Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Ilarya Kiki    07/05/2012    1 recensioni
La vita di Amy Wong fa schifo.
Lavora sottopagata in un call-center in una cantina, vive sola in un monolocale nel peggior sobborgo della sua città, Leadenville, con un dirimpettaio invadente e le bollette con cui fare i conti.
Ogni notte va ad ubriacarsi e vaga, solitaria, per le strade notturne come un fantasma…
Finché non si imbatte in una strana ragazza dai capelli rossi.
Quell’incontro stravolgerà la miserabile esistenza di Amy, e la farà intrecciare con i fili rossi dei destini di innumerevoli creature in un misterioso disegno più grande, l’ordine del mondo e l’equilibrio tra bene e male,
fino a risalire al suo oscuro e terribile passato.
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angeli


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“Ciao anche a te! Come ti chiami?”
La ragazza dagli occhi verdi le sorrise, e tese una mano in segno di saluto.
“Io…sono…sono Sharon.”
“Molto piacere Sharon! Io mi chiamo Andrea.”
Ebbe paura a stringere quella mano, e quando si decise a toccarla da quel contatto soffice scaturirono delle scariche elettriche che le accesero il cuore come un motore a scoppio e le guance di bollente rossore. Oh Signore, e se se ne fosse accorta?
“E’ un piacere anche per me.”
Sharon doveva sicuramente essere impazzita, per essersene scesa tutta sola a quell’ora così fredda del mattino, con le pantofole e la vestaglia di Davey sulle spalle, solo perché era curiosa di sapere chi erano quelle persone sul marciapiede davanti al condominio, anzi, quella persona; ce n’erano altri due prima, infatti, ma erano andati via poco prima che lei aprisse il portone per uscire.
Adesso c’era solo Andrea.
“Tu vivi qui?” le chiese lei, sorridendo alle sue pantofole esageratamente grandi.
“Emh, sì…sono ospite di un amico. E tu, invece? Vivi anche tu qui vicino?”
“Non proprio.”
“Sei qui per la sparatoria di ieri sera…?”
“Oh, già, la sparatoria…ma no, non sto facendo nulla in particolare, aspetto solo i miei compagni.”
Era molto piccola, Andrea: avrà avuto sì e no quindici anni, ma il suo fisico esile ne suggeriva tre in meno, semi nascosto da un enorme giaccone punk di cuoio tutto consunto che faceva sembrare le gambe che ne spuntavano al di sotto due esili fili d’erba avvolti in calze a rete.
I suoi occhi, però, contenevano l’oceano.
“I…i tuoi compagni?”
“Sì, torneranno fra un po’.”
“Oh…”
“No, aspetta, dove vai Sharon!? Dai, resta ancora un po’ con me. Mi fa molto piacere fare un po’ di conversazione con qualcuno!”
Sharon bloccò le gambe e si fermò sul gradino del portone, con il cuore che le martellava assordante nelle orecchie. E se fosse morta lì di infarto? Meglio, meglio che girarsi ed affrontare di nuovo quel meraviglioso viso. Ma perché era scesa? Per dover sopportare quella tortura? Quella dolcissima tortura?
“Ehi, ti sei impalata?” la mano che le si posò sulla spalla e la fece girare quasi la fece anche svenire.
“Scu…scusa…è che non volevo disturbarti.”
Andrea sorrise, con tenerezza, vedendo la faccia imbarazzata di quella strana ragazza che era scesa solo per salutarla, come se la cosa più importante del mondo fosse quella semplice gioia che dà l’affetto per il prossimo, come un saluto ad un perfetto sconosciuto.
“Tu non mi disturbi affatto!”
“O…ok, allora. Resterò ancora un po’.”
Sharon si arrese ai brividi peccaminosi che le scorrevano sotto la pelle, e tentò di sembrare il meno ridicola possibile mentre rispondeva al sorriso.
Ora non c’era assolutamente più alcuna via di scampo: sarebbe sprofondata all’Inferno lì dove si trovava da una voragine aperta apposta per lei sotto i suoi piedi, cadendo giù tra le grinfie ed i denti affilati delle tre teste del Cerbero.

