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Autore: FairyCleo    08/05/2012    2 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Lo straniero venuto dal cielo


Che cosa c’ è dopo la morte? Ci sono Inferno, Paradiso e Purgatorio, o c’ è il niente?
Un angelo avrebbe saputo dare al mondo quella risposta.
Un angelo avrebbe dovuto rispondere che sì, c’ erano i tre Regni a cui le anime erano destinate, e che mai l’ uomo avrebbe dovuto smettere di percorrere la retta via per avere la possibilità di varcare i cancelli del Paradiso.

Ma quando un angelo perde la strada di casa, quando un angelo perde la ‘ retta via ‘, è ancora in grado di dare una simile risposta?
Un angelo caduto… Un angelo che ha perso la propria Grazia, ha ancora il diritto di parlare di Paradiso, Purgatorio e Inferno? E, soprattutto, ha il diritto di sperare in una di queste destinazioni?

A questo pensava Castiel, mentre sentiva la vita abbandonare il corpo mortale del tramite che tempo addietro gli aveva dato il permesso di vestirlo.
Quale sarebbe stato il suo destino, una volta che i suoi occhi si sarebbero spenti, una volta che il suo respiro si sarebbe fermato e le sue membra – perché quelle ormai erano le SUE membra – sarebbero diventate rigide e gelide come l’ inverno?
Avrebbe avuto anche lui accesso ad uno dei tre Regni, o gli sarebbe toccato il destino designato agli angeli morenti? Avrebbe avuto una dimora, o sarebbe scomparso? La sua esistenza avrebbe solo cessato di esistere?
Ma, in fondo, era un’ altra la domanda che si poneva l’ ormai ex-angelo morente: possedeva anch’ egli un’ anima?
A lui era stata donata un’ anima, magari plasmata dalla sua meravigliosa e splendente Grazia, o era come il Sam che aveva tirato fuori dalla gabbia dopo la permanenza forzata in compagnia di Lucifer e Michael?
Il problema era che non aveva la risposta.
Cass non sapeva se nel morire, il suo corpo avrebbe perso di colpo ventuno grammi, i ventuno grammi che si diceva fossero il peso dell’ anima o no. Avrebbe scoperto la verità quando ormai sarebbe stato troppo tardi.
Quando sarebbe svanito per sempre, o quando sarebbe finito all’ Inferno, in balia delle attenzioni del demone che lo voleva morto, in balia delle attenzioni di Crowley.

Ma cosa si aspettava, in fondo? Meritava l’ Inferno. Eccome se lo meritava. E non meritava semplicemente di fare una fila lunga tutta l’ eternità, no.
Meritava di essere inchiodato alla ruota, e che ogni giorno un’ orda di demoni si riunisse attorno a lui per mangiare ogni singolo brandello della sua carne, cominciando dal cuore. Da quel cuore che pulsava dolore e rimorso ad ogni battito. I demoni avrebbero gioito ad ogni morso, cantando e danzando in una sorta di orgia estatica che avrebbe acuito ogni loro senso, fino a renderli folli.
E Crowley… Oh, Crowley avrebbe avuto ciò che voleva, e l’ avrebbe avuto ogni volta che gli sarebbe aggradato.
L’ avrebbe avuto ogni volta che il suo spirito demoniaco avrebbe avuto bisogno di soddisfare i propri impulsi.

Perché lo meritava. Perché sapeva di meritarlo. Sapeva che nessuno lacrima versata avrebbe potuto lavare via la colpa di cui si era macchiato. Nessuna goccia d’ acqua salata sarebbe stata in grado di riportare in vita le persone e gli angeli che aveva ucciso barbaramente. Nessuna lacrima gli avrebbe concesso il perdono degli esseri che amava… Niente gli avrebbe concesso il perdono di Dean.

