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Autore: desme    23/04/2012    1 recensioni
Questa storia non é mia ma ho letto un bellissimo libro di Marc Levy "Sette giorni per l'eternità" , che amo tantissimo e ho deciso di condividerlo con voi. L'ho fatto perchè volevo rendere Destiel una storia che amo. Quindi ho trasformato una storia etero in una storia con una coppia omosessuale.
Auguro buona lettura a tutti!!!
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uno è diabolicamente astuto e terribilmente affascinante. L'altro è divinamente bello e altruista. I loro Capi li metto l'uno contro l'altro. La posta in gioco? Il destino dell'umanità...
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Fandom: Supernatural.

Pairing: Castiel/Dean

Rating: Giallo.

Charapter: 2/8.

Beta: waytotheend

Genere: Angst, Introspettivo, Romantico, Malinconico, AU.

Warning: Sesso descrittivo, Slash, descrizioni macabre, linguaggio abbastanza forte.

Words: 5362

Summary: uno è diabolicamente astuto e terribilmente affascinante. L'altro è divinamente bello e altruista. I loro Capi li metto l'uno contro l'altro. La posta in gioco? Il destino dell'umanità...

Desclamers: Questa storia è stata scritta basandosi sullo stupendo libro di Marc Levy "Sette giorni per l'eternità". I personaggi che utilizzo non appartengono a me, ma al telefilm Supernatural, ai suoi autori e a tutti gli aventi diritti. Io non ricavo nulla da questo.

Note: è la prima storia in assoluto che scrivo su Supernatural e spero di non fare un completo disastro. Chiedo scusa in anticipo per eventuali errori di ortografia. Ogni commento sarà estremamente gradito e sono ben accette anche le critiche, purché costruttive.

Dedica: Ringrazio la mia sorellina per spronarmi continuamente a scrivere e il mio fratellino per essere il mio sostegno continuo. Questa storia la dedico a voi due, che siete le mie rocce.

Sette giorni per l'eternità

Secondo giorno

Jo si era svegliata all'alba. Durante la notte era stata trasferita in una camera già impregnata di noia. Da quando era riuscita ad uscire dal tunnel della droga, grazie all'aiuto indispensabile di Castiel che lei chiamava angelo custode, l'iperattività era stato l'unico rimedio che aveva avuto per non correre il rischio di ricaderci. Il neon che crepitava sopra la sua testa le faceva ricordare le lunghe ore trascorse a lottare contro il mostro dell'astinenza che a poco a poco sembrava sempre volerla divorare.

A questo pensava, quando Castiel spinse la porta della camera.

"Giusto in tempo,"disse appoggiando un mazzo di iris sul tavolino da notte.

"Per cosa?" domandò Jo.

"Entrando ho visto il tuo volto, il meteo del tuo morale stava volgendo al variabile, tendente a pioggia."

"Non è niente, solo vecchi ricordi."

"Ricordi tristi, vero?" chiese l'amico preoccupato.

"Un po', ma passerà presto," rispose la ragazza con un sorriso.

"Bene, sono contento. Adesso vado a chiedere alle infermiere un vaso."

"Resta con me," disse la bionda con voce molto flebile.

"Gli iris hanno bisogno d'acqua per sopravvivere. Non muoverti, torno subito."

Castiel ritornò in poco tempo, nella stanza, con un secchio pieno d'acqua. Lo posò vicino al comodino e poi ci mise dentro il mazzo di fiori. Poi prese una sedia e si sedette vicino al capezzale della sua amica e sorridendole le disse, "E' tutto quello che hanno, ma non è un problema, non sono dei fiori snob."

"Sono quelli che preferisco."

"Lo so," rispose Castiel, mentre sistemava meglio i fiori nel secchio. Quando ebbe finito si girò di nuovo verso l'amica e osservò la sua gamba e il suo braccio ingessati. Jo incrociò il suo sguardo.

"Non sono stata molto fortunata,vero?" disse la ragazza con voce leggera. "Ma cosa è successo esattamente? Non ricordo praticamente nulla. Mentre stava parlando ti sei alzato, io no, e poi un immenso buco nero."

"E' stata solo una fuga di gas nella controsoffittatura. Quanto tempo devi stare qui?"

I medici avrebbero fatto tornare Jo a casa anche il giorno dopo, ma non aveva nessuno che la potesse aiutare e nello stato in cui si trovava non era autonoma.

Quando Castiel si preparò ad andarsene, l'amica tentò di fermarlo.

