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Autore: Fabio93    17/04/2012    7 recensioni
Un uomo cammina per le vie deserte di una città fantasma. Non ha un volto, non ha un nome: il suo unico obiettivo è sopravvivere in un mondo in cui forse è rimasto l'unico umano a respirare ancora.
Ma non è solo. Ombre inquietanti si addensano attorno a lui, preparandosi all'attacco, al banchetto.
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attraverso il Silenzio




La pesante porta di ferro si aprì sul silenzio immobile della mattina.

L'uomo uscì all'esterno, portandosi dietro il suo fucile ed osservò per qualche secondo l'ambiente circostante: per le strade non si vedeva anima viva.

Rincuorato, richiuse la porta del rifugio il più piano possibile; la superficie del metallo era graffiata, ammaccata ed, in più punti, sporca di sangue: sembrava l'entrata per l'inferno, ma in realtà serviva a tenerlo fuori.

Si fece largo attraverso l'erba incolta del giardino, sotto il sole dell'estate, fino a raggiungere il cancello che segnava l'entrata della villa.

Aprì il massiccio lucchetto che lo bloccava ed uscì in strada.

Ancora una volta si fermò per guardarsi attorno, ma non vide nessuno: ormai gli unici abitanti della città erano gli oggetti lasciati indietro dalla scomparsa degli uomini.

Le auto giacevano abbandonate ai lati dello stradone, le ruote sgonfie, la carrozzeria arrugginita e rigata.

Un sacchetto di plastica sfidava l'immobilità generale cavalcando l'esile brezza mattutina.

Cocci di vetro sporchi prendevano il sole sull'asfalto mentre mucchi di rifiuti e rottami di ogni tipo oziavano all'ombra degli edifici, guardandolo camminare  attraverso la città fantasma.

Tutto emanava un senso di abbandono, di lento disfacimento, come se un vento apocalittico fosse arrivato all'improvviso portandosi via uomini, donne e bambini.

Quantomeno, notò, la pioggia primaverile aveva lavato via il sangue dalle strade; e dire che ne era scorso parecchio, quando tutto era iniziato poco più di un anno prima.

Era stata una catastrofe spaventosa ed inspiegabile: la gente aveva cominciato a morire misteriosamente in ogni dove, ma era solo il principio, il ritirarsi delle acque che preannunciava l'arrivo dell'onda di marea sotto la quale la civiltà era crollata come un castello di carte.

Per quel che ne sapeva poteva essere l'unico sopravvissuto.

Ma non per questo era solo.

Sicuramente, all'interno di quelle case silenti ed immerse nella penombra, c'erano bocche fameliche pronte a farlo a pezzi.

Ma lui non lo avrebbe permesso: aveva affinato la sua abilità di passare inosservato e di localizzare ogni rumore o movimento sospetto.

E poi aveva il suo fucile.

Passò affianco ad un palazzo mezzo crollato, e lì si bloccò.

Un respiro strozzato giungeva dai calcinacci dell'edificio; l'uomo aguzzò la vista, ma non vide nulla muoversi lì in mezzo.

Eppure il respiro continuava: c'era qualcosa che si rifiutava di morire, là dentro, ma era intrappolata e non poteva nuocergli.

Una curiosità quasi morbosa avrebbe voluto che lui restasse lì per riportare alla luce la creatura intrappolata, ma sapeva che era un'inutile follia e, con la dovuta cautela, si lasciò alle spalle l'edificio.

La sua meta era poco oltre: una piccola drogheria nel centro città.

Una serranda fissata a terra con un lucchetto impediva l'accesso; l'uomo provò a smuoverlo, ma quello non diede segni di cedimento.

L'uomo sbuffò e si passò una mano fra i capelli sudati: l'unica soluzione era aprirlo con una fucilata, ma era pericoloso fare rumore in quella zona.

Di giorno il rischio di attacchi era minore rispetto alla notte, ma non si poteva mai essere sicuri e la prudenza era la chiave della sopravvivenza.

Tuttavia il supermercato abbandonato di cui si era servito fino ad allora non aveva più nulla da offrirgli: la gente lo aveva svuotato quasi completamente poco prima che la città affogasse nel caos.

Ci aveva messo un po' a trovare il coraggio di allontanarsi dal suo percorso quotidiano ed esplorare la zona, ed era quasi una settimana che non faceva un pasto decente.

Decise che non aveva alternative: se la situazione si fosse fatta troppo pericolosa sarebbe corso via per fare ritorno successivamente.

Imbracciò il fucile, prese la mira, fece una breve preghiera e schiacciò il grilletto.

Il lucchetto andò in pezzi, ma il rumore assordante dello sparo rimbombò per tutte le vie vicine.

L'uomo attese, pronto alla fuga, sentendosi osservato e spiato da mille occhi malevoli.

Le strade rimasero vuote, almeno per il momento, e lui alzò in fretta la serranda entrando nel negozio.

