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Autore: Blackbird_    05/05/2012    4 recensioni
Liverpool, 1961. Quattro giovani Beatles sono di ritorno dalla loro avventura tedesca. Ad attenderli non solo i loro vecchi amici, ma anche un turbine di novità. L'enorme successo sorprende tutti quanti, anche Ray e Sun, le due piccole "mascottes" della comitiva liverpooliana.
Dal Secondo Capitolo:
“Magari così trovate un nuovo manager che vi farà fare qualche provino per le etichette discografiche, no?” aggiunse Sun. George annuì sorridente e tornò a guardare gli altri. “Non sarebbe affatto male un provino, magari è la volta buona che sfondiamo sul serio” ammise. Come se fosse stato il cucciolo di un qualsiasi animale iniziai a carezzarlo sulla testa. “Sfonderete sicuramente e magari diventerete famosi in tutto il mondo e cambierete la storia della musica e…” “Frena, frena Ray!” mi interruppe lui ridendo “non starai correndo un po’ troppo?”.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pioveva, ancora. E faceva decisamente molto freddo per essere solamente a settembre. Mi appoggiai al portone del mio palazzo per non bagnarmi e mi strinsi su me stessa per evitare che il calore si disperdesse troppo.
Erano in ritardo. La cosa non mi sconvolgeva affatto, quando si trattava di Sun erano sempre in ritardo. Poi questa sarebbe stata una serata speciale, e di certo quella pazza avrebbe perso ancora più tempo nei preparativi.
Quando finalmente riconobbi i fanali dell’automobile di Ted mi fiondai in strada e salii a bordo. Nemmeno dieci secondi sotto la pioggia ed ero già zuppa. Maledetta pioggia inglese. Salutai con un frettoloso ‘ciao’ tutti i passeggeri della vettura ed iniziai a guardarmi nello specchietto retrovisore per cercare di salvare il salvabile. Sembravo un pulcino bagnato, maledizione.
Stavo inutilmente cercando di eliminare i segni della matita nera che colava dagli occhi quando Sun infilò la sua cara testolina riccioluta fra me e lo specchietto. “Sei bella ma non invisibile, mia cara” puntualizzai con una smorfia, e la feci spostare. “Mi spieghi da quando in qua ti conci così per uscire con la comitiva? E da quando sei diventata una maniaca dello specchio, soprattutto” mi rispose incrociando le braccia. Ero irrecuperabile, ormai quel poco trucco che mi ero messa era decisamente andato a quel paese. Ci rinunciai e mi sedetti comoda sul sedile, guardando la mia amica. “Ho messo la prima cosa che ho trovato nell’armadio” la sua faccia da bambina capricciosa mi lasciò intuire che finché non avrei risposto alle sue domande non avrebbe proferito parola. Mi indicai i capelli gocciolanti “E per lo specchio… a te piacerebbe uscire con i tuoi amici conciata così? Mi scambieranno tutti con un panda con un ammasso di stoppa in testa, stanne certa”. Dai sedili posteriori Ted ed il suo amico iniziarono a sghignazzare. Mi affacciai leggermente oltre il sedile per appurare chi fosse l’altro passeggero. Prima ero stata troppo occupata a sistemarmi per notare chi fosse.
“Richard Starkey sei pregato di non ridere delle mie disgrazie” sapevo quanto gli desse fastidio essere chiamato per nome e cognome, ed io mi dilettavo ad infastidirlo. Ted iniziò a ridere ancora più forte, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada bagnata, mentre Ringo si voltò a guardarmi. "Comunque hai ragione, sembri uno spaventapasseri con questi capelli" Gli feci la linguaccia e gli diedi una botta affettuosa sulla testa. "Oh grazie tante, Richie" gli risposi, e tornai rapidamente alla mia amica "Lo dice pure lui che sono orribili, e se lo dice lui vuol dire che sono inguardabile sul serio". "Cosa vorresti dire con questo?" borbottò Richard col suo vocione, ma non ricevette alcuna risposta né da me né da nessun altro e, sconsolato, tornò a fare compagnia all'amico guardando la strada. Nel frattempo Sun, raggiante, iniziò a darmi una mano nel rendermi accettabile. Si divertiva spesso a canzonarmi per i miei capricci, ma quando si trattava di darmi una mano era sempre la prima. Saperla sempre pronta ad aiutarmi mi trasmetteva sicurezza, e lei sapeva bene che anch'io avrei fatto lo stesso per lei.