"Non lasciarmi qui da sola, ti prego. Questo odore di disinfettante mi fa impazzire. Ho il terrore di ricascarci e non sono abbastanza forte per riprendermi di nuovo. So di essere solo un peso per te, ma ti prego, Castiel, portami via da qui, ora."

Castiel tornò al capezzale di Jo e le accarezzò la fronte per far calmare un po' il dolore che tanto l'agitava. Promise di fare del suo meglio per trovare una soluzione al più presto e le disse che sarebbe ripassato verso sera.

Uscendo dall'ospedale l'angelo si diresse verso il porto, avrebbe avuto una giornata piena. Il tempo trascorreva veloce e lui doveva portare a termine la missione e aveva qualche protetto che non poteva permettersi di abbandonare. Andò a trovare un suo amico vagabondo, Adam, un ragazzo con tantissimi problemi che un giorno aveva deciso di lasciare la sua tranquilla vita per cominciare a vagare per l'America e che senza sapere come, era arrivato all'arco numero 13 della banchina 46 e lì aveva stabilito la sua dimora. E nonostante i continui tentativi di Castiel di portarlo in un luogo migliore, Adam non aveva mai voluto lasciare il porto.

Castiel vide la cicatrice che fuoriusciva dallo strappo del pantalone logoro del suo amico. "Adam, devi farti medicare la gamba!"

"Non ricominciare per cortesia, la mia gamba va benissimo così com'è."

"Se la ferita non verrà pulita, andrà in cancrena in meno di una settimana e tu questo lo sai."

"Ho passato di peggio e tu lo sai e se anche morissi, che avrei da perdere? A volte penso che sarebbe la cosa migliore che mi potesse capitare."

"Chi ti mette in testa queste idee così stupide?" chiese Castiel indignato.

"Nessuno, ma c'è un ragazzo che gira da queste parti che è perfettamente d'accordo con me. Mi piace parlare con lui è un buon ascoltatore e poi ha una giacca di pelle davvero fica. Io gli parlo del bene e lui ribatte i miei discorsi parlando del male. Barattiamo un po' e così io mi distraggo."

Adam non aveva una casa, ne qualcuno da odiare, nessuno che gli portasse del cibo e nemmeno delle sbarre da segare. La sua condizione era peggiore di quella di un prigioniero. Sognare qualcosa, qualsiasi cosa, può essere un lusso quando si lotta ogni giorno per la propria sopravvivenza.

"Ti porto in ospedale!"

"Pensavo che lavorassi per la sicurezza, non per l'esercito della salvezza!"

Castiel cercò con tutte le sue forze di convincere Adam ad andare da un dottore, ma lui non voleva proprio saperne. Poi, dopo molta insistenza, Castiel riuscì a convincere il giovane barbone a salire nella sua macchina e a farsi portare in ospedale.

Dopo aver affidato il passeggero alle cure dei medici, Castiel ritornò verso il porto. Svoltò per andare a trovare Miss Milton perché doveva chiederle un grosso favore. La trovò sulla soglia di casa. Anna, infatti, doveva fare delle commissioni, ma la sua fobia del mondo rendeva il tutto molto difficile. Quindi fu molto felice di vedere Castiel e di andare con lui.

Strada facendo Castiel parlò con Anna che accettò di ospitare Jo per tutto il periodo della convalescenza. Ora, però, era necessario trovare un modo per portare la ragazza infortunata fino al primo piano e ci volevano anche qualcuno che aiutasse Castiel a recuperare il letto di ferro dal solaio.

Comodamente seduto al bar '666' di Market Street, Dean scarabocchiava su un fazzoletto di carta qualche calcolo, mentre ripensava a quanto fosse stato facile, per lui che era uno specialista dell'inventarsi nuove identità, prendere possesso dell'impiego all'interno del più importante gruppo immobiliare della California.

Stava inzuppando nella cioccolata calda il settimo cornetto alla crema che era gustoso quasi quanto il suo deplorevole piano machiavellico mentre si dilettava anche con l'appassionante racconto su come si fosse formata la Silicon Valley.

La sera prima, nella sua camera dall'albergo, era stato folgorato dalla lettura dell'articolo sul San Francisco Chronicle a proposito del gruppo immobiliare Metropolis*, la figura grassa e untuosa del vicepresidente si offriva senza ritegno all'obiettivo del fotografo. Zaccaria Smith eccelleva nell'arte di pavoneggiarsi nelle interviste e conferenze stampe, vantando senza tregua l'apporto incommensurabi8le che la sua agenzia aveva portato allo sviluppo dell'intero Stato.

