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Autore: _hurricane    20/04/2012    6 recensioni
Raccolta di Missing Moments della mia fanfiction Let Me Be Your Sun: 8 momenti diversi della loro vita, alti e bassi, sconfitte, vittorie.
Perchè ci sono tanti modi in cui il sole può splendere. Come le albe, i tramonti e le aurore boreali.
“…mi avresti fermato e mi avresti chiesto Scusa, posso farti una domanda? Sono nuovo qui! e io avrei fatto finta di crederci” concluse Blaine al suo posto, soffocando una risatina di scherno. Kurt gli diede una spallata, per poi raggomitolarsi di nuovo contro di lui.
“Poi mi avresti preso per mano, così, senza pensarci” continuò, lo sguardo lontano.
“Senza neanche conoscerti?” domandò Blaine, un piccolo sorriso sul volto. Dio, sapeva che lo avrebbe fatto. Sapeva che se quando si erano conosciuti Kurt fosse stato diverso, se tutto fosse stato diverso, avrebbe allungato una mano verso il suo cuore alla prima occasione, dal primo istante.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un'occasione molto speciale riapre vecchie ferite di Kurt.

 

 

 

 

 

“…i fiori vanno da questa parte, e poi- no, non lì quel tavolo!”

“Kurt, così farai venire un esaurimento nervoso a tutti ancor prima della cerimonia.”

Kurt si voltò di scatto e si trovò davanti Blaine, le braccia incrociate al petto e un sorriso consapevole e vagamente divertito sul viso. Roteò gli occhi, sistemandosi la cartelletta che aveva in mano sotto braccio con fare volutamente professionale.

“Che vuoi farci, ho sviluppato una vera ossessione per il controllo come ogni wedding planner che si rispetti” disse in tono sarcastico. Blaine fece una piccola risata.

“Sì, ho notato!” rispose, avvicinandosi per dargli un bacio sulla guancia. Si guardò intorno, osservando di sfuggita i poveri ‘subordinati’ di Kurt che scorazzavano in ogni direzione nella tenuta Hummel per allestire l’occorrente.

“Vedo che sta andando bene comunque” continuò, incrociandosi le braccia al petto e spostando il peso su un piede. “Rachel sarà contenta.”

“Lo spero” rispose Kurt, il tono improvvisamente più serio. “E’ il minimo che possa fare, dopo che ha deciso di celebrare il matrimonio qui e di notte soltanto per permettermi di assistere.”

Blaine si voltò a guardarlo, l’espressione leggermente preoccupata, e silenziosamente allungò una mano per stringergli la sua.

“Non devi sentirti in colpa” disse, accarezzandogli distrattamente il palmo con il pollice. Kurt gli rivolse un piccolo sorriso e annuì.

“Promesso?” incalzò Blaine, ottenendo così una risatina divertita.

“Sì, promesso!” rispose Kurt roteando gli occhi. Per un po’ rimasero in silenzio, prima che il rumore di qualcosa che cadeva attirasse la loro attenzione.

“Ehi, attenti con quel vaso!” gridò Kurt in direzione di due ragazzi, che alzarono le braccia con aria mortificata e sgranarono gli occhi come se avessero paura di ricevere pene corporali. Blaine si coprì la bocca e scoppiò sonoramente a ridere.

 


 

Il giorno del matrimonio di Finn e Rachel, venne organizzato un grande pranzo a casa di Kurt e Blaine: c’era Burt, la famiglia Anderson, Finn e Carole, sua madre, una donna semplice e leggermente goffa ma dall’aria genuina ed affettuosa, l’ideale di come una madre avrebbe dovuto essere.

“Lei è mia madre, Carole” disse Finn per presentarla a Kurt, e lui le strinse la mano con un sorriso. Quando lei ricambiò, per un attimo gli ricordò la sua.

“Io sono Kurt, molto piacere. E lui è mio padre, Burt” rispose con cordialità, spostandosi leggermente per fare in modo che i due si vedessero e si stringessero la mano. Burt deglutì e fece un cenno con il capo mentre la scuoteva, come se fosse improvvisamente preoccupato di come appariva o della figura che poteva fare semplicemente aprendo bocca, e anche Carole sembrava un po’ più impacciata di quanto non lasciasse intendere il suo aspetto.