Alla fine del tragitto potevo ritenermi soddisfatta del risultato. E aveva anche smesso di piovere, ma guarda un po'.
L'entrata del Cavern era semi vuota ed esistevano solo due possibili motivazioni a questo strano avvenimento: o per quella sera non era prevista alcuna esibizione particolare, o erano già tutti dentro. Speravo vivamente che la prima opzione fosse quella giusta. Non sopportavo stare in mezzo alla gente, mi rendeva ansiosa e spesso avevo come l'istinto di uccidere tutti. Un ragionamento poco consono per una ragazza della mia età, ne ero totalmente consapevole, ma io ero diversa da gran parte delle ragazze. Mi piaceva distinguermi, e come me anche Sun. Dopotutto già il fatto che uscissimo con dei ragazzi più grandi di noi e non con i nostri fidanzati-quasi mariti ci differenziava da chiunque altra. Ma noi eravamo così, preferivamo divertirci finché possibile. L'amore era una questione che non ci riguardava.
"Teddy sono già arrivati gli altri?" chiese la mia amica al fratello tirandolo per una manica. "Cosa vuoi che ne sappia io?" rispose quello, vistosamente scocciato "Mica ho la palla di vetro". Sconsolata Sun tornò al mio fianco e si appoggiò alla parete di mattoni rossi come me. Ci raggiunse Ringo che, molto più cordiale dell'amico, iniziò a consolarla. "Perchè non scendete a controllare se sono già dentro?" ci propose. Ovviamente non glielo facemmo ripetere due volte.
Camminammo fino all'ingresso buio del locale e scendemmo lungo delle scalette strette. In poco tempo ci trovammo sottoterra, nel cuore del Cavern. L'aria era indubbiamente pesante e pervasa da una perenne puzza di sudore e muffa. In un angolo del soffitto gocciava acqua in abbondanza, dall'umidità che c'era. Cercai di non farci caso, respirando con la bocca e cercando di tranquillizzarmi. Sbuffai. "Non sopporto questo posto" mi lamentai. "Non capisco proprio cos'hai contro il Cavern, è così bello". Cos'era che avevo contro il Cavern Club? Soltanto che era: brutto, sporco, squallido e ci girava gente “poco raccomandabile”. Ma forse tutto ciò non bastava per fermare Sun.
Iniziammo a guardarci intorno frettolosamente. Proprio come temevo il locale era pieno di ragazzi sudaticci che bevevano e ballavano senza sosta. Trovare gli altri di certo non sarebbe stata cosa facile. Posai di sfuggita lo sguardo su Sun e notai che si era vestita meglio del solito, fra il casual e l’elegante. Scelta piuttosto bizzarra per una serata in un locale del genere.
“Come mai ti sei acchittata stasera?” le chiesi ammiccante, dandole delle leggere gomitate sul fianco. Arrossì. Me ne accorsi nonostante la cupezza del Cavern. “Come se non lo sapessi” mi rispose con un filo di voce. Aveva ragione, sapevo esattamente del perché di quella scelta. “Per Paul?” domandai retoricamente e mi accontentai di un suo sguardo per capire che avevo indovinato.
