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Autore: Medea00    24/04/2012    39 recensioni
"Headshot. Dritto in mezzo al petto. Un colpo di fulmine, a confronto, aveva l’intensità di una minuscola scossa elettrica."
Cheerio!Kurt/Nerd!Blaine. C'è bisogno di aggiungere altro?
Liberamente ispirata da un sacco di gifset che in questo periodo popolano Tumblr.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24

Reach for my hand






 
Euforico: così era, e così restò, per l’intera mattinata. Mercedes non aveva visto il suo migliore amico così euforico da...beh, da molto tempo; quanto meno dal concerto di Lady Gaga, ma avrebbe osato dire che adesso lo era anche un po’ di più.
“E’ una bella giornata, Kurt?” Domandò una volta arrivati agli armadietti, con lui che non faceva altro che saltellare, e canticchiare, e sfoggiare quel sorriso da “il mondo è troppo bello oggi”. Lei, tuttavia, continuava a non capire: si era persa qualche puntata speciale di Project Runaway, per caso?
“Oggi è un mese.”
“Un mese?” Ripetè, cercando il suo sguardo cristallino ed emozionato. Lo vide chiudersi l’armadietto alle spalle e appoggiarsi su di esso, sospirando e parlando come se sognasse ad alta voce.
“Io e Blaine stiamo insieme da un mese.”
“Ed è una cosa tanto importante?”
“Certo che lo è!”
Lo squadrò: lo era, ma lui, forse, stava esagerando; senza contare che Blaine non gli sembrava proprio il tipo da mesiversari, e loro, a conti fatti, si conoscevano da molto più di un mese. Dal loro primo incontro, in realtà, ne erano passati quasi due.
Quindi, per un attimo, provò a suggerirgli di smorzare un po’ i toni, comportarsi da diciottenne, perchè il mesiversario non è l’anniversario o chissà cos’altro, ma Kurt sembrava non ascoltarla: era come se avesse raggiunto un traguardo, una meta, un posto che cercava da tutta una vita.
Ben presto, tutto il suo entusiasmo fu interrotto bruscamente da uno spintone di Azimio, che era accompagnato fianco a fianco da Samuelson.
“Oh, scusaci, ragazza pon-pon. E’ che a volte il tuo squittire ci infastidisce.”
Si guardarono dandosi il cinque, ignorando completamente l’occhiata gelida di Kurt. Mercedes liquidò all’istante ogni sua azione sussurrando di lasciar perdere, e quindi la cosa finì lì, con lui che si massaggiava lentamente la spalla e quei ragazzi che avevano intascato una sorta di vittoria, almeno per quella volta; i due amici non potevano sapere, in realtà, quale razza di discorsi stessero facendo. Nè, a che piano stessero pensando.
Forse, avevano fatto quella mossa solo per metterlo alla prova di qualcosa; ma non era quello il giorno per preoccuparsene, aveva deciso Kurt nel momento in cui incrociò la figura di Blaine uscire dall’aula di informatica. Mercedes capì senza mezzi termini le sue intenzioni, così si limitò a dargli un pizzicotto sul fianco per poi lasciarlo con Blaine e i loro festeggiamenti.
“Lo sai che giorno è oggi? Lo sai, vero?”
Blaine rise appena, la sua voce sovrastata da tutto il rumore degli altri studenti che affollavano i corridoi.
“Certo che lo so, Kurt! Cavoli, sembri così felice. Non pensavo che lo sapessi, a dire il vero.”
E Kurt stava quasi per urlargli contro che era ovvio che lo sapesse, che non aveva chiuso occhio tutta la notte, che era ancora terribilmente indeciso sul regalo da fargli, quando un’altra frase sin troppo sincera di Blaine arrivò dritta di fronte alla sua agitazione, spezzandola in due come un minuscolo stuzzicadenti.
“Sono così emozionato, Kurt, aspettavo il trailer de Lo Hobbit da anni!”
Lo Hobbit.
