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Autore: Mabs    27/04/2012    18 recensioni
Nicole andava a lezione di piano ogni venerdì pomeriggio. La sua insegnante abitava all’ottavo piano di un palazzo che ne aveva quindici, e solitamente per raggiungere il suo appartamento utilizzava le scale. Non perché fosse una ragazza attiva o non particolarmente pigra, solamente perché aveva sempre sofferto di claustrofobia e quel piccolo ascensore le aveva sempre messo un po’ di terrore. Ma in un caldo pomeriggio di maggio, situazioni estreme costrinsero Nicole ad andare, o meglio, a rifugiarsi nell’ascensore. Ma che non si riveli anch’esso un luogo più che pericoloso?
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nicole premette di nuovo con forza il dito contro il citofono.
Quel dannato aggeggio funzionava una volta sì e dieci no. Molte erano state le volte in cui si era seduta senza speranze davanti al portone dell’appartamento nel quale prendeva lezioni private di pianoforte, componendo il numero della sua insegnante per chiederle di aprirle.
Questa volta non rispondeva neanche al telefono.
Quando Nicole fece per alzarsi e raccogliere la sua borsa piena di libri stracolmi di note e chiavi di violino, una signora sulla settantina si avvicinò con cautela.
-Devi entrare?
L’anziana tirò fuori un mazzo di chiavi dalla ormai logora borsa di pelle, ed aprì finalmente il portone dell’appartamento.
-La ringrazio.
Disse Nicole accennando un sorriso forzato.
Aiuto la signora ad entrare tenendole la porta, e poi avanzò chiudendosela alle spalle.
Nicole procedette verso le scale mentre la settantenne si diresse verso la prima porta a destra, aprendola con il medesimo mazzo di chiavi.
E’ un bene che questa povera signora abiti qui al piano terra. Se avesse fatto altri tre passi per arrivare all’ascensore probabilmente le sarebbero cedute le ossa e si sarebbe accasciata come un sacco di patate per quanto mi sembra debole.
Pensò Nicole, salendo gli scalini a due a due.
Arrivata al secondo piano, sentì fischiettare.
Si girò più volte per vedere se intorno a lei ci fosse qualcuno.
Vuoto.
Salì di corsa, col respiro affannato, un’altra rampa di scale.
Qualcuno fischiettava ancora.
Il suono cominciava a farsi sempre più vicino. Nicole, presa dal panico, sussurrò:
-C’è nessuno?
Nessuno rispose.
In quel momento si sentì anche piuttosto stupida. Sarebbe potuto essere un condomino qualsiasi che saliva le scale per raggiungere casa sua fischiettando e lei gli andava chiedendo chi era; apparentemente non sembrava un’azione del tutto normale. Era il panico che l’aveva spinta a farlo.
Il motivetto fischiettato continuava ad avvicinarsi, seguito da pesanti passi ritmati.
Si girò agitata, e la prima cosa che le si parò davanti sembrò essere forse qualcosa di remotamente simile ad una salvezza.
L’ascensore.
Quello che tanto aveva temuto in quegli ultimi anni. Quello spazio stretto e angusto che tutto le strasmetteva tranne che sicurezza.
Mentre il misterioso individuo che continuava imperterrito a fischiettare le si avvicinava, Nicole iniziò a premere furiosamente il bottone a forma di freccia rivolta verso l’alto vicino all’ascensore.
Ti prego, sbrigati, sbrigati, sbrigati!
Pensò Nicole scuotendo le gambe in preda all’agitazione.
Le porte si spalancarono lentamente, e Nicole si fiondò dentro all’ascensore tirando un sospiro di sollievo.
-Sale o scende?
Nicole si girò di scatto e tutto ciò che vide fu un innocuo uomo che avrebbe potuto avere dai 30 anni portati male ai 50 portati bene, con un sorriso cordiale stampato sulla faccia.
Nicole si abbandonò appoggiandosi contro la parete del piccolo ascensore per riprendersi dallo spavento. Sussurrò:
-Salgo. All’ottavo piano.
L’uomo premette il piccolo bottone con un “8” stampato sopra a caratteri cubitali.
Nicole non ebbe nemmeno il tempo di notare che non vi era selezionato alcun numero, a parte il suo; come se l’uomo accanto a lei non fosse diretto da nessuna parte in particolare.
