Ragazzi!!
Ehilà! Da quant’è che non mi faccio vedere? Tipo… un
anno? E sì, sono andata a vedere la data su Efp dell’ultimo
capitolo pubblicato.
Non
so cosa dire per chiedervi scusa, sul serio. Sono sempre stata determinata a
finire questa storia, mi sono sempre detta:”Si, tanto la
continuo…” e poi mi sono persa nel vuoto più assoluto.
Ora,
io torno e spero che l’anno passato mi abbia cambiata e cresciuta, in
maniera da rendere tutto più divertente ed esaltate, a dei nuovi
livelli!
Piccolo
riassunto, poi, ci vediamo alla fine!
Sora e Roxas sono un singolare paio di
gemelli, che vivono una situazione strana addirittura per loro: la Simbiosi,
infatti, è qualcosa di particolarmente tangibile, che va dal confondere
le emozioni dell’uno con l’altro, allo scambio di pensieri in
diretta, scambio di corpi, e ultimamente fusione totale delle loro testoline.
Nella loro famiglia si era già presentato questo disturbo con Namine, la
loro madre, e Ventus, lo zio. Nonna Acqua sostiene che sia una maledizione, ma
Namine non ha mai approfondito il discorso quando era giovane, perché la
simbiosi è scomparsa al compimento dei quindici anni, proprio come aveva
predetto sua madre. Così, ecco le avventure di Sora e Roxas, due ragazzi
persi per Riku e Axel(il primo un principe albino dalla scintillante armatura,
l’altro un orfano fumatore con una zazzera di capelli che ricorda
particolarmente un ananas).
Nell’ultimo capitolo, nonna Acqua
aveva cacciato tutta la sua progenie fuori di casa per far spazio ai turisti
che durante l’estate arrivavano sull’isola per la Fiera del Frutto
dell’Amore.
E i nostri eroi, dopo l’essersi
liberati momentaneamente dell’ultimo tiro mancino della simbiosi, si
stavano preparando per andare alla Festa su ordine di Kairi, dove avrebbe
presentato loro il suo nuovo ragazzo.
Tutto chiaro, fino a qui? Bene! Cominciamo!
Incontri dal passato e padri a sorpresa
Roxas
non poteva credere che la nuova fiamma di Kairi fosse realmente il suo vecchio
rivale dell’asilo, per non parlare delle elementari e delle medie. Era
troppo per i suoi poveri nervi, figuriamoci per dei nervi in comune, tesi come
corde di violino.
No,
era troppo per il suo cervellino in sovraccarico guardare la sua amica (di
riflesso, se non altro), felice e gioconda, ridere per la faccia stralunata di
Seifer.
Che,
dall’espressione sconvolta, a occhio si ricordava di lui.
Sora
rideva sguaiatamente nella sua testa, ricordando le mitiche gesta del ragazzo
su Roxas (dal buttarlo per terra quando si sentiva molto caritatevole, al pestaggio
violento quando era veramente di cattivo umore), ma Roxas non poteva
permettersi di rincorrere i pensieri di quel voltagabbana del gemello, se
voleva rimanere cosciente, in previsione di un attacco a sorpresa di Seifer.
Meglio rimanere in allerta.
Axel
li guardava con un cipiglio interrogativo, passando da uno all’altro,
come se sospettasse una tresca segreta tra i due ragazzini, stringendo ben
forte la sua mano sinistra e privandolo dell’uso dell’arto
sopracitato, marcando strettamente il territorio.
Che
coglione.
Sul
serio, Roxas non si aspettava minimamente che la persona che Kairi, la dolce e
affidabile Kairi, voleva presentare loro fosse un soggetto del
genere, e il pensiero lo… sconvolgeva. (L’aveva già detto,
vero?).
Stupida
festa. Stupido frutto a forma di stella con proprietà semi- prodigiose.
Non era giusto, non era assolutamente corretto da parte della Provvidenza
metterlo in una situazione del genere con il suo arcinemico.
