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Autore: _hurricane    16/04/2012    12 recensioni
Raccolta di Missing Moments della mia fanfiction Let Me Be Your Sun: 8 momenti diversi della loro vita, alti e bassi, sconfitte, vittorie.
Perchè ci sono tanti modi in cui il sole può splendere. Come le albe, i tramonti e le aurore boreali.
“…mi avresti fermato e mi avresti chiesto Scusa, posso farti una domanda? Sono nuovo qui! e io avrei fatto finta di crederci” concluse Blaine al suo posto, soffocando una risatina di scherno. Kurt gli diede una spallata, per poi raggomitolarsi di nuovo contro di lui.
“Poi mi avresti preso per mano, così, senza pensarci” continuò, lo sguardo lontano.
“Senza neanche conoscerti?” domandò Blaine, un piccolo sorriso sul volto. Dio, sapeva che lo avrebbe fatto. Sapeva che se quando si erano conosciuti Kurt fosse stato diverso, se tutto fosse stato diverso, avrebbe allungato una mano verso il suo cuore alla prima occasione, dal primo istante.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kurt e Blaine festeggiano il loro primo anniversario di matrimonio.


 


“Io non- non sono sicuro che sia una buona idea” disse Kurt torturandosi il labbro inferiore tra i denti, Blaine che lo trascinava quasi a forza fuori dalla sua auto dopo aver parcheggiato di fronte ad un elegante ed appartato ristorante di Westerville.

“Kurt, siamo già in ritardo” gli rispose Blaine sospirando, cercando di non mostrare la sua frustrazione davanti all’ennesima titubanza di Kurt all’idea di dover cenare fuori. Era passato un anno, esattamente un anno dal loro matrimonio, e Blaine voleva festeggiare quella ricorrenza alla vecchia maniera: un tavolo per due illuminato da candele, un cameriere riservato esclusivamente a loro che versava l’acqua naturale ancora prima che finisse nei loro bicchieri, un altro che sarebbe arrivato a fine pasto per consegnare il conto in attesa che discutessero come due ragazzini su chi dei due dovesse pagare, prima che Blaine insistesse a tal punto da poterlo fare lui, proprio come aveva programmato.

Avrebbero potuto cenare in giardino, fare in modo che il ristorante mandasse qualcuno lì, ma era sera, non c’era niente da temere, e per una notte Blaine voleva semplicemente sentirsi come tutti gli altri e avere la libertà di portare suo marito fuori a cena. Kurt, a quanto pareva, non era dello stesso avviso. Era paradossale, visto che era uscito allo scoperto nel bel mezzo di New York, eppure sembrava comunque terrorizzato.

Alla fine scese dalla macchina, sistemandosi inconsciamente il gilet nero che aveva sopra la camicia con fare quasi maniacale ed evitando lo sguardo di Blaine, concentrando fin troppa attenzione sulle punte dei suoi piedi.

“Kurt” lo apostrofò Blaine, ma con una sorta di cruda dolcezza nella sua voce. Kurt alzò lo sguardo e sbattè le sue palpebre chiare, per poi lanciare un’occhiata intimorita al ristorante dal quale si potevano già sentire i rumori di piatti e posate spostati qua e là, di persone che si sedevano, si alzavano o conversavano, della vita al di fuori della sua casa, del mondo che Kurt semplicemente non conosceva abbastanza. Quel giorno, era lui il più fragile. Era lui ad avere paura.

“Blaine, io-“

“Lo so” lo interruppe Blaine, avvicinandosi all’improvviso per avvolgergli il volto con una mano, il pollice che gli accarezzava lo zigomo pronunciato in un modo che Blaine sapeva essere terribilmente calmante per lui, in un modo che gli faceva sbattere le palpebre più lentamente come quando lo faceva nel loro letto osservandolo mentre a poco a poco scivolava nel sonno, lo sguardo un po’ più sfocato e lontano, i lineamenti più distesi.

Era come uno strumento musicale e Blaine sapeva esattamente quali corde pizzicare con le punte delle sue dita per ottenere i suoni e le sfumature che voleva, dalle note più alte e melodiose del piacere a quelle quasi impercettibili, come un cambio di espressione, una leggera risata, un sorriso inconsapevole.

“Lo so, Kurt” ripetè, mentre Kurt chiudeva gli occhi d’istinto e le sue spalle si rilassavano verso il basso sotto il suo tocco. “Hai paura.”

Kurt annuì ma non disse niente, sorprendendosi e boccheggiando lievemente quando sentì la pressione delle labbra di Blaine sulle sue, il pollice che ancora lo accarezzava mentre l’altra mano gli avvolgeva la nuca e stringeva.

