Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Ilarya Kiki    15/04/2012    1 recensioni
La vita di Amy Wong fa schifo.
Lavora sottopagata in un call-center in una cantina, vive sola in un monolocale nel peggior sobborgo della sua città, Leadenville, con un dirimpettaio invadente e le bollette con cui fare i conti.
Ogni notte va ad ubriacarsi e vaga, solitaria, per le strade notturne come un fantasma…
Finché non si imbatte in una strana ragazza dai capelli rossi.
Quell’incontro stravolgerà la miserabile esistenza di Amy, e la farà intrecciare con i fili rossi dei destini di innumerevoli creature in un misterioso disegno più grande, l’ordine del mondo e l’equilibrio tra bene e male,
fino a risalire al suo oscuro e terribile passato.
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La verità


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Dappertutto vigeva un gran trambusto.
L’appartamento era raggiunto da ogni genere di rumori e movimenti: Davey, per qualche motivo, trottava percorrendo circoli dalla porta al divano alla finestra, indossando il suo pigiama scozzese, con la faccia contratta e la bocca incessantemente aperta in frasi inutili; Cherì piangeva e si lamentava come un’ossessa, piegata sul corpo adagiato sul divano, in un modo così fastidioso che se avesse continuato ancora per solo cinque minuti Amy l’avrebbe buttata fuori a calci.
Dalle fessure della tapparella calata sulla finestra provenivano ad intermittenza flash di luci rosse e blu, che illuminavano la stanza a cui era stata spenta la luce, accompagnate dal canto stonato delle sirene delle gazzelle della polizia e da un vociare di folla confuso ed infuriato, trafitto talvolta da strilla di terrore:
“All’attentato!” “Sparatoria!” “Piromani!”
Amy se ne stava ferma seduta sul letto lasciandosi scorrere addosso tutte quelle sensazioni senza essere in grado di collegare il cervello ed assorbire l’accaduto, lasciando che il suo corpo fosse mosso da scatti meccanici dettati unicamente dall’abitudine o dagli ordini di Davey.
No, non l’avrebbe mai accettato.
La sua mente era sospesa in un limbo lontano mentre osservava il corpo martoriato di Tarja sul divano, cosparso di amorevoli calde lacrime gocciolanti dal viso bianco della sua gemella.
“Perdonami amica mia, se ti ho mentito…io non sono umana. Erano venuti per riprendermi…”
Parole mormorate e smozzicate, irreali.

“Amy, diamine! Ti ho detto di chiudere quella fottuta finestra!”
“Sì…sì Davey.”
Amy finì di abbassare la tapparella e le luci diminuirono, rendendo l’ambiente ancora più buio.
“Fai piano Cristo! È già un miracolo che io mi sia svegliato e che siamo riusciti a portarla su prima che i condomini scendessero a vedere cos’era successo, vuoi proprio che vengano tutti qui e la portino via!? Dobbiamo chiamare il 118…”
“No! No!” singhiozzò Cherì.
“Ma è ustionata!”
“No…no…non devono vederla…non adesso…”
“Cosa facciamo allora!?”
In tutta risposta Cherì pianse ancora più forte, stringendo con una mano il rosario e con l’altra quella di Tarja.
“Dici che si accorgerebbero che non è umana?”
“…s…sì…”
“Amy, svegliati! Vieni qui ad aiutarmi, hai un asciugamano?”
“Emh…sì, eccolo.”
“Dammi una mano, qui…che almeno le tamponiamo un po’ le ferite.”

Eppure, l’aveva vista.
L’aveva vista ardere come un meteorite incoronata da corna ricurve di caprone, circonfusa da fiamme spaventose e con le mani protese come artigli, ed aveva sentito la vita congelarsi scricchiolando nelle sue vene, ghiaccio e fuoco, esattamente come quella volta in Cypress Street.
Il suo cervello aveva staccato la spina dal mondo, ed ora viveva in un sogno ovattato, disturbato dalle parole di Davey e dal pianto di Cherì.
Non l’avrebbe mai accettato.

