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Autore: Kurokami    19/04/2012    2 recensioni
Ed ecco a voi il terzo (e si spera ultimo) seguito della saga "Sasuko...in rosa". Il tema è lo stesso delle due precedenti, ossia Sasuke Uchiha in versione femminile. Anche gli avvertimenti non cambiano rispetto ai prequel ("And now let's talk about me" e "The Fan that controls the Fire" per chi non le avesse già lette), solo che stavolta ci saranno sicuramente SPOILER, poichè la storia è ambientata poco prima e durante da Quarta Guerra Mondiale dei Ninja. Inoltre, ho messo per sicurezza il rating Arancione, perchè (anche se non c'è nulla di pianificato) ci saranno scene di combattimenti anche abbastanza violenti.
Detto questo, non vi anticipo altro, e buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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- Questa storia fa parte della serie 'Sasuke....in rosa. '
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Ok, nonostante avessi pronosticato che avrei pubblicato questo capitolo molto in ritardo, sono stata abbastanza veloce (credo)....che dire, non ho altri commenti da fare; per qualsiasi dubbio, chiarimento, lamentela ecc. sapete come contattarmi. Buona lettura.





Murder after midnight.

 

 


-Sono ottimista…sì, sono molto ottimista! Le cose stanno andando a meraviglia, mi sembra che siano nettamente migliorate, e presto tutto tornerà alla completa normalità ……….. ………… no, non è vero, è uno schifo!-

Era da circa una settimana che io e Itachi eravamo tornati a convivere nella stessa casa, e… beh, non si può dire che il nostro rapporto fosse cambiato in meglio.
Certo, io non lo odiavo più e lui non faceva finta di non vedermi, ma l’aria che si respirava in casa non era certo delle migliori: da giorni regnava incontrastato un pesante e imbarazzante silenzio, interrotto ogni tanto da brevi frasi e monosillabi.
Ecco un esempio:

Io: “Vado a fare la spesa”.

Itachi: “Mmh…”

Io: “Ti serve qualcosa?”

Itachi: “No, grazie”.

Io: “Ok…. Ciao”.

Itachi: “Ciao”.

E fine.
La cosa, quindi, stava seriamente logorando i miei nervi, per cui trovavo sempre un pretesto per uscire di casa (non che Itachi controllasse dove andavo ogni volta, però volevo a tutti i costi evitare che si preoccupasse), e andavo o al campo di allenamento per distrarmi, o a sfogarmi da Sakura, come il quel caso.

-Andiamo Sasuko, non ha senso scoraggiarsi proprio ora! E poi, non mi sembra che stia andando così da schifo…- rispose Sakura, con un tono che celava a malapena una certa esasperazione.

-Ma io lo sto evitando! Non abbiamo un dialogo serio da giorni ormai!- esclamai io.

-Te l’avrò detto almeno un milione di volte, avete solo bisogno di tempo. E poi, chiedi proprio a me che non ne so niente di queste cose?-

-Sakura, ti giuro, io non ce la faccio più: aspettare e basta che le cose migliorino non mi sembra la soluzione migliore. Devo fare qualcosa!-

-E che cosa?-

-Non lo so, aiutami!-

Sakura sospirò profondamente, probabilmente perché anche i suoi nervi erano ormai sul punto di cedere, e si girò verso di me, puntando i suoi occhi nei miei.

-Sasuko, devi prima di tutto rilassarti. Secondo, ti ripeto che io non ho mai vissuto esperienze simili, quindi non so come si fa a ricominciare daccapo in un rapporto. L’unica cosa che posso dirti è di incominciare a passare più tempo con lui, e smettere di evitarlo- disse, con tono dolce ma al contempo fermo.

Io restai lì dov’ero, mentre il caos nella mia mente veniva spazzato via da quella frase.

-In che senso devo passare più tempo con lui?- chiesi, ancora un po’ confusa.

