Storia interamente dedicata a Serena,
mia sostenitrice e amica insostituibile.
Ti voglio
bene
Solo qualcos’altro
-Tu sei una ragazza?!-
La Sala Comune non era nei suoi momenti migliori, quel giorno. Era stata presa d’assalto la mattina stessa dai vari studenti che erano stati impossibilitati nel rientrare a casa per le vacanze natalizie, ed era stata decorata per rendere meno deprimente il soggiorno al castello. Ma non fu questo a far alzare minacciosamente il sopracciglio di Hermione e neanche il fatto che Harry e Ron fossero in Sala Comune a quell’ora di notte. Erano famosi per evadere le ore del coprifuoco e anche se era prefetto, chiuse un occhio. Più di uno a dir la verità, ma non era ne il luogo e ne il momento giusto per discutere di questo. La stranezza era che stavano entrambi immersi in un libro ciascuno, in religioso silenzio. Hermione socchiuse gli occhi alla vista di quella scena, sostenendo con lo sguardo i suoi due migliori amici che erano così totalmente immersi nel mondo della cultura per accorgersi di lei. Non che normalmente avesse bisogno di un paio di frasi stampate, per finire in secondo piano; questo succedeva con il Quidditch, argomento insindacabile per trattare, per le ragazze del momento, argomento che doveva essere necessariamente trattato e infine, forse riusciva a non passare inosservata davanti agli occhi dei due ragazzi. Si accigliò per un po’ appoggiata allo stipite della porta che dava sulla Sala Comune, e le tornò in mente una frase che le disse Ron due anni prima:
“Hermione, Neville ha ragione... tu sei una
ragazza...”
“Però, sei un fulmine.”
(Preso da
“Harry Potter e il Calice di Fuoco” a pagina 342)
Quel giorno Ron
aveva superato se stesso dando voce a quel pensiero.
Che idea assurda, io una
ragazza?!
E anche se la
sua voce risuonava ironica nella sua mente, si ritrovò a pensare che non aveva
tutti i torti Ron, o meglio, non era solo sua la colpa se non aveva notato una
protuberanza in zona petto.
“Cosa fai Hermione?”
La voce del ragazzo dai
capelli rossi risuonò nella stanza, e al quel suono scattò su anche la testa
del ragazzo moro.
“Aiuto a mantenere in
equilibrio la parete, non lo vedi Ron?” inquisì Hermione e dopo essersi
avvicinata al tavolo, aggiunse. “A che punto siete?”
“Critico direi”, suggerì
Harry, quando vide la bocca di Ron aprirsi, e poi chiudersi senza aver emesso
suono.
“Così tragica?”
L’espressione dei due fu
palesemente scontata e i fogli accartocciati un po’ sul tavolo e un po’ davanti
al camino – simbolo che Harry e Ron erano riusciti a trovare un dispersivo
babbano – urlavano pietà da tutte le righe.
“Harry tende sempre ad
esagerare, non è vero?”
“Cos… oh si certo”, una
gomitata dritta allo stomaco fece intuire al moro che Ron, stranamente, non
aveva bisogno dell’aiuto della ragazza. Questo fece dubitare fortemente della
salute mentale dell’amico e quando Hermione sussurrò una “buonanotte” e fu
scomparsa nel dormitorio femminile, si girò con sguardo indagatore verso
l’amico.
“Dammi almeno una buona
ragione per spiegarmi il motivo per cui mi hai fatto rifiutare il suo aiuto!”
Ron fece spallucce e tornò ad
occuparsi del libro, diventato inspiegabilmente interessante.
TONF!
“Ahia! Ma dico sei totalmente
impazzito Harry? Rischiavi di privarmi dell’arto superiore destro!” urlò il
rosso, quando Harry gli chiuse violentemente il libro sfiorando la tragedia.
“Arto superiore destro?” la
frase fu seguita da una risata ironica.
“Cosa c’è di tanto buffo?”
“C’è che parli come quegli
storici che si leggono nei libri… però! Staresti bene con tanto di occhiali e
di barba!”
