Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Julia Weasley    26/04/2012    11 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Non può piovere per sempre

Capitolo 43
Confessioni

Draco stava piangendo, di nuovo. Narcissa scattò subito in piedi non appena udì i primi gemiti, prima che questi si trasformassero in un pianto disperato.
« Dobby, perché piange ancora? » chiese lei, rivolgendo un'occhiata sospettosa all'elfo domestico che se ne stava impotente accanto alla culla.
« Dobby non sa. Dobby ha fatto tutto quello che la padrona gli aveva detto. Forse è il padroncino che fa i... »
Calò un silenzio teso, e Narcissa lo guardò con attenzione.
« Continua ».
Dobby tremava visibilmente ma quando parlò aveva un tono di voce sicuro, anche se un po' tremolante.
« Dobby crede che il padroncino stia solo facendo i capricci, signora ».
« Non dire sciocchezze » lo ignorò lei, avvicinandosi alla culla e sedendosi accanto ad essa. Estrasse la bacchetta ed evocò una fedele riproduzione del sistema solare. I pianeti brillavano nella penombra mentre giravano intorno al sole, che sembrava una perfetta sfera di fuoco. Di colpo il neonato smise di piangere, stupito da quella magia, e il suo volto si distese in un sorriso che vocalizzò in un gorgoglio felice. Narcissa sorrise di rimando.
« Visto? Non ci voleva molto. Adesso puoi andare, Dobby, è meglio se ci penso io » disse, con un tono che non ammetteva repliche.
« Sì, signora » rispose Dobby, che però sembrava sollevato.
Quando l'elfo domestico si fu Smaterializzato fuori dalla stanza, Narcissa posò le mani sul lato della culla, sporgendosi per fissare suo figlio. Sarebbe rimasta così per sempre, se avesse potuto. Non si sarebbe mai stancata di ammirarlo e restargli vicino. In quei momenti riusciva a dimenticare tutto il resto, a lasciarsi alle spalle i pensieri e le preoccupazioni che la angosciavano e a creare un'isola felice in cui c'erano soltanto loro due.
Draco tuttavia aveva già ricominciato a piangere perché i pianeti non si lasciavano afferrare dalle sue mani tese verso l'alto. Forse, ammise Narcissa, faceva troppi capricci, ma a lei non interessava. Detestava saperlo triste; voleva che fosse sempre felice e si era ripromessa di dargli tutto quello di cui aveva bisogno, anche se questo avrebbe significato viziarlo un po'.
Ad un altro movimento della sua bacchetta, i pianeti si avvicinarono, fino a che non iniziarono a girare proprio sopra il viso di Draco, che per il momento si calmò di nuovo.
Narcissa però non sorrise: qualcosa aveva attirato la sua attenzione, distogliendola da quella tranquillità che si era ritagliata fino a quel momento.
Lucius era entrato e si era accostato alla culla, guardando con aria attenta Draco. Quest'ultimo si era già stufato del suo modellino del sistema solare e ora aveva adocchiato la bacchetta di Narcissa. Il fatto che lei ritenesse pericoloso dargliela gli stava per provocare un'altra crisi di pianto.
« Ci penso io. Gliel'ho comprata proprio oggi » esordì Lucius, estraendo una bacchetta giocattolo nuova di zecca e porgendola al neonato, che si quietò all'istante. « Come stai? »
Sentendosi rivolgere quella domanda, Narcissa fu assalita da una sensazione opprimente.
« Meglio, ma certe cose non cambieranno. Hai detto a Rodolphus che se osa mettere piede qui dentro un'altra volta non ne uscirà vivo? »
« Gliel'ho accennato... e ha detto che se lo aspettava. Comunque non ha intenzione di farlo. Piuttosto è tua sorella che non capisce perché tu sia così arrabbiata ».
Narcissa si morse il labbro, furiosa, e Lucius dovette intuire il pericolo, perché si affrettò a chiarire la propria situazione.
« Naturalmente gliel'ho spiegato, ma lei non è d'accordo. Dice che non dovresti avere a cuore la sorte di un rinnegato, e che con Sirius non faresti lo stesso ».
« Di Sirius non mi importa nulla, infatti. Si è sempre reso odioso, e non vedo perché non dovrei ricambiare il disprezzo che nutre per me. Sia lui che Andromeda se ne sono andati per egoismo, ma Alphard era diverso: è stato diseredato perché li ha appoggiati, ma non l'ha fatto per cattiveria. Era una persona generosa. Non meritava quella fine ».
