PRIMO CAPITOLO
Mio
fratello si sedette davanti, accanto alla zia, io nei sedili
posteriori, separata da Louis – fortunatamente –
dalla mia
sorellina.
Il ragazzo si svegliò bruscamente all'incirca mezz'ora
dopo la nostra partenza, sbatté con forza le palpebre e mi
guardò
con i suoi occhioni blu.
«Tu saresti..?»
«Chi, io?»
mormorai, schioccando nervosamente la lingua sul palato
«Mael»
«Sai chi sono io, vero?» sorrise, facendomi
l'occhiolino con
l'occhio destro.
Gli lanciai uno sguardo scettico: ok che era
famoso, ok che era ricco, ma chi si credeva di essere? D'altronde era
solo un ragazzino di appena diciassette anni con stupidi capelli da
femminuccia e una risatina fastidiosa.
Passai una mano tra i
capelli, facendo scivolare la lingua tra i denti, come facevo sempre
quando ero particolarmente nervosa o irritata. Era un tic che mi
portavo dalla terza media, quando agli esami avevo in un certo senso
perso la memoria e ho dovuto, in poche ore, ristudiare tutto. Un
incubo.
«..Mael?»
fece Louis, aggrottando le sopracciglia.
Scossi il capo,
abbandonando con violenza i miei pensieri; fissando il suo sguardo mi
dimenticai del discorsino a cui avrei dovuto sottoporlo e mi limitai
ad annuire con un sorriso ebete.
Furiosa con me stessa, passai
l'intero viaggio ad aggiornare il mio profilo Tumblr, imprecando
contro mia sorella che non faceva altro che tirare pugnetti sulla
spalla di Louis.
«Basta Ellen, lascialo.. lui è una star
mondiale» sussurrai, sottolineando con veemenza le ultime
parole,
lasciandomi scappare un sorrisino maligno.
Lui mi sentì, alzò lo
sguardo e, mettendo in pausa l'mp3, avvicinò le sue labbra
al mio
orecchio.
«Vuoi la guerra? E guerra sia» sussurrò,
sollevando
pigramente gli angoli della bocca in su.
- -
La
casa era molto piccola, tutta in legno; i pavimenti scricchiolavano
ad ogni passo, e un enorme camino troneggiava in salotto, di fronte
ai divani – anche se non so se convenisse davvero accendere
il
fuoco del camino in una casa tutta in legno.
Lo zio Jonathan ci
aspettava sulla porta, ci sorrise raggiante e ci condusse nelle
camere degli ospiti dove dovevamo alloggiare, ci aiutò a
scaricare
le valigie e a portarle direttamente in camera – un vero
gentiluomo.
La mia camera era molto piccola, coi muri color-legno
e il parquet leggermente rosato; c'era un letto a muro, coperto da un
morbido pile verde, e di fronte una scrivania sulla quale troneggiava
un netbook nero che sembrava ancora nuovo, mai utilizzato, e una
lampada che puntava sul muro.
Improvvisamente la zia Ann fece
irruzione, si scusò per il disturbo e mi schioccò
nuovamente un
bacio sulla guancia.
«Ti piace questa camera?»
Annuii,
accennando un sorriso.
«Sarai affamata»
Annuii
nuovamente.
«Il pranzo è quasi pronto, ci sono lasagne, pollo
arrosto e patatine. Per la sala pranzo vai giù, a destra..
è la
seconda porta. Quando è pronto ti citofono»
sorrise, salutò
buffamente con la mano e andò via, chiudendo la porta alle
sue
spalle.
Ero troppo stanca per sistemare le valigie, quindi le
lasciai sul letto, rimandando tutto a quel pomeriggio.
Spazzolai
i capelli e passai un leggero phard sulle guance, tanto per dare
vigore a quel pallidume che mi caratterizzava da sempre,
purtroppo.
Pensai di fare un giro in incognito per la casa, tanto
per conoscere un po' meglio quei luoghi in cui sarei dovuta vivere
per un'intera estate.
Aprii con calma la porta della camera e, un
passo alla volta, camminando all'indietro come un gambero (fritto,
però..) sperai che non ci fosse nessuno in corridoio che
potesse
farmi qualche domanda.
Ma tutti stavano sicuramente sistemando le
valigie, dato che non tutti erano pigri come me e il lavoro
preferivano
farlo oggi che un domani.