Sakura si diede una pacca sulla fronte, poi mi mise le mani sulle spalle e iniziò a scuotermi.

-Mio Dio, Sasuko torna in te! Che fine ha fatto la ragazza che conoscevo?!- esclamò, ormai completamente spazientita –tu sei quella che ha spaccato il sedere a Orochimaru, che è rimasta per una settimana in un covo di criminali di rango S senza rischiare di finire ammazzata, che ha affrontato Pain per difendere il villaggio a costo della vita! Riprenditi!-

Mi liberai dalla presa prima che qualcuno potesse vederci e prenderci per pazze, e misi le mani in avanti.

-Ok, ok! Penserò io a un modo!- esclamai a mia volta.

-Ecco, brava. E ricordati, io sono sempre disponibile per darti consigli, ma non esagerare!- disse, e rise con la sua solita risata cristallina.

Io sorrisi, sentendomi molto più sollevata di prima.

-Oh, scusami, ora devo scappare! Tsunade-sama oggi trasmetterà un comunicato via radio e anche Shizune-san sarà molto impegnata, quindi devo presiedere io in ospedale al suo posto. Ci vediamo, e fammi sapere come va!- aggiunse, salutandomi con la mano, e allontanandosi.

La salutai a mia volta, poi voltai le spalle e tornai sui miei passi.
Passare più tempo con Itachi… già, ma come?


L’illuminazione arrivò non appena arrivai davanti alla porta di casa. Un allenamento! Quale modo migliore per passare un po’ di tempo con Itachi, se non un po’ di sano esercizio?
L’alternativa sennò era di mettersi a fare una torta tipo “famigliola felice”, il che non era proprio nello stile né mio, né di Itachi e nemmeno di tutti gli Uchiha in generale.
Aprii la porta, e mi tolsi le scarpe.
Non appena alzai gli occhi, vidi Itachi davanti a me, con una faccia abbastanza sorpresa, come se proprio pochi attimi prima stesse pensando a me, e io fossi stata evocata dai suoi pensieri.

-Oh…eccoti- disse, infatti.

In quel momento, sentii il cervello che subiva un blocco totale, e non riuscii a spiccare una parola.

“Coraggio Sasuko, hai affrontato situazioni ben peggiori di questa, hai rischiato la vita almeno un centinaio di volte, puoi farcela!” disse una flebile vocina, che assomigliava terribilmente a quella di Sakura, nascosta nei meandri della mia mente.

-Ehm…ecco….volevo chiederti una cosa- dissi, balbettando come una dislessica.

Se è possibile, Itachi era ancora più sorpreso.
Io feci un respiro profondissimo.

-Ti andrebbe…di allenarti con me?- gli chiesi, pronunciando le ultime parole a una velocità stratosferica.

Inizialmente, il suo viso non mutò espressione. Quasi come in un flashback, rividi me da bambina che gli facevo in pratica la stessa domanda e lui che, il più delle volte, mi rispondeva “Non ora, ho da fare” oppure “Perdonami Sasuko, la prossima volta”, e quasi temetti che anche stavolta avrebbe risposto alla stessa maniera.

Invece, sul suo viso si allargò man mano un sorriso gentile.

-Ma certo, perché no?- disse.

E per un attimo, per un solo minuscolo attimo, ritornai bambina. Mi sembrò che tutto fosse di nuovo come prima, quando erano ancora tutti vivi, e io passavo le mie giornate a lanciare shuriken di gomma e fare il maschiaccio.
Quasi a suggellare quel momento, Itachi mi diede una piccola pacca sulla fronte, e io risi.

 

 

 

Nel tardo pomeriggio, tornammo finalmente a casa.
O meglio, dovemmo tornare per forza di cose perché, per uno strano scherzo del destino, mi ero presa una bella storta alla caviglia: nonostante non avessi più le ossa delicate da bambina, e il dolore fosse quasi inesistente, Itachi notò che zoppicavo leggermente, e insistette perché tornassimo a casa.

