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Autore: Emily27    19/04/2012    1 recensioni
Ian Doyle è tornato e vuole ciò che gli appartiene. Una sfida per la BAU, soprattutto per Emily Prentiss, che dovrà fare di nuovo i conti col suo passato.
(Spoiler sesta stagione)
E' la continuazione della oneshot "Un giorno, a Parigi..." che in questa FF è diventata il prologo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ottavo capitolo

 

 

Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. (Richard Bach)

 

Doyle accostò a destra di fronte ad una villetta a due piani, che corrispondeva al duecentonove di Pennsylvania Avenue. Si trovava in un quartiere tranquillo, distaccata rispetto alle altre che sorgevano in quel tratto della via. Davanti ad essa una bicicletta ed uno skateboard giacevano abbandonati sul prato che doveva essere stato tosato di recente e che terminava sul porticato con aiuole fiorite, di cui in quel momento si stava prendendo cura una donna sui quarant'anni, dai mossi capelli castani raccolti in una coda. La donna si voltò indietro ad osservare da lontano il furgone ed i suoi occupanti, probabilmente incuriosita e allo stesso tempo messa a disagio dalla loro presenza.
La signora Andersen, immagino” disse Doyle.
Emily annuì, mentre la donna saliva tre gradini per trovarsi sul portico ed entrare in casa dal portone d'ingresso.
Quella che sta giocando a fare la madre di Declan, ma d'ora in avanti sarò io a prendermi cura di mio figlio.”
Ad Emily parve di scorgere la sua espressione addolcirsi, il suo volto perdere ogni traccia di durezza e per un attimo vide soltanto lo sguardo di un padre. Doyle era un assassino, sapeva essere spietato, ma il sentimento che provava nei confronti di Declan era lo stesso che legava ogni genitore ai propri figli, qualcosa di insito nella natura umana.
Che cosa intendi fare?” gli domandò.
Riprendermi ciò che è mio.”
Non fare del male agli Andersen, non hanno nessuna colpa.”
Voglio soltanto Declan” così dicendo Doyle impugnò la pistola. “Scendi.”
Will ha bisogno di cure” disse Emily preoccupata per l'amico che non versava in buone condizioni.
Appena sarà tutto concluso potrà averle, quindi ti conviene sbrigarti. Forza” la invitò lui puntandole contro l'arma.
Scesero entrambi dal furgone e si diressero verso la villetta, Prentiss davanti, sotto la minaccia della pistola di Doyle. Attraversarono il prato passando dal vialetto di pietre che conduceva all'ingresso dell'abitazione e quando furono di fronte alla porta Ian provò ad abbassare lentamente la maniglia per aprirla, senza successo. Era chiusa a chiave.
Andiamo sul retro” disse a voce bassa invitando Emily a precederlo con un cenno del capo.
Camminando lungo il portico raggiunsero la zona posteriore della villetta, senza udire alcun suono provenire dal suo interno. Come Doyle aveva immaginato trovarono un'entrata secondaria costituita da una porta con un vetro coperto da una tendina a fiori, probabilmente da lì si poteva accedere alla cucina. Dopo aver constatato che fosse aperta Ian avvertì Emily: “Se provi a fare una mossa non esiterò a sparare. Vai avanti.”
Prentiss restò immobile.
Non puoi fare questo a Declan, tu...”
Stai zitta e muoviti” bisbigliò lui premendole la canna della pistola contro la schiena e costringendola ad avanzare nella cucina degli Andersen. Era spaziosa, con i mobili in legno chiaro e al centro un tavolo rettangolare su cui faceva bella mostra di sé un cestino di frutta, nel lavello erano disposti due piatti a scolare. Sul frigo c'erano alcuni biglietti fissati con graziose calamite e uno di essi recava la scritta: Papà non scordarti i biglietti per i Redskins! Passandovi accanto Doyle si fermò ad osservarlo, poi seccato spinse nuovamente Emily in direzione di una porta spalancata che dava sull'ingresso principale, dove giunsero. Una scala conduceva al piano superiore e da un'altra porta si intravedeva il salotto.
Non fiatare” disse Doyle sempre minacciando Emily con la pistola.
Entrarono in quella stanza, deserta, con le tende e il divano sui toni del blu e un mobile bianco che conteneva un moderno televisore al plasma. Gli abitanti di quella casa dovevano trovarsi al piano superiore, dove Ian stava meditando di salire, quando dei rumori provenienti dall'ingresso lo fecero voltare in quella direzione. Quello che vide furono due pistole puntate contro di lui. Quelle di Hotch e Morgan, i quali entrarono nel soggiorno seguiti da Easter, Reid e Rossi, anch'essi armati e pronti a fare fuoco su di lui.
Doyle li guardò con la sorpresa dipinta sul volto e una collera che cercò di mascherare con un atteggiamento fiero, senza scomporsi.
Getta la pistola e tieni le mani alzate” gli intimò Hotch in tono fermo.
La squadra al gran completo, e c'è anche l'agente Easter” disse Ian quasi sorridendo.
Non volevo perdermi questo momento” affermò Clyde. Se avesse ceduto al proprio impulso avrebbe premuto il grilletto, ma purtroppo non lo poteva fare perchè sarebbe stato contro le regole.
Fai come ti ho detto” fece Aaron con maggiore decisione.