Lui stava parlando di un cavolo di film fantasy con pazzi e occhi fluttuanti. Lui si stava riferendo ad una cosa nerd, e non aveva la più pallida idea del perchè adesso il suo ragazzo era sull’orlo di una crisi di nervi.
“Tutto bene?”
No che non era tutto bene. Lui si era messo con un nerd; che razza di persona sana di mente si mette con un nerd? Poi succedono cose di quel tipo, che ti fanno rimpiangere i mondi reali, quelli fatti di aria pura, società e, magari, una luce che non fosse quella dello schermo che si imbatte contro i volti.
E dopo qualche ennesimo secondo di silenzio, nel quale Blaine sventolava la mano davanti al suo viso come se volesse svegliarlo, si fermò di scatto, i suoi occhi che, adesso, si erano ridotti a delle fessure mentre le sue labbra si incurvavano divertite: “Oh, ma forse tu ti riferivi al fatto che stiamo insieme da un mese.”
Già, forse, voleva ripetere lui.  Ma era ancora troppo scosso e arrabbiato per farlo, così Blaine fu costretto ad avvicinarsi un poco mormorando: “Dai Kurt, stavo scherzando. Me lo ricordo eccome del nostro mesiversario.”
“Certo, come no, ho visto. Quando saremo grandi e racconteremo agli amici il nostro primo mesiversario io dirò loro di quanto eri emozionato dall’idea di vedere un tizio in parrucca tirare due frecce in una volta sola.”
“Guarda che Legolas è veramente forte.”
Sul serio, aveva osato controbattere?
“Ok, questo non dovevo dirlo.”
“No, infatti.” Kurt incrociò le braccia al petto, con un broncio che lo rendeva ancora più adorabile, e in quel modo era molto difficile rimanere concentrati, almeno per Blaine: fece appello a tutta la sua buona volontà per convincerlo che stava scherzando sul serio, che teneva a quel giorno almeno quanto lui, e che era molto contento di essere arrivato fino a quel punto, insieme.
E qualcosa, tra i suoi occhi nocciola, e le sue mani calde strette sulle sue, riuscì a far sciogliere di un poco il povero Kurt: dopotutto, non aveva motivo di essere arrabbiato con lui precisamente nel giorno del loro mesiversario.
“Allora, avevi in mente qualcosa da fare, per stasera?”
“Non lo so, Kurt; in realtà dovrei studiare per quei test di ammissione, lo sai...”
O forse no.
“Ah – commentò, secco, come cercando le parole – giusto. Beh, certo. Lo capisco.”
“Dici davvero?”
Una parte di sè moriva dal rassicurarlo, dicendogli che non c’erano problemi, che la scuola veniva prima di tutto, che erano ragazzi cresciuti e che, soprattutto, quello era soltanto un mesiversario. Ma ci sono dei momenti in cui la delusione prende proprio il sopravvento, senza che uno possa farci nulla; così, Kurt non recitò molto bene la parte del ragazzo comprensivo, e si limitò a lasciarsi baciare dolcemente sul labbro superiore una volta che il corridoio fu completamente deserto.
“Magari puoi raggiungermi al Lan Party, dopo gli allenamenti?”
Lo guardò, e in cuor suo sperò veramente di aver capito male: perchè Blaine non gli aveva appena detto che sarebbe passato al Lan Party, invece di stare con lui, di studiare e, magari, di festeggiare il loro primo mese insieme. Non aveva messo al primo posto le sue cose da nerd, vero? Senza nemmeno pensarci, poi. No, non poteva averlo fatto.
“Sicuro.”
Il sorriso di Kurt era spettrale; si chiese come facesse Blaine a non capirlo.
“Ci vediamo oggi, allora.”
Blaine lo baciò un’altra volta, stavolta, con un po’ più di entusiasmo e, forse, anche un pizzico di agitazione.
“Sei il ragazzo migliore del mondo.” Sussurrò prima di andare via, lasciando Kurt da solo con i suoi libri e la sua delusione; pensò che, su quel punto, avesse proprio ragione. Pensò anche che non sapeva se potesse dire la stessa cosa di Blaine, visto il modo con cui si era comportato.
 
