Ok, questo racconto è dedicato a Giada, ovvero bonnie misa,
dato che ama incondizionatamente il nostro caro Lupin XD
Divertiti! XD
Il tramonto della luna
Era quasi l’alba e Giada avanzava
cauta nella foresta, la bacchetta accesa in mano ad illuminare il sottobosco.
Stava cercando un raro fungo che doveva essere colto solo nelle notti di luna
piena, per poter preparare una pozione da dare ai suoi vicini di casa. Si
strinse un po’ di più dentro la felpa combattendo contro il freddo della notte
mentre avanzava, decisa a non dover spendere galeoni per una cosa che poteva
trovare anche da sola.
All’improvviso sentì dei rumori molto
sinistri: un ululato, un respiro affannoso, foglie spostate. Alzò la testa in
tempo per vedere dinanzi a sé l’enorme lupo mannaro, che sembrava essersi
accorto di lei e le si avvicinava con una furia ceca negli occhi.
E’ la fine,
pensò, continuando ad osservare la sottile linea oro che divideva le pupille
enormemente dilatate dell’essere dal bianco dell’occhio.
Morirò.
Il lupo mannaro le si avvicinò
rallentando ad ogni passo, il rumore secco di ogni respiro sempre più intenso.
Quando fu vicinissimo, e le gambe di Giada cercarono di reagire alla paralisi
che le aveva colte, il lupo spinse un braccio dietro la sua schiena e l’attirò
a sé.
Giada pensava di dover sentire un
dolore lancinante alla schiena, gli artigli che affondavano nella sua carne, ma
così non fu. Il lupo spinse anche l’altro braccio dietro di lei e l’attirò a
sé.
In un abbraccio.
Le sue gambe cedettero così come
quelle del lupo mannaro e si ritrovarono in ginocchio, sempre abbracciati. Il
fiato della creatura sul collo la lasciava paralizzata, mentre l’essere si
sforzava di calmare il suo respiro e far tacere il richiamo della carne fresca.
Non è così che deve andare, si trovò a pensare stupidamente Giada, non è così che ho letto nei libri sui lupi mannari.
In meno di un minuto, quando ancora
le sembrava di vivere una scena surreale, il suo corpo reagì ma in maniera
inaspettata: le sue mano andarono a congiungersi sulla schiena del lupo mannaro
e le sue braccia lo strinsero a sé ricambiando l’abbraccio.
Com’è morbido. Dovrebbe essere ispido, invece è morbido.
Restarono così per minuti, ore, Giada
non seppe mai dirlo. Restarono così finché la luna non tramontò e le tiepide luce
dell’alba si fecero largo fra le foglie, trovandoli ancora abbracciati e
svegli.
Lentamente qualcosa nel lupo mannaro
mutò, il pelo si ritrasse, le forme cambiarono. Giada chiuse gli occhi e li
riaprì solo quando seppe che era finita: si trovò abbracciata ad un giovane
uomo mezzo nudo, con i capelli castani e gli occhi color del miele, esattamente
lo stesso colore dei cerchi che bordavano le enormi pupille nere del lupo.
Giada si staccò dall’abbraccio per
osservarlo, senza scioglierlo, poi spinta da un non so quale istinto si sollevò
per lasciargli un delicato bacio sulle labbra.
L’uomo rimase un secondo stupito e
poi ricambiò con foga, stringendo a sé la ragazza. Ben presto le sue mani
cercarono la cerniera della felpa, pronte a togliergliela, mentre quelle di lei
esploravano il suo petto.
Si spogliarono velocemente e rimasero
nudi a baciarsi e toccarsi con passione, sdraiati sul morbido tappeto del
sottobosco e coperti solo dagli alberi. Il ragazzo misterioso entrò con urgenza
in lei e prese a spingere con vigore, mentre si abbandonavano alla passione.
Sembrava più uno sfogo, un bisogno a lungo represso, che un vero e proprio atto
sessuale.
Entrambi arrivarono al culmine nello
stesso momento e due secondi dopo si staccarono, sdraiandosi l’uno vicino all’altro
supini e tenendosi la mano.
“Come ti chiami?” chiese Giada.
“… Remus.” rispose l’uomo.
Improvvisamente le lasciò la mano e
si alzò, cercando quello che restava dei sui pantaloni.
“Remus, che fai?”
Giada lo prese per un braccio,
fermandolo.
“Io… Io non posso.”
Remus la strattonò per liberarsi, poi
si afferrò la testa con le mani.
“Le creature come me, quelli che sono
dannati… Non posso! Non posso essere felice, o fare cose come quella di
stanotte, sono un pericolo e…” la voce gli morì in gola.
“Stanotte non mi hai attaccato.” fece
presente lei mentre lui si rivestiva, o meglio cercava di coprirsi con quello
che rimaneva dei pantaloni.
“Non so il perché. Non lo so ma
potrei farlo.”
“Però non l’hai fatto.”
“Però potrei.”
L’uomo fece per andarsene.
“Remus.” lo richiamò dolcemente lei,
ancora nuda. Lui si girò e la vide in piedi, in mezzo a dove avevano fatto
quello che avevano fatto, completamente serena.
“Il mese prossimo, con la luna piena,
verrò ancora qui a raccogliere funghi. Ci sarai vero?”
Remus si perse un po’ di tempo per
guardarla: altezza media, capelli castani che ricadevano morbidi sulle spalle,
occhi azzurri di quell’azzurro che varia col variare del tempo. Un corpo bello,
non grasso ma nemmeno secco, le forme giuste e i piccoli seni sodi. Deglutì,
poi ripensò ai mille motivi per cui non poteva starle accanto.
“Se per allora avrò fatto pace con i
miei demoni, allora forse… Ci sarò.” rispose, prima di girarsi ed andarsene.