Ma
sbagliavo.
Mi scontrai violentemente contro qualcuno, schiena
contro schiena, sbattendo pure la nuca contro qualcosa di duro e
pungente.
Mi voltai di scatto: e chi poteva essere?
«Ciao
cuginetta» abbozzò un sorriso, più
falso del parrucchino di zio
Jonathan «Che ci fai da queste parti?»
«La stessa domanda
vorrei farla a te» borbottai, con un tono decisamente acido.
«Questa
è casa mia»
Feci un sospiro, corrugai la fronte e poi scoppiai in una
violenta risata.
«Ma chi ti credi di essere?» sibilai.
«Non
vuoi che ti ricordi quel bacio, vero?»
Sgranai gli occhi,
furiosa. Esplosi.
«Avevamo sei anni, Dio! Sei proprio stupido, la
fama ti ha dato alla testa..» gridai «Abbassa un
po' la cresta,
occhei? Hai sempre trovato delle ragazzine idiote
che
hanno strisciato ai tuoi piedi. MA NO, DOLCEZZA. Io
non lo farò.»
«..
ed è ancora il primo giorno. Mi devi sopportare ancora tre
mesi»
«Posso anche ritornare a casa» bisbigliai, feci per
tornare in
camera ma una mano mi afferrò per il polso.
«Cos'hai contro di
me?» fece lui.
«Sei stato tu a incominciare!» urlai.
«Sembri
una bambina, non hai più sei anni.. anche se ti
piacerebbe»
ridacchiò.
Allontanai brutalmente la sua mano dalla mia, gli
lanciai un'occhiataccia e mi infilai nella mia camera, chiudendo la
porta con un botto.
Non sarei riuscita a sopportarlo ancora per
tre mesi, se solo al primo giorno una scarica di adrenalina mi aveva
accecato e, se avessi dovuto discutere con lui ancora, gli avrei di
sicuro tirato un pugno nelle parti basse.
La zia citofonò, era
ora di scendere per il pranzo, e non avevo assolutamente
voglia
di rivedere quel ragazzino e, magari, fingere di essere tutti 'peace
and love'.
Ma
non potevo dirle che avrei voluto mangiare in camera, perché
era il
primo giorno e tutti ci sarebbero rimasti malissimo e mi avrebbero
considerata una stupida senza cuore.
Uscii dalla camera,
fortunatamente Louis non era da quelle parti, era sicuramente ancora
in camera, da cui provenivano appunto delle voci.
Chi poteva
essere?
Non so neppure perché lo feci, chissà quale
strano
ormone mi spinse ad avvicinarmi alla stanza e a tendere l'0recchio
vicino alla serratura vuota della porta.
«Dio, mi piaci da
morire.. ma smettila, Louis, non farti pensieri inutili»
sbuffò,
seguito da un tonfo. Si era sicuramente buttato sul letto.
Poi si
sentirono dei passi sempre più vicini, mi allontanai di
scatto e mi
avvicinai alla porta della mia camera, fingendomi interessata ad una
coppia di quadri sul muro, che rappresentavano una specie di cuore
stilizzato.
Poi la sua porta si socchiuse, io istintivamente mi
tuffai sulla mia porta, appiattendomi dietro il muro angolare,
pressando la schiena alla maniglia. Una
tortura.
La
porta della sua camera si aprì, ne uscì un Louis
preoccupato, con
le mani in tasca e il collo piegato verso il basso, inclinando gli
occhi sul pavimento.
Quando
svoltò alla curva del corridoio, uscii dal mio nascondiglio
e
guardai in avanti.
Non ne sapevo ancora il motivo, ma sentii i
miei occhi inumidirsi e le labbra si sciolsero in una smorfia.
Quel
Louis Tomlinson non era poi così cattivo.
- -
LEGGI, YO
ok,
prima cosa: grazie UN
MILIONE per
tutte le recensioni che mi avete lasciato, per le seguite e le
preferite.. davvero, non saprei proprio come ricambiare. cc
Non è
il massimo questo capitolo, non avevo proprio una grande ispirazione,
perdonatemi.. però devo dire che nel complesso mi sta
venendo molto
bene.
Bene, adesso lascia una piccola recensione qui
sotto,
poche parole mi vanno benissimo!
Grazie per aver letto, vi
voglio bbbene. -lu c: