Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: GuessWhat    01/05/2012    1 recensioni
Dal capitolo 9:
«Vi attendevo» sentenziò Arais Aignée «Accomodatevi.» ed i due eseguirono. Anche Grell non osava fare parola, vuoi per la vista di un vecchio, vuoi per il senso di fermo rispetto che egli incuteva.
Fu William a rompere il ghiaccio.
«Siamo stati mandati qui per..»
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«Ora che il tuo padroncino dorme, ti andrebbe una partita a dadi?»
La Regina Vittoria manda il suo fidato Cane da Guardia lontano da Londra, in una sperduta colonia inglese situata su un'isola africana al largo della Costa d'Oro: misteriose sparizioni ed omicidi dai risvolti disgustosi stanno sconvolgendo l'isola.
Tra zanzare, serpenti velenosi, leopardi, tarantole, erbette magiche, pappagalli parlanti e nuovi personaggi che daranno filo da torcere al Conte e al suo seguito, è chiaro fin da subito ai nostri eroi di sempre che un alone di mistero circonda l'isola, non meno oscura, ingannatrice e sanguinosa della capitale inglese.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Nuovo capitolo per voi. La vicenda inizia decisamente a muoversi..!
Ho visto che diverse persone hanno inserito la storia fra le Seguite. Mi fa molto piacere, ciò significa che la storia vi suscita interesse: se vorreste recensirla, anche solo con un breve commento, mi fareste felice. Mi piace sapere che vi piace (italiano vieni a me) non solo da un numeretto in più alla voce "Seguita da", ma direttamente dalle vostre tastiere... <3

Un ritrattino di Nan Cee, personaggio che compare in questo capitolo, potete trovarlo QUI.

- Tè ed arresti. -



Sebastian Michaelis scostò la seggiola dal tavolo e il Conte si accomodò, dopodiché il maggiordomo la spinse in avanti e rimase in piedi al suo fianco. La servitù si era appostata autonomamente in un tavolo vicino e tra Bard che picchiettava con l’indice sul legno in attesa del suo boccale stracolmo di porto, Tanaka ed i suoi “Oh, oh, oh”, Meyrin con le epistassi per via dei muscolosi marinai appoggiati al bancone e Finnian che cercava di calmarla, facevano un gran baccano.
Il signor Nan Cee si buttò con molta poca grazia sulla sedia, dal lato opposto del piccolo tavolo a cui sedeva il Conte Phantomhive, il quale mise a toccare i polpastrelli osservando il comportamento alquanto bizzarro dell’uomo.
Nan Cee non aveva modi palesemente strambi, ma era inusuale in modo sottile, a partire dall’aspetto. Il Conte non si spiegava i capelli ben curati, perfettamente raccolti, gli anelli dorati e la pelle pulita messi a confronto con le punte delle dita rovinate, i sandali mezzi distrutti e gli abiti quotidiani, anonimi. Inoltre, nonostante parlasse correttamente inglese –non aveva alcun tipo di inflessione-, si esprimeva in modo contorto. I suoi modi erano sì affabili, ma non educati: il modo in cui si era stravaccato senza eleganza sulla sedia glielo suggeriva.
« Una tazza di tè, nevvero Conte, eh? » gli sorrise mostrando di nuovo i denti ingialliti. Ciel annuì. « Beh sì, lo immaginavo. So che siete di parola, eh eh.. » si guardò intorno, scrutando la superficie del tavolo come se mancasse qualcosa. Strinse le labbra e le sporse in avanti con aria dubbiosa, gli occhi puntati sul tavolo. « Aso! »
Ciel alzò appena un sopracciglio: Aso? Era una parola africana che non conosceva? « Scusate, signor Nan Cee. Non parlo il linguaggio ashanti. »
Nan Cee parve non sentirlo. « Aso! » ripeté a voce più alta, lo sguardo sempre fisso nel mezzo del tavolo.