 
 Arrabbiato; no, freddo. Passivamente assente. Per tutto il viaggio in macchina Kurt rimuginò sull’atteggiamento da adottare una volta di fronte a Blaine, perchè voleva farlo sentire in colpa, almeno un minimo; quanto bastava per farlo alzare in piedi, lasciare baracche e burattini e dirigersi con il suo ragazzo migliore del mondo a vedere le stelle sul lungomare, mano nella mano, cullati dal suono delle onde e dal profumo della salsedine. Il mare era grossomodo a seicento chilometri da Lima, ma dettagli. Lo avrebbe fatto comunque, anche a costo di comprare una cartolina delle Hawaii per dare atmosfera.
Non riusciva a crederci che Blaine non si fosse minimamente interessato al loro mesiversario; ma, soprattutto, non riusciva a credere di essere stato così idiota da comprare tre tipi diversi di regalo, per poter scegliere con calma quello da dargli: come quando inizia un nuovo anno scolastico, e si comprano cinque o sei diari solo per poterli studiare e trovare quello più opportuno. Il regalo per il mesiversario, dopotutto, doveva essere una cosa bella, ma discreta: non voleva rendersi più ridicolo del previsto, perchè lui si era fatto chissà quanti castelli in aria per quel giorno, mentre Blaine, evidentemente, nessuno.
Con quei pensieri che affollavano tristemente la sua testa spense la macchina e si slacciò la cintura di sicurezza, restando per un momento a fissare il cruscotto davanti a sè, concentrato, ancora indeciso sull’aria da assumere per sembrare offeso, ma non troppo: non poteva dare a Blaine la soddisfazione di esserci rimasto male, era ancora un po’ arrabbiato con lui.
Camminò con passo lento, la schiena dritta, il mento all’insù canticchiando perfino una canzone a caso; insomma, era disinvolto. O almeno, quella era l’idea che voleva dare: in realtà perfino un cieco si sarebbe accorto dei suoi muscoli tesi e del suo sguardo carico di odio verso quell’insegna con su scritto Lan Party, perchè, maledizione, a volte odiava veramente con tutto il cuore quel mondo di nerd senza cervello.
Ma poi, a qualche metro dall’entrata, sentì un rumore di macchina farsi sempre più vicino, fino ad affiancarlo completamente: era un monovolume grandissimo, con i finestrini oscurati e la vernice nera che risaltava sotto la luce dei lampioni debolmente illuminati; Kurt stava ancora fissando l’auto con un sopracciglio inarcato, dal momento che lo stava letteralmente accompagnando, passo dopo passo. Come uno stalker di terza categoria di fronte al suo attore preferito.
Cominciò a capire tutto non appena vide un finestrino abbassarsi ed una chioma di capelli biondi sovrastati da un cappuccio della felpa.
“Ehi, bel giovanotto.”
Ma Kurt non era in vena di cavolate alla Warbler.
“Jeff, che vuoi.”
“Che diavolo Kurt, come hai fatto a riconoscermi? Avevo il cappuccio e gli occhiali da sole!”
“Lo sapevo che non avrebbe funzionato”, mormorò Nick, di fianco all’altro ragazzo; chinando appena la testa Kurt riuscì a scorgere Wes, seduto sul sedile anteriore, e Greg, che si era voltato vero di lui con ancora una mano stretta al volante.
“Come va ragazzo?”
E, ok. Che stava succedendo? Perchè quei ragazzi erano seduti in quella sottospecie di carro funebre per nerd? E perchè avevano quei sorrisetti inquietanti, e parlavano con quelle vocine smielate?
Si rese conto di essere ancora osservato; sbattendo le ciglia un paio di volte, provò a rispondere qualche frase di cortesia, quando tutto ad un tratto la portiera dal lato di Jeff si spalancò di colpo e lui finì inghiottito dentro alla macchina, trascinato da tre o quattro mani diverse.
“Woh, furto riuscito!” Esclamò Nick, sistemando meglio Kurt tra lui e Jeff, mentre Wes si sbatteva una mano in fronte e replicava: “Nick, si dice rapimento, Kurt non è mica un oggetto!”
“Mi correggo allora: woh, drop riuscito!”
“Non è che dicendolo da nerd cambi le cose, sai...”
E Kurt, in tutto quello, li guardò negli occhi uno ad uno: come diavolo doveva essere ora? Arrabbiato? Offeso? Scandalizzato? Sì, decisamente, l’ultimo sentimento c’era impresso nella sua espressione attonita.
“Rilassati – lo rassicurò Greg- siamo in missione per conto di Blaine.”
Non si accorse nemmeno di aver pronunciato “Blaine?” ad alta voce, con sincero stupore, nel momento in cui venne adagiato delicatamente sulle sue mani un biglietto chiaro, scritto in modo dolce e preciso da una calligrafia che conosceva sin troppo bene.
La prima frase era chiara, anzi, cristallina; poteva immaginarsi benissimo il volto radioso di Blaine mentre gli diceva: Sul serio pensavi che mi fossi dimenticato del nostro mesiversario?
Oh Kurt, dovevi vedere la tua faccia questa mattina quando ti ho fatto credere di non aver organizzato niente. E’ da una settimana che sto lavorando su questa caccia al tesoro e...beh, spero tu ti diverta. Ho lasciato questo bigliettino ai ragazzi per consegnartelo, sperando che ti arrivi incolume. Mi sono sembrati piuttosto su di giri... non ti hanno fatto niente, vero?
Kurt scoppiò a ridere in quell’istante, guardandoli con la coda dell’occhio e rispondendo a bassa voce: “no, tranquillo, mi hanno soltanto rapito”, come se potesse sentirlo. Con il fiato sospeso lesse le ultime frasi:
Mi troverai qui, quando arriverai. Ma come, “dove”? Kurt, un indizio alla volta!
Kurt non seppe decidere se essere più sconvolto per l’intero piano, o per Blaine che sapeva conoscere con assoluta precisione tutti i suoi pensieri.
Quindi...ti ricordi il primo posto in cui ci siamo incontrati?
Ah, e tieni bene a mente: è quello verde.
 