La drogheria non era grande, ma era ben fornita: gli scaffali erano intatti e fortunatamente ricchi di cibo in scatola.

L'uomo prelevò qualche sacchetto dalla cassa e poi andò in cerca di provviste utili.

Afferrò e gettò nei sacchetti lattine di piselli, fagioli, sottaceti, frutta sciroppata e quant'altro.

Per un attimo gli sembrò quasi di far ritorno alla vita di un tempo, quando sarebbe andato alla ricerca dell'offerta più conveniente o della sua marca di biscotti preferita, ed il cuore gli fece un po' male.

Quei tempi erano finiti per sempre, indipendentemente da cosa ne sarebbe stato di lui e della razza umana.

Stava per dirigersi verso le bottiglie d'acqua, quando un tonfo metallico lo immobilizzò riportandolo al presente.

Il cuore gli balzò in gola: il silenzio riprese in breve il possesso del locale, ora per lui pieno di ombre sospette ed inquietanti.

Lentamente, misurando ogni movimento, poggiò a terra i sacchetti e imbracciò nuovamente il fucile.

La serranda, alzata per metà, oscillava lievemente: qualcosa, entrando, l'aveva urtata.

Fu in quel momento che sentì l'odore della creatura: un odore dolciastro e pungente di putrefazione che gli fece contorcere dolorosamente lo stomaco.

Cominciò a sudare freddo e strinse la presa sulla sua arma.

Un passo strascicato gli giunse all'orecchio da dietro lo scaffale, dannatamente vicino.

L'uomo valutò le sue possibilità: poteva scappare, ed aveva buone probabilità di farcela, anche se quelle “cose” erano più veloci di quel che sembrava.

Tuttavia avrebbe dovuto abbandonare lì le provviste e non poteva accettare l'idea di aver rischiato così tanto per nulla.

Decise di combattere: erano uno contro uno, e lui era armato.

Avanzò verso il bancone, seguendo i passi del suo nemico, e si fermò all'angolo dello scaffale, per radunare tutto il suo coraggio.

Era abbastanza vicino da sentire il respiro rauco del mostro, troppo per tirarsi indietro.

Il dado era tratto.

Superò la protezione dello scaffale trovandosi faccia a faccia col suo nemico: occhi ciechi, bocca digrignata in una smorfia famelica, il morto vivente doveva aver atteso la sua preda perché non si lasciò sorprendere.

Ululando gli si gettò contro prima che potesse far fuoco, buttandolo a terra.

Il fucile gli sfuggì di mano e cadde a poca distanza.

L'uomo gridò di puro terrore e cercò di tenere le fauci infette lontane da sé; le sue mani affondarono nel tessuto decomposto e flaccido senza riuscire a far presa.

Il mostro spalancò la bocca invasa dal pus e si preparò a mordere.

Con uno sforzo estremo l'uomo afferrò il collo della creatura e spinse violentemente allontanandolo dal suo viso, ma lo zombie non si arrendeva: l'odore di carne fresca era troppo allettante.

Approfittando dello spazio guadagnato, l'uomo tese un braccio ed afferrò la sua arma per poi colpire la creatura al cranio, fracassandolo.
Il mostro accusò il colpo ed urlò, forse per il dolore, forse per la rabbia, e lui lo spinse via, rialzandosi.

Lo zombie cercò di rialzarsi spinto dalla sua fame insaziabile, ma un colpo di fucile ben mirato lo spezzò in due, facendolo ricadere a terra in una pozza di sangue nero come petrolio.

L'uomo attese qualche secondo, ma la creatura non si mosse.

Tirò un lungo e vibrante sospiro di sollievo; ora che l'adrenalina veniva riassorbita si sentiva svuotato ed esausto.

Mosse qualche passo verso l'uscita, ma al terzo le budella gli si torsero violentemente e lui si piegò in due, vomitando un denso fiotto di bile.

Tremava da capo a piedi, in preda allo choc: macchie nere gli danzavano davanti agli occhi e, per quanto di sforzasse di prendere respiri profondi, si sentiva sempre più soffocare.

Lo stress del breve combattimento era stato troppo per il suo fisico debilitato.

Cadde in ginocchio, cercando inutilmente appiglio sugli scaffali.

Sentiva la sua coscienza scivolare via, verso un profondo abisso, senza che lui potesse opporsi.

L'ultima cosa che vide, poco prima di svenire, fu il mostro che, rianimatosi e tesi i muscoli, strisciava inesorabile verso di lui.



 

E così è finita anche questa breve, ma spero intensa, storia. Era da un po' che volevo scriverla, ma non è stato facile. Spero che ne sia valsa la pena, e ti sia piaciuta almeno un po'. Già il fatto che tu sia arrivato alla fine è un buon segno! Grazie per aver letto il mio racconto; se ti va, lascia una recensione, che è gratis!
 
   
 
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