Proprio per fare pubblicità alla Metropoolis che Mr Smith si recò all'annuale apertura ufficiale della pesca al granchio. Ed è proprio lì che Dean lo aveva incontrato e l'elenco impressionante di nomi influenti con i quali il demone aveva riempito la conversazione, gli era valso l'importante ruolo di consigliere alla vicepresidenza, creato sul momento apposta per lui. Ed entrò la fine della mattinata Zaccaria lo avrebbe presentato al suo socio, Uriel Vandier, il presidente del gruppo.

Dean esitò un momento prima di rinunciare all'ottavo cornetto e, allora, fece scoccare le dita per ordinare un'altra deliziosa cioccolata. Rosicchiando la stilografica dorata, esaminò con attenzione i fogli che gli aveva consegnato Smith e continuò a riflettere. Le statistiche che era riuscito ad ottenere erano estremamente eloquenti.

Alla fine, dopo aver optato per un delizioso pasticcino alla nocciola, concluse che fosse impossibile affittare, vendere o acquistare qualsiasi immobile o pezzo di terreno in tutta la valle senza avere a che fare con il gruppo che lo aveva assunto. L'opuscolo immobiliare e il suo ineffabile slogan 'L'immobiliare intelligente' gli avrebbe permesso di mettere in atto tutti i suoi diabolici piani.

La Metropolis era un'entità con due teste e il tallo d'Achille si trovava proprio nell'unione dei due colli dell'idra. Bastava semplicemente che i due cervelli dell'agenzia inspirassero la stessa area per soffocarsi a vicenda. Se Zaccaria e Uriel si fossero contesi il timone del comando, il gruppo non avrebbe tardato ad andare inevitabilmente alla deriva.

L'improvviso naufragio di un'agenzia tanto importante come la Metropolis, avrebbe acceso presto gli appetiti dei grandi imprenditori californiani, causando una imponente destabilizzazione del mercato immobiliare in cui gli affitti era il pilastro dell'intera realtà economica. Le reazioni delle piazze finanziarie non si sarebbe fatte attendere e le imprese della regione sarebbero state, inevitabilmente, asfissiate.

Dean riesaminò con attenzione i dati in modo da poter formulare un'ipotesi molto accurata. Per il momento, la più probabile era che un gran numero di imprese non sarebbero riuscite a sopravvivere all'aumento degli affitti e al contemporaneo calo delle quotazioni.

I calcoli del demone, a voler essere pessimisti, lasciavano prevedere che almeno ottomila persone avrebbero perso il posto di lavoro ed era una cifra sufficiente a fare implodere l'economia di tutta la regione provocare la più bella ed eccitante embolia che si potesse immaginare, quella del polmone informatico del mondo.

Gli ambienti finanziari, per proteggersi, avrebbero avuto solamente bisogno di una costante cautela. E tutto questo avrebbe portato all'inevitabile conseguenza che tutti gli allettanti miliardi, che ogni giorno, si giocavano a Wall Street sul mercato dell'alta tecnologia si sarebbero volatilizzati in poche settimane, infliggendo, così, Zaccaria Smith, , un mortale infarto al cuore del paese.

"C'è qualcosa di buono nella globalizzazione!" disse Dean alla cameriera che gli stava servendo la terza cioccolata calda.

"Perché?" Chiese la donna dubbiosa, ma Dean non le rispose poiché aveva già ripreso il corso dei suo catastrofici pensieri.

Poiché una teoria fisica affermava che un semplice battito di farfalla poteva creare un devastante ciclone, il biondo avrebbe dimostrato che lo stesso teorema poteva essere efficacemente applicato all'economia. La crisi americana non avrebbe tardato a propagarsi per tutta l'Europa e poi in Asia. E per il demone, la Metropolis sarebbe stata la farfalla, Zaccaria Smith il battito d'ali e il deposito merci del porto della città sarebbe stato il teatro della sua trionfante ed inevitabile vittoria.

Dopo aver gettato tutti i fazzoletti sporchi nel cestino, Dean uscì dal caffè e girò dietro al palazzo. In strada trovò parcheggiata una splendida porche nera elettrico alla quale forzò la serratura. Quando arrivò di fronte al guardiano dei suoi nuovi uffici, gli fece segno di aspettare mentre faceva finta di parlare con un interlocutore immaginare a cui confidò che di aver sorpreso Zaccaria Smith a dire a una giornalista che lui era la vera testa del gruppo e il suo socio era solo le gambe! Dean scoppiò a ridere, aprì il finestrino e porse le chiavi al ragazzo e poi se ne andò sicuro che la sua mossa fosse andata bene a segno. Dopo il demone si sarebbe recato al porto per parcheggi8are la sua aiuto nuova in un posto tranquillo.