Paul era un ragazzo della comitiva di Ted, nonché uno dei nostri quattro amici di ritorno da Amburgo. Dai profondi occhi fra il verde ed il nocciola era il classico belloccio della situazione, sempre circondato da decine di ragazze, ma dall’egocentrismo spropositato. Sun era cotta di lui fin dalla prima volta che eravamo uscite con loro. Ovviamente lui non la considerava più di una amica, o una delle tante che gli morivano dietro. Ted non sopportava il fatto che alla sua dolce sorellina piacesse un ragazzo tre anni più grande di lei, ed ogni volta che iniziavano a parlarne finivano col litigare. Lui tirava fuori il concetto dell’età, e lei puntualizzava che gli anni di differenza non erano tre, ma solamente due. A quel punto Ted, stizzito, lasciava puntualmente cadere il discorso, e non se ne parlava più per giorni. Effettivamente vedendo le loro litigate dal di fuori era abbastanza divertente, ma conoscendo abbastanza la mia amica sapevo perfettamente quanto ne soffrisse ogni volta. La sua unica valvola di sfogo era parlarne con me.
“Chissà se un giorno mi ascolterai e lascerai perdere quel cretino” la ammonii. Non che lui non mi andasse a genio, anzi lo adoravo, ma vedere come stava inconsapevolmente distruggendo la mia amica mi mandava letteralmente il sangue al cervello. “Guarda Ringhie, lui ti tratta come una principessa, perché non gli dai una chance?” proseguii. “Ted non vorrebbe” mi rispose automaticamente. Come se le fossero mai interessate le decisioni del fratello.
Lasciando cadere il discorso proposi alla mia amica di dirigerci verso il bancone con l’idea che da lì avremmo avuto la marmaglia di gente sotto controllo e avremmo di certo trovato gli altri più facilmente. In realtà avevo solamente una gran voglia di birra. Quella era decisamente l’unica cosa che mi andasse a genio di quel locale. Che ragazza scapestrata, se qualche componente della mia famiglia mi avesse vista mi avrebbe di certo disconosciuta e diseredata immediatamente.
Sun prese il suo solito succo di frutta continuando a guardare fra i ragazzi presenti mentre io bevevo avidamente la mia birra. “Non credi che bere birra come uno scaricatore di porto sia un comportamento poco consono ad una dolce donzella come te, Rebecca?”. Quel modo di chiamarmi, quel tono sbeffeggiante e quella voce vagamente roca apparvero inconfondibili alle mie orecchie. Poggiai sul bancone il mio boccale ormai semi vuoto e mi voltai a fissare gelida il ragazzo che aveva appena parlato. Ovviamente avevo indovinato. “Non credo che questi siano affari che ti riguardano, Lennon” replicai, fredda come ogni volta che venivo presa di mira. Il trasformarmi in un cubetto di ghiaccio era la mia unica via di difesa, un po’ come il riccio quando si appallottola su sé stesso alla vista di un potenziale predatore. Come al solito aveva il suo stupido sorrisetto stampato su quella faccia da schiaffi. Sembrava davvero molto divertito. “E mi sembra anche di averti detto circa un centinaio di volte che non devi chiamarmi in quel modo”. Come se gli avessi appena raccontato una barzelletta scoppiò a ridere. Pur di non rispondergli in malo modo ripresi la mia birra e la finii in un unico sorso. Maledizione a lui e alla sua risata snervante. Nel frattempo la mia amica, stufa di cercare qualcuno che nemmeno era certa fosse lì, si voltò verso di me per dirmi non so cosa. Appena notò il mio disturbatore gli si attaccò letteralmente al collo. I loro soliti convenevoli ‘come stai?’ e ‘come è andato il viaggio?’ mi davano la nausea, e cercai di evitarli il più possibile fissando i due bicchieri vuoti poggiati sul bancone. Forse avevo bevuto troppo in fretta, lo stomaco stava iniziando a bruciarmi. O forse era semplicemente il nervoso. Dopo pochi minuti passati totalmente immobile con lo sguardo perso nel vuoto mi voltai verso i due. “Allora, come mai sei qui tutto solo? Gli altri che fine hanno fatto?”. Come se glielo avessi appena fatto ricordare, John scoppiò nuovamente a ridere. “Ted mi ha mandato a cercarvi, noi siamo tutti su. Conoscendo i soggetti immaginavo di trovarvi qui” mi fece l’occhiolino e tornò a ridere. Sun, ovviamente, lo seguì a ruota. “Non sei affatto spiritoso, sai?” puntualizzai incenerendolo con lo sguardo. “Suvvia Rebecca, Sun sta ridendo. Forse sei tu quella con poco senso dell’umorismo, qui in mezzo?”. Non gli risposi nemmeno e mi alzai dal mio sgabello, invitando la mia amica a fare lo stesso. Nel frattempo quella sottospecie di impiastro si mise alla guida della ciurma, continuando ad urlare “Coraggio Raggio di Sole, seguitemi!”, ridendo come un pazzo. Raggio di Sole, era così che ci chiamava quando era in vena di scherzi ed io e Sun stavamo insieme, quindi la cosa accadeva molto spesso. Ed io, ovviamente, non lo sopportavo.
