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Autore: Redrum    12/11/2006    2 recensioni
Quinta puntata della storia di Ray Oddname. Il suo gruppo si incontra (scontra?) con quello di Harry. Molto riflessiva. Molto psicologica. Un episodio a sè stante.
[…]trovo la prima camera con un letto, mi ci lascio cadere sopra e piango, piango come un bambino, mordendo le coperte, colpendo il materasso coi pugni chiusi, chiedendomi come mai le persone che mai hanno avuto devono perdere sempre.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Spoiler!
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CAMBIAMENTI



Oggi io e Liam siamo andati a fare un giro per distrarci. L'altroieri abbiamo incontrato Potter e i suoi amici, e devo dire che sono simpatici. Abbiamo parlato loro del progetto dell'esercito, e ci hanno detto di essere d'accordo; se potessimo unirci al loro vecchio Esercito di Silente, sarebbe un discreto gruppo; resta solo il problema di contattare tutti quanti, e questo penso accadrà tra non molto, se tutto va bene. Ieri invece sono venuti a trovarci anche Ryan con suo cugino, insieme a due ragazzi molto simpatici, Fred e Chris, e tutti e quattro hanno acconsentito a restare a Godric's Hollow. Tutti quanti però abbiamo notato che Harry Potter e gli altri erano un po' nervosi, come se avessero dovuto fare qualcosa in gran segreto, e che stavano sempre guardinghi e accigliati; un po' per questo, un po' perchè Sal tutt'a un tratto è dovuto partire per il Galles, quella di ieri non è stata una gran giornata per me, perché non sopporto di vedere cambiamenti nelle persone a cui voglio bene. E forse questo è il motivo per cui ho avuto quello scatto d'ira a cena e ho risposto male a Jane, solo perché aveva chiesto chi di noi maschi era fidanzato; credo che Liam abbia afferrato al volo la situazione, e molto probabilmente è per questo che stamattina mi ha fatto alzare presto per andare verso il mare a fare arrampicata sulle pareti di roccia. Tanto per farti rilassare, mi ha detto. Adesso saranno due ore che sto agganciato ad appigli orrendamente precari, artigliando coi piedi scalzi – per una migliore presa, dice lui – la superficie ruvida degli scogli. C'è un freddo cane, e spruzzi d'acqua salata mi picchiettano sui talloni e sulle caviglie. Liam è molto bravo e atletico, nonostante sia la mia esatta fotocopia per quanto riguarda la costituzione fisica: uno stuzzicadenti. Devo ammettere però che anch'io me la sto cavando discretamente, e, nonostante penda a circa cinque metri d'altezza dal livello del mare, sto mantenendo la calma, e inizio a sentire distintamente un senso di caldo benessere diffondersi nelle mie membra.

“Ora aggrappati a quello sperone lì”. La voce profonda e paziente di Liam mi giunge dall'alto: probabilmente ha già raggiunto la cima della parete. “Poi fai mano-piede come ti ho detto... Bravo, così, ed ecco, sei praticamente arrivato”

“Accidenti, che fatica!”, mormoro issandomi su. Scavalco una protuberanza rocciosa e mi getto sul terreno sassoso accanto a mio cugino. “Però è stato ganzo, eh?”

“Hai visto che serio?”, ghigna Liam ammiccando. “Mo' me ne faccio un'altra, di scalata...”

“Ma che ore sono? Ellie aveva detto che a mezzogiorno si mangiava, perché dopo bisogna allenarci con Potter e gli altri...”

“Non ho l'orologio... Vabbè, chiediamo a qualcuno...”, mi fa lui senza scomporsi. Si alza in piedi, si infila di nuovo le scarpe da tennis sdrucite, e, scalciando sassolini di granito, si avvicina a un Babbano che sta addentando un panino, seduto sul cofano di una vecchia Audi ad osservare il cielo plumbeo.

“Scusa, che ce la puoi dire l'ora?”

L'uomo sembra fare una fatica immensa per deglutire, poi strabuzza gli occhi e finalmente – con le guance rosse per lo sforzo – si decide a parlare.

“Mezzogiorno e cinque”, risponde tendendo verso di noi il polso avvolto da un orrendo orologio digitale.

“Porca cazza”, fa Liam – espressione questa che lui predilige di gran lunga tra tutto il suo immenso repertorio di finezze. Mi afferra per il braccio e inizia a saltellare fra le roccie spigolose e le piante, tagliando per il pendio. Lo seguo a stento mentre dà sfoggio di tutta la sua abilità nel parkour, pensando a tutto in quel momento, fuorché al fatto che di lì a pochi minuti avrei finalmente rivisto Julie Ann Adams.