Tarja si mosse faticosamente, ed aiutata dalle braccia di sua sorella si issò in posizione semi-seduta sul divano mugolando per le fitte di dolore, riuscendo finalmente a svegliarsi del tutto dopo che Davey le aveva messo sulla fronte un panno inzuppato di acqua gelida.
“Come stai, Jaja?” chiese Cherì, con gli occhi e le guance luccicanti.
“Fa malissimo…ma non preoccupatevi, entro domani mattina sarò guarita.”
Accennò un sorriso sbilenco: il suo viso era percorso da una orribile striscia più scura che le attraversava mezza bocca, tutto il naso e buona parte della fronte, dove la pelle pareva essersi accartocciata come la carta quando brucia, lasciando intravedere al di sotto la carne marronastra; sfregi di questo genere le percorrevano più o meno tutto il corpo, deturpandolo in modo impressionante: non erano ferite che un umano potesse tollerare.
Davey si inginocchiò davanti a lei mantenendo un silenzio pieno di domande, e Cherì abbassò la testa.
Le percezioni di Amy le suggerirono che era un momento importante e che doveva anche lei mettersi ad ascoltare, così si posizionò atona a gambe incrociate di fronte al divano, accanto al suo dirimpettaio.
“Cosa sei?” chiese semplicemente Davey.
Tarja respirò lentamente prima di cominciare, e strinse più forte che poté l’incoraggiante presa tiepida della mano di Cherì, per darsi la forza di parlare.

“Io non avrei mai voluto che accadesse, speravo di riuscire a lasciarmi per sempre alle spalle la mia Stirpe, tornando a vivere tra gli umani come prima, per poi fare…beh, fare una certa faccenda che ho in mente. Ma purtroppo ora voi avete visto le mie corna, e c’è una sola cosa da fare per poter rimediare.
Quello che sto per dirvi è celato agli umani da una Regola stabilita secoli e secoli fa, perciò, da oggi, voi due sarete iniziati. Ora capirete che voglio dire. Io sono…”

“Un Demone! Tarja si sta trasformando in un Demone! È inutile che continui a nascondermelo, Ogre, credi che sia ceca!?”
Jaja e Cherì sobbalzarono quando mamma Madelin alzò la voce, e per un secondo ebbero l’istinto di staccare subito le orecchie dalla porta di legno e sgattaiolare furtive in camera loro, scappando da quel grido doloroso; ma il discorso di mamma e papà era troppo importante per non essere origliato dall’inizio fino alla fine, perciò rimasero al loro posto.
“E’ così, Madelin.” La voce di papà, sempre così profonda, tranquilla e rassicurante:“ Come vuoi, te lo dirò, anche se avrei preferito non farlo. Finalmente l’essenza demoniaca ha cominciato il suo risveglio in Tarja, e la sta trasformando in ciò che è e dovrebbe essere la sua vera natura: una figlia della Stirpe”
“Mi avevi promesso che non sarebbe successo!”
“Non dipende dalla mia volontà, purtroppo. A quanto pare è un processo irreversibile.”
“Irreversibile!? Vuoi dire che diventerà una di quelle odiose creature!?”
“Madelin! È tua figlia, oltre che la mia.”
“Tu eri esattamente come loro prima che io ti sposassi! Quella non è più mia figlia! È un mostro!”
Cherì si volse appena verso sua sorella, ammutolita a quelle parole e con la faccina schiacciata contro il legno della porta:
“Jaja, cosa vuol dire?”
“Non lo so…” Jaja si mise ha piangere, singhiozzando in silenzio. “Forse è per quelle cose che ho imparato a fare…ma…io…non volevo far arrabbiare la mamma, non volevo essere un mostro…”
“Non sei un mostro, sei la mia sorellina Jaja. Forse la mamma crede che sei una strega come quella di Hansel e Gretel. ”
Cherì diede un bacino sulla guancia di Jaja, e lei parve tranquillizzarsi un pochino, mentre nell’altra stanza la discussione infuriava.
“ Avevamo detto di aver tagliato tutti i ponti con l’Inferno, dovevamo essere una famiglia felice! E invece non solo mio marito è ancora quel Demone schifoso che era prima, ma mi ha anche portato un nuovo demonio tra le mura di casa! Maledetto!”
“Madelin, non posso infrangere l’ordine della natura, né rinnegare la mia Stirpe, ne avevamo parlato, ricordi?”
“Ma avevi promesso che le bambine non sarebbero diventate come te!”
“Ti ho già detto che non posso farci niente, semplicemente non l’avevo previsto. Ma questo non cambia nulla, possiamo essere comunque felici.”
“Sciocchezze! Sei un vile e bugiardo! Non voglio vederti mai più! Vattene!”
“Calmati, troveremo una soluzione…”
“Vattene! Esci dalla mia casa, e portati via quel mostriciattolo di tua figlia.”
Il corridoio risuonò lugubre per il silenzio che seguì, e le due bambine, pur non avendo appieno compreso tutte le parole che avevano ascoltato, avevano però capito che stava per succedere qualcosa di molto grave e triste, e per darsi coraggio si erano abbracciate, come facevano sempre quando qualcosa le spaventava.
La porta si aprì ed uscì papà Ogre, con una preoccupante espressione mesta sul volto bianco: non sembrò stupito quando vide le sue figlie che si nascondevano dietro lo stipite.
Si chinò su di loro, ed appoggiò una mano sulla testa di entrambe: “Tarja, dì alla cameriera di prepararti una borsa con i tuoi vestiti.”
“Perché papà?” mormorò Cherì. “Dove deve andare Jaja?”
Ogre si alzò e se ne andò senza rispondere.
(…)
“Tarja” disse Ogre, tenendo la mano sulla testa di sua figlia, sulla strada per Chrysantemum Hill.
“Da oggi, tu devi dimenticarti tutto quello che hai appreso come“regole degli umani”, ed imparare che cosa significhi essere un Demone. Ti devo raccontare molte cose, ma vedrai che ti piacerà l’idea di essere la prossima regina della Stirpe”
Tarja lo ascoltava a malapena, seduta accanto a lui nella carrozza e tutta intenta com’era a piegare alla meglio in quattro il disegno che le aveva dato Cherì come dono d’addio, con disegnate loro due, la casa e l’indirizzo, per non dimenticarsi mai di lei.
“Da questo giorno, Tarja, tu sarai la mia erede.”