A Nicole cominciò a mancare l’aria. Quel luogo era davvero troppo stretto e angusto. Riusciva a sentire il respiro del sorridente signore sul collo.
Il silenzio tombale che risiedeva nell’ascensore fu rotto da quell’apparentemente normale uomo che, passandosi una mano tra i lunghi capelli brizzolati, iniziò a fischiare.
Nicole sgranò gli occhi, si girò ed incrociò lo sguardo dell’uomo. Quest’ultimo le si avvicinò con nonchalance, afferrandole la mano, e mettendole l’altra davanti alla bocca.
Provò ad urlare, ma non ci riuscì. Tutto ciò che riuscì a fare, in un primo momento di lucidità, fu spingere il numero “6” con la speranza che l’ascensore si fermasse al sesto piano e qualcuno fosse lì ad aspettarlo.
Sempre fischiettando l’uomo fece scendere la mano dal collo di Nicole fino al suo seno, scivolando fino ad arrivare al suo basso ventre. Cominciò a morderle l’orecchio sinistro e a respirarle addosso affannosamente.
Nicole provò con tutte le sue forze a scalciare e a ferire l’uomo con la sua unica mano libera, ma tutto ciò che riuscì a fare fu far interrompere il continuo fischiettare pestandogli violentemente il piede.
Improvvisamente le porte dell’ascensore si spalancarono e una donna dall’aria decisamente più consueta comparve ai loro occhi.
Il maniaco lasciò la mano di Nicole, smise di fischiettare, e parlò per la prima volta:
-Bella, è il sesto piano. Sei arrivata, puoi scendere.
Disse sorridendo.
Nicole si precipitò sul pianerottolo, ignorando la donna (che sembrava non aver notato nulla della situazione evidentemente inconsueta che andava svolgendosi all’interno dell’ascensore) che stava per salire e il destino a cui (forse) stava andando incontro.
Si fermò, posando le mani sulle ginocchia e respirando affannosamente.
Mi ha toccata. Se non fossi riuscita a premere quel dannato “6” probabilmente a quest’ora sarei ancora lì dentro a farmi fare chissà cosa.
Salì immediatamente le scale che l’avrebbero portata al settimo piano.
Doveva raggiungere al più presto l’appartamento della sua insegnante di pianoforte. Le avrebbe raccontato l’accaduto, in modo che probabilmente ci sarebbe potuta essere anche una sola, vaga opportunità di riuscire a catturare l’uomo che si aggirava fischiettando per il palazzo.
Salì di corsa l’ultima rampa di scale che l’avrebbe portata finalmente all’ottavo piano.
Giunta al pianerottolo numero 8, che ormai ben conosceva, si diresse verso l’abitacolo della sua insegnante. Voltò l’angolo sempre correndo, fino ad arrivare all’ultimo corridoio a sinistra, nel quale vi era un’unica porta, dietro la quale si trovava la casa accogliente che ben conosceva.
Suonò il campanello, tenendo premuto il dito sul pulsante per più di cinque secondi, con la speranza che la signora accorresse il più velocemente possibile, intuendo che forse qualcosa, dall’altra parte della porta, non andava.
Le luci automatiche che illuminavano il buio corridoio privo di finestre si spensero.
L’interruttore più vicino era all’inizio del corridoio e non aveva né la forza né il coraggio di raggiungerlo.
Suonò nuovamente il campanello.
-Dannazione!
Urlò Nicole, in preda alla disperazione.
Finalmente udì dei passi provenire da dietro la porta.
Non era il solito ticchettio dei tacchi che portava abitualmente la sua insegnante, e questo le generò non poca preoccupazione.
Un fischiettìo giunse da dietro la porta.

 



Angolo autrice.
Non so se a voi ha trasmesso tutto ciò che ho sentito io mentre la scrivevo. Sarà che sono una fifona, ma stavo morendo dalla suspance mentre la scrivevo AHAHAHHAHA. Non so, non è la mia prima one-shot horror, però diciamo che questa è un po' meno splatter di quell'altra, LOL. Diciamo che il "bello" non sta tanto nella "violenza", se così si può chiamare, che Nicole subisce, ma più che altro nella suspance e nella situazione che si viene a creare. Lei che scappa. Il fischiettio continuo che la perseguita, e via dicendo.
Non so, fatemi sapere se vi è piaciuta e mi raccomando, RECENSITE e fatemi sapere che ne pensate (:
  
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