiamo a pattinare, fianco a fianco, “e tu?”
“Rebecca.” Rispondo “Anche tu qui?”
Lei annuisce “ sembra bello come categoria, non credi?”
“Sì.. tanto anche…”

La cosa che non scorderò mai di quando ho aiutato qualcuno ad alzarsi… è quel sorriso amico che ho ricevuto in cambio…
 

 ***

 
Mi appoggio ansimando alla balaustra arancione, mentre mi passo un polso sulla fronte imperlata di sudore.
Cavolo che caldo!
Solo una matta andrebbe ad allenarsi sotto il sole alle due del pomeriggio.
Eppure sono qui.
E non sono sola.
“Reby ci sei” mi chiede senza fermarsi “O devo chiamare un’ambulanza?”
La sua voce mi colpisce, sincera e rassicurante come sempre, con quell’accento di presa in giro che non fa mai male…
“No, ci sono Ila. Non cominciare a disperarti.” Rido riavvicinandomi a lei, le tiro un pugnetto sul braccio e le comincia a ridere.
“Dai riproviamo quei passi.” Me la tiro dietro dall’altro lato della pista col telefono in mano, pronta a far partire la canzone.
E poi via.
Io e lei che attraversiamo la pista, la musica dalla tasca della mia felpa, i passi che ci siamo inventate.
Ed è come essere in allenamento.
No, è meglio, perché nessuno ci criticherà se cadremo, se sbaglieremo un passo, o semplicemente se sembreremo stupide.
Saremo solo noi due, senza problemi…
Prese dalle nostre idiozie quasi ci schiantiamo alla balaustra.
E lì lei scoppia a ridere.
“Dai riproviamo!” dice, e mi trascina di nuovo verso l’altro lato della pista.
Ma sì, riproviamo…

Questa è la cosa che non scorderò mai di un pomeriggio passato ad allenarmi… sbagliare e riprovare non ha senso se non lo fai con il sorriso e non acetti i tuoi errori…
 

  ***

 
Gl’occhi mi cedono.
Non so quanto ancora reggerò.
Voglio dormire.
Ma quelle ochette dietro di noi ce lo impediscono… bambine schizzate.
“Che fai” mi sussurra lei sbadigliando “Non starai mica dormendo, vero?”
“Non potrei neanche volendo…” sibilo tra una serie incontrollata di sbadigli “E tu?”
Scrolla appena le spalle, un’espressione distrutta le domina il volto, mentre allunga una smorfia di disapprovazione indicando le ragazzine dietro di noi con un cenno della testa.
Accenno una risata, stiracchiando un sorriso.
“Vuoi sentire?” mi chiede allungandomi uno dei suoi auricolari, mentre accende l’I-pod.
Un istante dopo stiamo ascoltando del rock a tutto volume.
Ma le palpebre hanno la meglio prima su di lei, poi anche su di me.
Non facciamo in tempo ad iniziare a russare che un urlo delle ochette dietro di noi ci fa saltare.
“Chiudete la bocca!” gridiamo in coro, incazzate nere, mentre mentalmente imprechiamo come due pazze verso quelle bambine.
Vorrei picchiarle a sangue, lei lo sa.
E infatti mi tiene il braccio. Come a dire – Non farlo Fratella, resisti –

È in momenti come questo che ho capito una cosa importantissima… non è la coscienza che ci impedisce di fare cavolate, sono le persone che ci vogliono bene…
 

  ***

 
Mi stringo bene i pattini ed entro in pista.
Sono già sui cerchi delle boccole, mentre lei ancora se li sta sistemando i pattini.
Inutile dire che un occhio mi cade sempre verso la panchina dove sta seduta…
“Ti muovi?” le chiedo per farla muovere.
“Sì, arrivo…” risponde sistemando la borsa.
Mi avvicino a bordo pista e la osservo mentre accuratamente piega tutto quello che ha tirato fuori dalla borsa.
E intanto penso…

E mi chiedo… sarei davvero qui adesso se quel giorno non l’avessi incontrata?
   
 
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