“Non devi, ci sono io” lo sentì sussurrare quando si separarono, prima di sfiorargli la punta del naso con il suo per ottenere una breve sinfonia di risatine che si dispersero subito nell’aria calda e afosa della fine dell’estate.

“E’ solo che- che qui è diverso” rispose Kurt, stringendogli i fianchi e poi spostando le mani dietro la sua schiena per accarezzarne la parte più bassa, concentrandosi sull’incavo all’altezza della vita.

“Che vuoi dire?”

“A New York… so che sembra assurdo, ma proprio perché era una grande città mi sentivo al sicuro, mi sentivo come chiunque altro, perché nessuno sapeva di me e nessuno ci avrebbe giudicato. Ma qui, non lo so, è come se avessi paura che le persone possano guardarmi e capire, capire cosa c’è di sbagliato in me e-“

“Non c’è niente di sbagliato in te” gli disse Blaine quasi in automatico, scostandosi leggermente per fissarlo, come se fosse un dato di fatto universalmente assodato: il sole sorge la mattina e tramonta la sera, le stelle brillano di notte e non c’è niente di sbagliato in te, non c’è mai stato.

“Blaine” lo ammonì dolcemente suo marito, sorridendo con aria consapevole. “Tu dici così perché mi ami, ma loro- loro lo vedranno.”

Blaine scosse il capo e lo prese per mano, intrecciando le loro dita.

“E tu fa finta che non esistano. Ci siamo solo tu ed io, Kurt. Solo tu ed io.”

 


 

La logica insegna che le persone possono regalare un numero limitato di cose ad altre persone. In particolare, si può regalare tutto ciò che si può comprare, o fabbricare con le proprie mani. Non si può regalare il cielo, né il mare, né il sole, perché come si potrebbe mai affidare qualcosa di così grande nelle mani di un singolo uomo?

Eppure, l’amore non si compra e non si fabbrica, ma Blaine riuscì a regalarlo a Kurt comunque. Era un regalo che gli faceva ogni mattina quando si alzava dal letto, impacchettato in un bacio sulla guancia mentre ancora dormiva, in un sorriso mentre gli preparava la colazione aspettando di vederlo passare in corridoio con i capelli ridicolmente arruffati, negli sguardi intensi che gli rivolgeva anche quando Kurt stesso non poteva accorgersene.

Ma quel giorno, Blaine regalò a Kurt anche qualcos’altro: qualcosa che sfidava la razionalità e la logica, perché chiunque, chiunque avrebbe detto che era semplicemente impossibile donare a qualcuno una cosa del genere, una cosa che non si può custodire né confezionare ma che semplicemente esiste. A Blaine però non piaceva la logica, né la razionalità; se gli fossero piaciute, probabilmente non sarebbe stato dov’era in quel momento.

Forse sarebbe stato a New York, con un lavoro più promettente sotto le luci della ribalta; in un appartamento lussuoso con un piccolo cane perfetto e un salotto ordinato e perfetto e un compagno gentile e comprensivo con cui potersi piacevolmente illudere di condividere il resto della sua vita. Forse, chissà. Tanto a Blaine non mancava quella vita, non era curioso di conoscerla: non era la sua.

“Visto che hai insistito tanto per pagare la cena, ora dovrò trovare un modo per ripagare il favore” gli sussurrò Kurt all’orecchio con voce leggermente roca, per poi stuzzicargli il lobo con i denti, il braccio che gli scivolava languidamente intorno alla vita mentre i loro fianchi combaciavano. Blaine fece una risatina accennata e si strinse di più a lui, mentre facevano insieme il giro di casa Hummel in modo da tornare alla loro, nella parte posteriore della grande tenuta.

“Sono sicuro che qualcosa ti verrà in mente” gli rispose con fare provocatorio, inclinandosi verso di lui per baciargli il collo e succhiarne leggermente un tratto di pelle, soddisfatto nel sentire il brivido lungo la spina dorsale di Kurt espandersi fino a connettersi con il suo corpo.

Continuando a succhiare e mordere lievemente, Kurt che emetteva piccoli piagnucolii mentre continuavano a camminare in modo quasi buffo, oscillando a destra e a sinistra, Blaine riuscì a distrarlo abbastanza da arrivare prima del lago senza che lui avesse il minimo sospetto di cosa ci avrebbe trovato.

“Mmmm” mormorò Kurt, conficcando le unghie nel fianco di Blaine e tendendo d’istinto il collo per lasciargli ancora più spazio, gli occhi chiusi per un breve attimo prima che si riaprissero per rimanere spalancati.