“CHERIIIIIIIIIIIIIIIIIIII’!”
Tarja, in piedi sul pianerottolo, si sgolò in direzione della tromba delle scale, udendo il rintocco rimbombante del suo urlo ribalzare da un piano all’altro del condominio, in modo tale che Cherì lo udisse, dovunque si trovasse in quel momento –e tutti i coinquilini addormentati insieme a lei.-
Non ricevendo risposta, riprese a bussare più nervosamente di prima alla porta di Amy, con violenza crescente, finché la voce di Davey, giungendo da dietro, la fermò appena prima che cominciasse a creare crateri sospetti nel legno.
“Lascia perdere cara, quella è una testa di legno, non ti aprirà mai.”
“Ma deve aprirmi! Devo compiere l’Iniziazione! È importante!”
Sbuffò, avendo capito l’antifona, e si sedette sconsolata sul primo gradino della scalinata marmorea, con la faccia tra le mani.
Quella mattina si era svegliata completamente guarita, forse solo ancora un po’ rintronata per la caduta dal tetto del palazzo di sei piani della notte precedente e con la pelle ancora sensibile dove prima c’erano le ustioni, ma al momento del risveglio sua sorella era svanita, e quella testona di Amy era ancora chiusa in casa.
“Uffa!”
“Jaja!” Cherì comparve all’improvviso sul pianerottolo, tutta trafelata, come se avesse salito in corsa le scale di dieci piani e non di due: “scu…scusatemi se sono scesa, ma…”
Tarja si alzò subito e le corse incontro, abbracciandola: “Cherì! Oh, non preoccuparti, tanto non sei tu il Demone che tutti cercano di far saltare in aria…”
Seguì un silenzio un po’ pesante, raggelato dalla risata forse un pochino troppo isterica che Tarja azzardò per infrangerlo ed alleggerire l’atmosfera, che però ebbe l’effetto diametralmente opposto.
“Jaja, dov’è Amy?” chiese allora Cherì, ancora un po’ affannata.
“Non vuole uscire di casa.”
“Ma…e l’Iniziazione?”
“Non si può fare se lei non c’è! Scema cretina!”
Tarja ricominciò molto poco educatamente a sbattere sulla porta di Amy, continuando la serie di insulti con una tale fantasia che veder muovere quelle labbra graziose al suono di quegli epiteti sembrava il playback di una sfuriata da camionista.
“Emh…smettila ti prego…” Davey le afferrò il braccio, un po’ intimidito, “Amy è fatta così…ma è poi così importante questa “Iniziazione”?”
“Scherzi!?” Gridò quasi Tarja, infervorata.
“Perché?”
“Uff…” Tarja si arrese con la porta, e si voltò verso lo studente a braccia incrociate.
“Vedi, non è così semplice la convivenza tra Angeli, Demoni e umani. Esiste una Regola, che fu pattuita dopo il primo scontro che Lucifero condusse contro coso…il capo degli Angeli, ecco, dopo che si fu ribellato. Questa Regola stabilisce che la Guerra tra le due Stirpi sarebbe rimasta oscura agli umani e che sarebbero stati esclusi da ogni conflitto. Perciò oggi quasi nessuno sa della nostra esistenza. Mio padre mi ha insegnato che fu lui…il “Nemico”, che insistette per stabilirla: da quel giorno, se un umano scopre la nostra vera natura, viene…”
“…ucciso?” chiese Davey, traumatizzato.
“Emh…in pratica sì. E ritieniti fortunato che questa Regola esiste, perché in caso contrario la mia Stirpe avrebbe fatto strage anche degli umani…” Tarja stortò la faccia, disgustata. “…perché loro venerano il grande Amicone…no cioè, sono io che lo chiamo così, in realtà gli altri Demoni lo chiamano Nemico.”
“Parli del Signore?” chiese Cherì, che si era avidamente bevuta ogni parola della sorella, la quale però contrasse la faccia, un po’ infastidita: “Sì, lui, ma per favore, non chiamarlo così. Mi disturba.”
“Scusami…ma sorellina, io sono stata iniziata allora?”
“Certo. Io e te siamo state iniziate alla nostra nascita, anche se nel il mio caso si è rivelato poi essere un bell’assurdo.”
Disse Tarja, in risposta alla trepida domanda.
Davey, un po’ seccato, le riportò al discorso precedente. “Ok, ma quest’Iniziazione cos’è!?” “Beh…” Tarja fece spallucce. “E’ una sorta di esonero alla Regola: la possono imporre solo Angeli o Demoni di un certo livello, e solo se ritengono l’umano in questione davvero meritevole oppure utile e affidabile. Esistono diverse sette umane di iniziati. Però a me sembra un nome stupido. Insomma, che significa “iniziati”? E’ come se doveste concludere qualcosa, ma siete umani, dove volete andare? Ahah…siete iniziati ma non finirete mai. “Iniziati-mai-finiti”…ahahah…”
Un’occhiataccia perplessa del ragazzo riportò Tarja giù dai suoi labirinti mentali, e lei smise di ridere, con un versetto imbarazzato.
“In ogni modo, se non vi inizio subito, saranno guai. Capisci, ora, Davey?”
Lo studente, pur faticando ancora visibilmente a ritenere verosimili quei discorsi, annuì, pallido.
“Non puoi iniziare me subito?”
“Preferirei di no. È una cosa molto complicata ed impegnativa per me, preferirei farlo una volta sola.”
“Chiaro. Allora, diamoci dentro!”
Davey si buttò con pugni e calci contro l’ingresso sbarrato di Amy, e le due sorelle lo imitarono subito, bussando e chiamandola a gran voce su quella povera porta che per poco cedette all’impeto del loro entusiasmo.
“Ehi, se cercate la tipa depressa, se n’è andata. L’ho vista scendere le scale ore fa.”
Tutti si interruppero all’improvviso, e si volsero verso la sorgente di quelle parole masticate insieme al chewing gum.
Annette, la stracciona che aveva scroccato ben tre delle confezioni di lasagne surgelate di Davey, era comparsa sulle scale, ondeggiando compiaciuta.
Tarja sbiancò all’improvviso, tingendosi di terrore:“Che!? Dove!?” gridò.
“Il cimitero!” gridò a sua volta Davey. “Di notte va sempre là!”
“Corriamo! Potrebbero averla già trovata! Brutta pazza!”
Tarja artigliò Davey e Cherì e li trascinò con sé giù dalle scale in una corsa folle, sfrecciando davanti ad Annette.
“Dio.” Sospirò lei, appoggiandosi alla ringhiera delle scale.“Che stressati, avrebbero bisogno di una bella scopata.”

Ad Amy non fregava niente di nessuno, sarebbe morta lì tra quelle tombe, di fame, tristezza, rabbia, fulmini caduti a ciel sereno o altro…non le importava più nulla di niente.
La luce del sole mattutino era uno spietato coltello inflitto nella sua anima rovente di dolore, e lei non faceva altro che andare avanti ed indietro tra le lapidi, maledicendo i vivi, giunti con qualche fiore finto e con preghierine ipocrite a disturbare il suo regno, ed invidiando i morti.
Si accorse degli uomini vestiti di nero solo quando se li trovò a bloccare entrambe le direzioni del vialetto di ghiaia tra i sepolcri, impedendole i suoi circoli tormentati: maledisse anche loro, ma quelli non se ne andarono, attorniandola sempre più vicino, come se non volessero lasciarla scappare…
All’improvviso, accadde qualcosa di strano.
Amy udì qualcuno gridare a squarciagola, e si accorse che gli uomini neri si volgevano entrambi –erano in due, infatti- verso l’urlo, ed ecco apparire quella schifosa assassina insieme con la sua patetica sorella disturbata e quell’idiota odioso di Davey, che correvano come pazzi verso di lei.
Che diavolo volevano quei maledetti?
Da lei non avrebbero avuto più nulla, nulla, nulla se non odio e rabbia, disgustosi bastardi, come potevanocercarla ancora, come osavano chiamarla ancora!?
La rabbia la gonfiò fin quasi a darle la nausea, alla vista di quei tre, ma con sorpresa si accorse che l’assassina non stava urlando per farsi sentire da lei.
Dopo aver fermato il passo, la rossa avanzò eretta incontro ai due uomini vestiti di nero, serena e pacata ma con una determinazione che velava un’intima e mortale minaccia: uno dei due indietreggiò quasi con un balzo accanto all’altro, il quale invece piegò solo un po’ le ginocchia senza muoversi, ed Amy pensò che era come se si stesse preparando senza farsi notare ad una fuga improvvisa.
“Non toccatela.” proferì Tarja, e la sua voce era simile a quella che aveva ringhiato nel cortile del n° 18 di Cypress Street, e risuonato dal tetto del condominio davanti al suo la notte precedente: imperiosa e potente come se fosse fuoriuscita dai meandri di una caverna profonda.
“C’è stato un errore. Mi prendo ogni responsabilità.”
Amy all’improvviso si sentì attratta da una forza invisibile che la avvolse come dita d’acciaio, calde ma non dolorose, che la afferrarono e di peso la trascinarono davanti a Tarja. Accanto a sé trovò Davey, dal quale ricevette un’occhiata che era indecisa tra rimprovero e doloroso smarrimento.
Poi, sentì la consistenza rovente di una mano sopra la sua testa, come la sera prima: tentò di opporsi a quell’odioso contatto, ma questa volta c’erano quelle immense dita di fuoco invisibili che la tenevano con forza immobile lì dov’era, e non poté fare altro che stringere i denti e rodersi dentro, consumandosi il fegato in bile acida.
Allora, risuonarono delle parole.
Non riuscì a capire che cosa dicevano, anzi, si chiese addirittura perché avesse pensato che fossero parole: erano strani suoni composti da mille voci che intrecciavano la musica delle onde dell’oceano, del frusciare delle fronde di alberi secolari, canti di uccelli e crepitio di fuochi sacri…
Sembravano voci da oltretomba, ed Amy ne fu confusa e spaventata, sentendole fluire da dietro la sua testa come un fiume arcano, come se le stessero danzando tra i capelli, volteggiando poi verso l’alto dei cieli.
Come erano cominciate, le parole si zittirono.
La presa invisibile lasciò il corpo di Amy e lei si riscosse all’improvviso, stravolta dalla rabbia e dalla paura, ed ancora prima di poter articolare un qualche pensiero compiuto sentì le mani di Davey stringerle le spalle ed attirarla a sé come un confortante sostegno, al quale lei non trovò le forze di opporsi.
“Ecco fatto, signori. Ora potete anche rinfoderare le spade e fare un po’ di conversazione amichevole, no?” Tarja avanzò passando di fianco ad Amy, non curandosi assolutamente né di lei né del fatto che la sera prima le era stato sputato addosso ogni genere di insulti, tendendo amichevolmente la mano ai due sconosciuti vestiti di nero: aveva reindossato il suo abito vittoriano –fresco di lavanderia condominiale-, e con i capelli sciolti sopra la schiena sinuosa e scarlatti alla luce del sole pareva una regina di ere perdute.
“Voi avete una gran bella faccia tosta, Lady Tarja Lucifer.” Amy tremò fin nelle ossa nel sentirla chiamare così. “Tutto ad un tratto si viene a sapere della vostra scomparsa, le Bestie si affannano in un gran compiangere ed accusano la nostra Stirpe divina di rapimento, nessuno sa dove in realtà voi siete nascosta, se siete morta oppure no, e poi eccovi qui, a farvi vedere dagli umani per poi inseguirli per rimediare con una affrettata Iniziazione, per evitare di creare eccessivo clamore. Ed infine volete fare “conversazione amichevole” con noi. Se posso permettermi, si può sapere cosa avete in mente?”
“I…io…” a parlare era stato il più alto dei due uomini, quello che si era piegato sulle ginocchia in vista di una probabile fuga: aveva lunghi capelli corvini raccolti in una lunga coda sulla nuca, la pelle del volto olivastra ed uno sguardo penetrante, segnato da un’esperienza forse un po’ troppo precoce, a considerare l’età che dimostrava.
