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Autore: BloodyRose00    02/05/2012    1 recensioni
Sette adolescenti in una clinica psichiatrica. Hanno un'estate per cercare di ricominciare a vivere.
"Non voglio che la gente sappia che sono pazzo. Nessuno di noi lo vuole."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter Ten


Era una notte particolarmente afosa. L'aria fresca che usciva sibilando dai coindizionatori si riscaldava istantaneamente, diventando completamente inutile.
Dopo ore insonni passate a rigirarsi nel letto, Chris decise di alzarsi e togliersi i dubbi che lo tormentavano da quando aveva ricevuto la chiamata di Charles quel pomeriggio. Cercò a tentoni la porta, provando a non svegliare i suoi compagni di stanza. Se solo avesse acceso la luce, avrebbe scoperto di non essere il solo in giro a quell'ora della notte.
Bussò con decisione sulla porta della stanza accanto, dimenticando tutti i suoi propositi di silenzio. Una Savannah assonnata e furibonda gli si parò davanti, con addosso soltanto la biancheria intima. Ora, in una situazione del genere qualsiasi ragazzo si sarebbe preso qualche minuto, o per lo meno qualche secondo per dare un'occhiata, ma questo non era il caso di Chris. Si diresse a passo di marcia verso il letto più lontano dalla porta, dove Cheyenne sedeva cercando di abituare gli occhi alla luce.
“Te lo richiedo. Hai un fratello?”
“No” disse lei. Poi prese fiato e fece uscire le parole che da troppo tempo teneva dentro di sé. “Non più”.
Si alzò, aprì il cassetto del comodino e tirò fuori una scatola di latta. Lentamente, sotto lo sguardo attonito di Chris, allineò una serie di oggetti sul copriletto bianco.
“Questo è del suo primo concerto” spiegò la ragazza indicando il plettro con cui Cecily l'aveva vista giocherellare.
“E questi erano i suoi occhiali da sole preferiti”. Qui dovette fermarsi, perchè la sua voce stava cominciando ad incrinarsi.
Chris prese in mano una polaroid, che ritraeva Cheyenne e suo fratello pochi anni prima, incredibilmente somiglianti, e tutto tornò.
Quasi come in un film, tutte le immagini che aveva disperatemente cercato di richiamare alla mente fino a quel momento cominciarono a scorrergli davanti agli occhi.
Come aveva potuto dimenticare tutto questo? I baci, le feste, le gite al mare. Dovette sedersi sul letto più vicino, dal momento che non era più sicuro che le gambe potessero reggerlo.
“Tu sei quel Chris, vero? Quello che stava guidando”. Il ragazzo annuì. Cheyenne gli diede un pugno sul petto, poi un altro e un altro ancora.
“Perchè?” gli gridò contro. “Perchè tu sei qui e lui non c'è più?” Chris non potè fare altro che abbassare lo sguardo e asciugarsi una lacrima con il dorso della mano.
Quando entrambi si furono calmati, si scambiarono un abbraccio e restarono così, stretti l'uno all'altra, senza parlare, fino a quando il primo raggio di sole si fece strada tra le fessure delle persiane della finestra.

***

Mentre i due erano presi dai loro ricordi, Lenore e Savannah erano uscite silenziosamente dalla stanza. Assistere al dolore altrui sembra sempre qualcosa di sacrilego.
Il letto di Cecily era fresco e intatto. Dove diavolo era sua sorella? si chiese Lenore.
Savannah, sotto lo sguardo attonito della rossa, estrasse dalla tasca della camicia da notte, che aveva prontamente indossato prima di lasciare la camera, una fiaschetta, da cui bevve una lunga sorsata.
“Non puoi farlo” obiettò Lenore. L'altra gettò la testa indietro e rise di gusto. “Vuoi dire che non hai mai 'avuto una ricaduta' da quando siamo qui?”
“Colpevole. Passa.”
Un'oretta e qualche sorso più tardi, il corridoio cominciò a roteare. Lenore, decisamente meno abituata all'alcohol, aveva perso quasi del tutto la lucidità.
“Che cosa c'era nella fiaschetta?” chiese con voce impastata. “Assenzio” sorrise Savannah. Dal giorno in cui era arrivata alla clinica non era mai sembrata così felice.
“Sei pazza”
“Ma sei qui con me, no?”.
E poi accadde. Fu un attimo. Lenore si sporse a destra e avvicinò la testa ai capelli chiari di Savannah. Se aveva trovato il coraggio di fare una cosa del genere, allora era ancora più ubriaca di quel che credeva. Posò le proprie labbra su quelle della ragazza e quella, dapprima stupita, ricambiò il bacio, approfondendo il contatto.