Ed è morto per proteggere Regulus, pensò, cupa.
Lucius fece un gesto come per dire che gli dispiaceva per lei, ma che non poteva farci nulla.
« Se quella sera fossi stato con loro, avrei provato a fare ragionare Rodolphus, ma sai bene che su di lui la mia diplomazia ha poco effetto ».
« No che non lo avresti fatto. Non hai bisogno di mentire anche con me » rispose lei, e per un attimo credette che Lucius se la sarebbe presa, ma non fu così.
« Hai ragione, lo ammetto: non avrei fatto niente. E non avresti fatto nulla neanche tu, anche se avessi voluto. E sai perché? Perché sai bene cosa significherebbe andare contro il volere del Signore Oscuro ed essere considerati dei traditori. Non possiamo permettercelo, perché ora non si tratta più di noi due e basta ».
Narcissa guardò di nuovo Draco. Lucius non aveva torto: ora più che mai doveva stare attento a rimanere nelle grazie di Voldemort, perché qualsiasi errore sarebbe ricaduto su loro figlio. E quelle parole la stupirono, perché aveva sempre creduto di essere la sola a preoccuparsi per quello che sarebbe potuto accadere a Draco. Fino a poco tempo prima, Lucius non aveva tutte quelle remore: era esaltato dagli ideali dei Mangiamorte, non si faceva problemi a sporcarsi le mani e seguire le orme dei Lestrange. Ma da quando lei era rimasta incinta, aveva cominciato a cambiare. Era diventato più cauto, desideroso di conquistare la fiducia del Signore Oscuro, cercando al tempo stesso di mostrare al resto della comunità magica un'altra faccia da mago perbene. Le sue priorità erano cambiate, e Lucius cercava di assicurarsi di cadere in piedi, qualunque fosse stato l'esito della guerra.
« Non possiamo comprometterci e renderci meno affidabili agli occhi del Signore Oscuro, Narcissa » continuò. « Quindi per favore, tieni per te il dispiacere per la morte di tuo zio e non mostrarti così addolorata di fronte a chiunque non sia io ».
Lei annuì, anche se dentro di sé formulava pensieri che la spaventavano. Voleva solo vivere serenamente con suo marito e suo figlio. Ma cosa sarebbe accaduto se Lucius fosse stato ucciso o arrestato? Anche lei era cambiata da quando era diventata madre: quella guerra e tutti quei motivi che l'avevano causata non le sembravano più degni d'importanza. L'unica cosa che contava era Draco.
« D'accordo » sospirò. « Fingerò che mi sia passata, ma non voglio vedere Rodolphus ugualmente. Passeremo il Natale con i tuoi. Non ho intenzione di invitare altre persone ».
« Come preferisci, tanto tua sorella non è interessata ai festeggiamenti ».
Draco aveva lasciato cadere la bacchetta giocattolo sul cuscino e ora stava iniziando lentamente ad addormentarsi. Narcissa gli rimboccò la copertina, poi spense le luci e si avviò verso la porta.
Quando uscì dalla stanza si voltò verso Lucius, che l'aveva seguita.
« State continuando a cercarlo, vero? » chiese, tesa.
Lui non sembrava sorpreso di quella domanda.
« Sì, ma siamo in alto mare. Ne sarai contenta, immagino ».
Lei esitò, ma poi lo guardò dritto negli occhi.
« Sì, è così ».
Lucius scosse la testa, ma non sembrava contrariato. La conosceva bene e sapeva quanto quella situazione fosse delicata e dolorosa per lei. Narcissa infatti non riuscì a rimanere impassibile per molto tempo. Doveva assolutamente chiarire, avere spiegazioni, risposte e rassicurazioni.
« Voi credete davvero che Regulus sia un traditore? » chiese, e la sua voce era rauca quando formulò la domanda.
Lui sospirò.
« Non ne sono sicuro ma il suo comportamento non promette bene ».
« E se non fosse così? Potrebbe aver scoperto qualcosa che non faceva comodo a qualcuno e si è dovuto nascondere... »
« Narcissa, è stato visto con Silente... »
« Mi rifiuto di credere che abbia tradito quello in cui ha sempre creduto. Lucius, io lo conosco bene e so che certe cose non le farebbe mai » sbottò Narcissa, incapace di trattenersi ancora di più.