Castiel aveva accompagnato Anna a fare compre e poi la riportò a casa e le promise che sarebbe tornato entro due ore a controllare che tutto fosse a posto. Aveva giusto il tempo di tenere la sua lezione settimanale di letteratura inglese al centro di formazione per non vedenti. Gli allievi si erano già alzati quando il moro attraversò la soglia.

"Senza complimenti, per favore, in questa classe sono io il più giovane!"

L'assemblea aveva eseguito prontamente con un gran mormorio, Castiel ricominciò la lezione da dove l'aveva interrotta l'ultima volta. Poi aprì il libro in braille e cominciò a leggere quella scrittura che adorava per la sua insolita caratteristica di rivelarsi solo sotto la punta delle dita e dove le frasi e interi testi prendevano vita nell'incavo della sua mano.

Al suono della campana, aveva finito la lezione e dato appuntamento agli studenti per la settimana successiva. Aveva ripreso l'auto ed era andato da Anna per tranquillizzarla. Poi aveva di nuovo attraversato la città per riaccompagnare Adam dall'ospedale al porto.

"Hai l'aria preoccupata," disse il vagabondo.

"No, sono solo pieno di cose da fare."

"Sei sempre impegnato, avanti ti ascolto."

"Adam, ho raccolto una strana sfida. Se tu dovessi fare qualcosa di incredibilmente buono, qualcosa che fosse in grado di cambiare il corso del mondo, che cosa sceglieresti di fare?"

"Se fossi un ragazzo utopista e credessi che i miracoli possono accadere, ti dico che cancellerei la fame nel mondo, annienterei tutte le malattie, farei in modo che nessun animale potesse più attentare alla dignità dei bambini, riconcilierei tutte le religioni, soffierei un forte vento di tolleranza su tutte le popolazione della terra e credo che farei sparire la terribile piaga della povertà. Ecco, si, se fossi Dio, farei tutto questo!"

"Ma ti sei mai chiesto perché invece Lui non lo fa?"

"Lo sai meglio di me, Castiel. Non dipende dalla sua volontà, ma da quella degli uomini a cui affidato la terra. Non esiste un bene immenso che si possa fare vedere, semplicemente perché, a differenza del male, il bene è invisibile. Non si può calcolare, né si può raccontare senza togliergli eleganza e senso. Il bene è fatto da una miriade di piccole azioni, che sommate tra loro, un giorno tra molto tempo, probabilmente riusciranno a cambiare il mondo. Se non mi credi, prova a chiedere a qualcuno dieci nomi di persone che hanno migliorato il mondo e, sono sicuro, che risponderanno con difficoltà. Se invece gli chiedi i nomi di altrettanti dittatori, sapranno rispondere senza nessuna esitazione. Inoltre, pensa, anche, al fatto che tutti conoscono nomi delle malattie, ma pochi quelle delle cure. Il punto culmine del male di cui tutti temono l'avvento non è altro che la fine del mondo, ma sembra che tutti quanti ignorano che l'apice del bene ha già avuto luogo nel giorno della Creazione."

"Ma allora, Adam tu che cosa faresti per realizzare il bene?"

"Tutto quello che fai tu! Darei alle persone che mi sono vicine la speranza. E tu Castiel senza saperlo, prima hai fatto per me una cosa meravigliosa."

"Che cosa avrei fatto?"

"Passando di fronte al mio arco mi hai sorriso. Dopo un po' tutte le persone che passano da queste parti mi guardano con aria arrabbiata e con disgusto. E quando se ne vanno io li guardo sempre imitando il tuo sorriso e loro se ne vanno ricambiando il sorriso. Con un po' di fortuna lo avranno trasmesso a tutte le persone che gli sono vicine. Capisci l'importanza di ciò che hai fatto? Hai inventato una specie di vaccino contro l'istante di infelicità. Se tutti lo facessero anche solo una volta al giorno, regalare un sorriso, immagini che incredibile contagio di buon umore si espanderebbe sulla terra? Allora, vinceresti la tua sfida."

