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Autore: Neko    16/04/2012    6 recensioni
Sequel di "Da allievo a maestro" Sono passati anni da quando Kabuto ha combattuto nel suo covo contro i ninja della foglia e compiendo un gesto infimo ha rapito la figlia di Naruto appena venuta al mondo, ma esso non si arrende e continua la sua disperata ricerca con l'aiuto dei suoi amici.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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 Cap 16: casa dolce casa

 

Pov Naho

“Come sarebbe a dire che non è Kumiko?” chiese Sasuke sorpreso.

Anche tutti i ragazzi sembravano sbalorditi da quella rivelazione e non ne capivo il motivo.

Il mio papà mi guardò, mi sorrise e mi accarezzò la testa, cogliendomi di sorpresa “L’ho capito subito, appena l’ho vista che non era lei!”

“Se non è lei, chi è? E perché l’hai abbracciata come se fosse stata Kumiko. Sai  che dopo tanti anni non riesco ancora a capirti sensei?” disse il ragazzo dai capelli argentati.

“Tu e tuoi compagni non siete ancora al corrente degli ultimi sviluppi, ma Sasuke sa che ho sviluppato la capacità di percepire i chakra altrui e quello che proviene da…” si interruppe e mi guardò con aria interrogativa. Dopo tutto ci eravamo solo ritrovati, non presentati.

“Il mio nome è Naho!” dissi timidamente.

“...il chakra che proviene da Naho è estremamente elevato per poter appartenere a una bambina di soli sei anni!” disse ancora sorridendo.

Era felice e lo si poteva vedere lontano un miglio.

Vidi la ragazza avvicinarsi e, abbassandosi alla mia altezza, mi fissò negli occhi. “Allora questa bambina non sta mostrando il suo vero aspetto! Mi domando il perché e soprattutto come fate a conoscervi!”

Mi sembravano un po’ tutti spaesati, ma d'altronde lo ero anche’io, in quanto mi ritrovavo circondata da estranei, anche se uno di loro era mio padre. Infondo non lo conoscevo e mi ritrovai improvvisamente triste. Lo avevo chiamato papà e per quando bella e dolce fosse questa parola, mi sembrava strano dirla a una persona di cui non sapevo nemmeno il nome…eppure mi era venuto così spontaneo.

“Non dirmi che è la volpe!” disse Sasuke sbuffando dopo aver ricevuto un accenno affermativo in risposta.

Non lo capivo, prima era contento perché mi aveva trovato e dopo pochi secondi sbuffava perché non era me che stava cercando.

“Chissà perché mi sono illuso di ritrovare tutte e due in un colpo solo!” disse in un secondo momento incrociando le braccia “Ma immagino che il ritrovamento di una, comporti a un ravvicinato ritrovamento dell’altra. Potrebbe darsi che Kumiko non sia lontano!” disse nuovamente guardandomi, come se si aspettasse da me qualche risposta.

Inclinai la testa da un lato e sbattei le palpebre perplessa.

Il  mio papà si abbassò e spostandomi qualche ciocca di capello mi chiese dolcemente se sapevo dir loro dove si trovava Kumiko.

Guardai uno ad uno tutti loro e soffermandomi sugli occhi di quell’uomo che aveva gli occhi azzurri come il cielo, molto simili ai miei, chiesi “Chi è Kumiko?”

Lo vidi grattarsi la testa imbarazzato per poi dirmi “Probabilmente non porta quel nome, non so come si chiama, ma Kumiko è la bambina dentro la quale risiedi!”

Capii immediatamente di chi parlava “Vuoi dire Rei!” dissi incrociando le braccia scocciata “è rimasta a casa. Quella sciocca non ha voluto darmi retta. Volevo che venisse con me, ma non crede a una parola di quello che dico!”

L’ultima volta che l’avevo vista, cioè la sera prima, avevamo litigato. Quella mocciosa sapeva essere irritante.