« No, certo, non si metterebbe mai a difendere i diritti dei Babbani. Ma potrebbe essersi spaventato, questo sì. Quando si è unito a noi era giovane, forse troppo. Non era pronto per affrontare tutto questo. Ma la sua fuga, qualunque ne sia la ragione, basta a renderlo un traditore agli occhi del Signore Oscuro ».
Narcissa sentì i propri occhi inumidirsi, e si voltò da un'altra parte.
« Che cosa gli faranno? »
Lucius non rispose. Non ce n'era bisogno.
Narcissa aveva il cuore in gola, esattamente come il giorno in cui, udendo per caso la conversazione tra i Lestrange e Rookwood nel suo salotto, aveva scoperto che suo cugino era vivo. L'immensa felicità che l'aveva assalita a quella notizia aveva preso fatto posto al terrore che i Mangiamorte potessero rintracciarlo. Aveva sentito tutti i commenti sul comportamento del ragazzo. Ma, qualunque cosa lui avesse fatto, a Narcissa non importava. Tutto era passato in secondo piano rispetto alla possibilità di vederlo ancora vivo. E aveva deciso di rischiare, per una volta, senza dire nulla nemmeno a Lucius. Per sua fortuna la sorte le era stata favorevole. Le era tornato in mente quel che Rabastan aveva detto a proposito della ragazza di Regulus. Narcissa sapeva come si chiamava, e l'aveva vista di sfuggita una volta, in occasione del funerale. Sapeva che era la figlia della Guaritrice che l'aveva visitata un paio di volte nell'ultimo mese di gravidanza. Proprio durante una di quelle visite, la donna aveva detto al Guaritore Llewellyn che sua figlia lavorava come Obliviatrice.
Così aveva mandato Dobby al Ministero per consegnarle quel messaggio, ordinandogli minacciosamente di non parlarne con il suo padrone. Le era dispiaciuto mentire e ingannare Lucius, ma lui si sarebbe sicuramente opposto, anche se si sforzava di capirla.
« Non dovrei dirlo ma è improbabile che lo troveremo, almeno per quel poco che sappiamo adesso, quindi stai tranquilla ».
Lei si sentì un po' più sollevata, ma non abbastanza. Regulus era sempre stato l'unico della loro famiglia con cui si sentiva davvero e completamente in sintonia. Era molto di più di un cugino, e non voleva perderlo.
« Bellatrix non l'ha detto a nessun altro? » chiese poi.
« No, anche se è furiosa ha preferito mantenere il riserbo, forse per vergogna. Di sicuro vostra zia non lo sa. Non si sono più viste da quando hanno litigato proprio a causa di Regulus ».
« Meglio così » disse Narcissa, che aveva la stessa intenzione di mantenere Walburga all'oscuro di tutto, finché fosse stato possibile. Non voleva far esplodere una bomba senza aver prima dato a Regulus la possibilità di spiegare le proprie ragioni, né era desiderosa di dare il colpo di grazia a sua zia. Ogni tanto andava a trovarla, anche se solo per senso del dovere. Le faceva impressione vedere quella donna, un tempo temuta e rispettata, diventare giorno dopo giorno lo spettro di se stessa.
« Ascolta, cerca di non intrometterti in questa questione. Ho paura che tu commetta qualche sciocchezza » disse Lucius, lanciando poi un'occhiata alla stanza buia in cui Draco dormiva. « L'unica cosa di cui dobbiamo preoccuparci è la nostra famiglia, tutto il resto viene dopo. È così che abbiamo deciso di crescere nostro figlio ».
« Sì, Lucius, lo so. Ciò che conta è la famiglia » rispose Narcissa con fermezza.
Ma io sono sempre una Black, quindi Regulus è la mia famiglia.

***

Diagon Alley in quel periodo dell'anno era sempre affollata, nonostante i tempi poco sicuri. Gli studenti di Hogwarts e le loro famiglie si accalcavano nei negozi. L'atmosfera era meno festosa rispetto ad alcuni anni prima, e maghi e streghe non perdevano troppo tempo in giro, ma c'era sempre qualcuno più temerario o fatalista che continuava a passeggiare senza preoccuparsi dei pericoli, per lo meno finché era giorno. I Mangiamorte di solito uscivano allo scoperto col buio, e infatti al tramonto la strada diventava deserta nel giro di pochi minuti.