Doyle continuò a tenere la pistola in pugno e fece l'atto di voltarsi indietro verso Emily.
Non ci provare o ti pianto una pallottola in testa!” lo minaccio Derek aumentando la stretta sulla sua arma. “Metti giù la pistola!”
A quel punto Ian, avendo tirato abbastanza la corda, posò lentamente a terra la pistola sollevando poi le mani, che tenne alzate mentre diceva: “Ti faccio i miei complimenti Emily, una recita veramente ben riuscita.”
“L'hai detto tu che so mentire” gli ricordò lei mentre prendeva le manette che Derek le stava porgendo, le strinse intorno ai polsi di Doyle abbassandogli una mano alla volta con movimenti decisi, quindi afferrandolo per un braccio lo fece voltare verso di sé.
“Tra Declan e Will ho scelto entrambi, e sai qual'è la cosa più bella? Che sono anche riuscita a raggiungere il mio scopo.”
Clyde e Hotch presero Ian per gli avambracci e prima che lo portassero via egli indirizzò a Prentiss uno sguardo di sfida, nonostante la situazione non fosse propriamente dalla sua continuava a manifestare sicurezza di sé.
“Arrivederci, Emily.”
“Addio” disse lei in modo chiaro e netto, mettendo la parola fine a quella dolorosa pagina della sua vita.
Doyle venne condotto fuori seguito da Rossi e Reid, nel momento in cui in salotto faceva capolino Helen Walker, l'agente che aveva impersonato la signora Andersen e che aveva messo gentilmente a disposizione la casa in cui viveva con il marito ed il figlio adolescente.
“Tutto bene?”
“Il cattivo è stato preso” rispose Morgan finalmente più rilassato.
“Grazie Helen” disse Emily con un sorriso che la donna ricambiò.
“Mi ha fatto piacere esservi stata d'aiuto” detto questo l'agente Walker se ne andò lasciando Emily e Derek da soli.
“E' finita, Doyle non potrà più fare del male né a te né a nessun altro” disse lui.
“Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento.”
“Vieni qui...” la invitò Morgan avvicinandosi a lei per stringerla in un abbraccio, a cui Emily si abbandonò con spontaneità e naturalezza.
Entrambi sentirono che qualcosa nel loro legame stava dolcemente cambiando, portandoli verso una destinazione nuova e sorprendente, ancora tutta da scoprire.
Emily si staccò leggermente da lui e disse: “Vorrei restare un momento da sola.”
“Certo...” fece Derek accarezzandole i capelli con delicatezza. Poteva comprendere il suo bisogno di un po' di tempo per se stessa, durante il quale far sciogliere la tensione accumulata nelle ultime ore, del tempo da dedicare alle sue riflessioni, ora che si era concluso un periodo difficile per lei e per tutti.
Emily osservò Derek andare via dalla porta attraverso cui l'aveva fatto anche Doyle, uscendo da quella casa e dalla sua vita. Aveva trascorso gli ultimi mesi con il pensiero rivolto a prenderlo, tenendosi informata sui risultati delle indagini dell'Interpol e cercando lei stessa di indagare, per quanto la sua situazione lo avesse reso possibile. Ogni mattina si guardava allo specchio domandandosi se quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbero catturato Doyle e finalmente quel giorno era arrivato. Lei, Clyde e la sua squadra lo avevano preso, insieme, la conclusione più giusta.
Emily tirò un respiro profondo, era tutto passato. Uscì sul portico dalla porta principale e vide gli altri sulla strada accanto a due suv neri. La stavano spettando.
Altri agenti federali avevano già portato Doyle via da lì, mentre JJ doveva essere sulla strada per l'ospedale dove Will avrebbe ricevuto le cure di cui necessitava, forse si trovava addirittura sull'ambulanza insieme a lui. Era stata una fortuna che Doyle avesse deciso di portarlo con sé, altrimenti avrebbero dovuto fargli confessare dove lo teneva prigioniero e non sarebbe stato del tutto semplice. Considerando la prima ipotesi avevano fatto venire un'ambulanza che era rimasta nascosta con i suv in una stradina laterale. Quando Emily e Doyle erano entrati nella villetta i paramedici, alcuni agenti e la stessa JJ si erano precipitati a controllare il furgone, trovandovi Will.
Emily vide Rossi e Hotch parlare fra loro appoggiati ad un suv in un atteggiamento rilassato, Reid non partecipava alla conversazione, ma senza tenersi in disparte, anzi, sembrava divertito da ciò che stavano dicendo gli altri due. Derek era al telefono e sorrideva, probabilmente stava rassicurando Garcia circa il buon esito dell'operazione appena conclusa. Clyde, appoggiato al cofano dell'altro suv, era impegnato a raccontare qualcosa ad Helen Parker la quale, essendo senza dubbio una bella donna, doveva aver attirato l'attenzione dell'agente Easter. Emily sorrise.
Nutriva la concreta speranza che tutto sarebbe tornato alla normalità, bisognava solo dare tempo al tempo. I membri della squadra, compresa lei stessa, avevano avuto ruoli e reazioni diverse, provando sentimenti differenti riguardo quella vicenda, ma avrebbero superato ogni incomprensione perchè erano una famiglia, perchè erano loro.
Emily si incamminò lungo il vialetto di pietre con il cuore leggero, per raggiungerli.