***

“Dici che si sono accorti che non ci siamo?” chiese preoccupata Cecily a Damien, mentre camminavano vicini per un viale alberato.
“Assolutamente” rispose lui con un sorriso furbo. “Penso che alla clinica sappiano che c'è sempre qualcuno che esce senza permesso. Probabilmente è parte della terapia o qualche stronzata del genere”.
Tutta quella situazione – camminare all'aperto, conversare con una ragazza, sorridere – era una novità per lui. Essere in compagnia di qualcuno che apprezzava non accadeva da almeno un paio d'anni, quando aveva smesso di uscire di casa.
“Dove siamo?” I due si erano fermati davanti ad una finestra semichiusa. “Sta a vedere” disse Damien, enigmatico.
Sotto lo sguardo attonito di Cecily, aprì la finestra abbastanza da riuscire a passare e si introdusse nell'edificio. Dopo un paio di minuti, si aprì una porta alla sinistra della ragazza.
Una volta dentro, Damien accese la luce. Comparvero innumerevoli scaffali colmi di raccoglitori e registri che arrivavano al soffitto e occupavano l'enorme stanza in file parallele.
“Ma che cavolo...”
“È l'archivio regionale. Nascite, morti, matrimoni.” spiegò. “I miei genitori lavoravano qui” aggiunse poi, sotto lo sguardo interrogativo della ragazza.
“In che anno è che siete nate?” chiese, già camminando tra gli scaffali. “Ecco”. Tirò fuori un raccoglitore rilegato in pelle marrone e prese a girare freneticamente le pagine. Cecily afferrò i due fogli che lui le stava porgendo. Cecily e Lenore. Due certificati quasi identici. Due gemelle quasi identiche, nella buona e nella cattiva sorte.
Osservò meravigliata i nomi dei suoi genitori. “Ho il cognome di mia madre” notò. All'orfanotrofio nessuno si era preso la briga di parlarle delle persone che l'avevano messa al mondo.
In pochi minuti Damien aveva individuato i certificati di nascita dei due e aveva fotocopiato il tutto. “E ora usciamo di qui, prima che qualcuno ci scopra. L'effrazione è un reato punibile dalla legge”.

***

Frank spalancò gli occhi nel buio. Il fatto di avere un sonno estremamente leggero gli aveva permesso di sentire entrambi i suoi compagni di stanza uscire di nascosto, sebbene nessuno dei due si fosse accorto dell'altro.
Chissà come mai, finiva sempre così. Già al liceo era stato costretto ad osservare i suoi presunti amici andare avanti con le proprie vite, trovarsi delle ragazze, uscire a divertirsi. Aveva pensato che, per una volta, sarebbe stato diverso. Aveva pensato che forse, magicamente, le cose sarebbero cambiate. Dove gli era venuta quella folle idea? Ovviamente era rimasto da solo, di nuovo. Persino Damien, che non usciva di casa da due anni, persino Savannah, che si credeva troppo importante per quel branco di psicopatici, persino loro due erano fuori da qualche parte.
Il problema, riflettè Frank, era che non riusciva a tenersi degli amici. Finiva sempre per allontanare chiunque fosse stato abbastanza coraggioso da cercare di conoscerlo meglio. La causa, però, gli era ancora sconosciuta.
Ad un certo punto, la solitudine si fece troppo dura da sopportare. Decine di frasi stupide che aveva pronunciato nel corso della sua vita, situazioni imbarazzanti di cui era stato protagonista, fallimenti personali cominciarono a tornargli in mente. La sua testa, con la voce del ragazzo che l'aveva tormentato per quattro anni, cominciò a rinfacciargli tutto quello che aveva sbagliato.
Sfortunatamente, Frank conosceva solo un modo per zittirla. Si guardò nervosamente intorno, in cerca di qualcosa che sapeva che non avrebbe trovato. Non c'era niente di abbastanza appuntito o affilato nella stanza. Per radersi era permesso solo un rasoio elettrico. Stava per farsi prendere dal panico, quando ebbe una folle idea.
Staccò con cura il vetro dalla cornice sul comodino, senza badare ai suoi genitori che gli sorridevano dalla fotografia, e lo spezzò. Scelse il pezzo più affilato che riuscì a trovare e fece quello che aveva promesso a se stesso di non ripetere mai più.



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Come al solito ci ho messo una vita ad aggiornare, ma almeno abbiamo un capitolo denso di avvenimenti. Ma c'è qualcuno che dorme in questo posto?
Comunque, il capitolo 11 è già pronto, cercherò di postarlo al più presto.
Grazie a chi recensisce e a chi si limita a mettere la storia tra le preferite/seguite/ricordate.

A presto
   
 
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