Alle sue parole, Tarja era impallidita sempre più, pur tentando di non darlo a vedere, ed aveva cominciato a sudare freddo: Amy poteva distintamente vedere i mille pensieri e le mille risposte che si rincorrevano nella mente della rossa, mentre l’altro parlava, e quando il discorso fu finito si trovò spiazzata.
“C…c’è stato un errore…il Cerimoniere ha accusato voi di avermi rapita!? È una bugia! Io ho deciso di andarmene.” Detto ciò, Tarja sembrò ricomporsi, e riacquisì l’atteggiamento principesco che aveva adottato prima.
“Inoltre, ho iniziato questi due umani perché sono miei amici, non per evitare clamore. Non mi importa se le Stirpi vengono a sapere che sono qui, i Demoni lo sanno già ed hanno anche già inviato un sicario, ma non me ne importa niente. Se ho rincorso questi due umani…” la rossa lanciò uno sguardo fugace ad Amy, brevissimo ma abbastanza loquace da metterle i brividi, “…è solo perché un contrattempo mi ha impedito di farlo subito.”
“Non pensavo che ci avrebbe risposto, Milady.” L’uomo corvino sembrava sinceramente stupito, ed allargò il viso ed i suoi occhi sottili in un’espressione meno dura e severa. “Voi dunque ci confermate che di vostra volontà vi siete sottratta al trono di Chrysantemum Hill?”
“Confermo.” Rispose Tarja, con un sorriso.
“Se è lecito, per quale motivo?” chiese di nuovo il moro, dopo essersi consultato col compagno, il quale sembrava più giovane di una decina d’anni ed aveva anch’egli una chioma piuttosto lunga e setosa, ma innaturalmente candida come la neve.
“I tempi sono immaturi, amico. Ma avrete presto mie notizie, puoi giurarci. Ora, addio.”
I due si scambiarono un’occhiata, poi voltarono le spalle e se ne andarono per i fatti loro, in silenzio, come due ombre nere nella luce del mattino.
Amy solo allora si ricordò di essere stata afferrata e quasi abbracciata da Davey, e si divincolò da lui, seccata.

“Chi erano…quelli?” chiese Davey dopo essere stato spintonato da Amy, con la voce tremante e secca di paura.
“Angeli.” Rispose Tarja, dopo aver emesso un lungo sospiro e aver rilassato i muscoli contratti dalla tensione del dialogo, voltandosi verso i suoi amici. “Erano venuti per prendere Amy ed ucciderla senza pietà, perché gli umani non possono vedere i membri di una delle due Stirpi nelle loro autentiche vesti se non sono stati iniziati. Così saresti morta e il fatto che eri a conoscenza della nostra esistenza sarebbe stato normale. Per fortuna che siamo arrivati in tempo.”
“U…uccidermi?” mugolò Amy portandosi le mani attorno al collo, senza riuscire a rendersi ben conto della situazione, ma avvertendo distintamente il brivido sottile del pericolo scampato per un pelo che la trapassava freddo come una lama di ghiaccio.
“Sì.”
“Angeli!?” esclamò allora Cherì, saltando fuori da dietro la schiena di Davey, eccitatissima.
“Già.”
“Ma…e le ali?”
“Non possono mica portarsele dietro, quando vanno tra gli umani.”
“…e l’aureola?”
“Idem.”
“…ma non erano così belli come li descrive Dant…emh, la Bibbia!”
“Sai, cara, in realtà noi Demoni siamo incredibilmente più belli degli Angeli. Devi sapere che Lucifero, prima di tradire l’Amicone, era l’Angelo più bello ed affascinante di tutto l’Eliso, ed è proprio per questo, perché siamo i suoi discendenti, che siamo così splendidi! E poi, come faremmo a sedurre gli umani viziosi, se non fossimo molto attraenti?” Tarja emise un risolino vanitoso, evidentemente compiaciuta da questo particolare aspetto della sua discendenza. “Anche se devo dire che alcuni di noi si tengono così male…sembrano veri e propri maiali…”
“Emh, Tarja” la interruppe Davey, che stava cominciando a non sopportare più i suoi incontrollati viaggi mentali. “Perciò, tu…quella cosa, era l’Iniziazione?”