Dopo aver detto queste parole incredibilmente sagge per un ragazzo di appena vent'anni, il vagabondo tossì. "Va be', ti ho detto di non essere un utopista. Quindi mi accontenterò di ringraziarti per avermi fatto curare e per avermi riportato a casa."

Adam scese dall'auto e si diresse al suo solito posto e voltandosi fece un cenno a Castìel con la mano.

"Qualunque domanda tu ti ponga, fidati del tuo istinto e continua a fare ciò che fai."

Castiel lo guardò perplesso.

"Adam, che cosa facevi prima di arrivare qui?"

Ma il ragazzo sparì sotto l'arco senza rispondergli.

Castiel, dato che era l'ora del pranzo, andò al Fish's Dinner sicuro che John si trovasse lì. Quando lo trovò, il caposquadra non aveva ancora toccato il piatto e l'angelo ne approfittò per chiedergli un favore.

"Non mangia la sua cotoletta?"

John si sporse e gli sussurrò: "quando non c'è Jo, il cibo non ha sapore."

"Ecco, infatti sono venuto a parlarle proprio di lei."

Castiel uscì dal porto una mezz'ora più tardi in compagnia del caposquadra e di quattro portuali. Passando davanti all'arco numero 13 si fermò di colpo. Aveva riconosciuto l'uomo vestito di nero che fumava una sigaretta vicino ad Adam. I due scaricatori che erano seduti con lui nell'auto e anche quelli che lo seguivano su un pick-up gli domandarono per quale motivo avesse frenato così bruscamente. Castiel accelerò senza rispondere e corse via verso l'ospedale.

Castìel aveva organizzato l'uscita anticipata di Jo. La ragazza firmò il certificato di dimissioni e dopo che ebbe raccolto tutte le sue cose, con la aiuto dell'angelo, entrò nella pick-up e i due insieme ai portuali si diressero verso la dimora Milton.

Giunti lì i portuali trasportarono il letto metallico dalla soffitta fino al salotto di Castiel. John lo spinse fino alla finestra e sistemò il tavolino in modo che fungesse da comodino. Quindi iniziò la lenta discesa di Jo, che gli uomini trasportarono fino al piano sotto l'occhio vigile di John.

Quando Jo fu adagiata sul letto, il moro per ringraziare gli uomini che li avevano aiutati li invitò al pranzo a casa sua, ma loro declinarono gentilmente l'invito e lo pregarono di riportarli al porto.

Dopo aver lasciato il porto, Dean si diresse all'agenzia Metropolis per partecipare ad importante riunione al termine della quale avrebbe saputo con certezza se le cose stavano andando come si immaginava.

E alla fine il biondo fu molto felice di come erano andate le cose. Infatti il vice presidente era riuscito a seminare uno scompiglio senza precedenti tra i dirigenti del gruppo e la confusione non avrebbe di certo tardato a propagarsi nei piani bassi.

Inoltre, la cosa che più rendeva il demone euforico era che, la sera stessa, Zaccaria avrebbe avuto un incontro con una giornalista che doveva scrivere un articolo su di lui per un importante quotidiano e aveva fissato l'appuntamento senza avvertire il suo più fidato collaboratore. E tutto questo non avrebbe fatto altro che incrementare le voci che già circolavano sul conto di Mr. Smith.

Infine, le cose andarono ancora meglio per Dean quando il suo nuovo capo gli chiese la cortesia di andare all'appuntamento con la giornalista al suo posto, poiché lui aveva un impegno improvviso al quale non poteva mancare.

E Dean, non volendo certo sprecare questo incredibile colpo di fortuna, decise che si sarebbe presentato alle 21 al lussuoso ristorante 'Medusa' per poter portare al passo successivo il suo diabolico piano.

Dopo che Castiel riuscì a portare a termine tutti i suoi impegni ritornò a casa per vedere se Jo e Anna stavano bene. E mentre stavano tranquillamente bevendo unte e mangiando qualche biscotti, qualcuno, all'improvviso, suonò al campanello.

Il ragazzo andò ad aprire e si trovò di fronte un fattorino che gli consegnò uno stupendo mazzo di ortensie. L'angelo prese il mazzo e vide che aveva un biglietto, lo prese e cominciò a leggerlo:

Con mio immenso rammarico, uno spiacevole e irrimandabile imprevisto mi obbliga a dover rinviare la nostra cena di questa sera. Per farmi perdonare, di questa mia irrispettosa mancanza, le do appuntamento alle 19:30 al bar 'il timone' di Hide Street per un aperitivo. La prego di venire, perché la sua compagnia mi è indispensabile.