Come aveva anche solo lontanamente sperato di poter essere perdonato da loro, dai fratelli che aveva tradito?
Ora capiva… Capiva fin troppo bene il perché dello sguardo gelido rivoltogli da Dean. Comprendeva la sua rabbia, il suo dolore, il suo senso di smarrimento e di sconfitta.
L’ aveva tradito. Aveva tradito l’ uomo che più amava al mondo. Aveva tradito l’ uomo che amava più di suo Padre, l’ uomo che amava più di se stesso.
Forse non meritava neppure l’ Inferno, a ben pensarci, ma un posto peggiore. Un posto in cui i mostri come lui subivano le pene più crudeli mai pensate.

Era inutile cercare di lottare: le forze lo stavano abbandonando senza possibilità di appello.
Era inutile cercare di respirare ancora: l’ aria era diventata troppo gelida e tagliente per i suoi polmoni provati.
Era inutile cercare di sopravvivere: la morte era l’ unica cosa che meritava di avere.

Sarebbe morto solo, così come era caduto. Sarebbe morto in un vicolo buio, un vicolo freddo e sporco, e il suo corpo sarebbe stato trovato qualche giorno dopo da un netturbino, o un barbone, o da un ragazzino infilatosi lì per farsi una dose di droga.
Tutti si sarebbero chiesti chi fosse, ma nessuno avrebbe indagato.
A chi poteva importare del cadavere di un mostro?

*


Non gli era mai piaciuto percorrere quel tratto di strada. Non gli piaceva percorrerlo in pieno giorno, e gli piaceva ancor meno percorrerlo quando ormai il sole era calato da tempo.
I suoi colleghi si divertivano a fare battute scadenti su quella sua paura.

‘ Non frignare! ‘ – gli dicevano – ‘ Che vuoi che ti accada? Sono solo pochi chilometri fino a casa tua! ‘.

Già… Erano sì pochi chilometri, ma cosa poteva farci se aveva un’ assurda, incontrollabile paura del buio?
Era un disagio di cui soffriva da quando aveva memoria. Il buio gli provocava una paura incondizionata, ed era per quello che dormiva con una piccola luce notturna che colorava la sua camera di verde.
Ed era anche per quello che portava sempre con sé una torcia: l’ unico lampione che si affacciava in quel maledetto vicolo non era sufficiente ad illuminarlo in tutta la sua lunghezza.
Per questo, ogni sera lo percorreva con il cuore in gola, e correva a perdifiato fino a raggiungere di nuovo la strada principale.
Scegliere un lavoro di notte non era stato l’ ideale, forse, ma questo gli permetteva di frequentare i corsi all’ università al mattino e di studiare nel pomeriggio. La laurea sembrava ancora una meta lontana, ma presto l’ avrebbe raggiunta. E forse, avrebbe definitivamente lasciato quel lavoro che amava e odiava allo stesso tempo.

Ed ecco che, come ogni notte, prima di svoltare l’ angolo, aveva estratto dalla sua postina la fidata torcia, e l’ aveva direzionata verso il nemico di sempre che, come d’ incanto, si era finalmente rischiarato.

Se c’ era una cosa che odiava di quel vicolo, poi, era quel maledetto cassonetto. Sembrava sempre che qualcuno vi fosse nascosto dietro. Sapeva bene che erano solo delle paranoie, ma che poteva farci se aveva paura che qualcuno potesse fargli del male? Si sentivano delle cose così terribili in televisione…
Prestare attenzione non era una cosa da sciocchi! Era da persone caute e prudenti.

Ed ecco che, come ogni volta, aveva aumentato notevolmente l’ andatura del proprio passo, cercando di mantenere il più possibile la calma. Stava per raggiungere e superare il maledetto cassonetto, quando, contrariamente a qualunque previsione - dato l’ utilizzo della suddetta torcia - la punta della sua scarpa da ginnastica aveva urtato contro qualcosa, procurandogli una spiacevolissima caduta a faccia in giù sul polveroso asfalto.

Il dolore era stato immediato, e purtroppo, dal bel naso aveva cominciato a fuoriuscire una notevole quantità di sangue. Di certo, aveva le ginocchia sbucciate, e la stessa cosa valeva per i palmi della sue mani affusolate.

“Maledizione!” – aveva sussurrato, cercando di fermare l’ emorragia che colava dal suo povero naso dolorante.