Dato che non giudicava i libri dalla copertina e si erano conosciuti a malapena mezz’ora prima, Ciel non avrebbe voluto categorizzare il signor Nan Cee ma qualcosa nella sua mente lo stava già schedando come l’ennesimo pazzo. Considerando che nemmeno Sebastian, per natura a conoscenza d’ogni lingua, interveniva nel discorso, si disse che doveva solo aspettare che si calmasse qualunque cosa stesse facendo.
« Aaaaso! »
Il Conte si immerse nella sedia, quasi rassegnato ed impaziente. Non avrebbe lasciato passare molto tempo prima di interrompere lo strano “rito” della loro guida, rito che stava cominciando a fargli perdere la poca voglia di assistervi che gli rimaneva. Abituato alle stranezze –la sua villa ne traboccava e ce n’era abbastanza per tutta Londra-, avrebbe sopportato ancora per un poco.
Nan Cee sbatté il pugno chiuso sul tavolo con una certa forza. Ciel sobbalzò, le quattro teste della servitù si girarono e nel locale cadde il silenzio. Sebastian non fece una piega, né lo fecero i marinai e gli avventori abituali della saletta da tè.
« ASO! » sbottò Nan Cee.
« Na’an! » si udì una lontana voce di donna ed i nuovi arrivati si voltarono nella direzione da cui essa proveniva.
Una mano scura scostò le perline appese a fare da divisorio tra le cucine e il locale. Ne emerse una donna alta dalla cascata di capelli ricci e scuri, con qualche piccolo ricciolo biondo che catturava la luce. Il viso a cuore racchiudeva una bocca carnosa, un naso leggermente schiacciato e due grandi occhi neri e luminosi, dalle ciglia arcuate che ne sottolineavano la forma dolce. Le spalle ed il collo avevano però una forma quasi spigolosa ammorbidita da un seno particolarmente abbondante e da fianchi e glutei generosi. Indossava un lungo abito rosso drappeggiato di una stoffa vagamente dorata e sugli avambracci magri portava quintali di bracciali tintinnanti di forme, materiali e colori più diversi. A differenza di Nan Cee non portava anelli ad esclusione di una fede nuziale d’oro all’anulare sinistro, mentre dai lobi pendevano orecchini d’osso a cerchio.
La donna si fece avanti nel locale in stile coloniale, attirando i saluti dei marinai a cui rispondeva per nome. La luce che filtrava dalle finestre in vetro cotto rendeva la sua pelle scura tendente all’ambrato, ma appena si spostava all’ombra, la carnagione riacquistava il suo colorito naturale. Camminava in maniera indefinibile; due o tre passi erano aggraziati, poi per qualche metro aveva una camminata cionca, successivamente procedeva normalmente.
« Aso! Sei diventata sorda? » anche se nella voce di Nan Cee c’era rimprovero, il suo viso era sorridente.
Aso si avvicinò all’uomo ignorando completamente Conte e servitù. Gli avvolse le spalle con un braccio e appoggiò il fianco a lui, mentre con l’altra mano andava ad accarezzargli i capelli raccolti in treccine. Nan Cee aveva occhi solo per la donna; dopo averla salutata con un bacio lieve sul seno (a quanto pareva più vicino del viso di lei), posò la guancia sulla sua morbidezza e le strinse la vita con un braccio, tirandosela il più vicino possibile ma lasciandola in piedi.
Capendo a cosa stava assistendo, Ciel aprì leggermente la bocca tirandola agli angoli ed arrossendo appena s’irrigidì sul posto. Che bisogno c’era di lasciarsi andare a simili esternazioni?! Un po’ di contegno e pudore…! Lo mettevano davvero in imbarazzo (Meyrin dal canto suo ebbe un altro attacco di epistassi).