Il biglietto era firmato Dean. Castiel lo accartocciò e lo gettò nell'immondizia. Poi tornò in salotto.

"Allora chi era?" Chiese Jo.

Castiel ignorò la domanda dell'amica, gettò i fiori sul tavolino e si diresse verso l'armadio. S'infilo un maglione bianco e un paio di jeans, , afferrò le chiavi che erano sul tavolino in entrata e, prima di uscire, si voltò verso Anna e Jo dicendo loro che era felice che stessero diventando amiche, che in cucina c'era tutto l'occorrente per preparare un buona cena e che lui aveva da fare e sarebbe rientrato tardi. Fece un inchinino un po' forzato e uscì.

Le due donne sentirono un"buona serata" glaciale provenire dalla tromba delle scale, prima che la porta d'ingresso si chiudesse.

Il rumore della Ford sparì qualche istante dopo. Jo guardò Anna senza riuscire a trattenere un sorriso.

"Crede che si sia offeso?"

"Tu hai mai ricevuto un'ortensia?" Chiese la Milton.

Nel frattempo, Castiel guidava a strappi, accese la radio e borbottò.

"Quindi mi ha preso per frigido!"

All'incrocio della Terza Avenue colpì rabbiosamente il volante, azionando il clacson senza volerlo. Un pedone gli fece segno che il semaforo era ancora rosso. Castiel sporse la testa dal finestrino e gli urlò:

"Mi spiace ma i frigidi non prestano attenzione!"

Svoltò a tutta velocità in direzione delle banchine.

"Uno spiacevole e irrimediabile imprevisto!" brontolò, "ma chi si crede di essere!"

Non appena Castiel arrivò alla banchina numero 46, il custode uscì dalla guardiola. Aveva un messaggio per lui da parte di John che voleva vederlo urgentemente. Guardò l'orologio e marciò verso la direzione. Entrando nella stanza, l'espressione di John gli suggerì che era successo qualcosa di grave. Infatti lui gli confermò che uno stivatore di nome Rufus era caduto, forse a causa di una scala difettosa, e si era gravemente ferito.

Castiel non era in servizio al momento dell'incidente, ma non per questo si sentiva meno responsabile. Dal momento del dramma era nata una forte tensione tra tutti gli uomini del porto e non si era più fermata. Per raffreddare gli animi John aveva promesso di mettere sotto sequestro l'imbarcazione dove era avvenuto l'incidente e, inoltre, avrebbe fatto partire un'inchiesta per accertare le cause di ciò che era avvenuto. Nell'attesa, per cercare di sventare la concreta minaccia di uno sciopero, John aveva invitato a cena per la sera stessa i tre capi di sezione del sindacato dei portuali. Con aria seria l'uomo scarabocchiò l'indirizzo del ristorante su un pezzetto di carta che strappò dal bloc-notes.

"Sarebbe bello se potessi unirti a noi, ho prenotato per nove."

Porse il foglio a Castiel e poi lo congedò.

Dopo che ebbe raggiunto la sua macchina, Castiel tentò di metterla in moto, ma lei non collaborò. Allora l'angelo scese sbattendo la portiera con violenza e si diresse verso la guardiola. Un quarto d'ora dopo un taxi lo lasciò all'entrata del 'Timone' e lui salì di corsa i gradini dell'ingresso.

All'interno decise di voler dirigersi al tavolo di fronte alla vetrata in modo da poter guardare fuori, ma quel posto era già occupato da Dean.

Il biondo chiuse la carta dei cocktail e chiamò il cameriere schioccando le dita. Il moro chinò la testa e il demone sputò il nocciolo che stava facendo meticolosamente rigirare sulla lingua.

"Hanno dei prezzi assurdi, ma ne vale la pena." Disse mangiando un'altra oliva.

"Si, ha ragione." Rispose Castiel sedendosi.

Dean tirò fuori la lingua e incrociò gli occhi cercando di vederne la punta, prese il nocciolo ripulito, lo abbandonò su una coppetta e concluse: "fa buio non è vero?"

il cameriere posò con una mano tremante sul tavolino un Martini Dry con due cocktail di gamberi e se ne andò di fretta.

"Non le sembra un po' teso?" Chiese il moro indicando il cameriere che fuggiva via.

Dean lo aveva aspettato per dieci minuti e quando era arrivato lo aveva pesantemente rimproverato.

"Mi creda, visti i prezzi, si ha tutto il diritto di essere esigenti!"