Per di più, durante la caduta aveva perso la presa sulla torcia, che era rotolata a qualche metro da lui.
Ma si poteva essere più idioti? Come cavolo aveva fatto ad inciampare in quel modo? Meglio non pensarci. Non voleva rimanere in quel vicolo un secondo di più. Anche se, scoprire cosa aveva fatto sì che finisse a terra come una pera cotta non sarebbe stato male. Magari era qualcosa che poteva spostare, così da evitare a qualcun altro di fare la sua fine.

Ma, nel girarsi per svelare l’ arcano, i suoi occhi, i suoi occhi blu come la notte, si erano posati su quello che mai avrebbe creduto di vedere.

Le sue pupille, ormai dilatate dal buio, erano fisse con orrore e stupore sulla sua inaspettata scoperta. La bella bocca era aperta in una ‘ o ‘ di sgomento, e la sua mente aveva smesso per un attimo di pensare.

“Oh mio Dio”.

Perché Egli era l’ unico a cui era riuscito momentaneamente ad appellarsi.

“Ti prego… Ti prego… Fa che sia vivo… Fa che respiri!”.

Non avrebbe mai creduto di imbattersi in un uomo malmenato nel bel mezzo della notte.

*


Odiava quella sensazione: la sensazione di impotenza.
Non era un tipo che molti consideravano ‘ eroico ‘. Era un ragazzo schivo e solitario, ma amava darsi da fare con gli altri, ed era proprio per quello che appena poteva, si dedicava all’ aiutare gli orfani della città.
Solo che, nella sua vita, non si era mai trovato a dover affrontare una situazione come quella in cui si era imbattuto.
Quel ragazzo che aveva trovato per puro caso, quel ragazzo che aveva portato in ospedale, gli aveva fatto capire quanto fosse piccolo e inutile di fronte alle crudeltà del mondo.

Ed eccolo lì, dopo più di tre ore, seduto nella sala d’ aspetto del pronto soccorso, con il naso bendato e un punto di sutura sulla mano destra ad aspettare un medico che gli dicesse quali fossero le condizioni di quel poveretto.
Aveva già parlato con la polizia per ben due volte e, purtroppo, non era stato di molto aiuto.
Non c’ erano segni di pneumatici, né altre tracce che potessero dar loro un indizio.

‘ Sembra che sia venuto dal cielo ‘ – aveva commentato un agente.

Già… Venuto dal cielo.
Quel poveretto non aveva documenti addosso, ed era in fin di vita quando l’ autombulanza era finalmente sopraggiunta in quel maledetto vicolo buio.
Per ben tre volte il suo cuore si era fermato, ma la tenacia dei paramedici lo aveva riportato sulla terra ogni volta, dandogli ogni volta una nuova opportunità.
Ma erano state le parole di uno di loro a fargli male, molto più male del naso contuso o del punto sulla mano.

‘ Sembra che non voglia più lottare ‘ – aveva detto, mentre riponeva per l’ ennesima volta il defibrillatore nella valigetta.

Come poteva un essere umano smettere di lottare per la propria vita? Per quanto le sofferenze fossero grandi e quasi insopportabili, c’ era sempre la possibilità di vedere la luce!
Anche se… Quello che aveva visto sul corpo di quel ragazzo… Quelle ferite…

“Dio mio, quale bestia può avergli fatto un simile torto? Ti prego, Dio mio, non farlo morire…”.

“Signor James?”.

La voce del medico che si stava occupando dello sconosciuto che aveva trovato per strada aveva interrotto quella sua preghiera silenziosa.