Insomma,
aveva già da gestire Riku, acciderbolina.
Che,
fra parentesi, se la stava spassando quasi quanto Sora(si vedeva che erano
fatti l’uno per l’altro), visto che il suo dolce fratellino gli
aveva raccontato, in gioventù, (be’, più in gioventù) delle
cattiverie che Roxas aveva dovuto subire da quel grande preservativo biondo (da bambino portava
una cuffia particolare, sia d’estate che d’inverno, e a quanto pare
anche da liceale. Chissà se anche i suoi
nuovi compagni lo avevano soprannominato così).
“Allora,
questi sono Sora, Riku, Axel e Roxas! Ragazzi, questo
è Seifer!” Kairi, da brava padrona di casa, introdusse ognuno dei
suoi ospiti alla sua cerchia, come se fossero una lista della spesa.
“Ci
conoscevamo già.” Bravo Seifer, si
ricordava veramente di lui! Non ci avrebbe scommesso poi così tanto,
alla fine.
“Ah,
davvero? E come?”
”Andavamo
a scuola insieme, io e i gemelli.”
”Ma
dai? Perché non mi ricordo di te?”
”Non
ero esattamente loro… amico”.
Ma
cosa stava dicendo?! Gli ficcava la testa nel cesso della scuola, per la
misericordia divina!
“Eh,
già.” Roxas pregava in silenzio imbarazzato che li costringesse a
procedere per la fiera, in maniera da evitare il contatto anche solo aereo con
quell’essere.
”Seifer,
ma dove sei andato al liceo? Non ti abbiamo più visto!”
Voltagabbana.
No, mi diverto e basta!
“Ci
siamo trasferiti su un’altra isola. Però siamo tornati, da circa un
mese.”
“Svelato
il mistero.”
Roxas ringraziò di essere
collegato mentalmente con Sora e non Riku, perché se quella sottospecie
di pesce luccicante avesse sentito i sui pensieri il bullismo di Seifer sarebbe
stato abbandonato in un angolo come un piacevole ricordo.
Ehi!
Taci, voltagabbana.
“Bene,
se già vi conoscete, non so… andiamo a fare un giro per le
bancarelle?”
“Buona
idea.”
E
mentre la combriccola si avviava di sua spontanea volontà verso il caos
più assoluto, Roxas pensava a vari e irrealizzabili piani di fuga.
“Ma
che cosa accidenti era quella roba prima?”
Roxas
guardò Axel di sbieco, perso per una volta nei suoi pensieri. Non è che avesse poi tutta quella voglia di
raccontare al ragazzo che lo sopportava come nessun altro (se non sua madre) di come era stato vergognosamente battuto da quel
profilattico idiota per la maggior parte della sua vita scolastica. Era un
argomento sensibile, per lui.
“Ohi!
Dovrei preoccuparmi?”.
Axel
era veramente irritante quando ci si metteva davvero.
“No,
non devi preoccuparti.”
“Per
cui cosa dovrei fare?”
”Oh,
non lo so, va bene?! Voglio andare via da qui, e basta.”
Axel
lo guardò un altro poco, aspettando che Roxas dicesse qualsiasi cosa,
poi, da bravo uomo responsabile, decise lui:”Senti, se non ti va di stare
qui, ce ne andiamo. Non so che problemi tu abbia con il tizio, ma adesso non
importa. Di’ agli altri che ce ne andiamo.”
Roxas
lo avrebbe baciato, ficcandogli in gola tutta la lingua di cui disponeva, se
non ci fosse stata tutta quella gente.
Raggiunse
Kairi e la fermò: ”Senti, io e Axel ce ne andiamo. Troppa gente,
qui.”
“Ma
siamo appena arrivati, non volete neanche prendere qualcosa?”