« Vi presento mia moglie Aso » annunciò agitando il dito indice, su cui Ciel notò brillare, incastonato nell’anello d’oro, uno zaffiro ben intagliato. « Proprio lei gestisce questa saletta da tè e proprio lei » le diede un pizzicotto sul fianco; lei, con la sua voce bassa ma un po’ raspante, ridacchiò a quel gesto « Si dimentica sempre di lasciare l’elenco del tè. Aso! » la rimproverò giocosamente, pizzicandole di nuovo il fianco.
« E’ perché penso sempre a te, Na’an » gli rispose stringendogli la spalla.
Appurato che Nan Cee non era pazzo tanto da urlare parole senza senso… Molto piacere di conoscere la signora, ma voleva un tè. Ciel tenne le mani raccolte sul bordo del tavolo, osservando la signora, indifferente. « Piacere di conoscerla, signora Cee » le disse. Per il modo in cui si comportava pubblicamente col marito, quella donna gli aveva lasciato qualcosa di spiacevole e non aveva intenzione di stringerle la mano. Dal canto suo, Aso era troppo impegnata a stare di fianco al marito per badare allo scricciolo di fronte a lei.
« Ah, Na’an, questo è il nobile di cui mi avevi parlato, ah » Aso fece una breve pausa « Ma lo figuravo più alto » osservò con calma. Si rivolgeva direttamente al marito come se al di fuori di lui tutto il resto non avesse la minima importanza.
Nuovamente Ciel si irrigidì. Se lo aspettava più alto?! Era lei che era altissima, una gigantessa, diamine!! Il Conte tuttavia non diede segno di scomporsi per la maleducazione e la sfrontatezza dimostrate dalla moglie di Nan Cee. Era superiore.
« Via Aso » disse Nan Cee, « Porta ai signori l’elenco dei tè. »
« Sì, Na’an » si chinò a dargli un bacio sulla bocca –Ciel distolse velocemente lo sguardo e lo puntò su una pianta da vaso in un angolo, improvvisamente molto interessante-, sciolse l’abbraccio e scomparve.
Nan Cee ridacchiando appoggiò i gomiti sul tavolo e si passò la lingua sui denti del sorriso scoperto. « Perdonate mia moglie, eh, Conte » scosse la testa « Innamorata, troppo innamorata. »
Non appena Aso sparì, Ciel girò gli occhi su Nan Cee. Aveva una sua idea sull’amore. La tenne per sé. « Comprendo. » fu la sua unica, secca risposta. Distolse nuovamente gli occhi per studiare l’affascinante pianta da vaso non appena la donna tornò con gli elenchi per i due tavoli; per sua fortuna s’intrattenne a parlare al tavolo della servitù, incuriosita dalla poderosa perdita di sangue dal naso che Meyrin aveva avuto poco prima.
Ciel prese l’elenco ed iniziò a sfogliarlo. Effettivamente erano molto ben forniti, nulla da dire su questo... Ma non avrebbe scelto lui il tè, voleva solo dare una scorsa. « Complimenti per la vasta scelta » commentò vagamente. Sebastian si chinò in avanti con garbo.
« Signorino, posso consigliare il Black Chocolate? »
Da che mondo era mondo, Sebastian raramente sbagliava nelle sue scelte. Ed il Black Chocolate era la scelta adatta; si trovavano nel continente nero e considerando il suo umore -nero anch’esso; che coincidenza-, un po’ di dolcezza al cioccolato gli avrebbe fatto più che bene. Ciel, dunque, annuì alla sua proposta.
« Buongustaio, Conte! » commentò Nan Cee aggiustandosi sulla sedia. Chiamò Aso con uno schiocco della lingua, le riferì l’ordinazione del Conte ed ella si dileguò nuovamente nel retro del locale. « Sapete? Secondo me se questa modesta, scassata saletta da tè non avrebbe niente da invidiare alle altre nel cuore di Londra… » l’uomo batté le dita della mano destra sul tavolo, con un rumore di anelli. « Basta cianciare! Avete fatto un buon viaggio? »
… Basta cianciare, e poi chiedeva se il viaggio era stato buono? « Discreto » rispose, vagamente annoiato.