“Vuoi dire che si trova ancora nel paese del ferro?”  mi chiese il mio papà.

Annuì e aggiunsi che in realtà lei non ci fosse mai uscita da quel luogo. Solo la prima volta riuscii a convincerla a venire con me con una scusa, ma non avevo considerato le capacità di Kabuto e dei suoi scagnozzi e riuscirono a fermarci quasi subito.

Vidi mio padre rattristarsi, sembrava che ormai non fosse più felice di avermi trovato e temetti che mi lasciasse in quel luogo. Abbassai la testa, ma non ebbi il tempo di rattristarmi, perché molti dei samurai si erano ripresi e avevano afferrato le loro armi.

Mio padre mi spinse dietro di lui e mi disse di nascondermi. Non me lo feci ripetere due volte e andai a mettermi dietro un cespuglio.

Erano stati tutti bravi a mettere ko tutti quei tipacci, ma il fatto che si erano ripresi, significava che i loro colpi non avevano avuto effetto e ora temevo per l’incolumità dei ninja. Vidi Sasuke sfoderare la sua katana e impugnarla con fare sicuro. I tre ragazzi impugnarono kunai e shuriken, mentre mio padre delle strane lame, che intrise di chakra azzurro nella mano destra e rosso nella mano sinistra.

“Sora, Miiko, Eichi seguite lo schema 4!”

“Si, sensei!” dissero i ragazzi disponendosi a croce, con quello che doveva chiamarsi Sora in mezzo. Lo vidi assumere  una posizione strana, con le braccia divaricate e le gambe piegate. Vidi delle vene ispessirsi sulle tempie e gli occhi diventare ancora più strani di quanto fossero.

“Rotazione suprema!” urlò il ragazzo prima di girare sempre più veloce, fin quando Eichi e Miiko scambiandosi uno sguardo complice agirono in simultanea.

Miiko si morse il dito a sangue e scrivendo una parola sulla mano sinistra, pose entrambi i palmi sulla cupola che si era venuta a creare dal costante girare di Sora, mentre Eichi prese a fare segni strani con le mani e una volta che presero a diventare elettriche, anch’esso compì lo stesso gesto della ragazza.

“Tecnica del richiamo inversa!” gridò Miiko.

Chidori” gridò invece Eichi.

E appena finito di urlare le rispettive tecniche, dal vortice cominciarono a uscire miriadi di armi a velocità elevata, avvolte dall’elettricità, che con forza andavano a colpire il nemico, per poi scomparire e venire nuovamente scagliate all’attacco.

Se la vista non mi ingannava quelle armi che venivano lanciate contro i samurai, erano dei samurai stessi, i quali senza capirne il motivo, vedevano le loro armi sparire dalle mani per ritrovarsele puntate contro, più e più volte.

Era come se quella tecnica del richiamo, richiamasse direttamente le armi in un ciclo continuo.

Ci vollero molti colpi,  ma uno dopo l’altro i samurai presi di mira, caddero nuovamente a terra.

 

Sasuke aveva ingaggiato una lotta corpo a corpo con due di loro contemporaneamente e lo stesso valeva per  mio padre. Entrambi se la cavavano egregiamente, ma non si poteva dire di meno dei propri avversari. Avevo visto come i samurai si allenavano all’arte del combattimento. Si sottoponevano ad allenamenti estremamente duri, tanto che non mi sorprendevo della loro resistenza dopo i colpi subiti, al contrario mi stupivo della forza di volontà dei ninja, dato che avevo sempre sentito dire che essi erano dei buoni a nulla.

Doveva essere per forza una diceria perché i miei occhi smentivano quella affermazione.