”No,
lo sai, ad Axel non piace la troppa gente…”
Il
che era palesemente falso, e anche
un babbuino che aveva visto solo per cinque minuti Axel poteva testimoniare il
contrario, ma al momento il suo cervellino non collaborava, rifiutandosi di
dare migliori suggerimenti.
Forse
l’ipotetico babbuino era più intuitivo di Kairi in quel momento,
per cui la ragazza non si rese conto della palla megatomica che Roxas aveva
appena raccontato. Oppure non le importava così tanto.
“Aspetta
un attimo, saluto Axel…” Kairi corse dal ragazzo, lo
abbracciò e ricorse da Roxas.
“Ve
ne andate così presto?” stupido pesce argenteo.
“Sì…
ci vediamo, ok?”
Sora, che sapeva già tutto e a cui non importava
assolutamente niente, si avvicinò comunque, per salutarli.
“Aspetta
un attimo! Vieni anche tu, Sora.” Kairi li prese per mano e li trascinò
via.
“Promettetemi
che vi scioglierete un po’ va bene? Non state lì preoccupati,
godetevi quello che avete!”. I ragazzi la guardarono stralunati.
”Kairi,
stai morendo?” chiese Sora un poco preoccupato. Simpatico a preoccuparsi
per quella pazza e non per suo fratello.
”No,
stupido! Promettetelo!”
”Ok,
ok…”
”Croce
sul cuore!”*
”Ma…!”
Kairi
fece quella faccia spaventosa di quando pretendeva qualcosa, e loro dovettero
farsi la croce sul cuore, anche se non avevano la benché minima idea di
cosa lei
intendesse.
Roxas
salutò di nuovo e si volatilizzò nella notte con Axel.
La
spiaggia aveva un che di pacifico, essendo ancora relativamente presto per le
coppie appartate e relativamente tardi per le famiglie uscite per una
passeggiata serale.
Non
che la solitudine aiutasse Roxas. In realtà c’erano ben poche cose
che avrebbero potuto aiutarlo in un momento come quello.
O
lo psicologo al quale si era rivolto dalle elementari alla fine delle medie per
evitare che cadesse in depressione per il maltrattamento continuo, o di
trasferirsi su un’altra isola immediatamente, senza voltarsi indietro.
Solo
con Axel.
Axel,
che si era tolto le scarpe e ora passeggiava a piedi nudi sulla sabbia, tracciando
su quest’ultima delle impronte che a Roxas sembravano poter diventare
eterne.
O,
almeno, lui se lo sarebbe ricordato in eterno.
Axel
aveva una mano nella sua, o, per meglio dire, la
stringeva in una morsa mortale e nell’altra aveva una sigaretta che
fumava quasi con rabbia.
Roxas
sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dirglielo, ma non ne aveva tutta questa
voglia, a dirla tutta.
In
realtà non ne aveva neanche un briciolino.
Axel
aspettava, non propriamente paziente, continuando a camminare sulla spiaggia,
dimentico delle sue calzature da qualche parte nel buio, sapendo che sarebbe
stato proprio uno spasso cercarle
dopo, ma aveva soltanto due mani.
Le
scarpe erano soltanto al terzo posto della sua top ten d’importanza.
Guidò
Roxas alla familiare spiaggia dove lavorava e dove, a proposito, sarebbe dovuto
trovarsi l’indomani mattina.
Si
disse che non importava, tanto ormai, anche se odiava quel posto, erano
arrivati lì, e camminare a piedi nudi sulla sabbia era incredibilmente
faticoso.
Ora
doveva solo trovare un posto dove la sabbia non
sarebbe riuscita ad entrargli perfino nelle mutande e avrebbe potuto
ritenersi quasi soddisfatto.
Ah,
la sua sdraio (sì, ci aveva
scritto sopra il suo nome. Roxas aveva cominciato a pensare che marchiare le
cose come proprie fosse una malattia in continua evoluzione e lo aveva
avvertito che lui non si sarebbe
lasciato marchiare in maniera indelebile dal suo splendido nome, per quanto lo
amasse), proprio quella che cercava!