-Abbiamo già fatto abbastanza, per oggi. E poi ti sei fatta male- decise. Notai che l’abitudine di mio fratello di sentenziare si era vertiginosamente acuita.

-Non è vero- borbottai.

Lui sorrise.

-Vuoi che ti porti in braccio?- chiese, ovviamente scherzando.

Io stavo per prenderlo sul serio, ma per fortuna lui ridacchiò, e mi limitai a sfoggiare un’espressione seccata.


Quando arrivammo a casa, io andai subito a medicare la storta come mi aveva insegnato Sakura, poi iniziai a pensare a cosa avremo dovuto mangiare per cena.

Mentre mi scervellavo, sentii un crepitio provenire dal salotto. Mi affacciai nella camera, e vidi Itachi alle prese con la vecchia radio, che doveva probabilmente risalire ai tempi dei nonni, o giù di lì, e mi stupii che desse ancora segni di vita. Dopo svariati tentativi, riuscimmo finalmente a distinguere una voce femminile, dal tono molto familiare tra l’altro.

-FZZZZ…e quindi…CRRRR…comunico ufficialmente la…FZZZZZ…della Quarta Guerra Mondiale dei Ninja…FZZZZCRRRRR…contro l’organizzazione criminale denominata Akatsuki…CCCCRRRRRRR-.

Dopodiché il segnale venne totalmente perso, e si udirono solo dei crepitii indistinti.
Ma quello che avevamo sentito, per quanto confuso, fu sufficiente perché calasse un pesante silenzio.

La guerra.
Dunque erano vere le voci che correvano in giro: Madara aveva davvero dichiarato guerra, intromettendosi nell’assemblea tra i cinque Kage che si era tenuta alcuni giorni prima.
La prima cosa che feci, fu girarmi verso Itachi; lui era ancora girato di spalle, verso la radio ancora accesa, e non emise un fiato nemmeno quando mi avvicinai per spegnere l’apparecchio.
Lo guardai in faccia, e vidi che il suo sguardo era perso nel vuoto. Come un eco proveniente dall’oltretomba, mi ritornarono in mente le parole di Madara:

“Durante la Terza Grande Guerra dei Ninja Itachi, che aveva appena quattro anni, vide morire un’infinità di persone. Era troppo piccolo per sperimentare la guerra: è un inferno. Quel trauma fece di Itachi un pacifista”.

Scossi la testa e rabbrividii, cercando di scacciare quel bruttissimo ricordo.
Itachi lo notò. Sul suo volto si dipinse un sorriso amaro.

-Avrei dovuto immaginarlo…- disse. Poi se ne andò, in silenzio: improvvisamente, mi era sembrato terribilmente stanco, quasi invecchiato.

Anche io mi sentivo malissimo: ormai avevo lo stomaco chiuso, e la cena era diventata l’ultimo dei miei problemi.
Decisi di reagire a quella sgradevole sensazione andando in camera mia e rendendomi un corpo inerte, stesa sul mio letto: non ricordo cosa pensai in quel lasso di tempo, ma non riuscivo a rilassarmi, lo stomaco stretto in una morsa di acciaio.

Qualche ora dopo, sentii la porta di camera mia aprirsi.

-Sasuko?- mi chiamò Itachi.

Riaprii gli occhi (che avevo chiuso, nella vana speranza di riuscire ad abbattere l’ansia con una bella dormita), e mi girai lentamente.

-Non vieni a mangiare?- mi chiese, quasi sussurrando.

Feci di no con la testa, e richiusi gli occhi.
Itachi non disse niente, ma sentii un rumore come di qualcosa che veniva poggiato su una superficie: poi la porta venne di nuovo socchiusa, e mi ritrovai nella penombra come prima.