Blaine” sussurrò con voce quasi spezzata, portandosi la mano libera davanti alla bocca e fermandosi all’improvviso per lo shock.

Davanti a loro, si stava svolgendo il gioco di luci e colori più bello e sconvolgente che avesse mai visto. Rosso, arancione, rosa, non facevano che accentuarsi fino a scomparire, per poi ricominciare da capo ancora e ancora. Albe.

Blaine ne aveva scelte una decina, le aveva proiettate ognuna su uno schermo bianco, e poi li aveva disposti a semicerchio per dare l’illusione che il sole sorgesse da ogni angolo, da ogni lato verso il quale si voltavano a guardare.

“Blaine” ripetè Kurt, la voce ancora ovattata dal suo palmo e il respiro mozzato in gola, lacrime calde che già si addensavano nei suoi occhi chiari. Tutto intorno a lui era luce, colore, sole, ed era proprio come Blaine gliel’aveva descritta un anno prima sull'aereo, era sempre diversa come il miele dei suoi occhi e Kurt non aveva mai desiderato piangere di più nella sua vita perché era una cosa così bella che non sapeva che altro fare.

“Shh” gli sussurrò Blaine all’orecchio, circondandogli la testa con un braccio per invitarlo silenziosamente ad appoggiarla sulla sua spalla. “Guarda.”

Kurt si inclinò verso di lui, stringendosi al suo fianco, e rimase a guardare mentre il sole sorgeva ripetutamente davanti ai suoi occhi, proiettando sulla sua pelle chiarissima i colori dell’alba che non aveva mai visto, che non aveva mai osato cercare neanche su internet per paura di scoprire che l’amava troppo per poi poterne fare a meno. Ma quello fu diverso.

“Tu- tu mi hai regalato l’alba” disse Kurt, gli occhi che brillavano nel buio mentre un raggio di sole particolarmente rosato si rifletteva nelle sue pupille e risplendeva in modo quasi giocoso tra i ricci neri di Blaine. Lo sentì sorridere contro i suoi capelli, e farsi un po’ più vicino.

“Ti piace?” rispose Blaine, come se gli avesse appena regalato un anello, una cravatta, qualsiasi cosa che avesse un valore quantificabile, come se Kurt potesse davvero dare una risposta che non fosse Dio, ma cosa ho fatto per meritarti?

“E’ bellissima” disse invece, e senza rendersene conto si ritrovò a piangere. Singhiozzi brevi e cadenzati, quasi incerti, che gli sfuggirono dal petto prima di potersene accorgere; e non era tristezza, nemmeno felicità, era di più. Blaine era di più. Era più che dolce, più che bello; qualsiasi cosa facesse o dicesse, era come se venisse da un altro mondo, come se non fosse fatto per essere scontato né mediocre né banale, come se dal momento in cui aveva aperto gli occhi in questo mondo avesse deciso di renderlo migliore con il suo respiro.

“Ehi” sussurrò lui, scostandosi leggermente per guardare Kurt. “Non piangere.”

“E’ tutto- è troppo… è troppo, Blaine” singhiozzò Kurt, insinuandosi in un attimo nell’incavo tra il suo collo e la spalla e sospirando quando Blaine, senza dire niente, lo strinse a sé e iniziò ad accarezzargli i capelli mentre continuava a piangere, le albe intorno a loro che danzavano ancora una volta fluttuando al di sopra di decine di diversi orizzonti.

“Volevo che la vedessi” esordì Blaine dopo un po’ di tempo, in tono quasi riflessivo. “Almeno una volta nella tua vita, volevo che la vedessi. So che non sono vere, che non è lo stesso-”

“E’ perfetto. E’ perfetto, Blaine” rispose Kurt, alzando la testa dalla sua spalla per guardarlo negli occhi. Erano miele rosato, e un attimo dopo più scuro, rosso fuoco e ambra e poi il colore delle pesche mature, il colore di ogni singolo raggio di sole. “Ti amo. Ti amo così tanto, Blaine, ti amo.”

Blaine sorrise e gli prese il mento con due dita, cercando le sue labbra in un dolcissimo bacio. Si baciarono lentamente finchè le lacrime di Kurt non cessarono e rimase soltanto un piccolo sorriso sul suo volto.

“Buon anniversario” disse, avvicinandosi di nuovo per sfiorare ancora una volta le labbra di suo marito. Si accoccolò di nuovo contro la sua spalla, e per molto tempo rimasero così. In piedi, in silenzio, di fronte ad un semicerchio di schermi e proiettori.

Blaine gli aveva regalato l’alba.

 


   
 
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