“Sei…un Demone?”
Tarja annuì, e Cherì si asciugò gli occhi per l’ennesima volta, di nuovo umidi di ricordi.
“Papà era il sovrano dei Demoni, ed ora io dovrei diventare regina, per questo mi hanno attaccata, per portarmi via.”
Davey, ammutolito dalla semplice inverosimilità di quelle frasi così vere, emise un verso comprensivo, sentendosi una marionetta nel teatrino delle fiabe.
Amy rimase in silenzio.
“La mamma è diventata insopportabile, dopo che papà e Jaja se ne sono andati via.” mormorò la gemella dal caschetto ribelle e lo sguardo triste: “Ha scacciato tutta la servitù e mi ha detto che loro erano andati all’Inferno, e poi mi ha fatta battezzare. Diceva che dovevo dimenticarmi di loro, ha cominciato i suoi discorsi sull’anima che deve essere purificata e il Paradiso e Dio e…e…” senza aver la forza di terminare la frase, Cherì si gettò al collo di sua sorella, di nuovo in lacrime.
“Strano, però. Tu non mi sembri per niente un Demone.”
“E’ perché ti sei perso il mio spettacolino di prima!” mormorò Tarja, a metà fra un tentativo di sdrammatizzare e un’amarezza profonda.
Amy rimase in silenzio.
“Ora che sapete tutto, devo imporre l’Iniziazione su di voi e rendervi iniziati. O tutti gli Angeli e i Demoni di questo mondo faranno a gara per assalire le vostre carni e farne spezzatino.”
Davey deglutì, mentre Tarja appoggiava le sue mani sulla testa di lui e di Amy seduti a terra, preparandosi ad enunciare l’Iniziazione.
Ma le parole le rimasero strozzate in gola: Amy le aveva afferrato il polso con uno scatto imprevisto e le aveva piantato le unghie nella carne.
“Sei una Bestia di Satana?”
“Come…?” Tarja, stupita dalla reazione dell’amica, trattenne un fremito davanti ai suoi occhi di pietra, e tentò dolcemente di liberare la mano.
“Sei una Bestia di Satana!? Rispondi!”
“Beh…” Tarja, terrorizzata, intavolò la spiegazione più pacata che le venisse in mente, con gli occhi di tutti, chi allibiti e preoccupati, chi mortalmente duri, puntati addosso.
“Satana, o Lucifero, è il fondatore della mia Stirpe ed il mio avo, perciò, in teoria…”
“Lo sei!?”
Amy scattò in piedi, furibonda, e strappò via la mano di Tarja dai suoi capelli blu come se fosse stata ricoperta di veleno.
“Fuori di qui! Tutti! Fuori da casa mia!”
Con calci e spintoni strattonò le gemelle via dal suo divano, e poi li buttò tutti fuori di casa urlando insulti e bestemmie, impazzita e posseduta da una furia sconvolgente ed inspiegabile che la rendeva forse più spaventosa di Tarja quando era sul tetto circonfusa di fiamme.
I tre sfrattati si videro sbattere la porta in faccia.
E poi silenzio.
“Ma che le è preso?” sibilò Davey, allungando prontamente un braccio a sostegno di Tarja, che lentamente aveva cominciato a scivolare per terra, stremata e ferita.
“E’ solo colpa mia…” mormorava, mentre Davey e Cherì si affrettavano ad aiutarla a sedersi sul pavimento di marmo freddo del pianerottolo del condominio, nel tentativo di darle un po’ di ristoro nel tempo che lo studente ci avrebbe messo a cercare nelle tascone di flanella le chiavi del suo appartamento.
“Davey, perché si è arrabbiata così?” chiese timidamente Cherì, appoggiando la gota pallidissima e velata di umido spavento contro i capelli di Tarja, come se sentisse anche lei la forza mancarle nelle gambe.
“Non lo so.” Rispose lui sottovoce, aprendo la porta di casa sua. “Ma ho paura che ci sia stato un malinteso, le Bestie di Satana…” esitò, e continuò con un’intonazione stranita nella voce “…non credo che centrino molto con voi. Sono un gruppo di “umani” che commettono i crimini più efferati nel nome del diavolo. Sono solo dei criminali. O no…?”
Lo sguardo perplesso della stanca erede dell’autentico Principe delle Tenebre levò dalla mente di Davey ogni sospetto su presunti rapporti di quella ragazza adorabile con dei pazzi maniaci sanguinari.
“In ogni modo…” mormorò lei, appena prima di addormentarsi stremata dal dolore tra le braccia dello studente che l’aveva sollevata per adagiarla su un giaciglio morbido dentro casa,
“…dobbiamo farla uscire di lì, per imporvi l’Iniziazione, o saranno guai…”