Trascinò
il corpo semi cosciente del suo ragazzo a sedersi su di essa.
Non
aveva una bella cera. Non che Roxas fosse particolarmente colorato di
carnagione, e sicuramente il buio non contribuiva a dargli un colore sano, ma
di solito non era cinereo.
Sbuffò
forte, nella speranza che Roxas la piantasse di perdersi nelle sue
elucubrazioni mentali e condividesse il suo dolore, ma non sembrava averne
l’intenzione. Almeno non per il momento.
Quel
ragazzino lo avrebbe ucciso con tutte le sue pare, la simbiosi, i suoi
problemi. Lo faceva fumare troppo.
Senza
contare che le sigarette erano aumentate ancora di prezzo.
Se
c’era una cosa che Axel non concepiva, era questa politica: cioè,
lui le comprava da quando era diventato abbastanza alto per spacciarsi per un
sedicenne e ciò era avvenuto da molto giovane, era fedele alla sua
marca, eccetto che a Roxas non dava fastidio a
nessuno. Era dipendente da quegli affari del cavolo.
E
allora perché il sindaco di quell’isoletta schifida continuava ad
alzare il prezzo del tabacco, adducendo a scusa che così la popolazione
dei fumatori diminuiva e moltissimi smettevano? Ci credeva! Fra poco nessuno se
le sarebbe più permesse, per cui l’industria del tabacco sarebbe
andata in fumo e…
“Mi
picchiava.”
Eh?
Axel si era talmente perso nella sua filippica contro le idee poco chiare del
sindaco che si era dimenticato di avere un ragazzo traumatizzato a fianco.
“Ci
conoscevamo dall’asilo. Lui era un idiota fatto e finito fin
dall’età di tre anni, mentre io ero completamente inglobato in
Sora, a quel tempo.”
Ah.
Bruttissimi ricordi, allora.
Axel
si girò verso il ragazzo e si mise in posizione da
‘ascolto’, facilitando le cose a Roxas.
La
modalità ascolto non falliva mai.
“…
Sora neanche se ne rendeva conto, ero io quello imprigionato. Non ero
abbastanza forte per avere una personalità mia e lui non ha mai sofferto
per… le botte. Perché la mia parte di coscienza le assorbiva da
sola. Anche se quelle hanno indubbiamente aiutato a costruirla.”
“…
che vuoi dire?”
Roxas
sospirò forte:”Per sopravvivere ho dovuto entrare a tutti gli
effetti nel mio corpo. Mi ha aiutato a sentire il dolore come mio e… mi
ha aiutato a comprendere che Sora non sente nulla di quello che provo
perché non gliene importa e non gli è mai importato. Anche
adesso, che la simbiosi è… Quello che è… Gli importa
solo di se stesso.”.
Al
che, Axel non sapeva che dire.
Roxas
sorrise triste alla luna:”Da lì, il dolore è cresciuto
sempre di più, perché avevo capito che il mio attaccamento a mio
fratello è a senso unico.“E capire questo è stato un
processo lungo e doloroso. Non solo mi sono serviti anni, ma ho dato la
possibilità a quella… bestia
di farmi quello che voleva, senza che reagissi. Sono anche andato da uno
psicologo del cazzo per un qualche
aiuto e ci sono andato da solo, perché mia madre era già sul
piede di guerra con le denunce e tutto. Ma non mi serviva che tutta
l’isola sapesse che sono un essere così schifosamente debole… Il medico mi ha fatto
capire che non importa quanto noi teniamo alle persone, perché prima o
poi si resta sempre fregati. Mi ha detto che non potevo vivere alle spalle di
Sora per sempre e che dovevo essere me stesso, per quanto mi riusciva.”
Roxas
tacque, e per un poco sentirono solo lo sciabordio del mare e alcune risate
provenienti da coppie sulla spiaggia.