Kurt guardò Finn con la coda dell’occhio, poi Blaine, che era in piedi accanto a lui. Suo marito alzò le spalle e gli sorrise, rivolgendogli uno sguardo complice.

Il pranzo andò a gonfie vele: grandi sorrisi, risate, battute, i genitori di Blaine che guardavano Finn e Rachel con aria quasi adorante prima di voltarsi l’uno verso l’altro e sorridere, probabilmente ricordando com’erano alla loro età, giovani, follemente innamorati e pronti a diventare marito e moglie. Pronti ad affrontare la vita, senza niente da perdere nel farlo.

Kurt li osservò attentamente, provando un egoistico senso di frustrazione nel rendersi conto di quanto tutto fosse così terribilmente diverso da come era stato quando lui e Blaine avevano deciso di sposarsi: sguardi titubanti, incertezze, promesse strazianti sussurrate con le lacrime agli occhi. Fu solo un attimo, fugace e passeggero, ma si ritrovò ad invidiare Finn e Rachel così tanto che dovette alzarsi dal tavolo e scusarsi fingendo di dover andare in bagno.

Invece, si recò nella sala hobby – l’aveva ricreata, anche se più piccola, nella loro casa – e si chiuse la porta alle spalle, camminando fino al centro della stanza per poi fermarsi e chiudere gli occhi, concentrandosi sul suo respiro in attesa che la rabbia insensata smettesse di ribollirgli dentro.

Qualcuno bussò alla porta e lui alzò lo sguardo, riflettendo rapidamente su quale scusa inventarsi in modo da giustificare la sua presenza lì.

“Kurt, posso entrare?” disse una voce da fuori, ma non era Blaine, né Burt, né Rachel. Era il padre di Blaine.

“S-sì” disse Kurt, voltandosi verso la porta e sentendosi improvvisamente a disagio. Nonostante gli anni che erano passati, praticamente non era mai successo che lui e Greg stessero da soli nella stessa stanza: passava di tanto in tanto insieme alla moglie per far visita a lui e Blaine, ma si concentrava sempre su come stesse suo figlio, se fosse tutto a posto, se avesse bisogno di parlare di qualcosa. Com’era giusto che fosse. Perché era giusto così.

Era giusto che si preoccupasse che Blaine fosse ancora certo di quello che aveva deciso, mentre con Rachel, di certo non lo avrebbe fatto. Si sarebbe preoccupato della sua vita matrimoniale, e del lavoro che Finn aveva trovato, e della meta della loro luna di miele e quanti figli avessero intenzione di avere. La rabbia gli risalì in gola, rischiando di esplodere, ma cercò di tenerla a bada.

Greg entrò con aria incerta, richiudendosi subito la porta alle spalle, e quello fu probabilmente uno dei momenti più strani della vita di Kurt. Non propriamente imbarazzante, solo… sospeso. Carico di troppe cose eppure allo stesso tempo pronto ad essere riempito di altre, saturo di aspettative da parte di entrambi, segreti risentimenti, cose dette e altre rimaste taciute per tutto quel tempo perché tanto non faceva alcuna differenza. Non faceva differenza, il fatto che Kurt fosse convinto che Greg sperasse ancora segretamente che Blaine cambiasse idea. Dirglielo non avrebbe cambiato niente, così come era irrilevante e non necessario dirlo a Blaine e provocargli un dolore.

“E’ tutto a posto? Avete bisogno di qualcosa di là?” chiese Kurt, squarciando il silenzio. Sembrò troppo formale e vagamente stizzito alle sue stesse orecchie, ma ormai non poteva rimangiarsi le parole. Greg esitò, passandosi una mano tra i capelli brizzolati.

“No, volevo solo- mi chiedevo se andava tutto bene” rispose, guadagnando sicurezza a mano a mano che parlava. Kurt alzò un sopracciglio, rendendosi conto ancora una volta di quanto dovesse sembrare irritato in quel momento e cercando dentro di sé, invano, la forza di preoccuparsene.

“Blaine sta bene” rispose, stampandosi in volto un sorriso convincente. “Sta ancora bene.”

Greg deglutì, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni, e nonostante l’età sembrò un gesto così insicuro ed infantile che inevitabilmente gli ricordò i modi di fare di Blaine.

“Parlavo di te” disse, schiarendosi la gola. “Mi chiedevo se tu stai bene.”

