Somebody that i used
to know.
«Sono così felice che potrei morire!»
Ricordo che osservai la ragazza di fronte a me gettare indietro la
testa e
ridere, apparentemente senza motivo. Le mie labbra si incurvarono in un
sorriso
automaticamente, mi bastava stare in sua compagnia per sentirmi
sereno, appagato. Non importavano tutti i problemi che mi
affliggevano
quotidianamente, non importavano tutti i doveri a cui ero sottoposto,
non
importava niente, se c’era lei. Non
importava neanche il fatto che Hermione
Granger e Draco Malfoy non avrebbero mai
e poi mai dovuto stare
insieme, perché dentro di me io sapevo che lei era giusta
per me, o almeno
questo era quello che mi ripetevo.
Non saprei dire com’era successo. Non saprei raccontare con
precisione quando
Hermione Granger aveva smesso di essere per me la Sanguesporco che
avevo tanto
odiato negli anni precedenti; fatto sta che aveva cominciato ad
attrarmi, solo
fisicamente all’inizio, ma quando avevo imparato a
conoscerla, si era stabilita
fra di noi un’intesa… Di anime,
per così dire. Avevamo scoperto di
essere anime affini.
Ci eravamo ritrovati in vacanza nello stesso posto, durante
l’estate che era
seguita al nostro quarto anno, in Costa Azzurra, e lì avevo
avuto modo di
conoscerla veramente. E lì era nata la nostra relazione.
Clandestina, perché
nessuno poteva sapere che l’erede di una delle più
illustri famiglie purosangue
del Mondo Magico simpatizzante per il Lord Oscuro e la secchiona
mezzosangue
amica di Potter provavano qualcosa l’uno per
l’altra, qualcosa che non fosse
disprezzo.
E così, tornati ad Hogwarts, avevamo deciso di continuare a
vederci
segretamente, e appena potevamo sgattaiolavamo nella stanza delle
Necessità per
trascorrere del tempo insieme. Naturalmente non era facile, soprattutto
a causa
degli occhi altrui sempre puntati su di noi e dei doveri che dovevamo
assolvere, ma era meglio di niente.
Poi le cose cominciarono a divenire complicate, sia per me che per lei.
Mio
padre doveva partecipare a una missione per conto del Signore Oscuro,
una
missione particolarmente difficile, più delle altre, e
persino a distanza,
dalle lettere che mi scrivevano lui e mia madre, potevo percepire
l’ansia e la
pressione a cui doveva essere sottoposto.
E quando San Potty e i suoi compagni, tra cui anche la mia
Hermione,
sabotarono il piano di mio padre e dei suoi alleati, tutto
cominciò a
precipitare.
Colui-che-non-deve-essere-nominato decise che io dovevo prendere il
posto di
mio padre, ormai rinchiuso ad Azkaban, nella sua cerchia: dovevo
ricevere il
Marchio Nero. Ricordo l’eccitazione di zia Bellatrix e il
terrore negli occhi
di mia madre, quando me lo comunicarono. Io non sapevo come sentirmi,
non
sapevo decidermi se essere elettrizzato o atterrito. Era un grande
onore, ma
allo stesso tempo… Un grande onere. Credo che
all’epoca non mi rendessi
realmente conto che stesse per succedere davvero, mi limitavo a
ubbidire a mia
madre e mia zia. E al Signore Oscuro, ovviamente.
Non lo dissi a Hermione, e questo fu forse il primo passo verso un
allontanamento inevitabile.
Anche ad Hogwarts le cose erano cambiate: prima di tutto, Severus
Piton,
storico insegnante di Pozioni nonché rappresentante della
mia Casa, era
finalmente riuscito ad ottenere la cattedra da lui tanto ambita di
Difesa
Contro le Arti Oscure, così che ora quella di Pozioni era
tenuta da Horace
Lumacorno.
Per i primi tempi evitai palesemente la Granger, perché non
avevo idea di come
affrontarla, non sapevo come fingere che tutto fosse normale, e mi
rendevo conto
del pericolo che correvamo, entrambi. A questo punto non si trattava
più di
essere al centro dei pettegolezzi, se la notizia fosse stata diffusa, a
questo
punto c’erano cose in ballo molto più grandi di
noi.
Poi capii che sarebbe stato impossibile continuare ad ignorarla, e per
un po’
le cose tra noi tornarono ad essere ‘normali’, se
poi normali lo sono mai
state. Con lei riuscivo ad essere me stesso, e nonostante tenerle
nascosto il
mio segreto fosse duro, non riuscivo a fare a meno di Hermione. Mi era
entrata
nel sangue, quel sangue così puro da
poter costituire una barriera fra
di noi.