“Esatto!” la rossa sorrise, e poi aggiunse, posizionandosi di fronte ad Amy che istintivamente arretrò, ancora carica del doloroso e brutale peso dell’odio. “Per quanto riguarda la domanda che mi hai fatto ieri sera, amica mia, adesso posso finalmente risponderti con sicurezza. No, non sono una Bestia di Satana. Davey mi ha spiegato che sono solo un gruppo di umani stramboidi, ed io nemmeno li conoscevo. Mi dispiace di non averti chiarito prima questa cosa, ti sei arrabbiata e sei stata male, ed è solo colpa mia e della mia ignoranza.”
Un pugno improvviso la raggiunse in pieno viso, scagliato da Amy che era rimasta ad ascoltarla attonita e pallidissima per tutta la sua spiegazione ingoiando le sue emozioni fino all’esplosione finale, incontrollabile.
“Brutta idiota! Sei un’idiota!!!”
“Amy! Che fai!” Davey la afferrò da dietro per le spalle, quasi sollevandola per trattenere la sua furia distruttiva, ma poi la strinse tra le braccia allo scoppio di un pianto liberatorio, sfinito, che la scosse in tremiti convulsi e le fece colare dagli occhi una lunga cascata nera di lacrime mischiate ad eye-liner.
“Sei sconvolta. Torniamo a casa.”
“E lasciami! Scemo!”
Il ragazzo non lasciò la presa e lei smise i suoi patetici tentativi di liberarsi, troppo distrutta per continuare la sua parte di sprezzante ed orgogliosa solitaria, e così finì col rintanarsi contro il suo petto, nascondendo il viso tra i singhiozzi sempre più forti. Cherì osservava preoccupata la scena, intimorita dalle reazioni smodate della blu, e dopo aver rinunciato ad un timido tentativo di consolarla, con una carezza incerta rimasta sospesa a mezz’aria per qualche secondo, corse da sua sorella.
“Ti fa male?” le chiese, preoccupandosi anche per lei e toccandole la guancia di marmo.
“Un po’” Mentì l’altra, ma poi, a voce più bassa. “No, sto bene. Spero solo che lei non si sia fatta troppo male alla mano.”
Tarja mantenne lo sguardo rivolto a terra parlando con sua sorella, quasi vergognandosi di non aver sentito nemmeno un po’ del dolore del riscatto che Amy aveva voluto prendersi sulla sua inadeguatezza.
“Scusala.” Disse Davey, ancora stringendo Amy.
“Non preoccuparti, me lo meritavo. Ma, per fortuna, è andato tutto bene, voi siete salvi e questo è l’importante.”
“Tanto li avresti sconfitti! Tu sei fortissima, sorellona! Stavano per mettersi a correre a gambe levate quando sei arrivata tu! Li ho visti! Li avresti stesi come hai fatto con quel sicario che è venuto a cercarti!”
“Cosa?” Tarja sollevò di scatto lo sguardo, facendo ondeggiare sul volto bianco la chioma fulva, con un’espressione perplessa e un po’ spaventata. “Credevate l’avessi sconfitto io!? No, non sono stata io a stendere quel bastardo schifoso di un umano… anzi, ora che mi ci fate pensare, non so nemmeno perché non sia riuscito a portarmi via, io ero a pezzi. Non ricordo bene, non ero ben cosciente.”
Tutti spalancarono gli occhi stupiti, folgorati dalla pericolosa rivelazione, anche Amy, che si era un po’ tranquillizzata.
Ma allora, cos’era successo quella sera, davvero?
“Forse posso risponderti io, dolcezza.”
Quella stracciona di Annette comparve avanzando a grandi falcate al cancello del cimitero, facendo roteare con nonchalance la sua pistola tra le dita.
  
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