“Grazie, ragazzi”, sussurrò una volta uscito dalla macchina, con in una mano le chiavi della propria e nell’altra il bigliettino stretto tra le dita.
Ricevette soltanto sorrisi, e Greg gli fece l’occhiolino quando mormorò: “Dovere. E adesso vai, coraggio.”
Cercò di mantenere un atteggiamento opportuno; cercò di fermare i battiti del suo cuore, perchè sicuramente potevano essere uditi da tutti i presenti, e non avrebbe avuto la forza nè il modo di giustificare il suo imbarazzo. Semplicemente, era lui ad avere il ragazzo migliore del mondo, e ora lo sapeva bene. Ma non aveva tempo per perdersi in quelle ovvie riflessioni: doveva tornare al McKinley, e di corsa.
 
 
Pensò che il primo indizio fosse facile; pensò anche che Blaine avesse voluto iniziare con qualcosa di semplice, giusto per aiutarlo con le prime mosse.
Tutt’altro: nel momento in cui arrivò nell’aula di informatica, circondata da giocatori e nerd sconosciuti che lo fissavano quasi trepidanti, si sentì come se fosse finito dentro la bocca della balena. Con tanto di Geppetto che gli veniva incontro abbracciandolo ed esclamando “Pinocchio, Pinocchio!”
No, beh, Brandon in realtà stava urlando “Kurt”. Ma la sua mente era un po’ in black out, per via di tutta la questione della caccia al tesoro.
“Ti stavamo aspettando! Blaine mi ha detto di non toccare per nessuna ragione quel computer, e l’ha bloccato con una password che non riusciamo a trovare.”
“Abbiamo provato con il codice ASCII – spiegò un altro ragazzo – e poi con il codice morse, il triangolo di tartaglia, la sequenza di Fibonacci...”
Kurt si era perso alla prima parola, cominciando a sentirsi un tantino a disagio e sperando con tutto il cuore che Blaine non avesse davvero usato qualche cosa assurda che poteva capire solo lui. Ma quando arrivò al computer, bianco, con solo un riquadro sul quale digitare un codice di sei lettere, gli sembrò tutto molto più chiaro. Doveva essere una parola che potevano capire solo loro due, e non qualche sequenza matematica impossibile.
E poi, accanto alla tastiera, c’era un piccolo post-it a forma di fumetto, senza firma: dopotutto, non ce n’era bisogno.
Ho saputo da poco che è anche un cappello.
“E’ un anagramma”, affermò Brandon, e l’altro ragazzo con assoluta covinzione esclamò: “E’ un nome in codice per indicare il terzo film di Star Wars.”
“Ma che dici!? E’ un anagramma!”
“E’ Star Wars!”
Kurt sorrise: perchè trovava adorabile il fatto che facessero ragionamenti così complicati per un nonnulla.
“E’ una cloche.”
I due ragazzi lo guardarono, adesso, incapaci di dire quasiasi altra cosa.
La password fu inserita correttamente, e lo schermo del desktop si illuminò su uno sfondo fatto con Paint e messo al posto del classico logo del McKinley, una scritta gialla su blu che lo fece trasalire per un lunghissimo secondo.
Lo sai che ti devo ancora un paio di caffè della scommessa, vero?
Non poteva crederci. Se n’era completamente dimenticato; quanti erano i caffè da offrire? Uno a esettimana, quindi sette, riepilogò mentalmente con l’adrenalina che saliva sempre più velocemente;  quanti caffè avevano preso insieme, quattro? Quindi, ne mancavano tre. E si allarmò per i suoi stessi pensieri, perchè sperò con tutto il cuore che Blaine non avesse intenzione di fargli bere un litro di caffè tutto d’un colpo.
Salutò tutti i ragazzi, li ringraziò – per cosa, non lo sapeva bene nemmeno lui-, dopodichè corse di nuovo alla macchina, come se ogni secondo era prezioso, come se volesse trovare Blaine il più in fretta possibile, e abbracciarlo, e baciarlo, e...
Si ricordò della prima volta che era stato con lui, in quella stessa macchina: si ricordò di come era freddo, distaccato, di come la sua maschera fosse solida e perfettamente aderente al suo viso. Si ricordò di come Blaine, sin da subito, era stato dolce e gentile.
Si ricordò di come aveva pensato che non potesse nascere nulla, tra loro due. Non era mai stato così felice di essersi sbagliato su qualcosa.
 
