Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: lis2    06/05/2012    0 recensioni
Tre storie. Tre modi diversi di affrontare la fine della guerra. Tre aiuti inaspettati e la forza di andare avanti.
Voldemort è morto, ma le ferite del conflitto sono ancora fresche e rischiano di infettarsi. Harry, Ron e Hermione devono lasciarsi alle spalle la morte e il dolore per tornare a gioire della vita e dell'amore. Qualcuno dovrà aiutarli. Perché nessuno si salva da solo.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

2 Luglio 1998

 

Harry

 

N° 4 Privet Drive, Little Whinging, Surrey.

Harry aprì gli occhi piano. La luce soffusa del mattino filtrava attraverso le tapparelle abbassate. Nella stanza il caldo era quasi soffocante.

Doveva alzarsi. Doveva andare ad aprire la finestra. Che ore erano?

Si sporse per osservare la sveglia lampeggiante sul comodino. Le otto e trenta. Dudley doveva essersi già alzato. Sentiva dei rumori provenire dalla cucina e l’odore del caffè.  Gli zii non sarebbero tornati prima di una settimana. Avevano raggiunto zia Marge nella sua casa estiva sull’isola di Wight. Dudley non era voluto andare con loro. Aveva detto di voler rimanere con Harry. In seguito a questa notizia Petunia aveva piagnucolato per giorni, girava per la casa scompigliandosi i capelli e pregando che le restituissero il suo bambino. Era troppo cambiato e lei stentava a riconoscerlo. Neanche Harry riconosceva più il cugino, ma per quanto sorprendente il cambiamento di Dudley era stato sicuramente in meglio e lui non aveva di che lamentarsi.

La sveglia suonò. Le otto e quarantacinque. 

Doveva alzarsi.

Scalciò le lenzuola ai piedi del letto, inforcò gli occhiali ed andò a spalancare le imposte. Una ventata di aria calda e appiccicosa invase la stanza. Si mise una mano sugli occhi per schermarsi dal sole accecante di luglio. La casa di Privet Drive era veramente un forno in quei mesi estivi. Prese una maglietta dalla sedia accanto al letto, che ormai gli fungeva anche da armadio, si passò una mano tra i capelli arruffati e scese di sotto.

Dudley era in cucina. Fischiettava un motivetto diventato ormai il tormentone dell’estate. Stava preparando la colazione e non lo sentì arrivare. Harry rimase fermo sulla porta della cucina ad osservare il cugino alle prese con pentole e fornelli. I due non si erano visti per un anno. 

L’anno degli Horcrux e della battaglia finale.

Per tutto quel tempo i Dursley erano rimasti nascosti; protetti da quella gente che tanto disprezzavano. E Dudley era tornato diverso. In realtà Harry si era già avveduto del cambiamento del cugino il giorno del suo diciassettesimo compleanno, quando si erano salutati per quella che Harry aveva creduto sarebbe stata l’ultima volta.

Dud si voltò e sorrise ad Harry. Indossava un grembiule da cucina azzurro sopra una maglietta bianca e dei pantaloncini da corsa. Era cresciuto, ormai alto quanto il padre, ma non altrettanto grosso, in quei mesi lontano da casa e dalle sue consuete abitudini aveva perso molti chili e sviluppato due singolari passioni, piuttosto inaspettate per uno come Dudley Dursley. La cucina e la corsa.

 “Giorno Harry,” disse quest’ultimo non perdendo di vista la padella sfrigolante di bacon.

“Buongiorno Dud, sei già andato a correre questa mattina?” chiese Harry notando la tenuta ginnica sotto al grembiule.

Dudley annuì e si sedette a tavola, Harry prese posto al suo fianco e si servì un piatto abbondante di uova e pancetta. Dudley stava bevendo una tazza di caffè nero molto forte, Harry adorava l’aroma di quella bevanda, ma non ne tollerava il sapore.

Come diavolo era possibile ingoiare qualcosa di così tremendamente amaro?

Immerso nelle sue riflessioni circa il caffè, Harry non si era accorto che il cugino lo stava fissando.