“Smettila!” esclamò Ron
indignato, immaginandosi con i capelli bianchi e con occhiali calati sul naso,
rabbrividì. “Solo perché ho un lessico più fine del tuo, non vuol dire che
finirò stampato su uno di questi libri noiosi a parlare di Mandragole e delle
proprietà della pietra di urano… perché ora mi guardi così?”
“Ron su che cosa hai fatto il
tema?”
“Oh beh… sulle proprietà della
pietra di urano, perché?”
“A quanti centimetri sei?”
“Trentatre… mi dici perché?”
Harry si voltò rammaricato
verso di lui.
“Ron, il tema per domani di
quaranta centimetri è sulle proprietà della pietra di mercurio, e non di
urano.”
***
“Che brutta cera, Ron!”
Il ragazzo in questione si
limitò ad alzare lo sguardo dal piatto e rivolgere ad Hermione un’occhiata, per
poi tornare ad osservare il vuoto.
“Cos’ha?”
“Ron si è sbagliat…” il resto
della frase, come la sera prima, fu bloccata da una nuova gomitata da parte
dell’amico, che Harry mascherò tossendo.
“Harry non abbiamo gli
allenamenti a quest’ora?”
“Veramente Ron sono di pom…
MERLINO!” ululò Harry quando gli arrivò un calcio negli stinchi sotto il
tavolo. Quando si accorse che più della solita metà di curiosi lo fissavano, si
scusò. “Merlino, che testa! Eh hai ragione, che sbadato…”
Hermione li osservò curiosa,
non aveva mai sentito di allenamenti alle nove di mattina, ma non replicò. Non
era stupida, aveva capito che c’era qualcosa che non andava, ma fu distolta dai
suoi pensieri da Ron, che trascinava Harry contrariato verso l’uscita.
“Si può sapere che cosa ti
prende?” disse il moro, quando il mormorio della Sala Grande era diventato solo
un sussurro di voci indistinte.
“Di che cosa parli?”
“Sai di che cosa parlo.”
“Ah si ti riferisci
all’allenamento t…”
“No, non mi riferisco al finto
allenamento che ti sei inventato per scappare dalla Sala Grande, o meglio da
Hermione!”
“Come, scusa?”
“Ron che ti ha fatto Hermione?
Ce l’hai ancora per quella storia di Krum?”
“Io non ce l’ho mai avuta con
Krum, e poi no, mi è passata.”
Harry sorrise pensando a
quanto fosse contraddittorio il suo amico, ma non diede voce ai suoi pensieri.
“Allora c’è qualcosa che non
va con Lavanda?”
“No, va tutto benissimo,
grazie per l’interessamento! Ora se puoi scusarmi ho un allenamento da fare”,
Ron cominciò ad attraversare il corridoio, ma sentì lo stesso la voce di Harry.
“Ma io credevo che stessi
scherzando sul fatto dell’allenamento!”
“Certo che no! Hai dimenticato
che fra una settimana abbiamo l’incontro con Tassorosso?”
Veramente è Corvonero, ma fa
lo stesso.
Harry evitò
anche di suggerirgli il fatto che un allenamento di Quidditch, prevede il possesso di una
scopa - visto che ora ne era sprovvisto - ma si limitò a guardarlo.
Di sicuro c’era qualcosa che
gli sfuggiva nei comportamenti dell’amico e le sue rassicurazioni non lo
convincevano per niente.
Ma quello che
ignorava, era che nelle vicinanze, anche qualcun altro ne era convinto.
Note di fine capitolo:
Lo so cosa state pensando.
Sono già abbastanza lenta a scrivere Mille e una notte
più una, e non c’è bisogno di aumentare il carico. Ma questa storia è uno
sfizio personale che mi voglio togliere, perché non ho mai scritto di Harry e
co. o meglio, ho scritto di papà James e mamma Lily, ma di loro figlio mai. E
quindi eccomi qui.
Anticipo che Mille e una notte più una ha la
precedenza assoluta, quindi questa di storia sarà un pochino più lenta, ma non
per questo ci dedicherò meno me stessa.