Una volta giunto al Lima Bean, un po’ stanco per il giro di Lima che era stato costretto a fare in macchina, si aspettò di trovare qualche volto amico pronto ad offrirgli un caffè, magari vuoto, con dentro il bigliettino e, sperò in cuor suo, l’ultimo indizio di quella caccia al tesoro; non che fosse stanco: semplicemente, prima finiva e prima arrivava a Blaine.
Tuttavia, capì subito che la seconda tappa di quel gioco sarebbe stata un po’ più complicata, dal momento che nessuno sembrava accorgersi della sua presenza, nessuno sembrava al corrente di una certa caccia al tesoro: era il solito Lima Bean di sempre, con persone, dolcetti, coppiette felici e cameriere indaffarate.
Restò una manciata di minuti lì, in mezzo al locale, indeciso se setacciare tavolo per tavolo alla ricerca di un bigliettino o chiamare direttamente Blaine per chiedergli dove fosse: poteva farlo, certo; ma poi, avrebbe mandato in fumo tutta l’organizzazione di Blaine, avrebbe rovinato quella trepidante attesa che separava se stesso da lui, avrebbe quasi alzato bandierina bianca di fronte a quel gioco e no, non poteva. Kurt Hummel non si arrende di fronte a nulla.
“Mi scusi?” Chiese con un certo sorriso convinto alla giovane donna che stava alla cassa.
Era ovvio, no? Blaine sicuramente aveva detto alla ragazza di tenere un caffè a suo nome, già pagato, contenente anche il prossimo indizio. Così, quasi serafico, pronunciò: “Io sono Kurt Hummel.”
La donna lo guardò, l’espressione sul suo viso mutata nemmeno di una virgola.
“Io sono Julie. Tanto piacere.”
E detto quello, ritornò al suo lavoro, con Kurt che stava quasi per mettersi a piangere dalla delusione, o dall’imbarazzo; no, senza dubbio, era più per l’imbarazzo.
“Hem...lei...non ha qualcosa per me?” Tentò di dire tra un colpo di tosse e l’altro, con le sue guance che diventavano sempre più violacee così come le sue orecchie; Blaine quella gliel’avrebbe fatta pagare. Non si sarebbe più potuto presentare in quel posto, era ufficiale.
“In realtà no – affermò la ragazza, con un sorrisetto piuttosto strano – ho qualcosa da dare ad un certo ragazzo, ma non era Kurt Hummel. Anzi, mi è stato detto, testuali parole: se dice di chiamarsi Kurt Hummel, non dargli nulla. Deve presentarsi con un altro nome.”
Stava scherzando. Stava scherzando, vero? Ma, soprattutto, che diavolo voleva quella ragazzina esagitata? Sembrava godere del suo imbarazzo, o gioire per quella caccia al tesoro. Nemmeno la facessero a lei, insomma.
“Ti prego, non puoi darmi il caffè direttamente?”
La ragazzina sembrò ancora più soddisfatta di se stessa nel dire: “Niente da fare” mentre rideva sotto ai baffi, e Kurt stava quasi per fulminarla perchè non c’era assolutamente niente da ridere. Blaine lo stava aspettando chissà dove, lui aveva un caffè da prendere e che razza di nome doveva usare? Insomma, lui aveva un solo nome, Kurt Hummel. Per chi lo aveva preso Blaine, per una sottospecie di agente segreto con falsa identità?