Emmeline stava osservando alcuni ragazzini con i visi attaccati alla vetrina di Accessori di Prima Qualità per il Quidditch quando Sturgis la vide, dopo aver varcato il muro che collegava la strada al retro del Paiolo Magico.
Per le mutande di Merlino, sono arrivato in ritardo, imprecò mentalmente.
La ragazza si voltò a guardarlo mentre lui la raggiungeva, trafelato ma al tempo stesso con un'aria baldanzosa che aveva molto raramente.
« Scusa, è tanto che aspetti? » esordì, col fiato corto.
« No, solo cinque minuti. Non ho atteso molto » rispose Emmeline con tranquillità.
Ma Sturgis era ugualmente imbarazzato per quella pessima figura. Ed era meravigliato di se stesso. Desiderava da settimane quell'uscita con Emmeline – anche se più che di un appuntamento si trattava di una ronda che avevano deciso di svolgere insieme, ma non era il caso di essere troppo pignoli – ed era riuscito a fare tardi. Aveva le sue buone ragioni, ma non poté fare a meno di arrabbiarsi con se stesso.
« Io... mi dispiace... mi è arrivato un gufo importante e ho perso tempo ».
« Va tutto bene » insisté lei, divertita. « Allora, andiamo a perlustrare la zona? »
Sturgis annuì, sentendosi invadere dall'euforia e dall'agitazione. Strinse i denti mentre si incamminavano lungo Diagon Alley: non doveva farsi prendere dal panico. Era solo una ronda... purtroppo.
« Che gufo ti è arrivato? » chiese lei, distogliendolo dalla vetrina della farmacia, nel riflesso della quale stava controllando le proprie condizioni: per fortuna i capelli gli stavano bene, ma la veste era un po' storta, visto che l'aveva infilata in fretta e furia. Si diede una rassettata veloce, cercando di sembrare a suo agio mentre rispondeva.
« Oh, erano i risultati dell'esame di ammissione al San Mungo. A settembre inizio a lavorare come Tirocinante ».
Emmeline, lo guardò con aria sorpresa.
« Caspita, complimenti! Devo dormire in piedi, ero convinta che facessi il commesso al Ghirigoro ».
Sturgis si costrinse a respirare. In fondo parlarle non doveva essere troppo complicato.
« Infatti è così, ho lavorato lì per pagarmi gli studi. Prima di entrare al San Mungo bisogna studiare Guarigione per quattro anni e poi fare un esame di ammissione. Ad essere sincero, ero convinto che non lo avrei superato... » ammise.
Emmeline non fece commenti. Invece gli sorrise e aggiunse alcune parole di incoraggiamento.
« Invece sei stato bravissimo. Quella del Guaritore è tra le carriere più difficili ».
Lui le rivolse un sorriso timido.
La perlustrazione di Diagon Alley fu abbastanza rapida. Quando non ebbero notato alcuna presenza sospetta, si fermarono.
« Vogliamo andare a prendere un gelato? » chiese Sturgis.
Emmeline annuì.
Superarono alcuni negozi che vendevano calderoni, strumenti magici e l'Emporio del Gufo, ed entrarono da Florian Fortebraccio. Ordinarono due coni – Sturgis ne prese uno enorme – e andarono a sedersi ad uno dei tavolini che erano stati disposti sulla strada. Lui si accorse di essere rigido come un palo e cercò di rilassarsi.
Dopo alcuni banali commenti su quanto fossero buoni i gelati di Florian, calò un silenzio imbarazzante.
« Credi che Malocchio si arrabbierebbe se ci vedesse? » chiese Emmeline ad un certo punto, per rompere il ghiaccio.
« In che senso? Non vuole che mangiamo mentre facciamo le ronde? È per non dare troppo nell'occhio » chiese Sturgis, abbassando la voce.
« No, intendevo al suo ammonimento di non fidarci di nessuno tra di noi. Non stiamo facendo esattamente quello che ha detto ».
« Oh, immagino di sì... Secondo lui non dovremmo nemmeno parlare ».
« In fondo stiamo facendo quello che ci ha ordinato, giusto? »
« Giusto ».