« Bene. Non vi ho fatto questa domanda per tornare a chiacchierare. »
Ciel sollevò lievemente un sopracciglio, apprestandosi ad ascoltarlo con più interesse.
« Le comodità che avete trovato sulla nave non saranno le stesse sulla nostra isola. Proprio no, signor Conte » continuò Nan Cee, « La Regina Vittoria non ve lo ha accennato ma qui i nobili non sono tanto piaciuti. »
Ciel si rabbuiò leggermente. Non era una buona notizia, affatto. Non appena vide la sua faccia incupita, Nan Cee rise e batté nuovamente la mano sul tavolo. « Ma via, Conte. Stavo solamente scherzando! » ridacchiò « Voglio essere onesto con voi: in realtà, almeno qui nella colonia, i nobili inglesi sono ben accetti » annuì con serietà « La nostra isola è famosa per l’ospitalità degli abitanti, non certo del luogo. »
« Proseguite » disse Ciel ora interessato seppur sempre contenuto.
« Certo » Nan Cee si piegò sul fianco ed estrasse dalla sacca che aveva appoggiato alla sedia una cartina. La spiegò sul tavolo: era la mappa di Legun. Puntò il dito indice sul porto. « Bene, noi siamo qui » fece risalire il dito lungo una strada non molto lunga, fino ad un agglomerato di case. « Questa è la colonia inglese di Legun. »
Ciel constatò che non era poi così microscopica come aveva immaginato: suppergiù, era grande come due o tre quartieri di Londra messi insieme. Decisamente una dimensione discreta per una colonia su un’isola. Dando uno sguardo alla cartina, l’isolotto che aveva pensato era molto più esteso di come se lo era figurato.
« Sono sorpreso. »
« Sì? »
Il ragazzino annuì. « Non ho avuto modo di osservare mappe così dettagliate di Legun, sebbene abbia cercato di procurarmene una decente. Dalle rappresentazioni dei nostri mappieri, sembrava assai più piccola. »
Nan Cee si batté la sinistra sul cuore, orgoglioso. « L’ho disegnata io stesso, Conte. Sono la guida migliore di quest’isola. »
La precisione della cartina era esemplare; per quanto riguardava l’aspetto lavorativo, il signor Nan Cee si stava dimostrando piuttosto competente. Il Conte sentì nascere, leggerissimo, un sentimento di approvazione per quell’uomo. Mai giudicare un libro dalla copertina, egli ben lo sapeva! L’africano dagli occhi verdi, dopo un primo momento di totale incomprensibilità, cominciava a delinearsi agli occhi del Cane da guardia della Regina.
« Ottimo lavoro » fu il commento di Ciel, sincero ma non troppo partecipato.
Nan Cee chinò il capo in segno di ringraziamento. « Faccio solamente il mio mestiere. »
« Apparentemente, lo fate in modo curato. E di questi tempi è assai raro. »
Alle parole di Ciel, gli occhi del maggiordomo si socchiusero leggermente, mentre Nan Cee annuì. « Ed è un grandissimo dispiacere, eehhh… » si appoggiò allo schienale della sedia ma tornò immediatamente dalla cartina.
« Comunque, Conte, dopo la colonia ci sono alcuni agglomerati di case sparse, piccoli vilaggi » li indicò sulla mappa « Più che altro sono piccoli centri urbani costruiti intorno a luoghi d’interesse. Sapete, cose come miniere, piantagioni, falegnamerie. » Ciel, con un cenno del capo, gli fece intendere di continuare e Nan Cee eseguì. « Poi è tutta foresta. Solo giungla, monti, laghi, fiumi. Mentre in questa zona » indicò un punto a nord, alle pendici di uno dei monti dell’isola « Sono stati segnalati gli attacchi degli ashanti. »
Nel folto della giungla, quindi… Ciel sospirò in maniera lievissima. Non si aspettava niente di molto diverso, le disgrazie non venivano mai da sole.