“Come sta?” – aveva chiesto, senza troppi preamboli.
“So che non dovrei dirle niente perché lei non è un parente ma…” – sembrava piuttosto turbato – “Lei lo ha trovato, e può stare certo che non c’ è un’ altra persona sulla faccia della terra che meriti di sapere quali siano le sue condizioni”.
Aveva il cuore in gola. Quel tono solenne non gli piaceva affatto.
“Le sue condizioni sono stabili, adesso. Il cuore ha ripreso a battere normalmente, e le ferite sono state tutte disinfettate, nonostante non sappiamo di che natura siano. Era come se fossero già cauterizzate. Agghiacciante”.
Il ragazzo aveva ascoltato senza interrompere.
“Ha i polsi e le caviglie slogati, ma non dovrebbe volerci molto perché tornino a posto. E’ per altro che temo…”.
“Che vuole dire?”.
“E’ rimasto senza ossigeno per più di un minuto, durante il primo arresto cardiaco…”.
“E…?”.
“Il suo cervello potrebbe aver subito dei danni irreparabili”.
Non poteva essere. Era semplicemente assurdo.
“Mi sta dicendo che potrebbe… Che potrebbe…”.
“Non svegliarsi più”.
“No…” – era stato poco più di un sussurro, ma non era stato troppo carico di dolore per poter essere ignorato.
“Mi dispiace, signor James… Mi dispiace che lei abbia dovuto subire tutto questo”.
“Posso… Posso vederlo?”.
Sapeva che era una richiesta ingiustificata, ma non aveva potuto farne a meno.
“Solo per qualche minuto”.

A vederlo, nessuno avrebbe creduto che non sapesse neanche il nome di quel ragazzo che aveva trovato per strada. Nessuno avrebbe creduto che fosse un perfetto estraneo. Le lacrime avevano riempito i suoi splendi occhi blu e le sue labbra carnose si erano inclinate verso il basso, in una smorfia di dolore incontenibile.

“Eccolo lì…” – aveva detto il medico, indicandogli il letto in cui era stato adagiato il ferito – “Mi raccomando: solo pochi minuti”.
E pochi minuti sarebbero stati.

Con il cuore in gola, aveva varcato la soglia, e con estrema attenzione si era avvicinato al giaciglio dello sfortunato ospite.

“Ehi…” – aveva sussurrato, spaventato dal fatto che anche solo la sua voce potesse fargli del male – “Come ti senti? Mi hai fatto prendere un bello spavento, sai?”.
Dopo essersi guardato i palmi delle mani, le aveva mostrate al ragazzo addormentato, fingendosi imbronciato,
“Guarda un po’ cosa mi hai fatto!” – lo aveva rimproverato – “E guarda il mio povero naso!”.
Si sentiva un po’ stupido a parlare con un ragazzo che non poteva rispondergli, ma stranamente, quel contatto – anche se unilaterale – lo faceva sentire meno agitato.
Ma cos’ altro avrebbe potuto dirgli, adesso? Non era una situazione comune, e non riusciva a fare a meno di pensare che cosa sarebbe accaduto se fosse arrivato qualche minuto prima. Magari, avrebbe potuto evitare che gli venisse fatto del male. O avrebbe potuto chiamare prima i soccorsi ed evitare che il suo cuore andasse in arresto.
Per quanto tempo era stato lì?

“Mi dispiace non essere arrivato prima…” – gli aveva detto, fissando il viso coperto per metà dalla maschera dell’ ossigeno.
“Spero di sentire presto la tua voce” – e, con cautela, si era alzato, dirigendosi verso la porta.
“Buonanotte straniero…” – aveva detto, prima di uscire – “E, comunque, io mi chiamo Colin”.

Il ragazzo non si era accorto dell’ impercettibile scatto che aveva fatto il dito indice del ragazzo… Il dito indice di quello straniero venuto dal cielo.

Continua…
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JIB 4! JIB 4! JIB 4!!!!
Ok... la smetto! GIURO!
*JIB 4*
Basta così! U.U
Signorine belle - non credo che ci siano signori, in caso salute anche a voi - rieccomi di ritorno dalla Jib 3!
C' è voluto un po' per riprendermi, ma sono di nuovo pimpante come prima!!
Ed ecco che entra in scena un nuovo personaggio! Il nostro Colin è proprio Colin Morgan a cui ho dato in cognome di Bardley! ( non amo le Merthur... NOOOO!).
Che disperazione il nostro Cass! =(
Ma sta bene! Non temete! <3
BE'!! Sto dicendo troppo!!
Me ne vado a nanna che sono esausta!!
VI AMO TANTO!!
Al prossimo capitolo!
BACI
Cleo
Ps: JIB 4!!! XD
XO XO

   
 
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