Quando John fu abbastanza lontano da non poter ascoltare i nostri discorsi la mia amica mi diede una gomitata per attirare la mia attenzione. Quando posai il mio sguardo su di lei mi guardava con fare sospetto. “Ma che ti piace Lennon?” mi chiese indiscreta. “Meno lo vedo e meglio sto, dovresti saperlo” replicai, scioccata da quella domanda. “E allora perché sei tutta rossa?” continuò lei, senza sosta. Involontariamente portai le mani sul viso. Sun scoppiò a ridere ed io la incenerii. “Sarà la birra, o il nervoso che mi sta facendo prendere”. La sua occhiata mi lasciò intuire che le mie stupide giustificazioni di certo non l’avrebbero soddisfatta. Doveva e voleva avere ragione lei su tutte le mie questioni amorose, come sempre. Le sorrisi timidamente e finalmente fummo fuori dal Cavern.
A pochi passi dall’entrata, poggiati sui gradini di una villetta, c’erano gli altri. John, arrivato pochi istanti prima di noi, era già intento ad infastidire Paul, cosa che gli riusciva sempre perfettamente. Ted, Ringo, Maxwell e Pete erano impegnati in un discorso di non so quale natura, mentre George li ascoltava trangugiando biscotti. Quel ragazzo era incredibile, la sua capacità di mangiare ovunque mi faceva sempre sorridere. In effetti la comitiva non era stata la stessa, senza quei quattro. Senza l’egocentrismo spropositato di Paul, George e il suo appetito cronico, la solarità di Pete e l’invadenza di John. Mancava solo Stuart e poi saremmo stati al completo, peccato che lui fosse ormai partito per Londra per inseguire il suo sogno di pittore all’accademia di arte. Anche Astrid, la ragazza/quasi moglie di Stu, ci mancava un sacco. Lei e le sue strambe idee sulla moda. Era per causa sua che ora quei quattro pazzi liverpooliani appena tornati da Amburgo presentavano il medesimo bizzarro taglio di capelli. Erano davvero buffi a guardarli.
