Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Mrs C    08/05/2012    3 recensioni
[...]
- Lui ha deciso di suicidarsi per salvarmi. Ma non si è mai reso conto di quanto la sua sola presenza l'avesse già fatto una volta. Non ho mai pensato che si fosse inventato tutto né che mi avesse preso in giro. Non ci ho mai creduto, mai.
John si alza in piedi, con gli occhi lucidi di rabbia e dolore. Tira fuori il portafoglio dalla tasca e posa una banconota sul tavolo lucido del locale, avvicinando il suo volto tirato per la rabbia a quello impassibile di Mycroft.
- Quando è saltato giù da quel tetto, atterrando in una pozza di sangue, non è stato l'unico a morire. Per cui mi faccia un favore, Mycroft, non mi venga a dire che sa quanto sto soffrendo o che la sua decisione è stata dettata dal buon senso perché potrei non rispondere delle mie azioni. Sono un soldato, ho ucciso delle persone e ho una pistola attaccata alla cintura. Sono stanco di sentire stronzate.
[Pre-slash] [Accenni Mycroft/Greg e Sherlock/John]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caffè
- la veglia alle stelle si svolge sempre sotto le nuvole -

II





Sono le sette di mattina. Il cielo è terseo, e la città è già perfettamente sveglia, in movimento. John osserva le macchine sfrecciargli accanto con assoluto disinteresse. Non riconosce i volti né i suoni né le strade che la macchina percorre. Mycroft, perfettamente in silenzio e nella sua posizione più rigida, ha gli occhi puntati su di lui da quando sono partiti. Non ha fatto domande, John, consapevole che non avrebbe avuto risposte. In questo momento, non è neanche tanto sicuro di riuscire ad articolare una frase completa. Dopo aver lasciato il 221B e aver svoltato a destra verso Melcome Street, a Park Road, Greg è riuscito - praticamente buttandocisi sopra - a fermare la macchina. Mycroft ha inarcato appena un sopracciglio mentre l'Ispettore saliva a forza sulla vettura, mormorando un appena udibile e affannoso dovunque tu stia andando, e ovunque tu stia portando John, io vengo con voi. Non voglio nessuno dei due sulla coscienza. John, nella sua testa, l'ha ringraziato con un sorriso anche se il suo viso non è riuscito a replicarlo, limitandosi a una smorfia. La città si allontana, e l'auto è ancora immersa nel silenzio più asettico che John abbia mai sentito. Come fa il silenzio a fare tanto rumore? Non lo sa. Sono tante le cose che John non capisce.
- Dove stiamo andando, di preciso?
Greg sbatte il piede, seguendo un ritmo tutto suo. Mycroft distoglie finalmente lo sguardo da John per posarlo sull'Ispettore. Poggia il suo fedele ombrello accanto al sedile vuoto, e i suoi occhi chiari sembrano risplendere di una luce strana. Quasi consapevole di qualcosa. Il cuore di John batte veloce come un tamburo.
- Non posso dirvelo.
Greg storce il naso. John continua a guardare fuori.
- Cosa vuol dire non posso dirvelo? Siamo nella tua macchina, chi accidenti potrebbe ascoltarci?
Mycroft lo guarda con aria di sufficienza, e John ha un improvviso ritorno al passato, con la conosciuta e familiare voglia di spaccargli il muso come la prima volta che l'ha incontrato. Inspira. L'odore di erba bagnata penetra nell'abitacolo e gli punge le narici mentre la campagna inizia a farsi spazio nei suoi occhi, prendendo il posto del traffico e di Baker Street.
- Sherlock mi dice spesso che non sei particolarmente intelligente ma hai un buon acume però inizio a credere che mio fratello abbia fatto più di un errore di valutazione con te, Gregory.
Cade un silenzio pesante. John ha le dita serrate nella stoffa dei pantaloni; gli occhi leggeramente sgranati puntano verso l'esterno senza vedere davvero. Tu guardi ma non osservi, John. La sua voce gli romba nelle orecchie, gli esplode nella testa e nel cuore, saettando nel cervello in mezzo secondo. Le iridi verdi si spostano su quelle azzurre di Mycroft.
- Ti dice. Ora. Presente.
Mycroft apre la bocca per replicare. Ma la richiude, senza emettere neanche un suono. John sente che se non si da una calmata i suoi nervi non reggeranno ancora per molto. Chiude le palpebre ripetendosi che non si deve fidare di Mycroft - di nessuno - mai più. Però è impossibile ignorare quella piacevole nausea al centro dello stomaco. John capisce che probabilmente si tratta dell'ennesima illusione. In tre mesi ne ha avuto tante, vedendo segnali ovunque. Ma non può fare a meno di ripeterselo, di pregare, ancora una volta.
Un ultimo miracolo. Per me.