Anche loro due riuscirono a stendere il nemico, ma una cosa mi sorprese. Non so come, ma mio padre era riuscito a far sgretolare la corazza di uno dei ninja, nonostante fino a quel momento tutti i suoi colpi non avessero fatto riportare alle armature dei seri danni. Infatti la maggior parte dei samurai era a terra, non a causa dell’entità dei colpi subiti, ma probabilmente per la stanchezza, perché quella sembrava una lotta a chi aveva più resistenza, sia fisica che mentale e quei ninja avevano da dire la propria. Erano formidabili e mi piaceva pensare che fosse così perché volevano proteggere me, nonostante quella felicità di avermi ritrovata fosse sparita al nominare Rei.

Ma mi sbagliai.

Il mio papà era triste di non aver trovato anche Rei, ma sembrava considerare il  mio ritrovamento una vittoria personale e me lo dimostrò quando, con facilità estrema mi sollevo, facendomi sedere sulle sue spalle.

“Tieniti forte Naho. È ora per te di ritornare nella tua vera casa!”

Mi aggrappai ai suoi ciuffi di capelli dorati, che avevo già preso ad amare.

“Ehm papà!” dissi e anche se non riuscivo a vederlo da quella posizione, potei scommettere che avesse alzato gli occhi “Quel’è il tuo nome?”

Ebbe l’impulso di rigrattarsi la testa e capii che quello era il suo modo di fare quando era in imbarazzo o faceva una figuraccia.

“Scusa. Ma presentarsi alla propria figlia è strano. Mi chiamo Naruto Uzumaki!”

In quel momento ricordai. Era lo stesso nome che avevo sentito pronunciare più volte da Kabuto con un certo disprezzo.

“La mamma sarà contenta di vederti!” disse felice.

Io invece sussultai e sgranai gli occhi “I-io ho una mamma?” lo vidi annuire e disse “Si chiama Sakura Haruno!”

“E com’è?” chiesi curiosa.

Non avevo mai pensato all’eventualità che anche io, come tutti i bambini, possedessi una mamma. Kabuto si era sempre spacciato per mio padre e quello di Rei, ma non aveva mai accennato a una mamma, tanto che pensavo che almeno per me, in quanto volpe, fosse normale non averla.

“è bellissima! Ha i tuoi stessi occhi. Non per il colore, ma per l’espressione e la forma. Sono grandi come i suoi!”

Cercai di immaginarla, ma con così poche informazioni non riuscivo molto a dar spazio alla mia fantasia, ma quando mi venne detto  che se si arrabbiava poteva essere una furia…bhe quello mi sorprese.

“Certo che hai proprio una bella opinione di tua moglie!” disse Eichi divertito.

“Che ho detto? Non ho fatto altro che elogiarla. Ho solamente accennato al fatto che quando si arrabbia, fa paura. Anche Sasuke è spaventato da lei, vero?” disse il mio papà osservando con la coda dell’occhio l’uomo che mi aveva trovato.

Sasuke lo guardò storto per averlo messo in mezzo, ma poi abbozzando un sorriso disse “Fa più paura Karin!”

“Suvvia, non sono mica così tremende!” disse Sora.

“Ti devo ricordare tutte le volte che hai dovuto  riattaccare rattoppare questi due, perché avevano fatto arrabbiare Sakura e Karin?”

Sora sorrise “Ma erano solo carezze!”

“Che facevano male per una settimana!” disse mio padre.

A questo punto io non sapevo più che cosa pensare, ma vedendo l’aria divertita di tutti, mi rilassai in quanto se ci fosse stato da temere, non si sarebbe venuta a creare quell’aria allegra.

 

Poche ore dopo, sempre ammirando il paesaggio sopra la testa di mio padre, vidi qualcosa di gigantesco comparirmi davanti. Due enormi porte aperte, dietro alle quali sbucavano fuori delle case.

Erano tante e di diversa forma e colore. I villaggi samurai invece sembravano fatti a stampo. Ovunque si andasse sembrava di essere sempre nella stessa zona.

I samurai dicevano che erano un popolo di guerrieri e non volevano perdersi in cose futili come l’abbellimento delle loro case e quartieri, tanto che il colore con cui descriverei quei luoghi, è il grigio.