*


Era tardi. Avrei dovuto prendere il treno. E sarebbe partito da un momento all'altro. Perché l'ho fatto? Non lo so il perché, ma so che me lo sentivo, di doverlo fare. Di volerlo fare. Speravo di concludere qualcosa una volta per tutte, nella mia vita, perché non era possibile che ciò che sentivo nello stomaco, e nel torace, e nella testa, non fosse niente. La locomotrice rantolava e ansimava alla mia destra, e stavo per salire, quando mi sono voltato. Riuscivo a cogliere ogni dettaglio della stazione, di lei, del treno. Sapevo che lei sarebbe restata. Io invece dovevo partire. La scuola era quasi finita, ma quel finesettimana dovevo tornare a casa, per tranquillizzare i miei genitori. Erano preoccupati perché era venuto fuori che Harry Potter aveva ferito gravemente Malfoy di Serpeverde. Dovevo dir loro che Potter non è il tipo, e che io mi fido di lui... non farebbe mai una cosa simile. Avevo anche saputo che Potter si era fidanzato con la sorella di Weasley... ero molto contento per lui, e sapevo che aveva fatto la cosa giusta. Sapevo che avrei dovuto farla anch'io, una cosa giusta. Il sole ormai scendeva, e nonostante fosse quasi estate il tempo era piovoso, umido, grigiastro. Vedere le pozzanghere sulla banchina riflettere il suo corpo mentre se ne stava davanti a me, calma e intrigante, la gonna increspata dal vento, mi trasmetteva negli occhi sprazzi di nostalgia, timore e un po' di tristezza. Avrei voluto che non finisse lì, che avessimo altro tempo, ma ormai mi ero girato verso di lei. Era fatta. Avevamo avuto tutto il nostro tempo, e io mi stavo avvicinando, e lei si stava avvicinando. Potevo dire di essere arrivato tardi, ma sapevo – o meglio speravo – che quello che stavamo facendo avrebbe rimediato tutto. Tutto ciò che avevo vissuto, i suoi abbracci, il modo in cui mi accarezzava le mani facendomi rabbrividire di felicità, il modo in cui rideva, e ridevamo tutti insieme a scuola, le stronzate di Sal, le battute in slang di Liam, le volte che suonavamo io, Jack e Ryan, tutte le canzoni che avevo composto per lei, tutti questi ricordi spezzettati si ricongiungevano in un diamante sfaccettato e luccicante come le lacrime che avrei versato di lì a sei giorni, con il volto affondato nel copriletto. E tutto ciò che mi accadeva intorno in quel momento non aveva alcun senso, una volta chiusi gli occhi, e percepivo solo la sua presenza davanti a me, oltre le palpebre dolcemente serrate, e la calda e avvolgente pressione delle sue labbra dischiuse, e poi le sue mani che mi afferravano bruscamente le spalle, mentre spingeva la sua lingua e se stessa dentro la mia bocca, e tutto era lei, tutto era morbido e scivoloso contatto di pelle su pelle, carne su carne, e lucido smalto dei denti sulla punta della mia lingua, mentre i suoi capelli castani mi lisciavano le guance, la fronte, il cuore... Era questo quello che volevo, ne ero sicuro, e nemmeno il fischio del treno mi avrebbe allontanato da lei, neanche tutti i Mangiamorte e i Signori Oscuri del mondo, e non c'era Kyra, non c'era nessuna Becky, e nemmeno Kirsten... In quel 31 maggio, alla stazione di Hogsmeade, stretta fra le mie braccia come per chiuderla e chiuderci in un guscio d'ostrica, c'era una sola perla pronta per essere tutto per me, ed era lei:


“Julie!”, sbotto di colpo, in piedi sulla soglia. “Che ci fai qui?!”

Non volevo che la frase mi uscisse così, ma tant'è: questo succede quando si è colti impreparati. Lei mi sorride, ma vedo subito che c'è qualcosa che non va in lei. E' diversa. Lo sguardo è più triste, più sconfitto, spossato. Anche il sorriso sembra quasi isterico, come se non le appartenga affatto. I capelli non sono più sciolti sulle spalle, ma raccolti in una coda e lasciati ricadere con una frangia sugli occhi lievemente marcati dall'eyeliner. Non si avvicina verso di me, non fa niente. In quel momento mi rendo conto: è cambiata. La vecchia Julie è cambiata. Qualcosa l'ha fatta cambiare, penso disperato. Ma è cambiata dentro. Non succederà un bel niente, adesso. Hai rovinato tutto, Ray. Maledetto pezzo di cretino, la stai perdendo. L'hai già persa.

“Mi ha chiamata Jane... con un gufo... ha saputo dov'ero...”, fa lei titubante. Mentalmente ringrazio mia cugina e mi sento una merda per averla trattata male.

“Come stai?”, chiedo cercando di suonare amichevole, ma non è a un'amica che sto pensando.

“Io sto... diciamo bene, e tu?”, mormora lei guardandosi le scarpe e intrecciando le dita paffute dietro la schiena.

Dille come ti senti, Ray. Dille che hai pianto per lei. Dille che

“Sto bene anch'io. Cioè, benino...”

non è stata un'infatuazione. Dille quello che provi. Dille che non hai mai smesso di pensare a lei. Dille

“Come mai? C'è qualcosa che non va?... ehm, qui da voi?”

che non hai mai desiderato qualcuna così tanto...

“No, è che...”, inizio.

Dannazione, Ray, dillo! DI' QUALCOSA, ACCIDENTI!

“...niente.”, concludo. “E tutto a posto... Tutto a posto, Julie... davvero”

“Ok”, annuisce lei. “Io... vado ad aiutare le ragazze col pranzo...”

“Tranquilla... V-vuoi che ti dia una mano a...?”

“No, faccio io, Ray... Non preoccuparti”, dice, e sorride.