Ma poi, quasi sussultando, socchiuse gli occhi, e respirò.
Perchè c’era un altro nome: quello che usava giocando a Dungeons and Dragons. Ma non poteva dirlo. No, Blaine non poteva avergli fatto quello. Non davanti a tutta quella gente, non nella vita vera.
“Allora? Questo nome?” Incalzò la ragazzina giocando con una ciocca di capelli, con Kurt che diventava pallido, teneva la mascella serrata e le mani strette a pugno.
“Sono....Sono Niveor.”
“Come hai detto scusa?”
“Niv-Niveor.”
“Non ho capito bene.”
“Sono Niveor, maledizione! Niveor figlio di Nieris del reame boscoso di Nin-qualcosa!”
La ragazza saltellò sul posto esclamando “esatto!”, applaudendo entusiasta e porgendogli tre caffè completamente identici, tranne che per i portacaffè, formati da tre colori diversi. E Kurt, allora, ma solo allora, si decise a riaprire gli occhi.
E beh, non c’era male: lo stava guardando male soltanto metà Lima Bean; lui aveva ipotizzato la totalità, gli era andata bene.
“Grazie...” mormorò afferrando un caffè, resistendo all’impulso di rovesciarglielo in faccia. Cercò in tutti e tre qualche traccia di indizio, ma a parte la tipica miscela nera nel contenitore, sembravano completamente vuoti. E non tornava: aveva fatto tutto bene, aveva pure perso ogni minuscola traccia di reputazione urlando quel nome spastico, doveva pur esserci una soluzione, no?
La ragazza continuava a fissarlo divertita, non essendo in grado di aiutarlo: Blaine non gli aveva detto altro, quindi, voleva dire che non c’era nient’altro da dire. Forse, l’indizio era proprio lì, sotto ai suoi occhi. E forse aveva anche i mezzi per individuarlo?
Dopo qualche altro secondo di ricerca si appoggiò sul bancone, tirando un piccolo sospiro e rigirandosi tra le mani il primo bigliettino, quello che aveva dato inizio a tutta la caccia.
Lo rilesse un’altra volta, senza troppa attenzione, fino a quando i suoi occhi non si spalancarono di fronte ad una frase che non aveva considerato con la giusta importanza:
E’ quello verde.
Rialzando lo sguardo, divenne tutto più chiaro; afferrò la fascetta di carta di colore verde e la sfilò dal caffè, osservandola con un poco di agitazione e felicità, aprendola all’attaccatura e rivelando una scritta al suo interno, dello stesso tipo delle precedenti.
Ce l’hai fatta, Niveor?
Ah, già. Una volta trovato, si sarebbe dovuto ricordare di strangolarlo.
Il prossimo indizio è a casa tua. O meglio, alle quattro case.
“Come?”
“Che dice?” Chiese la ragazza sporgendosi verso di lui, dopo aver visto il ragazzo rimanere completamente perplesso.
“Tutti questi giri...tutto questo...per arrivare a casa mia? E poi, quattro case...che vuol dire?”
“Oh ma è facile.”
Cominciava seriamente a detestarla; ma poi, si sentì profondamente grato e riconoscente, non appena la sentì domandare con allegria: “Per caso hai qualche libro di Harry Potter a casa?”
 