Sharon non riuscì a dormire quella notte, il suo cuore non poteva permetterglielo.
Aveva visto sua sorella, la sua amatissima sorella, ardere di luce diabolica: esattamente come lo aveva descritto la mamma. E la visione l’aveva sconvolta. Ma tutto ciò non cambiava nulla perché sua sorella era la stessa di sempre, lo sapeva, ne era certa, lo sentiva.
Tarja non le aveva raccontato molte cose, e lei non gliele aveva chieste: era un argomento che non avevano ancora affrontato, come se scottasse, come se fosse qualcosa di marcio tra loro, qualcosa che è meglio non toccare, non ora, per paura, vergogna, amarezza.
“Cosa vuol dire essere un Demone, sorellina?” le chiedeva ogni ora con lievi sussurri tra una preghiera e l’altra, sfiorandole i capelli, sdraiata accanto a lei nel grande letto che era stato loro prestato.
Lei era umana, Tarja un Demone.
Questo cambiava tutto, e nulla.
Non riusciva a sopportare l’attesa della venuta del nuovo giorno, per poter domandare, conoscere, capire…
ora come non mai, con Tarja tra le braccia, ferita e dolente a causa del suo destino crudele, a causa di quel peso insopportabile che era stato sobbarcato a lei e solo a lei da quel loro strano padre e da quello stupido sangue demoniaco, avrebbe voluto capirla fino in fondo ed averla più vicina, unita a sé in una sola anima come quando erano bambine. E nel frattempo, vegliava, e pregava per lei.
Saranno state le quattro del mattino, quando notò attraverso una finestra delle persone che occupavano il marciapiede davanti al loro condominio. Chissà chi erano? Sharon per un momento ebbe paura che fossero altri Demoni venuti a prendere Tarja, ma poi si tranquillizzò subito, ricordandosi che la persona contro la quale la sua gemella aveva scagliato le maledizioni più offensive e disgustose, poco dopo essere stata soccorsa, era un umano. Perché i Demoni non possono farsi vedere dai mortali. Il perché Tarja avesse infranto questa Regola era una delle domande che si era programmata di fare quando sarebbe sorto il sole, ma era sicura che la giustificazione sarebbe stata più che valida. Poi, c’erano altri dubbi che voleva chiederle, ad esempio: perché quell’umano era riuscito a ridurla così? E perché poi era sparito senza traccia e l’aveva lasciata lì per terra senza portarla via? Cosa succede se un umano vede un Demone e non è iniziato? Ma le corna spuntano solo quando si lanciano fiammate? Ma non ci si scotta…?
Il suo incontrollato flusso di pensieri fu arginato all’improvviso da una visione che rapì il suo sguardo perso al di là del vetro, ed evanescente si dissolse nello stupore insieme al vago chiarore dell’alba, che cominciava a tingere il cielo. Fuori dalla finestra, là, sul marciapiede,
due occhi verdi come il mare.
  
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