Le sorrido di rimando e mi dirigo verso le scale. Mentre salgo i gradini facendoli gemere, sento la voce di Julie echeggiare dalla cucina. Mi ricordo di quando sono stato a casa sua, e lei aveva preparato il pranzo, proprio come oggi. E' successo prima del casino... prima del 6 giugno, prima della notte della morte di Silente. Quella notte io e Julie eravamo stati insieme, senza chiudere occhio; il casino era accaduto sei ore prima. Avevamo parlato. Nei giardini di Hogwarts, nel ponte sospeso. Poi ero tornato in dormitorio e avevo pianto. La sera avevo fatto casino con Sal, Liam e Jack come se nulla fosse accaduto. Poco dopo avevamo trovato Silente morto. E io avevo pianto di nuovo. Adesso, risentendo la voce di Julie, salgo sul pianerottolo, percorro il ballatoio, trovo la prima camera con un letto, mi ci lascio cadere sopra e piango, piango come un bambino, mordendo le coperte, colpendo il materasso coi pugni chiusi, chiedendomi come mai le persone che mai hanno avuto devono perdere sempre.


*


Nel pomeriggio siamo scesi tutti nel giardino, sul retro. Abbiamo iniziato a fare incantesimi a coppie. Io stavo con Potter, e devo ammettere che è veramente bravo. La Granger era insieme a Sid, Ryan con Freddie, Chris con Mark, Julie con Ron Weasley, Jane con Ellie, e Jack con quel pazzoide di Liam. Abbiamo ripassato degli incantesimi generali, dall'Expelliarmus all'Incantesimo Scudo, per poi iniziare con delle prove di resistenza alla maledizione Imperius. L'allenamento poteva dirsi concluso quando Liam aveva ordinato a Jack con la maledizione di imitare un vombato e di mettersi a scavare buche nell'orto di zucche. Ho cercato di guardare Julie negli occhi il meno possibile, ma continuo a pensare a lei. Quando ora – al termine della lezione – la fisso, lei non mi restituisce lo sguardo, e penso che ha degli occhi così belli che potrei morirne guardandoli troppo. Vedo che sta ridendo, adesso, ma è solo perchè ha urtato contro Ron e ha fatto cadere la bacchetta. Do una pacca sulla spalla di Harry, e mi complimento con lui, poi mi dirigo verso la porta sul retro, passando accanto a Jack, che è ancora intontito, con le mani ficcate nel terreno umido. Entro in casa, prendo il lettore cd, e mi piazzo gli Alice in chains. Non ho voglia di fare questa guerra. E' stupida, e non è giusta. Non lo è perché fa cambiare le persone. Non è giusta perché fa partire i miei amici: Sal è chissà dove in Galles a reclutare la 'sua gente', come la chiama lui. Non è giusta perchè fa litigare le persone, come Mark e Michael Shadwell, che così se n'è andato con Becky via da Godric's Hollow. Non è giusta per troppe cose. Noi stiamo allenandoci per prepararci a un attacco, non a un gioco. Ci stiamo allenando per prepararci alla morte, cazzo. Sto ascoltando Sludge Factory, e mi chiedo come faccia la voce del cantante ad assomigliare così tanto a quella del buon vecchio Kurt Cobain. Mi mando mentalmente affanculo per stare a perdere tempo con queste sciocchezze, mentre là fuori c'è una ragazza che dovrebbe essermi amica – e qualcosa di più, ora che mi ci fate pensare – e che invece sembra volermi ignorare. Non lo so, prima mi sentivo apprezzato, o perlomeno accettato... ora, qualsiasi cosa dica, mi sembra di essere un dannato incomodo, e la cosa più brutta è che suono antipatico anche a me stesso. Cosa le ho fatto? Perché fa così? Entro in cucina con questi pensieri. Mark ha la schiena appoggiata al davanzale, e guarda fuori dalla finestra con aria assorta. Si volta e mi vede.

“Come va?”, chiede. I capelli neri gli ricadono sugli occhi con corti ciuffi a punta. Noto che anche lui ha il volto increspato da una lieve tristezza. Mi tolgo le cuffie dalle orecchie.

“Eh...”, mormoro.

“Lei...?”

“Male”

“No... come?”

“E' un casino, Mark”, sbuffo, e inizio a picchiettare sul bordo del lavello con un plettro che mi sono trovato in tasca. “La sto... Io... Lei si è... staccata

“Da te?”

“Da me, da noi, dal mondo... Che ne so, io, Mark...”. La voce mi trema. “E' finita, credo”. Mark si stacca dal davanzale e si appoggia al tavolo. Fuori Jack sta inseguendo Liam per l'orto con un'accetta in mano. Julie ride insieme agli altri, e sento che se non spacco un vassoio o qualcosa di simile entro sette secondi, mi prenderà un'attacco epilettico.