“Sai Harry,” esordì infatti Dudley. “Un giorno di questi dovresti venire anche tu a correre con me, ti farebbe bene.”

Harry si appoggiò allo schienale della sedia e si passò una mano tra i capelli prima di rispondere: 

“Non credo che reggerei il tuo passo Dud.”

“Potrei rallentare,” rispose  il cugino.

Harry mugugnò qualcosa di rimando e poi tornò a concentrarsi sulle sua uova. Sapeva che Dudley sarebbe tornato alla carica. Era da un po’ di giorni che non gli dava tregua e cercava in qualsiasi modo di coinvolgerlo in qualche attività. Da quando era tornato a Privet Drive, Harry passava le sue giornate strascicando i piedi dalla sua camera da letto al divano. Guardava qualche programma in televisione, ma si annoiava subito; aveva provato a leggere qualcosa, ma non riusciva a rimanere concentrato per più di due paragrafi consecutivi. Neppure la Gazzetta del Profeta che gli veniva recapitata regolarmente ogni mattina destava il suo interesse. Le copie impolverate e mai sfogliate giacevano, così, in un angolo della sua camera.

“Dovresti smetterla,” disse Dudley rivolgendosi nuovamente al cugino. Aveva alzato leggermente la voce e il suo tono si era fatto più duro. Sperava in una reazione.

“Smetterla di fare cosa Dud?” rispose invece l’altro con la solita apatia nella voce.

Dudley si alzò spostando rumorosamente indietro la sedia e piantando le mani sul tavolo:

“Di fare questo Harry. Di fare quello che stai facendo adesso.”

Harry sbruffò alzando gli occhi dal piatto ormai vuoto.

“Non sto facendo niente Dud. Non sto facendo assolutamente niente.”

“E io è proprio di questo che parlo,” disse Dud sempre più infuriato. “Non fai niente Harry. Niente di niente dalla mattina alla sera. Lo so che non vuoi parlare di quello che è successo di là, ma non può continuare così. Devi reagire devi fare qualcosa.”

Harry si alzò non degnando il cugino di una risposta. 

Non aveva voglia di continuare quella discussione. Aveva caldo e voleva farsi una doccia.

Entrò in bagno e si buttò sotto l’acqua gelida. 

Chissà se per Dud farsi una doccia significava fare qualcosa. Forse dopo glielo avrebbe detto. “Hei Dud, mi sono fatto una doccia. Ho fatto qualcosa. Ti sta bene ora?”

Era sciocco comportarsi in quel modo. Harry lo sapeva, ma da quando era tornato da Hogwarts tutto gli sembrava così inutile, così vuoto. Lui si sentiva vuoto e voleva solo essere lasciato in pace. 

Dopo la battaglia finale, dopo la morte di Voldemort, per alcuni giorni Harry era rimasto con gli altri, tra le macerie. Soccorrevano i feriti e davano degna sepoltura ai morti. Ma poi erano arrivati i giornalisti e tutti avevano iniziato a fargli domande. Il Mondo Magico era a pezzi. Voldemort era morto, ma il posto di Ministro era vacante, molti Mangiamorte erano fuggiti e la gente aveva ancora paura. 

Harry era la riposta. Il Bambino Sopravvissuto era diventato il Salvatore dei Due Mondi. 

Ma lui di risposte non ne aveva. Lui non sentiva niente. Assolutamente niente. Solo un grande vuoto che lo attanagliava. Non riusciva a piangere per i suoi amici che avevano perso la vita. Non riusciva ad immedesimarsi nel dolore dei Weasley per la morte di Fred. Non riusciva a provare rabbia per il piccolo Teddy, né rancore per chi non gli aveva creduto e adesso si rivolgeva a lui come al messia. Avrebbe tanto desiderato sentire qualcosa. Sentirsi arrabbiato, furioso, frustrato, ma non sentiva niente e quel niente lo avrebbe annientato. E così decise di andarsene. Non poteva aiutare nessuno. Doveva prima salvare se stesso. Disse a Ron e a Hermione che sarebbe stato via per un po’. Aveva bisogno di tempo. Ovviamente i due si opposero e si offrirono di accompagnarlo, ovunque avrebbe voluto andare. Ma questa volta Harry non li assecondò. Hermione doveva ancora recuperare i suoi genitori in Australia e Ron doveva rimanere con la sua famiglia. E così se ne andò da solo e andò nell’unico posto che gli venne in mente. L’unico posto dove nessuno l’avrebbe mai cercato. Tornò dai suoi zii.