« Cosa si sa di questi attacchi degli ashanti? »
« Chi li ha subiti non è uscito vivo » fu la risposta di Nan Cee.
Ciel incrociò le dita ed appoggiò il mento alle mani ravvicinate. « Come si sa che sono opera delle popolazioni ashanti, quindi? »
« Quando gli inglesi sono venuti a portare la civiltà nella colonia, la nostra popolazione stava morendo di fame » iniziò a raccontare Nan Cee « Pestilenze, malattie e guerre ci dilaniavano, questo mi raccontava mio nonno. I leopardi ed i giaguari attaccavano i nostri villaggi e noi non riuscivamo a respingerli, la natura si ribellava a noi. C’erano tutti i presagi di una sventura imminente: la venuta di un uomo dalla pelle del colore del latte delle vacche avrebbe terminato quel che il Fato aveva deciso per noi » Nan Cee abbassò lo sguardo. Si era fatto estremamente serio. « Trent’anni fa sbarcò su quest’isola Lord Marshall » rialzò gli occhi sul Conte « “Un uomo dalla pelle del colore del latte delle vacche”. Ci siamo divisi, Conte. Io ero alto un vitello e due ragnetti, ma me lo ricordo ancora! »
Ciel ascoltava con attenzione. Il vociare del tavolo della servitù era nient’altro che un lontano ronzio. La spiegazione di Nan Cee era una testimonianza praticamente diretta, più dettagliata… la Regina Vittoria, di sicuro per precauzione, aveva taciuto certi particolari. « Vi divideste per l’arrivo di un Lord venuto a colonizzare le terre? »
« Voi non siete religioso, vero? »
« Non esattamente. »
Sebastian chiuse lentamente le palpebre.
« Si spiega, allora… »
A quel punto, Aso comparve dalla cucina. Portava con sé il vassoio del tavolo della servitù. Alzò la voce per attirare l’attenzione di Nan Cee. « Na’an, di’ al piccolo Conte che tra poco arriva il suo tè! »
Ciel arricciò le labbra, infastidito dalla mancanza di rispetto e dalla sfrontatezza di Aso.
« Aso ha detto che tra poco arriva il vostro tè » ridacchiò sommessamente Nan Cee. Il Conte soprassedette e ritornò al discorso: avevano sprecato chiacchiere inutili sulla nave, in porto, non dovevano perdere altro tempo. Prima iniziavano le ricerche e prima se ne tornava a Londra.
« Andate avanti, signor Nan Cee. »
Quello chinò il capo in segno di scuse, recuperò serietà e riprese anche il discorso, accavallando le gambe. « Se lo sciamano predice che vi sarà sventura, vi sarà sventura. Ma non tutti gli hanno creduto, Conte… Lord Marshall ci diede cibo, acqua, vestiti, case, fucili, lavoro. Lavoro nelle miniere, ma lavoro, retribuito con cibo e sicurezza » unì le dita delle mani anellate e riflessi dorati si sparpagliarono sul tavolo. « La mia famiglia era povera e mia sorella morì per fame poco dopo la nascita. Gli fummo riconoscenti. »
« Ma i problemi sono iniziati all’inizio dell’anno scorso. »
« Infatti. Lord Marshall morì un anno e mezzo fa e da Londra giunse Lord Peverell. Per circa trent’anni filò tutto alla perfezione, ma la profezia sembrò avverarsi con la prima ondata di sparizioni. I primi a sparire ed essere trovati morti, Conte, furono i capifamiglia maschi che decisero di convertirsi alla civilità » Nan Cee fissava indecifrabile le pupille, o meglio l’unica pupilla in mostra, del Conte. « Insieme a ciò, il popolo ashanti pare essere scomparso » ridusse la voce in un sussurro lieve « E come a volere dimostrare che gli sciamani avevano ragione, si sono nascosti nel folto della foresta e sono diventati ostili. »
Quando la religione si metteva di mezzo complicava sempre le faccende. Ciel imitò il gesto di Nan Cee di accavallare le gambe, ma lo fece in modo più composto.