“Lascia che ti racconti una storia”, fa Mark. Aggrotto le sopracciglia. “A scuola c'era questa ragazza, Helen, di Tassorosso... Bionda, alta, snella, bellissima. Non ve ne ho mai parlato. E' stata la mia ossessione per un sacco di tempo, e ancora non mi è passata del tutto. Insomma, tutte le mattine ero contento all'intervallo, perché potevo starla a guardare. Non mi sono mai fatto avanti. Mi mettevo sempre a sedere poco distante da dove sapevo che stava lei di solito con le sue amiche, e aspettavo che arrivasse. Qualche settimana prima che tu baciassi Julie, ebbi come un presentimento... una specie di premonizione, un avvertimento. Sai, io ho sempre creduto che tutto accada per una ragione. Beh, quella mattina mi ero svegliato presto ed ero sceso in Sala Grande prima di tutti. Aspettavo che Helen si facesse viva. Arrivò dopo circa un quarto d'ora, ed era vestita con una tuta da ginnnastica da Babbani, di quelle larghe. E continuavo a pensare a quanto stava bene anche così trasandata, a quanto era bella con quella tuta... ero completamente stregato da lei. Quando a ricreazione l'ho vista avvinghiata a un ragazzo contro un'armatura, sono rimasto come un pirla con la schiacciatina in mano, e credevo che mi avessero fatto piombare in faccia una mazza da baseball rinforzata al titanio. Non sapevo se buttarmi dal ponte di Hogwarts o farmi divorare da un'Acromantula... insomma, voglio dire, dentro me l'aspettavo, cioè, da sempre avevo pensato 'ehi, se una così non sta con qualcuno io sono uno scolapasta con la cravatta'... eppure, tra l'immaginarselo e il vederlo coi propri occhi, papale papale, davanti a te, inconfutabile, ti assicuro che c'è più che da qui al Connecticut. Beh, chi poteva immaginarselo che quella felpa da ginnastica che indossava era del suo ragazzo? Una persona sana di mente, te lo dico io... Perché io, te, Sal e Nicholas Nightingale siamo stati creati dal buon vecchio Dio con lo stesso difetto di fabbricazione: che ci innamoriamo così, come niente... e quando succede, non è una cosa leggera, passeggera, un'infatuazione, come piace dire alle ragazze... macché, è vera e propria ossessione! E se cominciamo a conoscere e ad affezionarci alla nostra 'lei'... Ahinoi! E' amore con la 'A' maiuscola, in rilievo, fosforescente e con l'ombreggiatura. E un ragazzo, quando è innamorato, non è un cazzo sano di mente, e anche se le cose gliele urli in faccia non le vuole capire né sentire. Così io avevo avuto il mio avvertimento, ma l'unica cosa che avevo saputo fare era osservare come le tre strisce bianche dell'Adidas facevano risaltare il suo bel culetto... che Dio la benedica, quella figliola aveva il sedere che se la giocava tra Becky, Eka e quella Beverly che piace tanto al nostro Sal... Beh, comunque siano andate le cose, io sono rimasto bello che fregato, e per di più non sono riuscito nemmeno a finire la schiacciatina. Era buona, eh, intendiamoci, ma sai, in quei casi non è proprio l'ideale...”

“Mark, tutto questo è molto affascinante”, lo interrompo, “ma... cosa stai cercando di dirmi?”

“Voglio dirti... io cos'ho fatto da allora? Mi sono arreso come fa quel demente di Michael, che se ne sta chiuso in casa anche se fuori c'è la Liberalizzazione della Fica? Nossignore, sono rimasto in piedi, e non mi sono depresso pensando 'oh no, quand'è che io e Ray riusciremo a trovarci una ragazza?'... Certo, ho sofferto, e non poco, e non è facile dimenticare chi hai voluto così tanto... Ma non mi sono buttato giù alle conclusioni sbagliate... Non mi affogo pensando che non avremo mai una ragazza, Ray, e lo sai perché?... Perché prima o poi succederà. E tu non hai fallito! Non hai perso tempo! Ci sei andato tanto così, vicino all'averla... Ed era una ragazza dolce, carina, buona, simpatica, com'è Julie Adams... Una coppia perfetta, se vuoi sentire il mio parere... Non come con Kyra Lebenson”

“Non ci stavo”, dico tutt'a un tratto. “Ho detto una balla, non ci sono mai stato insieme... le stavo solo dietro, e lei godeva, quella stronza”

“Già, ma tutto questo ora non ha importanza... Julie non può essere persa. Non può. Eravate sempre culo e camicia, avevate un'intesa bellissima, non può essere sparito tutto! Devi aspettarti qualcosa, Ray!”

“E' questo il problema, non devo aspettarmi un bel niente, e questo me l'ha già detto chiaro e tondo!... E poi lei adesso è cambiata, e io non capisco, giuro che non capisco cosa le è successo... Silenziosa, lunatica, tesa... e soprattutto con me! E' un'altra persona, Mark! Che ho fatto? Che cazzo sta succedendo?”

“Non lo so, ma non penso sia colpa tua... prova a parlarle, faccia a faccia... vedrai che è la miglior soluzione”

“Sì, beh...”, borbotto, ma non riesco a fare a meno di pensare a una cosa. “So che dovrei dimenticarla... voi lo volete”

“Questo non è vero, Ray! Io non voglio che tu la dimentichi! Non devi!”