“Quindi, svelato il grande mistero
del perché tendi a non fidarti della gente. Wow, non pensavo che
un’uscita serale avrebbe comportato tutte queste rivelazioni.”
“Piantala
di fare l’idiota, non è divertente per nulla. È per colpa
nostra che la sua famiglia si è dovuta trasferire.”
“Rox,
ti picchiava, il minimo che tua madre potesse fare era pestare a sangue lui e
tutta la sua famiglia.”
“No,
era un problema mio. Non di mia mamma o di Sora, era solo mio.”
Axel
sbuffò un’altra volta, tirando fuori il pacchetto di sigarette,
procurandosi un occhiataccia da Roxas (Ah, ma allora non gli erano sfuggite le
altre!) e se ne accese una, respirando profondamente, prima di girare un
coltello dimenticato in una ferita che non smetteva di sanguinare: ” No,
Rox. L’unico tuo problema è che sei un coglione.” Axel non
guardò il ragazzo negli occhi per paura di non riuscire più a continuare:
”Tu ti carichi di troppe cose, vuoi fare bella figura con tuo fratello,
che è, probabilmente più coglione di te, con il suo ragazzo
idiota. Vuoi fare il duro anche con chi ti sfracella il naso solo perché
devi dimostrare agli altri di sapertela cavare da solo. Trovo questo abbastanza
infantile. E, perché tu lo sappia, quello psicologo era un ciarlatano,
uno sano di mente non può dire delle cose simili! Dove caspita era
andato per trovare un tizio del genere? Al centro giovani?!”.
Il
silenzio imbarazzato si poteva accogliere come assenso?
“Guarda
che ci sono delle figure valide, lì dentro!”
“Non
lo metto in dubbio, ma la maggior parte non ci vuole stare o sono persone con
poca esperienza che devono fare della gavetta! E tu sei riuscito a trovare quello
pazzo!”
Axel
si portò una mano al volto, esausto. Possibile che dovesse essere sempre
lui a ricordargli le cose basilari del loro rapporto?
“Roxas,
non sei solo, cazzo. Ci sono io con te, anche se mi fai arrabbiare, anche se
devo aspettare per averti. Non mi
importa un accidenti, dannazione! Ma mi fai imbestialire quando ti comporti
come se il peso del Mondo fosse tutto sulle tue spalle, come se dovessi
scoprire chi sei veramente per accettarmi come tuo compagno! Be, sappi che non
mi va, assolutamente.” Axel diede un ultimo tiro e lanciò il
praticamente-solo-filtro nella sabbia, sperando che la sua piccola bomba
andasse a dar fastidio a quella coppietta che ridacchiava in maniera schifosa
davanti a loro.
Ma
non sentì nessun urlo, quindi aveva sbagliato mira.
“Io
non penso di non averti accettato come compagno. Insomma, sei caduto dal cielo,
praticamente, e mi sono reso conto subito che non eri… un uomo normale.
Non per me, perlomeno. E mi sono sempre fidato di te, e anche quando mi hai
abbandonato avevo la certezza che prima o poi saresti tornato, se non per me,
per una cosa più importante, come il consiglio studentesco. Ci ho messo
tanto a fidarmi di te di nuovo per il semplice fatto che sono abituato a
perdere le persone in fattore di altre. E ho messo in pratica la tecnica del
‘non mi interessa’.”
“Anche
quella te l’ha insegnata lo psicologo?”
”No,
è tutta farina del mio sacco.”
Bugia,
ma non lo avrebbe saputo. Mai.
Axel
lo guardò: ”Lo so che ti ho ferito mollandoti così e mi
dispiace, ma non credo che potrai capire la confusione che provavo. Sì, sì, lo so che tu hai passato di
peggio, ma io conosco la mia confusione, tu la tua, e per me era ad un livello
troppo alto. Per cui me ne sono andato, sparito di scena, puff! Ma adesso sono
qui e ti impongo di combattere insieme, d’ora in poi. Ne hai bisogno,
altrimenti non sapresti come proteggerti!” Concluse, sorridendo
furbescamente.