"Immagino che lei abbia una carta di credito oro," rispose pronto l'angelo.

"Certamente! Come fa a saperlo?" Chiese il demone con aria stupita e lusingata allo stesso tempo.

"Di solito rendono arroganti. E lei l'ho è moltissimo. E mi creda il costo dei drink non è di certo commisurato allo stipendio dei camerieri."

"In effetti è un punto di vista," accusò il colpo Dean masticando l'ennesima oliva.

Da quel momento, ogni volta che il cameriere gli portava qualcosa si preoccupava di dire grazie e quando lo faceva sembrava che qualcosa gli bruciasse la gola.

Allora, Castiel si preoccupò che non si sentisse bene e lui scoppiò a ridere. Andava tutto per il meglio, nel migliore dei modi possibili e Castiel era felice di averlo incontrato. Diciassette olive più tardi, pagò il conto senza lasciare la mancia. Uscendo dal locale, Castiel fece scivolare con discrezione una banconota da cinque dollari nella mano del ragazzo che era andato a recuperare la macchina di Dean.

"Dove l'accompagno?" Chiese il biondo.

"No grazie, prendo un taxi."

Con un gesto teatrale Dean aprì la portiera dalla parte del passeggero.

"Salga, l'accompagno!"

La porche correva veloce. Il demone fece rombare il motore e con un sorriso stupendo sulle labbra prese la carta di credito Platino dal taschino e la sventolò.

"Certamente, riconoscerà che non hanno imperfezioni!"

Castiel lo osservò per qualche secondo e poi gli sfilò di mano velocemente il pezzo di plasrica e lo gettò fuori dalla finestra e disse: "sembra addirittura che le rifacciano in ventiquattro ore!"

L'auto frenò bruscamente provocando lo stridere dei pneumatici, Dean scoppiò a ridere.

"Il tuo senso dell'umorismo è irresistibile!"

Quando arrivarono davanti alla stazione dei taxi, Castiel scese chiudendo con delicatezza la portiera.

"E' sicuro che non vuole che la riaccompagni a casa?"

"La ringrazio, ma ho un appuntamento." Disse il moro e poi cominciò ad indietreggiare, ma il biondo gli prese il polso.

"Ho trascorso una serata incantevole."

Il demone lo pregò di accettare un nuovo invito a cena, perché desiderava conoscerlo meglio.

Nel tono che aveva usato c'era del fascino e, allora, accettò di pranzare con lui, niente di più. Poi si girò e andò a prendere un taxi che l'avrebbe portato alla cena di lavoro.

Il taxi si fermò lungo il marciapiede di fronte al 'Medusa' e Castiel, puntualissimo, entrò nel locale. Richiuse il menù che restituì alla cameriera e bevve un sorso d'acqua, deciso ad entrare nel vivo della discussione ed a trovare una soluzione accettabile per tutti ed evitare che scoppiasse uno sciopero che avrebbe portato ad un terribile blocco delle imprese di noleggio.

"Anche se voi sostenete che i dipendenti non riusciranno a resistere per più di una settimana senza paga. Se si ferma l'attività, anche solo per poco tempo, i cargo non faranno altro che ormeggiare dall'altra parte della baia. E in questo modo il porto morirebbe. E tutto questo è già successo a New York e a Baltimora, può succedere anche a noi." Disse Castiel deciso.

"Non crede di esagerare?" Domandò John scettico.

"Questa è la teoria del battito di ali di farfalla," insistette Castiel.

"Che centrano adesso le farfalle?" Domandò John.

L'uomo con la giacca scura che cenava al tavolo dietro di loro si voltò per intervenire nella discussione e il sangue nelle vene di Castiel si gelò quando vide che l'uomo era Dean.

"Si tratta di un principio geofisico che afferma che il movimento di ali di una farfalla in Asia possa generare ripercussione dopo ripercussione, un tornado in grado di devastare le coste della Florida.

I delegati sindacali dubbiosi delle parole dell'uomo, si guardarono l'un l'altro in silenzio. E John rispose: "Allora quando siamo andati in Vietnam avremmo dovuto uccidere tutti i bruchi, almeno non ci saremmo andati inutilmente."

Il biondo li salutò e poi si voltò verso la giornalista che lo stava intervistando. Il volto di Castiel divenne tanto rosso da far preoccupare gli altri che stesse male. Il moro, dopo che ebbe pregato i suoi commensali di pensare a fondo prima di prendere una decisione, si alzò per andare via e mentre passava accanto al tavolo di Dean si sporse verso la donna che lo stava intervistando e, fissandola dritta negli occhi.

