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Autore: Sashaprati    05/05/2012    3 recensioni
Konoha, dieci anni dopo:
Hitoshi Hyuga, figlio di Neji e tartassato da questi per diventare grande e responsabile prima del tempo. Una domanda innocente, da un figlio a suo padre, per giungere entrambi alla vera risposta della vita.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Neji Hyuuga, Nuovo Personaggio, Tenten
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Sotto lo sguardo severo e attento del padre, Hitoshi si ritrovò dunque chino su rotoli e rotoli di pergamene da consultare. A forza di starsene costretto e seduto, la schiena del bambino sembrava persino più ingobbita di quella di Onoki della Roccia. Ciononostante Neji non aveva alcuna intenzione di abbassare la sorveglianza: Hitoshi doveva studiare e apprendere quanto più possibile, per diventare uno shinobi degno della sua famiglia e del suo clan; anche suo padre in passato aveva ricevuto un'educazione rigida e una disciplina ferrea, crescendo e maturando assai più in fretta di molti suoi coetanei, perciò era incapace di vedere aldilà di certe convinzioni.
Hitoshi però era anche figlio di Tenten, lo stesso carattere allegro e vivace, e come lei non poteva fare il robottino senza sentirsi a disagio. Oltre a ciò gli occhi del padre che lo fissavano e il fatto che era in piedi dietro di lui, con le braccia incrociate sul petto, gli mettevano addosso un'angoscia tale da non riuscire neppure a concentrarsi su quanto stava leggendo.

- Basta - strillò il bambino ad un tratto. - Sono stanco di leggere questa roba, non capisco neanche cosa c'è scritto, voglio uscire!
- Rimettiti subito a sedere, invece - ribatté Neji, allungando l'indice verso la scrivania.
- No!
- Non farmelo ripetere un'altra volta!
- Ho detto di no... Ahia!

Vista la sua ostinazione nel non voler obbedire, Neji gli mollò uno schiaffo talmente forte da lasciargli un grosso segno rosso sulla guancia. Hitoshi si massaggiò il livido dolorante, guardando il volto duro del genitore attraverso un fitto velo di lacrime, tuttavia non emise un fiato. Per alcuni istanti i due si guardarono in silenzio negli occhi ma, nonostante fossero a poca distanza l'uno dall'altro, era come se in realtà fossero lontanissimi... Neji non poteva e non voleva assolutamente vedere ciò che vedeva suo figlio, così come questi non poteva assolutamente concepire la sua intransigenza ed eccessiva severità. Agli occhi del piccolo Hitoshi, Neji era un padre tirannico e senza cuore, e questa triste convinzione gli faceva indubbiamente più male di qualsiasi schiaffo o percossa. Il corpo del bambino tremò violentemente, le lacrime che gli scendevano lungo il volto e i pugni sollevati all'altezza del mento. Tenten ebbe appena il tempo di assistere all'ultima parte della scena quando, aprendo la porta della stanza di Hitoshi, vide il piccolo urlare qualcosa a Neji e scapparle via proprio sotto il naso.

- Sei cattivo, ti odio - urlò Hitoshi, uscendo di corsa dalla stanza. - Ti odio!

Neji non si scompose affatto. Non gli importava quanto suo figlio potesse odiarlo o detestarlo, voleva solo che imparasse ad obbedire senza discutere, ma Tenten aveva visto abbastanza per continuare a far finta di niente.

- Per quanto dovrà andare avanti questa storia? - domandò lei furibonda.
- Deve imparare a ubbidire - fu la risposta semplice e impassibile di Neji. - Per quello che importa, dopo potrà odiarmi finché vuole!
- E quando ti odierà sul serio, che cosa avrai ottenuto a quel punto?
- Che vuoi dire?
- Lo sai benissimo a cosa mi riferisco - tagliò corto Tenten. - Sei ancora in tempo per parlargli, almeno spero che sia così, ma ti consiglio vivamente di ascoltare quello che ha da dirti per una volta!
- Non se ne parla nemmeno - rispose Neji irremovibile. - Non posso scendere al suo stesso livello, deve imparare a obbedirmi senza discutere e...
- Neji, falla finita una buona volta - Tenten era talmente arrabbiata che, malgrado il suo modo di fare autoritario, perfino Neji ammutolì sbigottito dalla sua reazione. - Per una volta almeno, smettila di fare il genio... E comincia a comportarti come un padre, invece!

Ciò detto, Tenten uscì fuori dalla stanza con i pugni stretti lungo i fianchi, lasciando il marito immobile e impalato come uno stoccafisso.