 
Clyde andò a sistemarsi in un albergo dove avrebbe pernottato, dopo aver salutato gli altri lasciandoli rientrare a Quantico senza di lui. Aveva preferito farli restare da soli immaginando che avessero bisogno di restare tra di loro per parlare, chiarirsi e ritrovarsi.
Emily era stata convocata da Erin Strauss e mentre si trovava nel suo ufficio i colleghi avevano iniziato a sbrigare le pratiche che seguivano ogni caso risolto, forse più per far passare il tempo nell'attesa di notizie circa quell'incontro che non per reale necessità.
JJ aveva chiamato per informarli che Will era stato operato e si sarebbe ripreso bene e presto, togliendo alla squadra quella preoccupazione.
Reid era concentrato nella stesura del proprio rapporto quando vide comparire Morgan con due tazze di caffè, di cui una venne posata sulla sua scrivania.
Grazie” disse prendendola in mano.
Derek avvicinò una sedia a quella dell'amico e vi si sedette comodamente.
Ne vuoi parlare?”
Spencer bevve un po' del liquido caldo e si prese qualche istante prima di rispondere.
Credo che tu sia in grado di capire come mi sento.”
Lo capisco, perchè è lo stesso che ho provato io nei confronti di Hotch e JJ, ma riflettendoci ora mi brucia di meno, in fondo anch'io mi sono comportato così, ma non ho avuto altra scelta, come loro.”
Lo so, ma non riesco a cancellare con un colpo di spugna una menzogna che mi ha fatto soffrire per mesi.”
Non lo pretendo, né lo pretendono Hotch e JJ.”
Mi serve del tempo.”
Credo serva a tutti. Io mi trovo sia dall'una che dall'altra parte, mi sono sentito tradito ma l'ho fatto anch'io” disse Morgan posando la tazza sulla scrivania.
Forse dovremmo pensarla tutti come Garcia, lei è soltanto felice che Emily sia qui” sostenne Reid, poi vennero interrotti dal suono del cellulare di Derek, il quale lo prese e lesse il nome sul display: Melinda. Premette il tasto per rifiutare la chiamata e lo rimise nella tasca dei jeans.
Nessuno di importante” fu il suo deciso commento.
Come evocata dall'ultima considerazione di Reid, Garcia aprì la porta a vetri reggendo un trasportino per animali che, raggiunti i colleghi, andò a posare sulla scrivania di Spencer.
Quando è arrivata questa mattina Emily lo ha affidato ad un agente al piano terra e prima di recarsi dalla Strauss mi ha chiesto di andare a prenderlo” spiegò mentre apriva la porticina del trasportino e un bel gatto nero metteva fuori la testa con circospezione. “Non è adorabile?”
Ehi Sergio” fece Derek accarezzandolo sotto il mento.
L'animale uscì un poco con le zampe anteriori e annusò l'aria, emettendo poi un breve miagolio.
Reid allungò una mano e lo grattò sulla testa, intanto che Sergio facendo le fusa e decideva di uscire del tutto dalla sua tana.
Le fusa nella comunicazione felina costituiscono un segnale di amicizia con cui esprimere uno stato di contentezza generica. Nessuno è riuscito a spiegare esattamente in che modo vengano prodotte...”