Tacquero tutti e due. Di nuovo quel silenzio imbarazzante che nessuno dei due sapeva come infrangere.
« Come vanno le tue bruciature? » chiese lei, riferendosi alle ustioni che Sturgis si era procurato combattendo contro Bellatrix.
« Sono guarite. Il dittamo è miracoloso in questi casi » rispose lui, dandosi un'occhiata ai polsi.
Poi esitò. Non sapeva se Emmeline avesse voglia di ricordare la sera dell'attacco a casa di Dedalus, ma in fondo era stata lei ad affrontare quell'argomento. Decise di provarci.
« Sai, non te l'ho ancora detto ma sei stata davvero in gamba, quella sera » buttò lì.
Lei reagì con un'espressione colma di scetticismo.
« Dici davvero? »
Sturgis annuì, mentre rievocava quel momento in cui si Emmeline era ritrovata faccia a faccia con Barty Crouch e lo aveva affrontato.
« Non è stato niente di eccezionale, visto che l'ho lasciato scappare ».
« Era arrivato Voldemort e ti eri distratta, non è stata colpa tua ».
Emmeline gli rivolse un rapido sorriso poco convinto e tornò a mangiare il gelato che stava iniziando a sciogliersi.
« Non è andata proprio così. L'ho visto correre via, e non ho fatto nulla per fermarlo ».
« Se può farti sentire meglio, io al posto tuo non sarei riuscito neanche a disarmarlo, figuriamoci se sarei stato capace di dirgli quello che gli hai detto tu. Facevi paura, sai? »
Emmeline ridacchiò, un po' nervosa e un po' divertita. Poi cambiò discorso.
« Ti va di accompagnarmi al Ghirigoro? Devo cercare un libro per il prossimo esame, e devo passarlo per forza ».
« Sì, certo » disse Sturgis.
Quando finirono i gelati, si alzarono e s'incamminarono verso il Ghirigoro. Era piuttosto affollato, data la quantità di studenti che dovevano comprare i libri di testo per la scuola. Si fecero largo a fatica tra la folla e Sturgis avvampò quando Emmeline gli afferrò il polso per non rimanere indietro.
Lui la condusse attraverso file di scaffali colmi di libri. Quando raggiunsero un angolo libero, si fermò.
« Allora, che argomento devi approfondire? »
« Antidoti. Al corso ci hanno fatto esaminare alcuni nuovi veleni sequestrati a certi maghi oscuri, e che non sono ancora stati classificati. Noi dobbiamo studiarne le proprietà e trovare un antidoto, ma non è per niente facile ».
« Su questo posso aiutarti, è una cosa che ho dovuto studiare anche io » disse Sturgis, spostandosi lungo gli scaffali, alla ricerca di un libro che ricordava di aver consultato spesso. Lo trovò dopo alcuni minuti. « Eccolo: Sostanze Velenose Rare. Conoscerne le Proprietà e i Rispettivi Antidoti ».
« Grazie mille. Mi hai salvata ».
Emmeline prese il libro e lo sfogliò. Dovette esserne soddisfatta, perché lo richiuse subito dopo.
« Va bene? »
« Sì, va benissimo... »
Sturgis si sforzò di non fissarla troppo a lungo, ma era difficile. Emmeline lo aveva colpito fin dal primo giorno in cui era entrata a far parte dell'Ordine della Fenice, e giorno dopo giorno quell'interesse era diventato sempre più forte. Era talmente preso che non si accorse nemmeno dell'arrivo del vecchio proprietario del Ghirigoro, un vecchio dall'aria burbera che lo adocchiò e gli andò incontro.
« Podmore, eccoti qui! » sbottò, piazzandogli senza preavviso una pesante pila di libri tra le braccia. « Vai a sistemare questi sul retro e poi portami una tazza di caffè. E senza zucchero, altrimenti ti licenzio! »
Emmeline sembrava perplessa e sconvolta al tempo stesso. Sturgis si sentì improvvisamente umiliato.
« Signor Flourish, io non lavoro più qui » gli ricordò.
« Che? »
« Ho dato le dimissioni due settimane fa ».
Per un istante Flourish lo guardò in cagnesco, come se non gli credesse, poi parve convincersi.
« E allora cosa ci fai qui? » sbottò, riprendendosi i libri e facendoli librare in aria con un Wingardium Leviosa.
