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Autore: shesproudofdemi    19/04/2012    4 recensioni
Helen è succube del lavoro del padre, ora si trova a Londra. All'inizio odierà questo ennesimo trasferimento, come tutti del resto, ma le succederanno cose mai accadute prima ed è per questo che cambierà totalmente idea.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHAPTER TWENTY.

«Arrivederci ragazzi. E non dimenticatevi del campo scuola di domani eh, alle sette puntuali in cortile con i vostri compagni della sezione C.» ci disse la professoressa di geografia, altra materia pesante, odiosa e fastidiosa. Non ci capivo niente. Insomma, viaggiare non mi era mai piaciuto, a cosa mi serviva sapere i nomi dei monti, dei fiumi, dei laghi, delle pianure, la lingua parlata nelle varie nazioni, la loro storia... non me ne facevo nulla. 
L'indomani, comunque, ci sarebbe stato il campo scuola con la "famosa" sezione C, la sezione di Zayn. L'idea di stare cinque giorni su cinque a Napoli con lui, mi stava distruggendo. Erano mesi che non parlavo con lui, sarebbe cambiato qualcosa in campo scuola? L'amore che provavo per lui, nel frattempo, ancora non era svanito, ma iniziavo a far crescere le cicatrici sui miei tagli, e mi sentivo orgogliosa di me stessa, perché voleva dire che forse non stavo ancora così male come poco prima.
Uscii frettolosamente dalla classe, sperando di non incontrare di nuovo Zayn che mi si piazzava davanti. Ma eccolo lì, in fondo al corridoio, a pochi armadietti distanti dal mio, girato di spalle, con le mani in tasca, un piede davanti all'altro e la testa leggermente inclinata verso sinistra, poggiata all'armadietto. Il mio cuore batteva ad una velocità supersonica, non avevo più la capacità di muovere le gambe o qualsiasi altro muscolo del corpo; il cuore batteva solo perché era autonomo, ma se fossi stata capace di controllarlo, si sarebbe fermato. 
Vederlo, anche se da dietro, mi faceva lo stesso effetto di sempre, quello che ebbi anche il giorno del nostro primo incontro. Impotenza totale mentale e fisica davanti a lui. Era tanto bello quanto bambino.
Iniziai a camminare lentamente, sfiorando gli armadietti della fila opposta e osservandolo con la coda dell'occhio. Arrivai parallela a lui e aumentai la velocità del passo, sperando di non farmi notare.

Narra Zayn.
Ero vicino al suo armadietto e solo questo mi faceva battere il cuore, ma allo stesso tempo ricordare tutti i nostri momenti e quindi sentirmi automaticamente in colpa. 
Mi mancava lei, da morire. Ma il giorno dopo saremmo partiti per il campo scuola proprio con la sua classe: destino? O il contrario? Il fato ci voleva insieme o voleva darmi l'ennesima dimostrazione che dopo il mio tradimento, Helen non mi pensava più?
Ma eccola, mentre camminava a passo svelto verso l'altra fila di armadietti, con il suo zaino in spalla, diretta verso l'uscita. La osservai per bene e notai che era dimagrita tantissimo. Aveva un nuovo paio di jeans, o almeno io non li conoscevo. Le sue converse blu un po' invecchiate risaltavano la sua maglietta dello stesso colore. 
Istintivamente andai verso di lei, che era già nel cortile della scuola seduta su una panchina, fissando il vuoto. Com'era bella.
Ero sull'aiuola, valeva a dire poco distante da lei, non sapevo cosa fare. Immobile, cercavo di pensare a cosa fare, ma di nuovo il mio istinto mi trascinò verso di lei facendomi sedere dall'altro lato della panchina. 
Il nervosismo prese il sopravvento e misi una mano nei capelli, accarezzandoli lentamente. Lei si girò verso di me e nel momento in cui i nostri occhi si incontrarono, sentii un tuffo al cuore. Il suo sguardo non si appoggiò su di me nemmeno per due secondi, tant'è che prese il suo zaino dal lato della panchina e se ne andò, sospirando.
«No, aspetta!» urlai, ricorrendola. Non si girava, ma avrei messo la mano sul fuoco sul fatto che stava piangendo.
«Helen!» ancora niente. Arrivai finalmente affianco a lei, stavamo facendo una specie di marcia. La guardavo, ma lei fissava un punto davanti a sé.
«Ti prego, aspetta.» dissi ancora, con un filo di voce. Il nodo che avevo in gola mi impedì di chiamarla decentemente. Improvvisamente si fermò, come il battito del mio cuore.
Stava piangendo, mentre mi guardava dritto negli occhi; non ressi il suo sguardo e iniziai a fissare le mie scarpe, mentre sentivo gli occhi gonfiarsi e pizzicarmi. Ma dovevo fare l'uomo, per una volta.
Mi avvicinai a lei, che era ancora immobile con le lacrime che le rigavano le guance. Le sfiorai la mano e rabbrividii al contatto che mi mancò per quattro mesi. Continuava a non muoversi, così decisi che era il momento di prenderle la mano; non appena toccai le sue dita, lei ritrasse il braccio e continuò a camminare, come se improvvisamente cambiò idea.