Quando mi mossi di nuovo, diedi un’occhiata all’orologio digitali sul comodino, ed era l’una e un quarto: avevo passato più di cinque ore immobile nella stessa posizione, senza mai addormentarmi.
Mi misi a sedere, e la prima cosa che constatai fu che avevo una fame tremenda, e la seconda cosa fu un piatto poggiato sulla mia scrivania, coperto da un panno.
Sorrisi, pensando che era stato sicuramente Itachi a metterlo lì: quando voleva, sapeva essere davvero testardo.
Sollevai il panno, e vi trovai due onigiri dall’aspetto formidabile; diedi un morso a uno, e con immenso piacere mi accorsi che erano al gusto di pesce secco, proprio come piacevano a me. Li mangiai in pochi minuti, e dopo mi sentii un po’ meglio.

Dato che non avevo nemmeno un po’ di sonno, decisi che rimanere chiusa nella mia stanza fosse una pessima idea, così scrissi un biglietto, in cui spiegavo a Itachi che ero andata a fare quattro passi (sempre per tenere lontana ogni possibile apprensione), aprii la finestra e mi calai da lì.

Camminai per le strade rischiarate dalla luce dei lampioni di Konoha senza una meta precisa per un bel po’, ancora per niente insonnolita.
Un’altra cosa che mi piaceva da morire era passeggiare di notte: l’avevo fatto un sacco di volte in quegli anni, e ogni volta mi stupivo a scoprire aspetti nuovi della città, che di giorno non si vedevano. Inoltre, mi aiutava a distendere i nervi, e in quel momento ne avevo terribilmente il bisogno.

Sulla via principale non c’era quasi nessuno, a parte la gente che entrava e usciva (barcollando) dai locali notturni: evitai accuratamente qualunque forma umana che non fosse nel pieno delle sue facoltà mentali, e continuai la mia passeggiata, senza lasciare la strada principale.

Arrivai di fronte al palazzo dell’Hokage, con la testa totalmente persa in chissà quali pensieri, quando sentii dei colpi provenire sopra di me: all’inizio non ci feci caso, pensando che fossero frutto della mia fantasia.
Poi sentii dei clangori, e finalmente capii che qualcuno stava combattendo.
Alzai lo sguardo, e vidi due figure indistinte che saltavano e si scontravano sulla sommità delle statue dei Cinque Kage: purtroppo la poca luce emanata dai lampioni non mi permetteva assolutamente di riuscire a vedere chiaramente così in alto, per cui dovetti ricorrere allo Sharingan. Distinsi chiaramente due chakra che mi erano abbastanza familiari, e notai che uno dei due era ormai agli sgoccioli, ma erano ancora troppo lontani perché potessi riconoscerli con certezza.
Decisi di salire, ma mi resi conto di essere totalmente disarmata, e per alcuni istanti esitai.

Proprio quando stavo mandando a farsi benedire tutti i miei dubbi, quello che aveva pochissimo chakra lo esaurì completamente, e venne spedito dal suo avversario con un calcio ben oltre la struttura del palazzo dell’Hokage, precipitando a piombo verso terra.
Inutilmente scattai in avanti, nel tentativo di salvarlo, ma mi ero mossa troppo tardi: il malcapitato schiantò al suolo con un sonoro “crack”.
Io mi fermai, inorridita: nonostante il buio, vidi chiaramente una pozza di sangue allargarsi da sotto il cadavere, e mi venne un nodo alla gola. Tuttavia, mi feci forza, dicendomi che in seguito avrei visto tantissime volte una scena simile e mi avvicinai, per riconoscere il cadavere.

Quando vidi il viso (o meglio, quello che si poteva ancora vedere, dietro un’orribile maschera di sangue e altre cose che non voglio assolutamente sapere) dell’uomo ucciso, rimasi pietrificata.

-Non può essere…- mormorai.