Si allontanò, scuotendo la testa.
« Che simpatico » commentò Emmeline, sarcastica. « Come hai fatto a sopportarlo per quattro anni? »
« Me lo sono sempre chiesto anche io. Suo figlio è più cordiale. Ma non potevo licenziarmi senza avere un altro lavoro. Lo stipendio qui non è male. I miei si sarebbero arrabbiati se avessi dato le dimissioni » ammise lui.
« Sì, ma non può permettersi di trattarti così! » esclamò lei. Vederla così indignata gli fece piacere. La domanda che lei gli rivolse dopo, molto meno. « I tuoi non lo sapevano? »
« In realtà sì, ma dicevano che in fondo non era così terribile, e che uno come me avrebbe potuto sopportare di peggio » rispose Sturgis, incupendosi come ogni volta che affrontava quel discorso.
« Uno come te? Non mi sembrava che fossi Nato Babbano... o sì? »
Lui esitò. Non gli piaceva parlare di quell'argomento, non gli piaceva neanche pensarci. Ma Emmeline lo guardava, i suoi occhi blu colmi di curiosità malcelata, e Sturgis non poté fare altro che cedere.
Si guardò intorno, per assicurarsi di non essere ascoltato. Erano soli, perché tutta la folla si concentrava verso il bancone, mentre loro si erano inoltrati parecchio lungo le file di scaffali.
« Più o meno. Sono figlio di due Maghinò » confessò.
L'aveva detto a poche persone, dal momento che la maggior parte della gente avrebbe reagito con disprezzo a quella rivelazione. Altri gli avrebbero chiesto come fosse possibile che due Maghinò avessero un figlio mago. Ma a Emmeline poteva dirlo senza temere reazioni indesiderate.
Lei infatti non batté ciglio. Si limitò ad appoggiarsi ad uno scaffale, attenta.
« Oh, ecco. Immagino che loro non abbiano avuto una vita facile » disse.
Sturgis annuì.
« Sono stati allontanati dalle rispettive famiglie fin da subito, e hanno dovuto vivere ai margini di quello che era il nostro mondo. E alla fine hanno iniziato a odiarlo. Pensa che quando mi è arrivata la lettera per Hogwarts, all'inizio non volevano neanche che ci andassi... »
« Non erano felici per te?» fece Emmeline, turbata.
« Non proprio, perché ormai consideravano il mondo magico come un posto orribile, e non volevano che io soffrissi quanto loro. Lo so che non è logico, visto che io sono un mago, ma loro continuavano a ripetere che a Hogwarts avrei avuto una vita infernale, perché i figli di Maghinò vengono trattati malissimo. Naturalmente esageravano, e alla fine Silente li ha convinti a mandarmi a scuola, anche se loro temevano che sarei stato male, se non fossi stato capace di fare nulla ».
Sturgis si fermò, incerto.
« Ti interessa davvero? » le chiese, perché Emmeline sembrava incuriosita.
« Certo. In fondo non so molto di te. Ma se non vuoi continuare... »
« No, va bene, continuo » fece lui, nervoso. Avrebbe preferito tornare a parlare delle ustioni che si era procurato in battaglia, non certo di quello, ma ormai non poteva farci più nulla. « Quando sono tornato a casa, quell'estate, non vedevo l'ora di raccontare tutto quello che mi era successo a Hogwarts, perché mi ero trovato bene. Loro erano felici per me, ma... »
« Ma? »
« Sai com'è... loro non avevano voluto avere più niente a che fare con la magia anche per soffrire meno, e invece si sono ritrovati con un figlio mago che li avrebbe costretti a ricordare ogni giorno come sarebbero vissuti se avessero avuto a loro volta dei poteri magici. Questo non me l'hanno mai detto e hanno sempre negato di soffrirne, ma io percepivo lo stesso il loro stato d'animo ».
« Mi dispiace davvero ».
Emmeline era visibilmente rattristata. Sturgis non la guardò, mentre continuava a raccontare. Avrebbe potuto fermarsi lì, ma ora che aveva iniziato non riusciva a smettere, come se avesse bisogno di sfogarsi.