 
Burt Hummel se ne stava tranquillamente seduto sulla sua poltrona, come era solito fare tutti i giorni: si sedeva, guardava un po’ di televisione e poi apriva un po’ il giornale, giusto per curiosità di scoprire che titoli avessero dato quel giorno alla crisi economica, visto che, di contenuti, erano sempre uguali; almeno si sforzavano di cambiare il nome, giusto per apparenza.
Quando sentì la porta di casa aprirsi con un tonfo, e Kurt sbucare fuori da dietro di essa, per poco non gli venne il secondo infarto della sua vita e scattò in piedi, cominciando a stringere i fogli per allentare la pressione.
“Kurt! Che diavolo succede?”
“Le quattro case”, continuava a mormorare lui, come un mantra, con i capelli scompigliati dalla corsa e le chiavi della macchina incastrate tra il pollice e l’indice, il portachiavi che dondolava frenetico seguendo i suoi movimenti. Lo vide afferrare un libro dal portagiornali, scrollarlo come se fosse un calzino e poi cominciare a sfogliarlo attentamente, in preda a interminabili sospiri. Burt, semplicemente, si avvicinò a lui, indeciso se chiederglielo una seconda volta o dargli direttamente una botta in testa per farlo calmare.
“Figliolo? Buongiorno anche a te. Come va? Non eri fuori? Non dovevi essere con Blaine?”
“Esatto. Dovrei. Devo sbrigarmi, maledizione, dove cavolo è il capitolo con la descrizione delle quattro case?”
“Sicuro che va tutto bene?”
“Benissimo” riuscì a dire, ascoltando metà delle parole di suo padre. Tra una pagina e l’altra aggiunse le parole “Blaine”, “caccia al tesoro”, “sorpresa”, che fecero immediatamente rilassare il padre.
“Ti ha organizzato una caccia al tesoro, sul serio?”
Di nuovo, si stupì della purezza di quel ragazzo; perchè ci avrebbe scommesso il cappellino, non se ne trovavano di persone del genere di quei tempi.
“Sì!” Esclamò Kurt, in parte per confermare quanto detto dal padre; in parte, perchè aveva trovato il fantomatico capitolo e, sull’angolo di una pagina, c’era qualcosa scritto a lapis, piccolo ma leggibile.
Come ti permetti di lasciare Harry Potter nel portagiornali? Sono offeso. A parte questo, tu sei in bagno e io ne sto approfittando per lasciarti un altro indizio. Non ti faccio viaggiare molto stavolta: ho dato tutto ciò che serve a Finn.
Senza nemmeno dare tempo al padre di chiedergli cosa ci fosse scritto, Kurt salì le scale due a due, fino ad irrompere nella camera del fratellastro; non appena lo fece, però, mormorò un “oh” e si richiuse la porta alle spalle.
Beh, forse avrebbe dovuto bussare. Perchè, insomma, vedere suo fratello e Rachel Berry intenti a baciarsi sul letto non era proprio il massimo delle sue ambizioni.
Ci vollero diversi minuti di calma generale per decidere tutti che fosse il caso di dire qualcos’altro: Kurt continuò a tenere gli occhi bassi, Rachel aveva le mani incrociate al petto e Finn si guardava i calzini multicolor, borbottando un “hei, come va?”
“Alla grande.”
Stava meglio prima, quando la sua mente non era affollata da immagini di Rachel e suo fratello, ma non poteva avere tutto dalla vita, no?
“Sono qui per...ecco...Blaine dovrebbe averti lasciato qualcosa, un bigliettino, forse...”
“Bigliettino?” Finn guardò confuso la sua ragazza, che si limitò a sbuffare e afferrare un cd dalla scrivania.
“Non è un bigliettino, è un cd. Sì, so tutto della sua caccia al tesoro, ed è un’idea magnifica Finn, non trovi? Meglio di una partita, secondo me. Molto meglio.”
“Ok Rachel, grazie mille” tagliò corto Kurt cercando di stroncare l’ennesima lite e aprendo la custodia, contenente un disco ed una lista di canzoni scritta a mano.
See who I am - Whithin Temptation
You and I - Lady Gaga
At Last - Etta James
Your song - Elthon John
Perfect- Pink
Place to be - Nick Drake
Era strano che fossero solo sei, ed era ancora più incredibile che fossero tutte canzoni con un tema romantico, che si erano ritrovati ad ascoltare in macchina, o abbracciati davanti alla televisione.
Era un regalo bellissimo, era dolce e sensibile, esattamente come Blaine. Tuttavia, Kurt non riusciva a capire come questo potesse ricondurlo da lui.