“Beh, è quello che mi ha detto Nicholas Nightingale, è l'ultima conversazione che abbiamo avuto, prima che lui tornasse a casa sua... Mi ha detto che non dovrei fasciarmici troppo la testa, perché lei si crede di essere chissà chi, ora che sa che c'è qualcuno che le sta dietro... Ma io non sono d'accordo, Nick non la conosce bene... Può anche avere tutta la ragione del mondo quando dice che prima o poi mi passerà, ma il problema è che io le sono così legato che non riesco nemmeno a voler credere che possa smettere di esserne innamorato... Lo so, 'le donne vanno e vengono', come dice lui, ma ogni volta che mi fisso credo non possa finire mai... In realtà Kyra non era quella giusta, e nemmeno Becky... Eka, poi, non ne parliamo, è Sal che ci è fissato, non io... L'unica è stata Kirsten, ormai chissà quanti anni fa, ma da quando mi ha abbandonato per quel tizio ha rovinato tutto, e pian piano quello che provavo per lei, che era bellissimo, è scomparso... E Julie? Credevo fosse quella giusta... Lo credo... lo spero. Lo è, tuttora. Potrebbe essere quella giusta, se...”

“Se...?”, Mark lascia in sospeso la vocale, come un verso di una scimmia urlatrice.

“... Se non fosse successo il casino”, concludo.

“E il casino com'è successo?”, vuole sapere Mark. Ormai la conversazione è giunta al culmine.

“Non lo so nemmeno io... E' stato... più il destino, credo, o forse...”

“O forse”, finisce Mark per me, “il male che circola da un po' di tempo a questa parte. C'è sempre di mezzo il male, Ray... e sia che siano i terroristi, sia che siano i Mangiamorte, tutto si riconduce al male. E la soluzione al quesito è: combatti questa guerra, Ray. Non ti arrendere. E non sto parlando solo di quella contro Voldemort”, (sgrano gli occhi perché Mark non ha mai osato pronunciare quel nome), “sto parlando della guerra che dobbiamo combattere sempre, tutti i giorni. Julie non è persa, Ray. Combatti per averla. E combatti insieme a noi, perché il nostro futuro sia in pace. Io sto ancora sperando di ritrovare Helen, da qualche parte, anche lei a lottare contro il male... E allora avrò la mia occasione di finire la schiacciatina”. E, detto questo, Mark si allontana ed esce dalla cucina, lasciandomi solo davanti alla finestra, mentre in giardino i capelli di Julie mi restituiscono debolmente la luce del sole.


*


Ho saputo che Liam e Jack – dopo essersi riconciliati – hanno organizzato una delle tante Attività-Per-Distrarre-Ray-Da-Julie, per cui da un po' di tempo a questa parte sembrano avere una certa predilezione. Harry, Ron e Hermione sono spariti chissà dove. A fare un giro, hanno detto. Pazienza. Ovunque siano andati, a me non interessa, dato che devo tirar fuori il mio set da pesca (che Jane ha portato con sé nella casa, ovviamente perché quel disgraziato di suo fratello gliel'aveva chiesto già da prima) e seguire i miei adorati cugini sulle scogliere. Sto per far notare a Jack che in questo modo non potrò parlare con Julie, ma non mi sembra che la mia idea si adatti un granché al suo programma di allontanarmi da lei per un po'. E poi, ricordiamoci che Jack ha appena passato l'ultima mezz'ora a imitare un marsupiale, immerso fino ai gomiti nella terra: meglio non farlo irritare troppo, non si sa mai. Meglio così, perché avevo in mente mille altre scuse per non andare, fra cui spiccano il fatto che devo sempre finire di leggere Tommyknockers e che a pescare è meglio di me l'Orso Yoghi. Il viaggio per cercare il posto adatto è lento ma non silenzioso. Liam scorrazza tranquillamente tra gli spunzoni di roccia, gettandosi come un camoscio giù da rupi orrendamente ripide, con entrambe le mani occupate da canna da pesca, cassetta degli attrezzi e sacchetto con le esche. Quest'ultimo, oltre a vermi coreani e chicchi di granturco dell'Iowa che temo non facciano in tempo nemmeno a cadere in acqua prima di staccarsi dall'amo, contiene anche un'ammasso appiccicoso di pasta di pane e formaggio che sembra un cervello umano, per la cui creazione Liam ha sprecato mezz'ora della sua imbarazzante vita. Intanto Jack bestemmia mentre arranca insieme a me per raggiungerlo, e io intanto faccio l'imitazione di Sal quando vede una ragazza dark per la strada.

“Bella darkettona, po po po, Dio bono, con le cinghie e le borchie, fascino vampiro...”, faccio in tono forzatamente stentoreo, mentre cerco di non mozzarmi un piede su una lamiera incastrata nella roccia. “Ma a me mi piacciono anche le belle fricchettone, po po po, fascino zingaro...”. Non ho idea di cosa significhi 'po po po', ma Sal lo dice ogni minuto. Chissà cosa sta facendo ora. Mi aggiusto le cuffie del lettore cd, da cui sgorgano gli accordi di Right in Two dei Tool, e mi accingo a raggiungere gli altri due, che hanno trovato tre zanne di roccia su cui possiamo metterci tutti senza impigliarci a vicenda le lenze. Col vento che c'è, dubito seriamente che ciò si possa evitare, ma non lo dico.



*



Dopo venti minuti Liam si incazza perchè dice che invado il suo spazio, Jack bestemmia tutti i santi per lo stesso motivo, mentre io tento di spiegare che non lo faccio apposta, a gettare il galleggiante dove ce l'hanno anche loro.

“E' il vento, ragazzi!”

“E allora spostati!”

“Perché non tu? O tu, Jack?”

“No, io resto qui.”