« Dopo un po' ho iniziato a reagire male. Mi sentivo in colpa ogni volta che eseguivo un incantesimo, così ho smesso di esercitarmi e i miei voti sono calati drasticamente... e la cosa buffa è stata che alcuni studenti hanno iniziato a chiamarmi Magonò » aggiunse con un tono ironico.
A Emmeline tutto ciò non sembrava affatto buffo. Neanche a Sturgis, ma preferiva riderci sopra piuttosto che farla stare male. Era uscito con lei per conquistarla, non per farsi compatire, imprecò mentalmente.
« E come ne sei uscito? » chiese lei, cupa.
« Silente mi ha convocato e mi ha fatto un discorso dei suoi. Hai presente quando riesce a leggerti dentro e ti dice alcune frasi ad effetto? »
Lei sorrise e annuì.
« Ecco, mi ha aiutato molto » disse Sturgis. « E devo ammettere che non è stato solo lui a farmi rinsavire ».
Sturgis ricordava perfettamente il ritratto del Preside Black, che aveva commentato con aria inorridita:
« Oh povero me, cosa mi tocca sentire! Credevo di essere stato sottoposto ad ogni tipo di aberrazione nella mia vita, ma un mago che non vuole essere un mago non l'avevo ancora incontrato! Silente, portalo in infermeria, deve aver preso un Bolide in testa ».
Non era stato molto comprensivo, ma quella sfuriata colma d'indignazione aveva permesso a Sturgis di guardare la propria situazione dalla giusta prospettiva. Forse Phineas Black sarebbe inorridito nel sapere che un figlio di due Maghinò gli era riconoscente, ma era proprio così.
« E poi? » gli chiese Emmeline.
« Ho ripreso a usare la magia e i miei voti sono migliorati. Ma i rapporti con i miei genitori sono rimasti sempre gli stessi. Quando ho finito Hogwarts ho detto loro che volevo diventare Guaritore, ma loro erano scettici. Dicevano che, con tutti i pregiudizi che ci sono, non avrebbero mai ammesso un figlio di Maghinò al San Mungo. Quella volta però mi sono imposto. Non sono uno che litiga spesso, ma quel giorno l'ho fatto. Alla fine però hanno detto che, se volevo studiare Guarigione per poi restare disoccupato, gli studi dovevo pagarmeli da solo, perché loro non erano disposti a buttare quel poco che guadagnano. Ed ecco perché ho iniziato a lavorare qui ».
Sturgis tacque, e notò che Emmeline era indignata.
« Quello che ti hanno fatto passare è ingiusto » disse, severa.
« Forse, ma non ce l'ho con loro. La vita dei Maghinò adesso va un po' meglio, ma anni fa non era così. Venivano cacciati di casa da bambini, o rinchiusi per tutta la vita in una cantina. Probabilmente qualcuno nei secoli scorsi li avrà anche uccisi, ma ovviamente nessuno ha mai potuto verificarlo. I miei sono stati sbattuti fuori dalle loro case da piccoli, e hai idea di quello che devono affrontare due bambini soli al mondo? Anzi, sono stai fortunati a non incappare in un lupo mannaro o prendere una cattiva strada. I Maghinò vengono trattati molto peggio dei Nati Babbani, anche perché non possono difendersi. I miei genitori hanno provato ad inserirsi di nuovo nella comunità magica, ma sono stati respinti nel peggiore dei modi. Quindi non mi stupisce il fatto che volessero tenermi lontano da un mondo che odiavano, anche se dentro di loro desideravano ancora farne parte ».
Emmeline sembrò imbarazzata.
« Scusa, non avevo intenzione di offendere i tuoi genitori, e tanto meno te ».
« Non devi scusarti. Non hai tutti i torti, in effetti... Ma io non riesco ad essere duro con loro. Non lo ero neanche con Gazza. Credo di essere l'unico studente di Hogwarts a non averlo mai odiato » ammise, cercando disperatamente di usare un tono allegro. « Insomma, non credo che si senta molto a suo agio tra studenti che imparano a diventare grandi maghi ».
Emmeline sorrise, ma questo non le impedì di dire quello che pensava, caratteristica che a Sturgis era sempre piaciuta di lei.
« Questo è vero, ma per me Gazza è sempre una pessima persona. Prendi Hagrid, ad esempio: neanche lui ha potuto finire Hogwarts, anche se per motivi diversi, e anche lui viene discriminato e sbeffeggiato da studenti che non si rendono conto della fortuna che hanno. Ma Gazza si è incattivito, Hagrid no. E tu stesso saresti potuto diventare altrettanto astioso e pieno di odio, e invece sei la persona più gentile che conosca ».