“La mia idea era di fare una cover di ogni canzone per poi farne un mio primo album personale”, proferì Rachel accanto a lui e con aria teatrale, Finn che sorrideva e le diceva che sarebbe stata una grande idea, magari, però, in un’altra occasione. Perchè quello era il mesiversario di Blaine e Kurt. E lei, rendendosene conto, si ritrovò a sorridere in modo sincero, osservando quella lista di canzoni ed immaginandosi il suo migliore amico addormentarsi con le cuffie dell’Ipod ancora attaccate alle orecchie, mentre la sua mente assaporava ogni singola parola.
“Non capisco”, commentò Kurt. Era ad un passo da Blaine, non poteva fermarsi proprio adesso. Ci doveva essere un messaggio, un significato nascosto.
Finn lanciò un’occhiata a Rachel, che sbuffò, quasi rassegnata.
“E va bene, va bene. Ti darò un suggerimento, ma solo perchè Blaine mi stressa da una settimana e me lo immagino tutto saltellante mentre aspetta il tuo arrivo. Leggi in verticale.”
“Leggere in verticale? Non vedo come fingermi giapponese possa... oh.”
Perchè le prime parole di ogni canzone formavano l’unica frase che avesse veramente senso.
E ora che lo sapeva, gli sembrò quasi ovvio. Con un sorriso che non riuscì in nessun modo a trattenere corse in camera sua, afferrando uno dei tre regali che, lo sapeva, andava bene.
Rachel lo fissò per tutto il tempo, guardandolo divincolarsi tra chiavi della macchina, biglietti, regali e cd, sorridendo di fronte alla sua imbranataggine dettata dall’euforia. E si ritrovò ad abbracciare Finn, perchè si sentiva esattamente così ogni volta che lui faceva qualcosa di incredibile, ogni volta che le regalava un sorriso, o le diceva una frase da bloccarle il cuore.
Anche Burt Hummel lo fissò per tutto il tempo, da quando lo vide scendere le scale fino al momento in cui chiuse velocemente la porta, per prendere la macchina e dirigersi chissà dove. Chiese a Finn dove stesse andando, ma non era preoccupato realmente; piuttosto, era curioso di sapere cosa si fosse inventato Blaine, perchè a giudicare dagli occhi di suo figlio, doveva averla fatta veramente grossa.
Finn si limitò a mostrargli il cd, lasciato da Kurt in camera sua per la troppa fretta.
Una volta letto, il padre emise una piccola risata, e si asciugò gli occhi.
No, non si era commosso per l’amore che quel ragazzino dimostrava verso suo figlio; gli era caduta un po’ di polvere negli occhi, tutto qui. Questo disse a Finn e Rachel, e i due non si permisero di contraddirlo, non ora che leggeva e rileggeva il messaggio del cd, senza capirlo veramente: perchè, in fondo, era una cosa tra loro due. Perchè ne avevano passate tante insieme, in appena un mese. Perchè si ritrovò a ringraziare Elizabeth che li guardava da lassù per aver inviato nella loro vita un ragazzo prezioso come Blaine.
Dondolandosi un po’ nei suoi passi, si diresse verso lo stereo, appoggiato in un angolino del salotto giusto accanto alla libreria; con estrema delicatezza, estrasse il cd dalla custodia e lo infilò, facendolo partire con un gesto piccolo sul pulsante “play” e sedendosi sulla poltrona, restando ad ascoltare: era proprio curioso di sentire quale suono avesse l’amore.
 
Prima euforico, poi arrabbiato. Adesso, Kurt si sentiva felice, in modo puro e speciale.
See you at your perfect place.

Ci vediamo nel tuo posto perfetto.



***

Angolo di Fra


Oh, beh... quanto tempo eh? Già già.
Poche ciance e tanti link:
per sapere quando aggiornerò : facebook e twitter
se non l'avete già letta, ho fatto uno spin off di questa ff; per leggere la OS dedicata a NIVEOR e a tutti gli amici di D&D, qui.

Detto questo...spero che ne sia valsa la pena, di attendere per questo cap :)


PS _ Ah, un'ultima cosa. Permettetemi di ringraziare un po' di persone, a cui dedico il capitolo (senza di loro la voglia di scrivere sarebbe arrivata dopo anni): Mony, Alice, Ilaria&Elena (siete una cosa sola ahahah) Martina e tutte le baldracche della Gleek Family. Grazie :)  
   
 
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