"Deve essere molto simpatica perché le lasci il posto di fronte al panorama! Sarà perché ha dei lunghi capelli mori! Auguro a entrambi una meravigliosa serata professionale!" Detto questo Castiel si diresse verso il guardaroba con passo deciso. Dean si precipitò dietro di lui e, afferrandolo per un braccio, lo forzò a voltarsi.

"Che le è preso?"

"Niente, assolutamente niente. Vi ho semplicemente augurato di passare una buona serata 'professionale'"

"E' una giornalista."

"Si anch'io lo sono, solitamente la domenica mattina quando ho il tempo di trascrivere sul mio diario le cose interessanti che mi capitano durante la settimana."

"Lisa è davvero una giornalista!"

"E il governo deve essere molto occupato a parlare con Lisa in questo momento!"

"Certo, e non parli forte altrimenti la mia copertura salterà."

"Quella del giornale, suppongo?"

"La mia, accidenti!"

"Ho che notizia incredibile! Ho incontrato il cugino scemo di James Bond è non lo sapevo neppure. Devo subito correre da tutti i miei amici e raccontare l'incontro straordinario di cui sono stato partecipe!"

"La smetta, adesso! A quello che ho potuto vedere neanche lei era a cena con degli amici!"

"Affascinante, lei è davvero affascinante. Come la sua ospite del resto," disse Castiel. "Ha una dolcissima testolina su un perfetto collo e di certo non sembra essere frigida, come qualcuno potrebbe, erroneamente ci tengo a sottolinearlo, pensare di me!"

"C'è forse qualche riferimento ai fiori che le ho mandato? Non le sono piaciuti?"

"Ma al contrario! Mi sono sentito profondamente lusingato ad essere sottilmente definito frigido! Ma lasci perdere le mie folli farneticazioni e vada dalla sua ospite. Dovrebbe sapere che una donna non ama restare da sola ad una tavolo di ristorante ad aspettare il suo accompagnatore!" Detto questo il moro si girò e lasciò il ristorante senza voltarsi indietro. Dean alzò le spalle e tornò dalla sua accompagnatrice per poter andare avanti con il suo progetto.

Castiel salì i gradini di casa silenziosamente perché era molto tardi e la porta di Anna era già chiusa. Ma quando entrò in casa vide che Mrs Milton era rimasta a vegliare sul sonno di Jo e appena lo vide si alzò e gli fece segno di seguirla. Una volta giunti nella cucina la donna gli chiese:

"Ti piace quest'uomo, vero?"

"Chi?"

"Non fare lo sciocco! L'uomo che ti ha mandato i fiori!"

"Abbiamo solo bevuto un drink insieme, nient'altro. Perché?"

"Perché non mi piace!" Esclamò la donna.

"Le assicurò che non piace neanche a me. E' un essere terribilmente odioso!"

"Allora, quello che dico è vero!"

"Ma no, assolutamente no. E' presuntuoso, arrogante, pieno di sé e volgare."

"O mio dio! Tu sei già innamorato!" Esclamò Anna alzando le braccia al cielo.

"Ma non dica assurdità!"

"Saranno pure assurdità, ma il mio istinto di donna mi dice che tu sei innamorato e che la persona che ami è malvagia. Ti prego, Castiel, promettimi solo di stare attento"

"Va bene, prometto, starò attento. Ma adesso vada a letto che è tardi."

"Si, va bene, ma ricordati le mie parole." Rispose Anna prima di congedarsi per la notte seguito, poco dopo, dal moro che si diresse nella sua camera.

Le due coppe di Champagne tintinnarono in un gentile tintinnio di cristalli. Dean, comodamente seduto del divano della sua camera, guardava Lisa bere. Con voce incredibilmente suadente ed affascinante lui le confessò di essere geloso dell'alcolico liquido che le lambiva le splendide labbra. Lei, allora, cominciò a passare, giocosamente, la sua lingua sulle labbra e, allora, quella del biondo scivolò sulle labbra della donna, prima di decidere di avventurarsi oltre, decisamente molto oltre.

Castiel, giunto nella sua camera da letto prima di coricarsi, decise di non accendere la luce. Attraversò la stanza nella penombra e giunse alla finestra che aprì lentamente. Si sedette sul davanzale e cominciò a guardare il panorama per poteri rilassare. In cielo non brillava nessuna stella.

E fu sera e fu mattino...

Continua...

  
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