***

Poco dopo, uscendo in giardino, Neji vide suo figlio inginocchiato in riva al laghetto mentre tirava con rabbia dei sassolini contro l'acqua. Il primo impulso fu quello di redarguirlo come sempre ma, ripensando a ciò che gli aveva appena detto Tenten, per la prima volta si domandò se ciò che stava facendo fosse veramente giusto.
Hitoshi era suo figlio, sangue del suo sangue, che cosa c'era di sbagliato nell'istruirlo ed educarlo allo stesso modo che aveva ricevuto lui?
Che quell'idiota di Naruto avesse ragione, quando definiva "assurdi" tali sistemi e si metteva a ridere e scherzare tranquillamente col proprio figlio?
Neji non riusciva a credere che una testa dura come quella potesse saperla più lunga di lui, soprattutto considerando che era nato e cresciuto orfano. Neji aveva avuto accanto suo padre, seppur per breve tempo, e tuttavia non poteva negare la propria perplessità nel riconoscere quanto intenso e profondo fosse il tipo di legame che univa Minashi al suo biondo genitore indisciplinato.
Ad un tratto Hitoshi vide il riflesso di suo padre sulla superficie dell'acqua e capì che era alle sue spalle. Subito fece per alzarsi ma, ripensando a quanto gli aveva urlato poco prima, non aveva neppure la forza per scappare. Malgrado le parole e la rabbia di un momento, Hitoshi era un bambino molto sensibile e voleva davvero bene a suo padre; certo Neji era severo, e anche opprimente, ma era pur sempre suo padre... Sua madre Tenten non poteva aver scelto di sposare un uomo veramente cattivo e insensibile, questo era ovvio, ma certo era difficile riuscire a scorgere il lato tenero di un uomo come Neji.
L'alto Hyuga si avvicinò al figlio lentamente, senza rimproverarlo né sgridarlo, e si sedette compostamente accanto a lui sulla riva del laghetto. Hitoshi provava vergogna e rimorso per quello che aveva detto, segno che non lo pensava veramente, ma non aveva neppure il coraggio di guardare in faccia il genitore per chiedergli scusa.
Poi però accadde qualcosa di veramente incredibile.
Per la prima volta, da che Hitoshi poteva ricordare, suo padre lo stava abbracciando... proprio così, cingendogli le spalle con il braccio, il severissimo Neji stava mostrando un gesto di affetto verso il proprio figlio. Hitoshi sollevò lo sguardo: il volto di suo padre era uguale a sempre, serio e privo di sorriso, tuttavia non avvertiva né la solita freddezza né la durezza con cui era solito trattarlo ogni volta. Hitoshi voleva parlare, voleva dirgli quanto gli dispiaceva di avere deluso le sue aspettative, e che gli voleva un bene dell'anima. Ma temendo che l'incanto di quel momento si potesse rompere, si strinse invece al petto del genitore e tuffò il volto contro la spessa stoffa grigia del suo ampio kimono.
Neji non disse una parola.
Non c'era bisogno di parlare infatti ma, come aveva detto Tenten, era piuttosto il caso di ascoltare. Proprio così, per una volta almeno, avrebbe atteso pazientemente e ascoltato tutto ciò che il piccolo aveva da dirgli. Finora non lo aveva mai fatto, così ottusamente sordo nelle orecchie e nel cuore, e ora invece Naruto e Tenten gli avevano fatto sorgere questo piccolo dubbio.
Era la prima volta che Hitoshi sentiva il calore di suo padre accanto a lui, invece di quello sguardo da avvoltoio ogni volta che lo costringeva chino sui rotoli, ed era una sensazione bella come non mai. Alla fine, quasi senza accorgersene, il piccolo raccolse il fiato e domandò sottovoce al padre la prima cosa che gli venne in mente.

- Papà, che cosa significa crescere?

Neji si morse il labbro inferiore.
A prima vista sembrava una domanda facile ma, riflettendoci sopra in effetti, la risposta era molto ma molto più complicata di quanto lui stesso credeva. Da piccolo Neji aveva dovuto crescere in fretta, per obbedire alle regole del suo clan e sopportare moltissime privazioni (come ad esempio la morte di suo padre), ma in effetti doveva ammettere che il modo in cui era cresciuto non era certo una risposta universale. 
"Diventare maturi", "essere responsabili", "saper badare a sé stessi"... Sembravano tutte risposte convincenti ma, per qualche motivo, Neji sentiva che nessuna di queste era del tutto corretta. Un figlio non rimane sempre bambino, questa è una legge immutabile, ciononostante il genitore non può accelerare i tempi: un figlio cresce, impara a camminare con le proprie gambe e si fortifica giorno per giorno; ma durante questo percorso, i genitori devono accompagnarlo e seguirlo finché è possibile; a volte bisogna essere duri, a volte bisogna essere severi, ma prima di tutto bisogna essere vicini al cuore dei propri figli.
Ecco cosa intendevano dire Naruto e Tenten con i loro discorsi.
Imparare a crescere è indubbiamente molto più difficile che diventare un ninja, tanto per un figlio quanto per suo padre: entrambi possono e devono imparare uno dall'altro, uno vede e l'altro cerca di spiegare, e i ruoli si scambiano di volta in volta; questo più o meno è ciò che significa "crescere", una cosa tanto difficile da spiegare quanto semplice da mettere in pratica, e proprio nella semplicità il cuore e i sentimenti apprendono in fretta anche le cose più difficili.
Qualcosa si disegnò sulle labbra di Neji, un sorriso forse.
Lo Hyuga strinse forte a sé il piccolo Hitoshi e, alzandosi assieme a lui, gli rispose dolcemente.

- Andiamo, piccolo - esclamò. - Andiamo a giocare assieme!

FINE

  
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