Io ero sempre nervoso, e troppo spesso me la prendevo con lei, cercando
pretesti inutili per litigare, per sfogare la mia rabbia in qualche
modo. E lei
sopportava tutto, in silenzio, non una parola di stizza detta contro di
me, non
una lacrima. Io le gettavo addosso la mia insoddisfazione e il mio
rancore,
le urlavo contro, e lei chinava la testa. E io mi sentivo un
pezzo di
merda. Ma mi sentivo vivo. Per quanto malato o
perverso possa sembrare,
ci provavo quasi gusto, a discutere con lei. Era diventata una sorta di
sfida
personale, volevo obbligarla a rispondermi a tono, a trattarmi male,
come
meritavo.
Così cercavo motivi per litigare, la accusavo di accettare
le avances di Cormac
McLaggen, di passare troppo tempo con i suoi amici, di ignorarmi.
Qualsiasi
cosa, pur di discutere. Credo che lei cominciasse a rendersi conto di
quello
che stavo facendo, di quello che cercavo e che mi aspettavo da lei, e
decise di
assecondarmi. Non stava più in silenzio quando io alzavo la
voce, gridava anche
lei. Si arrabbiava, mi insultava, a volte non mi rivolgeva la parola
per
giorni.
E io, grazie a quegli scontri, riuscivo a sfogare tutti i miei
sentimenti
contrastanti, altrimenti repressi.
Ricordo la prima volta che facemmo l’amore, fu anche la prima
volta che la vidi
piangere. Avevamo appena finito di litigare, io l’avevo
assalita dopo una cosa
che aveva detto.
Eravamo nella Stanza delle Necessità, e io stavo
giocherellando con una ciocca
dei suoi capelli, disordinati come al solito.
«Harry è convinto che tu abbia ricevuto il Marchio
Nero»
Potei avvertire chiaramente il sangue gelarsi nelle mie vene.
«Cosa hai detto?»
«Ho detto che Harry…»
«Io non capisco perché quel coglione debba
mettersi a parlare di me!» sbraitai.
Lei spalancò gli occhi, forse non si aspettava una tale
reazione da parte mia.
«Gliel’ho detto… Io gliel’ho
detto che non poteva essere vero, che sei ancora
troppo giovane…» mormorò. E a quel
punto mi disgustai da solo. Lei credeva che
Potter si stesse sbagliando, mi aveva addirittura difeso dalle accuse,
tra
l’altro vere, che il suo migliore amico aveva mosso nei miei
confronti.
Ma invece di calmarmi, e di chiederle scusa magari, continuai a urlarle
contro,
anche più forte di prima, e a quel punto anche lei
alzò la voce. Gridammo per
quelle che mi sembrarono ore, fu uno dei nostri litigi peggiori di
sempre.
Alla fine, mi accesi una sigaretta, ancora troppo arrabbiato con me
stesso e
con quel deficiente di Potter, che metteva sempre il naso in affari che
non
erano i suoi. Avevo appena aspirato un lungo tiro, quando un singhiozzo
trattenuto mi scosse dall’isolamento in cui mi ero chiuso; mi
voltai, e notai i
tremiti che scuotevano le spalle di Hermione.
«Granger…» sussurrai, sbalordito. Lei si
irrigidì per un istante, ma non si
girò. Spensi frettolosamente la sigaretta, e mi avvicinai a
lei, costringendola
a guardarmi negli occhi.
«Cosa vuoi? Cosa vuoi, Draco? Sei contento,
adesso?» urlò, spintonandomi. Io
provai a fermarle i polsi, ma lei si dimenò, divincolandosi,
e prese a
tempestarmi il petto di pugni, e io la lasciai fare. Solo quando ebbe
terminato, le presi il viso tra le mani, asciugandole le lacrime con i
pollici,
e la baciai. Spogliarla apparve ai miei occhi come la cosa
più naturale del
mondo, ma io non potevo concedermi il lusso di farmi spogliare,
perché non
potevo togliermi la camicia. Non potevo farle vedere quel disegno
mostruoso che
risaltava tanto sulla mia pelle candida.
Quando entrai in lei mi sentii completo, per la prima volta in sedici
anni.
Cercai di essere delicato, per non farle male, ma era difficile.
Sentivo
l’urgenza di muovermi sempre più velocemente
crescere dentro di me, e vedere
Hermione sotto di me, con i riccioli castani a incorniciarle il volto,
le gote
arrossate, gli occhi semichiusi, di sicuro non mi aiutava. Respirava
affannosamente, torturandosi il labbro inferiore. Capii che era
arrivata quando
avvertii chiaramente i muscoli della sua femminilità
contrarsi intorno al mio
membro, e un gridolino strozzato le uscì dalle labbra. A
quel punto mi lasciai
andare, spingendo sempre più forte, mentre
l’impeto dell’orgasmo saliva e, alla
fine, esplodeva. Mi accasciai su di lei, completamente soddisfatto.