Derek e Penelope ascoltarono il monologo di Spencer senza interromperlo o prenderlo bonariamente in giro come sempre, felici di vedere i tratti del solito dottor Reid. Giunti in quel momento Rossi e Hotch ebbero il medesimo pensiero.
Tu devi essere Sergio” indovinò David accarezzandogli dolcemente il morbido manto della schiena. Il piccolo animale miagolò, per poi sfuggire alla sua mano per dirigersi, camminando in modo sinuoso tra portapenne e fascicoli, verso un oggetto che aveva attirato la sua attenzione.
Anche Hotch coccolò il gatto, il quale aveva raggiunto il mouse di Spencer iniziando a spostarlo a destra e a sinistra con le zampe.
“Dovresti dare la caccia a quelli veri” gli suggerì tra le risate generali.
Quando la preda inanimata rischiò di cadere a terra Derek prese in braccio il felino, il quale strusciò la testa contro il suo petto e fece aumentare di intensità le fusa.
“Sembra che abbiate molta confidenza voi due” osservò Rossi.
“Ci eravamo già conosciuti a Parigi io e lui” affermò Derek. “Si ricorda di me.”
“A proposito, sarei curioso di sapere come hai incontrato Emily” disse Reid.
“Già, lo sono anch'io” fece Hotch esprimendo il pensiero comune.
Con quattro paia d'occhi che lo scrutavano interessati alla sua risposta Morgan disse restando sul vago: “Beh... Le ho riportato qualcosa che aveva perso...”
Garcia lo guardò con espressione scettica, poco convinta della sua breve spiegazione.
“Secondo me dovremmo farcelo raccontare da Sergio, vero piccolo?” così dicendo prese la bestiola dalle braccia di Derek per stringerla fra le sue.
Intanto che il gatto riceveva altre carezze dai suoi nuovi amici Hotch chiamò Morgan in disparte.
“Spero che riusciremo ad appianare le incomprensioni che il caso Doyle ha inevitabilmente portato con sè, te lo dico perchè tengo al nostro rapporto come colleghi, ma soprattutto alla nostra amicizia, ti sto parlando da amico.”
“Ammetto di aver reagito troppo impulsivamente questa mattina, senza darmi il tempo di riflettere, ma non ho mai messo in dubbio la nostra amicizia e continuo a fidarmi di te.”
Hotch si sentì sollevato nell'udire quelle parole, aveva temuto di aver perso la fiducia di Derek e del resto della squadra, invece si stava rendendo conto che i legami non si erano spezzati, che nonostante tutto i sentimenti che li legavano gli uni agli altri erano rimasti immutati, forse addirittura si sarebbero rafforzati.
“E' molto importante per me sentirtelo dire. E' stato gravoso portare quel segreto, mi ha riempito di sensi di colpa e al momento di rivelarlo ho temuto la vostra reazione.”
“JJ ha detto che avrei dovuto capirvi dato che per me è stato lo stesso. Aveva ragione. Tutto si aggiusterà” disse Morgan facendo un cenno in direzione di Reid, il quale aveva preso a spiegare le tecniche feline di caccia.
Hotch lo guardò e sorrise, adesso ne aveva motivo.

 

 

  
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