L’aria stava ritornando ad essere pesante, ma non aveva voglia di allentarsi il fiocco al collo. Non era quello il problema. Nemmeno l’asma lo era. Sebastian, immobile alle sue spalle, tese l’orecchio ad alcuni rumori all’esterno.
I dettagli forniti da Nan Cee erano tutt’altro che rassicuranti. Il caso era intricato: Peverell, a sentire i dati della guida, in apparenza sembrava essere l’indiziato più logico. Casualmente al suo arrivo inizia una serie di misteriori omicidi e sparizioni: una casualità? Ciel considerava casuale la predizione, ma sull’arrivo di Peverell e le morti aveva qualche dubbio.
« Che ne pensate voi, signor Nan Cee? »
« Io? »
Il Conte chiuse gli occhi annuendo.
Passò qualche secondo prima che Nan Cee rispondesse; nel mentre, Aso comparve al fianco di Ciel col vassoio ed il the. « Na’an, gli ho messo due cucchiaini di zucchero » si rivolse al marito, anche se era ad un soffio da Ciel (che osservava con particolare interesse una mosca impigliata in una ragnatela nell’angolo in alto sopra la testa di Nan Cee).
« Grazie Aso » Nan Cee fissava serissimo il Conte. Appariva pensoso. La moglie, forse intuendo che non era aria, posò il vassoio e girò i tacchi; Ciel prese in mano la tazzina, osservandola con vaga curiosità. Pulita, ma il servizio non si abbinava al the proposto, era blu cobalto con delle farfalle azzurre dipinte a mano. Distrattamente buttò l’occhio al tavolo della servitù, accorgendosi che anche le loro tazzine erano tutte così.
Una saletta da tè che forniva servizi standard, di qualità a malapena accettabile, e per giunta con delle ragnatele sul soffitto..? Nan Cee non aveva idea di come fossero le vere salette da tè londinesi, poco ma sicuro. Con quel pensiero che gli dava un vago, nostalgico senso di casa, il Conte soffiò delicatamente sulla bevanda bollente.
Nan Cee guardò fuori dalla finestra un istante, come attirato da qualcosa. Poi girò le iridi verdi sul ragazzino. « Il mio pensiero, Conte… »
Ma non finì la frase.
La porta sbatté e sulla soglia polverosa si stagliò la figura di un uomo dalla sudata pelle chiara in maniche di camicia, coi capelli biondi pettinati e raccolti all’indietro, gli occhi color nocciola. Aveva il fiatone e i suoi denti bianchi scintillavano nella luce soffusa della saletta. I presenti, Ciel compreso, si voltarono colti di sorpresa dal suono improvviso. Sebastian fu l’unico a voltarsi lentamente.
L’uomo inspirò rumorosamente, si passò una mano sui capelli appiattendoli sulla nuca e quella stessa mano si levò minacciosa con l’indice puntato verso Ciel Phantomhive. « Conte Phantomhive? » soffiò. La sua voce aveva un che di caldo, ma ricordava vagamente un ringhio basso.
Non avendo la più pallida idea di cosa aspettarsi, Ciel posò la tazzina, palesemente seccato dall’ennesima interruzione. « Sono io. » rispose piatto ma deciso.
L’uomo non abbassò il dito. « Sceriffo Garth, molto piacere. Ti dichiaro in arresto! » ruggì.
Il momento in cui il Conte Phantomhive avrebbe potuto gustarsi una tazza di tè si faceva sempre più lontano.
   
 
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