«Ti amo»
L’aveva detto con una voce cosi bassa che avevo faticato ad
udirla. Stupito, la
guardai. Aveva ancora gli occhi lucidi, e uno sguardo triste che
là per là non
mi seppi spiegare. In quel momento realizzai che Draco Malfoy si era
innamorato
di Hermione Granger, e che quello poteva solo essere l’inizio
della fine.
«Anch’io» risposi, e mi chinai a baciarla.
Visti gli avvenimenti, qualcuno potrebbe pensare che le cose sarebbero
potute
cambiare, a quel punto. E infatti le cose cambiarono, lei cambiò.
Non so se il sospetto che Potter avesse potuto aver ragione si
insinuò in lei
già la prima volta che facemmo l’amore, o se
nacque in seguito, quando cominciò
a notare che io non mi spogliavo mai del tutto, fatto sta che
cominciò ad
allontanarsi e a divenire distante più che mai. Non
affrontò mai apertamente
l’argomento con me, anche se forse, visto il suo carattere,
me lo sarei
aspettato, ma potevo vedere come la consapevolezza di ciò
che ero le
cresceva dentro, giorno dopo giorno. E io non potevo far altro che
rimanere a
guardarla mentre lei si allontanava sempre più da me.
Fu in quel periodo che imparai a conoscere cosa fosse la tristezza. Non
ero mai
stato triste, nella mia vita: avevo avuto un’infanzia felice
e spensierata, e
anche in seguito, ero entrato in contatto con la delusione, la paura,
la rabbia,
la sofferenza, ma la tristezza vera e propria, quella che ti entra
dentro e non
ti abbandona, rendendoti spento e grigio, no, quella non
l’avevo mai
conosciuta.
Con Hermione divenni dipendente da quel tipo di tristezza,
perché implicava
automaticamente che lei era ancora presente nella mia vita, visto
quello stato
d’animo era causato dal suo allontanamento. Addirittura,
iniziai a sentirmi
solo, in sua compagnia: poiché lei non mi ascoltava, mi
capitava di ritrovarmi
a parlare da solo. I nostri incontri erano divenuti brevi e fugaci, a
malapena
riuscivamo a scambiare due chiacchiere; a volte la aspettavo a lungo
nella
Stanza della Necessità, quando un gufo arrivava ad avvisarmi
che lei non
sarebbe venuta perché doveva studiare o perché
aveva altri impegni.
E così la rassegnazione prese il posto della tristezza,
quella rassegnazione
che caratterizza un evento che sappiamo arriverà,
inesorabile e inarrestabile.
Infatti, quando decise che, dopotutto, non eravamo fatti
l’uno per l’altra, non
mi sorpresi più di tanto: avevo imparato a convivere con la
certezza che, ben
presto, mi avrebbe lasciato. E devo ammettere che, in un certo senso,
mi sentii
sollevato. Non avrei più dovuto mentirle, non avrei dovuto
nasconderle il mio
Marchio, sarei tornato ad essere il Principe delle Serpi che si portava
a letto
almeno tre ragazze diverse ogni sera.
«Possiamo rimanere amici» mi disse, e ricordo che
mi venne da ridere. L’idea di
Draco Malfoy e Hermione Granger amici era ancora
più assurda di Draco
Malfoy e Hermione Granger insieme. Eppure, mi
sarebbe piaciuto mantenere
un rapporto con lei, che aveva significato tanto per me per quasi due
anni. Ma
mi resi conto ben presto che la sua era stata solo una frase di
circostanza,
una cosa detta più per educazione che per altro,
perché da allora persi
qualsiasi tipo di contatto con lei.
Hermione mi tagliò completamente fuori dalla sua vita, come
se non ci fosse mai
stato un noi, come se non mi avesse mai amato.
Divenne più fredda
che mai, e se prima, almeno davanti agli altri, mi trattava come
l’odioso
Serpeverde da lei tanto disprezzato, da quel momento prese a ignorarmi
nel modo
più totale, neanche fossi stato un estraneo.
Ammetto che questo suo comportamento mi ferì
particolarmente, perché non me
l’ero aspettato. Nei primi tempi dopo la rottura, le scrissi
qualche lettera,
chiedendole come stava, come andava la sua vita, se era felice. Tutte
mi
tornarono indietro con il sigillo ancora intatto, segno che non erano
state
neanche lette.