Era Danzo.
Il cranio aveva una frattura proprio sulla sommità, mentre il resto del corpo era martoriato da diverse ferite procurate da arma da taglio, tra cui spiccava un orribile squarcio nel ventre: il collo aveva preso una posizione innaturale, completamente girato a novanta gradi, così come il braccio destro. Era difficile dire se fosse già morto prima, o se fosse stata la caduta a ucciderlo, ma in ogni caso in quel momento non mi interessava.

Nonostante il modo in cui era stato ucciso fosse tra i più terribili in assoluto, per qualche strano motivo mi sentii assolutamente indifferente di fronte a quel cadavere martoriato, e la cosa mi fece vergognare non poco: era vero che non sopportavo per niente Danzo, e il solo vederlo mi provocava una rabbia indescrivibile, ma questo non giustificava quella mia freddezza. In fondo (molto in fondo), Danzo era un uomo che si era battuto per proteggere il villaggio, con i mezzi sbagliati sì, ma era innegabile che quella fosse la realtà dei fatti.

Mi avvicinai un altro po’ al cadavere, e sentii un tonfo: alzai lo sguardo.
L’assassino era sceso da sopra le monumentali statue, e mi squadrava da pochi metri di distanza. Mi misi in posizione di guardia, senza staccare gli occhi per un solo attimo.

-Chi sei?- dissi, come da prassi, anche se ero sicura che l’uomo non mi avrebbe risposto.

E infatti non emise un fiato.
Si avvicinò lentamente, fino ad arrivare sotto la luce di un lampione, e io trattenni a stento un urlo.

L’assassino di Danzo era Madara.

-TU !- urlai, travolta dall’odio.

Lui si smaterializzò con la sua solita tecnica, e mi misi all’erta.
Come c’era da aspettarsi, lui ricomparve dietro di me, e mi girai di scatto, sferrando un pugno intriso di chakra (ringrazio sempre Sakura per le sue dritte).
Lui non si dovette sforzare a incassarlo perché, come sempre, si era reso immateriale; per cui, ritrassi subito il braccio.
Madara però riuscì ad afferrarmi la mano: aveva il guanto intriso di sangue, e mi imbrattò la mano. Mi divincolai.

-Non mi toccare, assassino!- esclamai, in un moto di paura.

Lui ridacchiò.

-Mi chiami assassino, ma non era quello che hai sempre voluto?- sibilò, indicando il cadavere di Danzo.

Io ammutolii, incapace di rispondere.

-Lo sapevo… nonostante tutto, sei come un libro aperto per me, Sasuko, dovresti averlo capito ormai: per quanto tu ti dibatta e provi a scappare, non riuscirai a sfuggirmi- continuò lui, sempre più minaccioso; si avvicinò di nuovo, e io mi imposi di non indietreggiare.

Stava per scattare in avanti, quando notai un ombra enorme schizzare alle sue spalle. Subito dopo, Madara venne scaraventato di lato, sorvolando il corpo esanime, e finendo alcuni metri più in là.
Mi girai di nuovo, e vidi che davanti a me c’era Juugo, con il Segno Maledetto parzialmente attivato, e un espressione tra il preoccupato e lo stravolto sul viso.

-Tutto bene?- mi chiese.

Io lo fissai senza riuscire a spiccare una parola. Sentii un fruscio provenire alla mia sinistra, e vidi che Madara si era rialzato: la maschera aveva una piccola crepa nel punto in cui era stato colpito, e mi augurai con tutto il cuore che si fosse fatto male.
Purtroppo, lo sentii sghignazzare di nuovo. Dopodiché, si smaterializzò con il suo solito jutsu, e non riapparve più.

Io ero parecchio scossa, e nonostante tentassi di nasconderlo, mi tremavano terribilmente le gambe: Juugo si avvicinò a me, ritornando pian piano normale.

-Sasuko…- disse, poggiandomi una mano sulla spalla.

Non risposi, continuando a guardare la mia mano sporca del sangue di Danzo.
E per un minuscolo istante, mi sentii io un’assassina.

 

 

 


 

   
 
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