Kurt ritrasse la testa d’istinto, colto alla sprovvista. Era la prima volta che si trovava da solo con il padre di Blaine, e già quel fatto di per sé lo aveva messo a disagio; in più, si stava rivolgendo a lui in quel modo, chiedendogli espressamente come stava.

“In- in che senso?” domandò, avvolgendosi l’addome con le braccia e distogliendo per un attimo lo sguardo.

“Mi sei sembrato un po’… strano, a tavola” rispose Greg, spostando lo sguardo verso la porta in direzione della stanza da pranzo che si trovava al di là di essa. “Come se qualcosa ti stesse dando fastidio.”

Kurt dibattè internamente su cosa fare, se dire la verità o mentire. Era comunque un giorno importante, e non era giusto rovinarlo con inutili tensioni familiari. Inutili, sì. Perché continuava a non fare differenza, Greg avrebbe smesso di preoccuparsene non appena avrebbe accompagnato la sua bellissima figlia in abito da sposa verso un marito sano e perfetto che l’avrebbe amata per altri quarant’anni almeno. E così mentì, o almeno ci provò.

“No, è tutto a posto, dev’essere stata un’impressione” disse, accennando un altro finto sorriso. Greg rimase in silenzio per un po’, osservandolo, e Kurt si chiese quando esattamente avesse perso il suo potere di congelare le persone con lo sguardo in modo da farle sentire a disagio, da farle scappare via. Poi si ricordò che aveva smesso perché Blaine gli aveva insegnato come fare a farle entrare, le persone. Come fare ad amare e lasciarsi amare. Per un attimo, però, avrebbe voluto essere ancora in grado di farlo.

“Mi dispiace” esordì il padre di Blaine, e quelle due parole insieme sconvolsero Kurt più di tutto quello che era stato detto fino a quel momento tra loro.

“Per cosa?” chiese, davvero incerto sulla risposta che doveva aspettarsi. Forse gli dispiaceva soltanto di essersi sbagliato, o di averlo cercato per accertarsi di una cosa che aveva solo immaginato.

“Per non… per non essere stato così” disse Greg, la voce più bassa e riflessiva di prima eppure ugualmente sicura mentre pronunciava le parole. “Quando si è trattato di voi due.”

Kurt inspirò, serrando d’istinto la mascella e stringendo ancora di più le braccia intorno a sé, ma non rispose, aspettando che il padre di Blaine dicesse qualcos’altro.

“E’ solo che è difficile, Kurt” continuò infatti l’uomo, lo sguardo quasi supplichevole come se avesse il forte bisogno di essere capito. “So che sembra ridicolo detto da me, quando per te e per Blaine è più che difficile, ma-“

“Non è difficile” lo interruppe Kurt, prima di poterci pensare due volte. “E’ ingiusto, ma non… non è difficile. Stare insieme, è- è facile, naturale. Non mi aspetto che capisca. Davvero, va bene così.”

Si voltò, dando le spalle al suocero, per iniziare a fingere di dover sistemare dei fogli sparsi su un tavolino, sperando che cogliesse l’occasione per aprire di nuovo la porta e tornare nella sala da pranzo; ma non accadde. Potè sentire il suo sguardo su di sé, che quasi gli trapassava la schiena per l’intensità con la quale stava riflettendo. Quando finalmente parlò, fu quasi un sussurro che rimbombò nelle orecchie di Kurt come un tuono nel silenzio.

“Vorrei soltanto non vederlo mai soffrire, Kurt” disse Greg, e fu come una fitta al cuore, come se glielo avessero appena stretto con troppa forza impedendogli di pompare il sangue nel suo corpo. Kurt strinse tra i pugni i fogli che c’erano sul tavolo, inclinandosi leggermente sulla sua superficie e chiudendo gli occhi. Inspirò profondamente.

“Anch’io” rispose, prima di voltarsi di scatto e guardare Greg con gli occhi leggermente lucidi. Greg lo fissò di rimando, l’espressione colpita e dispiaciuta per la reazione che aveva provocato, ma prima che potesse aggiungere qualcosa Kurt continuò.