«Ti devo parlare, per favore.» andai verso di lei e le bloccai il polso, rabbrividendo di nuovo. Fu costretta a girarsi.
Mi guardava senza parlare.
Sospirai, come per prendere carica. Dovevo farle un discorso ben preciso.

«Ti va di ascoltarmi?» le chiesi, vedendo il suo viso impassibile.
«Sinceramente no, quindi risparmiati le tue scuse a cui non credo e il tuo finto "ti amo" perché non ho intenzione di avere un minimo dialogo o contatto con te.» disse dura.
Chiusi gli occhi, aveva ragione. Iniziò a camminare di nuovo, ma dovevo parlarle. In quel preciso istante le avrei detto tutto ciò che pensavo in quattro mesi di assenza.
«Helen.» la chiamai. Dire il suo nome ad alta voce, per lo più a lei, mi fece uno strano effetto; mi era mancato anche quello.
«Vedo che non hai capito. - mi disse, girandosi di nuovo. - Non. - e fece un passo verso di me. - Voglio. - un altro passo. - Più. - ancora un altro. - Avere. - un altro. - A. - di nuovo. - Che. - un altro passo, era quasi di fronte a me. - Fare. - ancora. - Con. - di nuovo un passo verso di me. - Te.» era vicinissima a me, la distanza che di sicurezza che ci voleva per non baciarla. Ma improvvisamente, non so come, la mia mano si trovò sul suo fianco e le nostre labbra si stavano baciando. Non sapevo chi prese l'iniziativa, ma lo volevamo tutti e due e quello era certo. Le sue mani erano nei miei capelli e le mie sui suoi fianchi. Iniziai a piangere, per la prima volta davanti ad una ragazza, ma soprattutto, per una ragazza. La ragazza che non avevo mai smesso di amare dal primo momento in cui la vidi. Le mie lacrime bagnavano il suo dolce viso già umido. Continuammo a baciarci per un po', poi iniziai a darle dei baci a stampo. Il nostro bacio - mozzafiato - era finito. Le accarezzavo il viso e le spostavo i capelli che le caddero davanti. Mi guardava negli occhi, prima in uno e poi in un altro.
«Ti amo Helen, ti amo. Non ho mai smesso. - dissi, baciandola di nuovo. - Ti prego scusa, scusami di tutto. Non ho ragionato quella sera, non ho provato niente con Honey. Non ci parliamo nemmeno più. Sono stati quattro mesi pesantissimi senza di te, mi sei mancata un sacco. Sei la mia felicità, ti prego credimi. Ti prometto che d'ora in poi andrà tutto bene, che ti amerò come non ti ho mai amata, mi prenderò cura di te e sarà tutto migliore. Ma tu devi credermi, perché è solo dandomi fiducia che capirai tutto quello che c'è da capire. Ti prego Helen, dimmi che mi ami anche tu.»
Mi mise di nuovo una mano nei capelli, poi prese ad accarezzarmi la guancia.

«Ti prego.» ripetei.

______________________ 
CIAAAAAAAO! <3
MMH, FUOCHI D'ARTIFICIO, EH? (?)
VEDREMO POI COSA SUCCEDERA', VI LASCIO COSI'. MUAHAHAHAHAHAH
Vi voglio bene, grazie perché continuate a seguirmi.
  
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