Senza pensarci troppo io e Sun ci sedemmo vicino a George che, sorridendoci, ci porse i suoi biscotti. Gentilmente rifiutai, mentre la mia amica ne agguantò velocemente uno. “Come mai siete già tornati dalla Germania? Spero non abbiate combinato guai come l’ultima volta” gli chiesi. Lui mi guardò, raggiante per il mio interessamento, e si ficcò in bocca un altro biscotto. “No stavolta niente del genere” mi rispose masticando e sputacchiando briciole da tutte le parti “il nostro manager si era stufato del nostro scarso successo e ci ha abbandonati a noi stessi. E poi il proprietario del Cavern ci aveva proposto qualche serata dedicata a noi, non ci siamo lasciati scappare l’opportunità”. “Magari così trovate un nuovo manager che vi farà fare qualche provino per le etichette discografiche, no?” aggiunse Sun. George annuì sorridente e tornò a guardare gli altri. “Non sarebbe affatto male un provino, magari è la volta buona che sfondiamo sul serio” ammise. Come se fosse stato il cucciolo di un qualsiasi animale iniziai a carezzarlo sulla testa. “Sfonderete sicuramente e magari diventerete famosi in tutto il mondo e cambierete la storia della musica e…” “Frena, frena Ray!” mi interruppe lui ridendo “non starai correndo un po’ troppo?”. Non gli risposi. Vedendomi pensierosa proseguì “Ora a noi basta avere un’etichetta sulle spalle per poter produrre qualcosa di nostro, tutto qui”. La sua infinita pacatezza tranquillizzò la mia mente che, fino a un attimo prima, vorticava come una trottola producendo dei film da Oscar.
Iniziai a guardare gli altri, in silenzio. Pete stava raccontando degli aneddoti divertenti provenienti da Amburgo, ma non riuscivo a capire se gli altri ridessero più per quelli o per John se si stava dilettando a fare il cretino intorno a loro. Paul era l’unico in disparte, silenzioso, che guardava il cielo nero e senza stelle. “Cos’ha Paulie?” chiese Sun fingendosi poco interessata. George scrollò le spalle. “Probabilmente gli manca Barbara” le rispose senza pensarci troppo. Alle nostre occhiate incuriosite scoppiò a ridere. “Sono stati insieme praticamente tutto il tempo che siamo stati in Germania, sembrava una cosa seria. Giuro di non aver mai visto il Macca così preso da una ragazza”. Istintivamente guardai la mia amica che, piano piano, si stava incupendo sempre più. “Si sono dovuti lasciare per via della distanza. Poi lei aveva paura che avessimo troppo successo. Fatto sta che, a mio avviso, se lei fosse venuta a vivere a Liverpool poco ma sicuro si sarebbero sposati” terminò lui posando a terra la busta dei biscotti ormai vuota e accendendosi una sigaretta. Strozzatici, con quella sigaretta, Harrison! Per un millesimo di secondo lo odiai per averci raccontato il tutto così dettagliatamente. Mi ripresi subito, in fondo non era colpa sua. Nessuno, oltre a me e a Ted, era a conoscenza dell’infatuazione di Sun per Paul. Dovevo fare assolutamente qualcosa per far tornare su di morale la mia amica. Dopo pochi istanti ebbi l’illuminazione.
“Ehi voi, non vorrete mica mettere le radici qui davanti, spero! Perché non andiamo a farci un giro?” urlai all’intera compagnia. Tutti mi fulminarono con lo sguardo. “E, sentiamo, dove vorresti andare?” mi minacciò Ted. Feci finta di pensarci un po’ su “Una passeggiatina in spiaggia?”. Sun saltò in piedi ed iniziò a saltellare senza sosta intorno al fratello, insistendo di andare. Le era improvvisamente tornato il sorriso. Ted era molto titubante, ma alla prima parola di Ringo per convincerlo ad andare sorrise. “E andiamo, il Cavern sembra un ovile questa sera!”. Scoppiammo tutti a ridere e ci dirigemmo verso la spiaggia.




Ecco qui finalmente anche il secondo capitolo! Non me ne vogliate ma avendo mille impegni e non riuscendo a scrivere molto sono costretta a pubblicare con cadenza settimanale (ogni sabato, quindi)
So' bene che Ringo non era amico dei ragazzi da prima che entrasse nella band, ma avevo bisogno di metterlo in qualche modo nella storia: lo adoro troppo per lasciarlo in disparte solo perchè nell'anno in cui è ambientata la fic ancora non era un Beatle anche lui! :3
Bè... Spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Grazie a tutti per le recensioni ricevute... sono davvero un tesoro per me che mi faccio mille problemi su quello che scrivo!
A presto :)
   
 
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