“Pure io”

“Andate affanculo”, borbotto, e, raccolta tutta la roba, mi arrampico su una piccola roccia accanto alla postazione di Jack e getto la lenza. Il vento stavolta è a favore, e dopo poco il galleggiante scompare sotto il pelo dell'acqua. Il cimino vibra e sento il filo di nylon che si tende. Inizio a girare il mulinello con foga, e la canna mi si inclina in avanti. Il pesce, o qualsiasi cosa sia, è troppo forte, e tira come un dannato. Allento la frizione e lascio scorrere la lenza, poi la chiudo di nuovo e do un paio di giri al mulinello. Jack se ne accorge e si volta verso di me.

“Bravo, Ray! Forse è una cernia! Tira, tira! Giocaci con la frizione! Bravo, così!”

“Sì, lo sto facendo...”, grugnisco per lo sforzo. Cazzo, quanto tira, 'sto coso.

“Che succede?”, fa Liam, girandosi a sua volta, in piedi sulla sua roccia, la due metri azzurra stretta nelle mani, il galleggiante inglese che ondeggia in acqua, poco più in là.

“Ray, ha beccato qualcosa di grosso!”, fa Jack esultante. “Vai così!!”

“Porca zozza, come tira!”

“Dev'essere ritornato nella tana! Non lo mollare!”

“Non è possibile, ma quanto è forte!? Non si smuove!”, faccio disperato, mentre la fronte mi inizia a sudare.

“Può essere un polpo?”, chiede Liam, e poi sgrana gli occhi voltandosi a guardare verso il mare e tirando la canna verso di sé. “No, accidenti, mi si è slamato! Porca zozza, sto a rosica' come una bestia! L'hai visto, Jackie, come aveva abboccato?”

“No, non l'ho visto... Un polpo, dici? Può essere, ma è strano...”

“Forse si è attaccato con un tentacolo e poi si è ritratto e si è attaccato a un masso...”, azzardo, mentre continuo a sfrizionare e tirare a intervalli regolari.

“Sì, Ray ha ragione”, fa Liam annuendo. “Vero, Jack?”

“Può essere... Allora non ti aspettare di prenderlo... Vuoi che ti do una mano, Ray?”

“Sì, vieni un po' a sentire come ti sembra”, dico, “non si muove di un millimetro!”

Jack mi si avvicina e io gli cedo la canna. Subito mio cugino assume un'espressione sconvolta. Pessimo segno.

“Che succede, Jack O' Lantern?”, chiede Liam, sapendo benissimo che Jack odia da morire quel soprannome.

“Ray ha ragione, porco... Ma che... ma Dio... oh, cazz... ma vaff... NO!”, urla mio cugino. La lenza si è spezzata di netto. Mi restituisce la canna con il volto colpevole.

“Mi dispiace, Ray... Io... Se vuoi farti un'altra lenza...”

“Non preoccuparti. Non è che ne abbia molta voglia... Sto a guardare voi, davvero, non fa niente... Mi sento un po' di musica.”

“Ok”, annuisce Jack, e, ripreso il suo posto, lancia la lenza, seguito a ruota da Liam. Mi siedo sulla roccia e appoggio le suole delle All Star su uno sperone davanti a me. Ora sto ascoltando un'inedita dei Limp Bizkit. Guardo i miei due compari, intenti nella pesca, e sorrido tra me. E' bello essere così uniti, proprio come una volta. Come quando eravamo piccoli. Perché muoriamo?, chiede continuamente il testo della canzone. Perchè noi muoriamo?E lì, seduto davanti al mare, inizio a domandarmelo anch'io.

“No! Noo! NOOO!”, urla Jack tutt'a un tratto. Mi volto e lo vedo lì, che agita la canna e bestemmia a denti stretti, in piedi sullo scoglio.

“Che succede?”

“Mi si è slamato il pesce! Mi ha mangiato l'esca!”, urla. “L'avevo preso, era grosso, e mi si è staccato!”

Guardo Liam, e lui mi restituisce uno sguardo indifferente. Faccio spallucce e torno ad ascoltare i Limp. Neanche sette secondi dopo Jack si fa udire di nuovo.

“Eh, no, cazzo, NO! Mi si è impigliata la lenza! Dannato scoglio... ECCO!”. Jack strattona il filo e tira indietro la Carson in carbonio. Si sente uno sgradevole rumore metallico.

“Nooooo! NOO! Mi si è incastrato il galleggiante! Vaffanculooo!”

Stavolta Liam inizia a ridere, e io mi affretto a distogliere lo sguardo per non farmi vedere da Jack. Lui intanto sta cercando nuovi modi per recare offesa ad ogni tipo di divinità od oggetto sacro esistente sulla faccia della Terra, mentre fa oscillare la canna da pesca a ritmo con i sagrati.

“Vaffanculo, Budda infame, Visnu toporagno, Giacobbe caterpillar, Maometto freestyler, Allah sturacessi!!!”