Qui era tutto diverso: giallo, rosso, verde, blu, mille colori mi avvolgevano e il mio cuore si affollava di sensazioni mai provate. Il mio naso odorava profumi nuovi e le mie orecchie sentivano suoni di risa, chiacchierii tra amici e le voci dei bambini. Quest’ultime cose non erano tanto diverse, ma mancava il suono delle armi che venivano fabbricate e questo fu piacevole.

“Benvenuta a Konoha!” mi sentii dire da Sasuke.

Rimasi a bocca aperta a tutto quello e non potevo credere che quello fosse il mio villaggio.

“Ragazzi, fate voi rapporto a Kakashi per favore!” disse mio padre.

“D’accordo capo, lascia fare a noi!” disse Eichi battendosi il pugno sul petto, per poi ricevere un leggero colpo dietro la testa da Miiko, la quale disse “Non ti preoccupare Naruto-sensei, farò in modo che Eichi non si prenda il merito di questa missione!” disse per poi allontanarsi, facendomi ciao ciao con la mano.

“Vado anche io con loro. Potrò dare maggiori dettagli sulla vicenda. Tu vai subito da Sakura e non fermarti all’ichiraku ramen!” disse per poi andarsene anche lui.

Non mi piaceva molto il modo in cui si era distaccato da noi. Non ci aveva nemmeno fatto un saluto, ma il mio papà non sembrava turbato dalla cosa.

Per non so quante volte in quella giornata, rimasi a bocca aperta alla vista di una grande casa a due piani, con un giardino che la circondava in tutti i lati e fui ancora più sorpresa nello scoprire che quella era la mia casa.

Era bellissima, ai miei occhi sembrava una reggia, anche se sinceramente non sapevo nemmeno cosa fosse.

Sulla porta di entrata vi era uno strano simbolo rosso. Mi ricordava una spirale, ma non feci domande. Vidi giochi sparsi per il giardino e mi domandai se quelli fossero per me, anche se le macchinine non mi erano mai piaciute.

Mio padre mi mise a terra e dandomi una pacca sulla spalla, mi sorrise.

“Pronta?”

Deglutii.

L’ignoto mi aveva sempre fatto paura e temevo quello che avrei potuto trovare dietro quella porta. E se non fossi piaciuta alla mamma?

Daiki, Akai!” sentii un urlo di donna provenire dall’interno quando la porta fu leggermente aperta.

“Tornate subito qua! Vi insegno io a pasticciare i muri di casa!” disse poi.

L’urlo mi fece sussultare e per istinto mi nascosi dietro le gambe di mio padre, tenendoli ben saldi.

Lo sentii ridere e bisbigliare “Si è già fatta conoscere!”

La chiamò ed essa scese le scale mettendo nei piedi una certa forza che mi sembrò quasi che facesse tremare la casa.

Sporgendomi leggermente, la osservai. Aveva i capelli di un assurdo colore, ma che mi colpì molto. Erano lunghissimi, proprio come i miei. Aveva una maglia bordeaux, con qualche macchia, senza maniche e a dolce vita, dei pantaloncini neri corti e delle pantofole a forma di volpe. Portava in mano un secchio pieno di acqua, tanto che il contenuto, si rovesciava ad ogni passo.

“Che c’è!” disse in modo sgarbato con il fumo che le usciva dalle orecchie, ma appena si ritrovò davanti al mio papà, mi vide.

La sua espressione da furente, si trasformò. Fece cadere il secchio dell’acqua a terra. Spalancò gli occhi e la bocca e successivamente cominciando a piangere, si portò una mano alla bocca.

Guardai il mio papà che con tocco gentile, mi spinse verso di lei…verso la mia mamma.

Feci qualche passo titubante, ma non riuscii ad avvicinarmi di più. Avevo paura e non sapevo cosa dovevo fare.

Abbassai la testa, alzai gli occhi, portai le mani al petto e tirando fuori un po’ di coraggio, dissi “Mamma?”

 

 

 

  
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