L’acqua della doccia gli ticchettava sulla fronte, prese il bagnoschiuma e iniziò ad insaponarsi.

Non aveva mai pensato di rimettere piede in quella casa e di sicuro dello stesso avviso erano anche i suoi zii. Si ricordava perfettamente come erano andate le cose quel giorno. Quando Petunia lo aveva visto comparire in mezzo al salotto per poco non era svenuta, suo zio invece era andato su tutte le furie ed Harry aveva pensato di aver avuto una pessima idea a tornare lì. Loro non lo volevano e non avrebbero mai capito il perché del suo ritorno. Non potevano capire e lui non voleva spiegare. Stava per smaterializzarsi via,  quando Dudley aveva fatto la sua comparsa nel salotto. aveva ignorato completamente la madre, che ormai aveva assunto lo stesso colore grigiastro della moquette e non degnando di uno sguardo il padre era andato da Harry. Gli avevachiesto se era tornato per restare e lui aveva annuito di rimando. Dud non aveva fatto nessun altra domanda. Si era semplicemente rivolto al padre ordinandogli di non disturbare Harry per tutto il tempo che avrebbe trascorso da loro. Altrimenti avrebbero dovuto vedersela con lui.

Harry si ricordava ancora la reazione che aveva avuto. Era rimasto come pietrificato, di certo non si era aspettato una cosa del genere dal cugino. Ma gliene fu grato allora e glielo era tutt’ora. Lui aveva chiesto solo tempo e Dudley era stato l’unico che era sembrato disposto a concederglielo. Forse adesso però stava esagerando. Aveva ragione suo cugino doveva reagire.

Si era seduto sul piatto della doccia e l’acqua fredda gli batteva rumorosamente sulla testa, quando sentì la voce del cugino appena fuori dalla porta del bagno. Dudley balbettava:

“Harry... senti io... mi dispiace. Scusa. Lo so che non devo chiederti niente. E solo che...”

Harry si alzò, chiuse il rubinetto, si avvolse in un asciugamano, spalancò la porta e piantò i suoi occhi in quelli del cugino. Questa volta fu il turno di Dudley a rimanere pietrificato quando Harry lo strinse in un abbraccio.

“Non chiedermi scusa,” disse Harry mentre l’acqua gocciolava dai suoi capelli su i vestiti dell’altro. “Tu mi hai salvato Dud. Mi hai dato un posto dove stare e il tempo di cui avevo bisogno. Ma adesso hai ragione, devo smetterla. Devo tornare.”

Ancora rosso di imbarazzo per quell’abbraccio inaspettato, Dudley si staccò il cugino di dosso e gli rispose con una più consona pacca sulla spalla. Sorrideva. E anche Harry stava sorridendo. Finalmente sentiva qualcosa. Sentiva affetto e gratitudine per una persona. Una persona che solo poco mesi prima per lui non contava assolutamente niente e che era certo che non avrebbe mai più rivisto. Dudley era stata la sua salvezza. Dudley con le sue corse all’alba, che Harry sbirciava dalla finestra, Dudley con la sua concretezza, con i pranzi e le cene che aveva preparato per entrambi con tanta dedizione. Dudley gli aveva dato un nuovo appiglio alla realtà e lui gliene era enormemente grato. Adesso era pronto per tornare. Sperava solo che gli altri lo avrebbero capito e accolto proprio come aveva fatto suo cugino.

Quella sera stessa avrebbe fatto i bagagli e si sarebbe smaterializzato alla Tana.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: lis2