All'improvviso vedo il cimino della canna schiantarsi e cadere dondolante, appeso a un groviglio di fili di nylon, piombini e frammenti di carbonio. In quel momento, mentre quel che resta del galleggiante e della parte superiore di una canna da pesca da circa 180 sterline svolazza ai piedi di mio cugino, probabilmente il maggior campione di bestemmie insieme a Sid Hewitt, non vorrei essere nei panni nemmeno della più sconosciuta entità spirituale che risponda al prefisso 'dio'. Lancio a Liam l'occhiata più disperata che si possa immaginare, e lui inizia ad avere un ascesso di risa incontrollabili. Si tiene la pancia, si piega in due e si inginocchia come se stesse per pisciarsi addosso. Lascia cadere la due metri di fianco a sé, e mi guarda con gli occhi in lacrime. Anch'io non riesco a controllarmi, ma guardando Jack non saprei dire se mi convenga di più mettermi a piangere. Jack passa la mezz'ora seguente ad alternare frasi disperate come 'nooooo! Nooooo! Accidenti a me!' e 'La canna! La canna, lo capisci?!' a bestemmie in growl e intimazioni a Nostro Signore di farsi sotto se ha il coraggio. La sceneggiata raggiunge il culmine col Record Mondiale nel Lancio-Della-Canna-Spezzata-E-Ormai-Inutilizzabile, con cui Jack fa raggiungere alla suddetta la distanza di venti metri dagli scogli. I minuti che seguono sono imbarazzanti e silenziosi, fatta eccezione per Liam che continua a rischiare di 'spedirsi un caldo telegramma espresso nelle mutande', come dice Stephen King. A un certo punto lo sguardo mi cade sulla superficie dell'acqua, vicino a dove si è inabissata la Carson di Jack. E' allora che mi rendo conto che qualcosa non quadra. Il mio galleggiante è ancora lì. Non si è spostato di un millimetro.

“Jack, guarda!”, dico a mio cugino, sperando di distrarlo dalla disavventura. Lui si volta e segue il mio indice, puntato verso il mare. “Secondo te è rimasto impigliato? Al pesce? Al polpo, o a quello che era?”

“No, impossibile, Ray”, risponde. “Il pesce si sarebbe mosso. E anche il polpo.”

“Allora cosa ho pescato prima?”

“La questione non è cosa hai pescato, Ray. La questione è: a cosa si è impigliato il tuo amo?”

“A uno scoglio”, interviene Liam.

“Buona ipotesi”, fa Jack. “Solo che... là sotto non ci sono scogli.”

“Ma... quindi?”

“Quindi”, prosegue Jack. “Adesso mi metto la maschera e vado a vedere”.


*


Il cammino di ritorno dalla pesca è ancora più lento dell'andata, e – almeno per me – è completamente occupato dal pensiero di quello. Già, perchè puoi spassartela quanto vuoi, e puoi anche raccontare per anni la disavventura di tuo cugino e della sua canna da pesca, ma non puoi, e dico non puoi, dimenticare di aver passato venti minuti della tua breve carriera di pescatore inesperto a cercare di tirar su un cadavere insabbiato da sedici anni a tre metri di profondità. Un uomo quasi completamente putrefatto, anzi un mago, a giudicare dalla bacchetta che ancora stringeva tra le dita simili ad artigli... Quelle che non erano occupate da un medaglione d'oro di Serpeverde, ovviamente. Jack voleva prenderlo, ma quando me l'ha descritto, accennando alle striature nere coi bordi rossi che aveva sulla superficie, come se fossero ferite cauterizzate, gli ho intimato di lasciarlo dov'era. Avevo sentito abbastanza per capire che quell'oggetto era stato colpito (o liberato) da una maledizione; ad ogni modo era un oggetto molto potente, e molto pericoloso.

Ora siamo quasi arrivati a casa, e riesco a vedere le luci delle finestre della cucina. All'interno mi sembra di vedere Mark e Jane che preparano la cena. Liam mi si avvicina.

“Non diciamo niente, ok?”

“Okay”, mormoro.

“Mi porteresti la canna nel capanno degli attrezzi?”, mi chiede. “Già che ci sei, porta anche quella di Jack... ah, già, lui viaggia leggero oggi...!”

Soffoca una risata, e io faccio altrettanto. Prendo la sua canna, e lui mi ringrazia. Lo guardo mentre si unisce a Jack e tutti e due entrano in casa, e poi mi dirigo sul retro, verso il capanno. Mi blocco poco prima della porta in legno. Dentro c'è qualcuno. Tendo l'orecchio. Sono Harry Potter e i suoi amici, ma non sento cosa dicono. Scorgo una fessura nella parete, e faccio per avvicinarmi quando sento dei passi venire verso di me. Mi nascondo sul lato adiacente e vedo Potter e la Granger uscire. Dietro di loro la voce di Ron borbotta.

“I-io resto qui... Devo... Fare una cosa”

“Come vuoi”, fa Harry. “Io ed Hermione andiamo in casa, tra poco si cena”

“Okay, arrivo...”

Mi affaccio all'angolo e vedo uscire qualcuno dalla porta sul retro della casa, proprio mentre Harry e Hermione entrano. Sgrano gli occhi: è Julie. Sto per farmi vedere, quando sento qualcosa nello stomaco contraersi in modo sgragevole. Sta andando nel capanno. Mentre apre la porta mezza scardinata e cigolante, mi sposto senza farmi vedere e raggiungo la famosa fessura sulla parete nell'istante in cui Julie si richiude l'uscio alle spalle. Appoggio l'occhio al buco, ma non vedo niente, così mi inginocchio e ci accosto l'orecchio.

“Ciao, Ron!”, sento la voce di Julie.