Roxas
non sapeva se ucciderlo su due piedi con la sdraio firmata o baciarlo fino a
consumarsi le sue labbra, per non parlare di quelle di Axel.
“Sora,
ma quello con… quel tipo che sembra terrificantemente Axel non è
tuo zio?”
Riku
gli indicò un punto imprecisato nella folla immensa. Come poteva
pretendere che lui trovasse quello che stava indicando?!
“Là,
davanti a noi in linea retta. Non è Ventus?”
“E’
vero, hai ragione! Era un sacco che non lo vedevo! Aspetta, vado a
salutarlo!”
Ma
Riku non gli rispose perché era troppo occupato a guardare lo zio di
Sora, un uomo che conosceva da una vita, suo baby-sitter più volte,
baciare con leggerezza la copia esatta di Axel. O almeno sperava fosse un
doppelganger.
Ah,
sì, Axel era con Roxas in spiaggia a parlare di cose serie. Barba.
No,
comunque, suo zio con un altro uomo non lo sconvolgeva assolutamente.
“Andiamo?
Sono due settimane che non lo vedo!” Disse ridendo a Riku, che a quanto
pareva, invece era rimasto molto shockato.
“Sai,
mio zio deve uscire con un tuo parente stretto.”
“Eh?”
“Sora
lo ha visto alla fiera.” Roxas sorrise al ragazzo:” il tipo con cui
esce ti assomiglia un casino.”
“Perché
la cosa non mi sorprende?”
”Che
mio zio Ventus esca con un uomo o che quello sembri tuo padre?”
“Delle
due, scelgo la prima.”
Roxas
gli sorrise, comodamente spaparanzato su di lui, quasi facendo le fusa sul suo
petto:”Anche io avrei detto quella.”
Bene!
Eccomi
qui, di nuovo!
Mi
scuso ancora, veramente tanto. Non so se c’erano delle persone che ci
tenevano veramente a questa storia(più che altro non riesco proprio a
crederci), ma l’affetto che mi avete di mostrato e i messaggi che mi
avete mandato mi hanno reso veramente felice. Per cui, eccomi qui!
Ora,
non so se Seymour si ricorda di avermelo
chiesto, ma a suo tempo mi aveva posto questa domanda:”chi è il
padre di Riku?”.
Risposta:”Boh?”.
Ma
è una cosa pensata! So che non ci crederete mai, ma è
così!
Sin
dall’inizio avevo deciso di non mettere i nomi dei personaggi che non mi
servivano, dal padre di Sora e Roxas, il marito di Acqua, il padre di Riku, i
genitori di Kairi…
Non
ho scelto nemmeno il cognome dei protagonisti, perché non mi sembrava
giusto: voglio dire, se mi danno un cognome nel simpatico KH, allora, tanto di
cappello, ma non mi piaceva trovarne uno da me. Non perché sia
eccessivamente pigra, ma perché non mi sembra giusto^^.
Ragazzi,
volevo dirvi grazie. Per avermi seguito fino a qui, per avermi spronata, per
avermi fatto arrivare il coraggio di pubblicare ancora.
Ringrazio
tantissimo chi ha commentato l’ultimo capitolo, da il sopracitato Seymour, a
Ka93, Shine Mizuki, Odoru Hi Kaze No, a
_Ella_, che mi ha sgridata al momento giustoXD.
Ringrazio The light Wolf, che spero vivamente non
si sia stufata di leggere questa immensa cosa che è diventata Symbiosis
=)
Ragazzi,
il prossimo capitolo è già prontoXD, quindi non vi farò
aspettare troppo!
Ah,
ringrazio la mia Beta(finalmente non finiti le notte buoi) MartaWalla!
Ringraziatela anche voi, perché è stata lei a bacchettarmi le
mani sulla tastiera.
Al
prossimo capitolo!
Bonza
Corrotta