“E voglio che sappia una cosa: se mai dovesse dirmi che è troppo per lui, o se dovesse- dovesse trovare un altro, una persona che possa amarlo e renderlo felice, io lo lascerei andare. Mi ucciderebbe se mi sentisse dire una cosa del genere, quindi spero che non glielo dica. Ma è così. Lo lascerei andare, glielo giuro, lo farei. Farei qualsiasi cosa per lui. Le avevo promesso che avrei amato Blaine sempre e l’ho fatto, lo farò. So che lei avrebbe voluto un’altra persona, al posto mio. So che non è abbastanza. Ma è tutto quello che ho, ho dato a Blaine tutto, tutto, e lo rifarei altre mille volte. Lui- lui è il sole, per me. Lo è sempre stato.”

Greg sbattè le palpebre, gli occhi sgranati e la bocca dischiusa di fronte a quella segreta confessione. Ancora una volta, il silenzio calò tra loro come una nebbia quasi palpabile, in attesa che qualcuno la dissolvesse con un gesto, un respiro, una parola.

“Non avrei voluto un’altra persona al tuo posto” disse infine Greg, scuotendo la testa. I suoi lineamenti sembravano più rilassati, come se si fosse tolto un grande peso dal cuore. Kurt si chiese improvvisamente per quanto tempo avesse sperato di poter parlare a quattrocchi con lui, per quanto avesse riflettuto su quell’argomento e sulle parole da dire. “Credo che nessuno potrà mai amarlo quanto lo ami tu. Avrei solo voluto più tempo, per tutti e due. Forse fino ad oggi ho incolpato te, senza volerlo, quando in fondo non c’è nessuno da incolpare.”

Kurt non potè biasimarlo, per quanto ci stesse ancora debolmente provando. Anche lui aveva incolpato se stesso, a lungo. Per non aver resistito abbastanza, per non aver aumentato le distanze tra lui e Blaine quando era ancora in tempo, persino per l’amore che provava per lui pensando di non averne il diritto. Forse per una persona dal di fuori era ancora più difficile capire; forse, ci volevano solo più tempo e più parole da aggiungere alla promessa che aveva fatto prima di sposare Blaine.

Kurt non aveva tanto tempo, ma aveva le parole. Aveva mille modi diversi e forse più, per esprimere quanto lontano si sarebbe spinto per Blaine, per dire a suo padre le cose che avrebbe fatto e quelle a cui avrebbe rinunciato se solo lui glielo avesse chiesto.

“Credo che dovremmo tornare di là, altrimenti si insospettiranno” disse, accennando un sorriso che era finalmente sincero, quasi rilassato, e che venne allo stesso modo ricambiato.

“Sì, penso di sì” rispose Greg, scostandosi per far passare Kurt e fargli aprire la porta. Nel farlo, si voltò verso una delle pareti della stanza e qualcosa lampeggiò nei suoi occhi, come se solo in quel momento si fosse reso conto di dove si trovava esattamente.

“Li hai fatti tu?” domandò, lo sguardo rivolto verso una serie di quadri disposti lungo il muro, l’uno accanto all’altro, e tutti con lo stesso colore che predominava. Era sempre diverso, in realtà; sempre una sfumatura più accentuata di un’altra, ma mai, mai quella giusta.

“Sì” rispose Kurt, la mano ferma sul pomello della porta mentre si voltava leggermente per seguire la traiettoria del suo sguardo.

“Vedo che ti piace molto questo colore” commentò con leggerezza il padre di Blaine, il sorriso evidente persino nella voce. “Mi ricorda vagamente qualcosa.”

“Non è quello giusto, però” rispose Kurt, quasi come se volesse auto-criticarsi in tono severo al riguardo. Greg si girò verso di lui, l’espressione interrogativa.

“Cerco di imitarlo, ma i suoi occhi sono diversi” spiegò allora Kurt, alzando le spalle per alleggerire il tono serio del momento. Quando Greg lo guardò senza dire niente, decise che era ora di aprire la porta e si voltò nuovamente per farlo. Prima di poter fare il primo passo al di là dello stipite, però, lo sentì chiedere: “Kurt?”

“Sì?” disse lui sbirciando dalla sua spalla all’indietro, a bassa voce per non essere sentito dagli ospiti ora a portata d’orecchio.

“Sei la cosa più bella che potesse mai capitargli.”

Kurt sorrise, sperando che il suo sguardo intenso valesse come silenzioso ringraziamento, e senza dire altro tornò nell’altra stanza.

 

 

   
 
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