“Ah, ciao... Sei tu”

“Sì... Dove sei... dove sei stato oggi?”

“Eeeh...”, inizia lui. Dal tono sembra avere la palese intenzione di voler divagare. “...A fare un giro...”

“Ci nascondi qualcosa?”, chiede Julie. “E' qualcosa su di me?” Dio, Julie non usare quel tono!

“Che? No, no, io... è che... non dovrei dirtelo... io...”

“Cosa...?”

“N-non è su di te... o su di voi... E' per Harry, lui... non vuole che si dica in giro”

“Che cosa?”, insiste Julie. Odio questa conversazione, e non vedo l'ora che finisca, ma non riesco a staccarmi da lì.

“Siamo... siamo andati a vedere le tombe dei genitori di Harry, ecco tutto”, conclude Ron.

“Le... tombe?”

“Sì, sono in un luogo nascosto, sulla collina...”

“E come mai non ci--”

“Perché Harry è triste”, risponde Ron con aria mesta. “Si vergogna. Non vuole far credere che sia debole”

“Tu cosa pensi?”, domanda Julie dopo un attimo di silenzio.

“Che non lo è affatto. Io sono debole, non lui.”, sospira. “Nemmeno riesco a farmi avanti con una ragazza che conosco da anni”

Julie si zittisce, e io non posso fare a meno di provare gratitudine verso di Ron per il suo attaccamento a lei:

“Hermione?”, fa Julie, un po' triste.

“Già”

“Lei ti piace?”

“Io... Sì. Tanto.”

“E io?”

Ero talmente concentrato a pensare cose come 'ti prego esci da questo posto' che l'ultima domanda di Julie mi arrivò come un colpo di frusta sulla spina dorsale. 'E io'? Come sarebbe 'e io'?? Mi rendo conto troppo tardi che nessuno dei due sta parlando, ora, e quando sento uno strusciare di piedi sul terriccio e un rumore orrendamente simile al contatto di labbra su pelle o

(labbra su labbra)

qualcosa di simile, la rabbia e la sensazione d'impotenza sono così forti da impedirmi di ragionare. Così faccio la prima cosa che mi passa per la testa. Do un calcio violento alla porta del capanno, che si spalanca. Ron e Julie si voltano sorpresi, il ragazzo appena mi riconosce arrossisce come un cocomero.

“Oddname!”, butta lì. Julie continua a tenere gli occhi sgranati.

“Weasley”, saluto fingendo disinvoltura, poi mi volto e mi allontano. C'è una frase molto bella di Stephen King (oltre a quella del telegramma espresso nelle mutande, ovviamente) che mi risuona in testa, e dice: “era stato cresciuto sulla base della convinzione che Dio è Amore, ma veniva da chiedersi cosa volesse dire veramente amare un Dio, quando aveva fatto gli uomini e le donne così intelligenti da andare sulla Luna, ma così stupidi da dover imparare ogni volta che il 'per sempre' non esiste”. Beh, gente. Nessuno meglio di me può capirla meglio, una frase del genere. Parole che mi echeggiano ancora nel cervello, quando Julie mi segue e mi afferra per una spalla. Mi giro cercando di trattenere le lacrime, preparandomi ad avere la più sgradevole conversazione che abbia mai fatto.

“Perché lo fai?”, fa lei disperata. “Perché fai questo, Ray?”

“Chissà”, butto lì sarcastico.

“Che ti ho fatto?”

“Che mi hai fatto? Che ti ho fatto io, Julie!”, sbotto di colpo. “Perché sembra proprio che tu mi odi, in questi ultimi giorni”

“Io... Cosa? Non ti odio, Ray, che dici?”

“Non mi guardi, non mi parli, sei cambiata!”

“BEH, TUTTI CAMBIANO!”, urla lei, così forte che rimango spiazzato. “ABITUATI!”

“Certo... ma io non sono cambiato, Julie”

“Ah no?”, ironizza.

“No”

“E come sei?”

“Sono il solito che ero a fine maggio, e anche prima”

“Sì, eh?”

“Già... penso sempre alla stessa cosa”

“E a cosa pensi, Ray?”, chiede lei in tono esasperato.

“A te”, dico, e chiudo gli occhi. Julie inizia a cedere.

“No, Ray, non devi... è una perdita di tempo”

“Ti sbagli”

“E perchè?”

“Perchè io ti amo”, rispondo, conscio di aver pronunciato la parola più proibita dopo 'Voldemort'. “E amare non è una perdita di tempo. Odiare, lo è.”

“Ray...”, mormora Julie.

“Io ho finito”, dico secco, e voltatole le spalle, mi dirigo lontano da lì, vero il muro di cinta, verso la strada. Mi pare di sentire un rumore di frasche che si muovono, così mi volto verso i cespugli, ma non vedo nessuno. Sento però un rumore di motore che si avvicina. Mi affaccio al muretto in pietra e vedo una motocicletta con due persone a bordo. I fari mi abbagliano mentre la moto accosta e si ferma.

“Ciao, bello”, mi dice una voce triste.

“Ray, come stai?”, mi fa un'altra voce, e mentre gli occhi si abituano all'oscurità, ancora non riesco a crederci, e sono pervaso da una contentezza irrefrenabile. Perché Sal e Steve sono appena tornati.




  
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