Sturgis arrossì. Non poteva credere alle proprie orecchie e non riusciva a guardarla negli occhi, cercando di non mostrare la bufera di emozioni che stava infuriando dentro di sé. Era una sensazione troppo estrema e devastante per una persona tranquilla come lui, ma non poteva cedere, altrimenti avrebbe rovinato tutto.
« Grazie » si limitò quindi a balbettare.
Improvvisamente ricordò quando Rachel gli aveva consigliato di sfoderare il suo lato tenero.
Aveva ragione, pensò, ripromettendosi di ringraziarla.
Emmeline dovette accorgersi del suo disagio, perché assunse un tono molto più allegro.
« Allora oggi per te è una giornata importante! Sei diventato Tirocinante solo con le tue forze. Per festeggiare ti offrirò una Burrobirra... e delle Cioccorane » gli sorrise.
Lui fece altrettanto,
« Io... bè, se proprio vuoi... » si limitò a dire.
« Certo che voglio. Vieni, prima pago il libro e poi andiamo al Paiolo Magico, va bene? »
Sturgis si lasciò guidare. Si sentiva come ubriaco.
Ma notò che ora tra loro era calato un certo imbarazzo, sicuramente dovuto a quello che lui le aveva raccontato. Così si sforzò di trovare qualcosa da dire che la distraesse, mentre uscivano dal Ghirigoro.
« Sai che ho scoperto di discendere da
Sir Patrick Delaney-Podmore? » buttò lì la prima cosa che gli venne in mente.
Emmeline inarcò le sopracciglia, perplessa e anche un po' sconcertata per il cambio improvviso di argomento.
« Chi? »
« Dai, il fantasma della Caccia Senza Testa! Sir Nicholas ne sparlava continuamente perché non lo ammetteva tra gli altri Cacciatori Senza Testa ».
Emmeline scoppiò a ridere.
« E come l'hai scoperto? »
« È stato proprio Nick a dirmelo. Voleva che mettessi una buona parola per lui col mio antenato ».
« E ci sei riuscito? »
« No. Insomma, come pretende di riuscire a lanciare la propria testa se ce l'ha ancora attaccata al collo? Ho provato a spiegarglielo nel modo più gentile possibile, ma non l'ha presa molto bene... »
Lei ridacchiò. Poi si voltò di nuovo verso di lui, pensierosa.
« Non so come tu faccia a sembrare sempre così spensierato, nonostante quello che hai dovuto passare. Dovrei prendere esempio da te: io di solito mi lascio abbattere dalle cose negative ».
« Dici davvero? Se continui così potrei anche smettere di essere un ragazzo così insicuro » affermò lui, pienamente convinto di quello che diceva. Sapeva di essere fatto in quel modo, e non poteva farci niente.
Ma le parole gli morirono in gola quando Emmeline posò una mano sulla sua. Per un attimo dimenticò come respirare.
« Dovresti farlo. Sei molto più in gamba di quanto tu creda ».
Sturgis non si era mai sentito così felice in tutta la sua vita.







La parentela di Sturgis con sir Patrick l'ho inventata, ma rileggendo "La camera dei segreti" ho notato l'omonimia e ho pensato di riutilizzarla. xD
Chi mi conosce sa che adoro Narcissa mentre non sopporto i due Malfoy, ma riconosco che Lucius non era un padre proprio orrendo. Sarà viscido, opportunista e vigliacco, ma non so da dove sia nata la leggenda che fosse violento con i familiari (???).
Ma a parte questo, secondo me è sempre stata Narcissa quella che prendeva le decisioni importanti. Almeno dai libri si nota che quella che agisce è lei, e Lucius segue sempre i suoi consigli.
Scusate se ho risposto alle recensioni all'ultimo minuto, è già tanto se
in queste due settimane ho trovato un po' di tempo per scrivere qualche riga xD
Nel prossimo capitolo oltre ad altre cose, compariranno due personaggi "nuovi", nel senso che non ne ho mai parlato finora... e rivedrete Hogwarts!
Arrivederci al 10 maggio!
Ciao,
Julia
  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Julia Weasley