La incontravo spesso nei corridoi, sempre più spesso con
quel pezzente di Ron
Weasley attaccato. Mi era arrivata all’orecchio la voce che
si erano avvicinati
parecchio, in seguito all’avvelenamento di lui. Un
avvelenamento che avevo
causato io, ma non di proposito. L’odio
che cominciai a provare nei confronti
di Donnola Weasley era cosi incommensurabile che cominciai a desiderare
che ne
avesse bevuto di più, di quell’idromele avvelenato.
Poi, non ebbi semplicemente più tempo di pensare a lei. La
fine dell’anno si
avvicinava, e io dovevo rispettare dei patti che il Signore Oscuro in
persona
mi aveva imposto: dovevo uccidere Silente, e dovevo trovare un modo per
farlo,
e alla svelta.
Quando mi trovai sulla torre di Astronomia con l’anziano
Preside, il vecchio mi
propose protezione, disse che mi avrebbe aiutato contro
Colui-che-non-deve-essere-nominato. Mi crogiolai al pensiero di poter
lasciare
andare tutto, di arrendermi. Pensai anche a Hermione, ma poi capii che
non
potevo farlo, perché sapevo che il Signore Oscuro avrebbe
trovato un modo per
massacrare la mia famiglia, come aveva promesso di fare nel caso in cui
non
fossi riuscito a portare a termine la mia missione. Eppure non riuscii
ad
andare fino in fondo, non riuscii ad uccidere Silente, fu Piton a farlo.
Quella notte, prima di fuggire da Hogwars, notai lo sguardo di orrore
che
Hermione mi rivolse, e mi vergognai profondamente di chi ero per la
vera prima
volta nella mia vita.
Quando
tre mesi dopo ricominciarono le lezioni ad
Hogwarts, non mi sorpresi più di tanto di non rivedere il
cosidetto ‘Trio dei
Miracoli’, ma me ne dispiacqui ugualmente. Ora che la guerra
è alle porte, io e
Hermione combatteremo uno contro l’altra, so che loro tre e
l’Ordine della
Fenice non accetteranno mai il predominio del Signore Oscuro, e da una
parte ne
sono lieto, perché ho scoperto che non piace neanche a me.
E’ passato un anno da quando ci siamo lasciati, eppure non
riesco ancora a far
finta di niente: quello che abbiamo condiviso era amore, e non riesco a
comportarmi come se lei fosse solo qualcuno che conoscevo una volta,
perché ho
ancora dei sentimenti per lei. La verità è che la
Mezzosangue dagli occhi d’oro
mi è entrata dentro, e non importa quanto tempo sia
trascorso, non importa ciò
che ci divide, non importa quanto grave e pericolosa sia la situazione
che stiamo
vivendo: non riesco a liberarmi di ciò che provo per lei,
non riesco a
liberarmi di lei e neppure lo voglio,
perché Hermione Granger è meglio
della droga, è meglio di un pacchetto di sigarette,
è meglio di una partita di
Quidditch, di volare di notte senza pensieri, di un Eccezionale in
Trasfigurazione, di una bottiglia di whisky incendiario, è
meglio del sesso,
della libertà… Perché lei è
e sarà sempre l’unica in grado di farmi sentire
vivo.
Author's
Corner: salve
a tutti e... Bentornati! O, anzi, bentornata a me, che
torno a scrivere su questo sito dopo quasi due anni di assenza, con un
nuovo
nick, ma ancora con questo vecchio, amato, paring: Harry Potter (e in
particolare Draco/Hermione). Non so se qualcuno si ricorda di me, ho
anche cambiato
nick perchè credo di essere cambiata io in questi due anni,
proprio per questo
ci tengo a precisare che se qualcuno seguiva la mia long Set My Soul
Alight..
Mi dispiace dirlo, ma quella storia rimarrà inconclusa.
Parlando di questa, invece, spero vi piaccia. In origine non l'avevo
pensata
così, ma poi sono andata a scriverla e... Puff! Ecco il
risultato. Non ne sono
molto soddisfatta, soprattutto per quanto riguarda la fine, ma spero
che
deciderete comunque di lasciarmi un commento, li apprezzerei molto :)
Non credo
ci siano chiarimenti da fare, ma se qualcuno ha qualcosa da chiedermi
faccia
pure. La ff è leggermente ispirata alla canzone di cui
prende anche il titolo
(se non la conoscete ascoltatela perchè è
meravigliosa), mentre la citazione finale
di Draco (perché Hermione Granger è
meglio della droga, è meglio di un
pacchetto di sigarette ecc) è stata presa e
liberamente adattata al
contesto dal film Amami Se Hai Il Coraggio, molto bello e che consiglio
a
tutti. Detto ciò, grazie di avermi dedicato cinque minuti, a
presto!
Emma