***

- Quindi Anderson si è voltato verso di me - sai con quell'aria da cazzone che ha perennemente stampata in faccia? Ecco - e dice "Ispettore, io credo che dovremmo interrogare di nuovo la moglie del sospettato, sono sicuro che sta nascondendo qualcosa" e la Donovan che nel frattempo annuiva alle sue spalle. Per Dio, ma che cazzo non capisci della frase "era in Cina al momento del delitto"? Ci sono delle volte che mi sembra di parlare con un ritardato! Sherlock poteva avere tutti i difetti di questo mondo ma quando diceva che Anderson era un coglione non aveva poi tutti i torti!
La macchina si ferma sul ciglio di una strada sterrata. Un'ora e mezza di viaggio nel più perfetto dei silenzi, intervellato dai racconti di Greg che si è sentito in dovere di riempire quel vuoto pesante all'interno dell'auto. John probabilmente non glielo dirà mai, ma la sua risata e il continuo lamentarsi dei suoi dipendenti, hanno reso quell'attesa meno snervante, impedendogli di impazzire o, in alternativa, di prendere a calci Mycroft per farsi dire tutto e subito. Il Governo scende dalla macchina per primo, inspirando l'aria pulita della campagna. Dal finestrino aperto del conducente dice poche parole all'autista che, annuendo, sgomma, lasciandoli tutti e tre lì, dispersi in mezzo a... John non sa neppure dove sono.
- Ora puoi dirci dove ci hai portati, per favore? Inizio a perdere seriamente la pazienza!
Mycroft si umetta le labbra, avvicinanosi ai due uomini. Con una mano indica quelle due o tre case in lontananza, soffermandosi sulla prima in linea d'aria da dove si trovano. 
- Siete mai stati nelle campagne del Sussex*? - mormora, prendendo a camminare verso quell'abitazione precisa - Molte persone si trasferiscono qui quando hanno bisogno di staccare dalla loro quotidianità. O quando hanno bisogno di stare soli. A circa cinque miglia c'è Eastbourne che non è molto grande, un posto dimenticabile come tanti altri, ma per chi viene da una grande città come Londra, andarci ogni tanto anche solo per una passeggiata, li fa sentire meno isolati dal mondo che un tempo era il loro.
John ha caldo. Sente un profondo caldo al centro del petto che inizia a espandersi sul collo, nelle guance, alle orecchie, ovunque. L'aria fredda dell'inverno è l'unica cosa che gli impedisce di collassare. S'impone di calmarsi, di fare tanti piccoli respiri prima che l'attacco di panico che lo sta per cogliere prenda il sopravvento sul suo corpo. Il cervello è il Capo, John. Se gli imponi di fare una cosa la farà, per cui controlla le tue emozioni. La voce di Sherlock gli esplode nelle orecchie e per un istante ne rimane tanto stordito da doversi fermare. Greg aspetta qualche secondo prima di mettergli una mano sulla schiena e spingerlo in avanti. E' una piccola villetta quella in cui entrano. Mycroft si guarda intorno, alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, tagliando la strada in mezzo al prato per fare il giro della casa e andare nel retro.
- John - la sua voce è più gentile di come sia mai stata, e il dottore ha uno strano fremito allo stomaco quando si ferma a guardarlo - io credo che lei sia una persona intelligente. Più di Gregory, comunque - l'Ispettore gli bestemmia contro, e Mycroft si fa scappare una risata leggera - per questo voglio farle capire che non c'era soluzione. Ho fatto quello che ritenevo giusto. Anche lui, e lei lo conosce meglio di me, per quanto mi scocci ammetterlo. L'ha fatto per lei, solo per lei. Per cui, se le riesce, non lo picchi troppo forte quando lo vedrà.
John non sa cosa dire, e anche volendo dire qualcosa, probabilmente quello che uscirebbe dalle sue labbra sarebbe un gemito strozzato. Non esiste più nulla. Né Mycroft, né Greg, né la campagna circostante. C'è solo la figura di un uomo, slanciato, con un buffo cappello da apicoltore a proteggergli il viso. L'uomo si ferma, li guarda tutti e tre, poi si libera dell'ingombro. John sente le gambe tremolanti, quando quegli occhi chiari lo incatenano al suolo. I capelli sono un po' più corti di come li ricordava, ricci e neri, ed è senz'altro più magro. Ma è lui. Il cervello è il Capo, Sherlock. Ma la maggior parte delle volte è il cuore che ha il sopravvento sul resto
- Sherlock. 


***


- Greg.
L'Ispettore si volta. Il dottore guarda fisso davanti a sé. Incatenato agli occhi di Sherlock, non chiude le palpebre, non accenna al minimo passo. Greg ha paura che quando lo farà, John non risponderà del suo autocontrollo.
- Sì?
John digrigna i denti. E' pieno di aspettativa e rabbia e terrore che tutto questo sia solo un brutto scherzo della sua mente. Ha paura di convincere se stesso che può fidarsi di nuovo dei suoi occhi e dei suoi sensi. Ed è la prima volta che Greg è inquieto, davanti al Capitano Watson e alla sua mira da cecchino dell'esercito Britannico.
- Tu lo sapevi?
Greg tentenna per qualche secondo. Guarda Sherlock, perfettamente immobile e silenzioso come una statua di cera. John ancora non si muove. E' ancora lì, in attesa, anche se il suo miracolo è già avvenuto.
- Se lo avessi saputo ti avrei requisito la pistola, John.
Replica, sincero, con un grugnito e una smorfia di disappunto per non averci pensato prima. John respira. Un respiro di quelli profondi, il respiro di chi cerca di canalizzare tutte le sinapsi del cervello in un movimento che gli è quasi estraneo. Il respiro di chi sembra tornato alla vita, dopo un periodo di incubazione e morte apparente. John respira di nuovo, guardando Sherlock.
- Brutto stronzo! Sei un pezzo di merda, un fottuto bastardo!
John si è mosso nel giro di un secondo. Gli si è lanciato addosso, ha afferrato Sherlock per il colletto della tuta e l'ha buttato a terra con un gancio sul muso. Sherlock non ha emesso un fiato. Guarda John, che lo scuote, lo tocca, gli tira le vesti come se volesse stracciarle per sincerarsi che sotto c'è realmente un corpo, e urla. Urla tanto, John, e piange, e urla ancora. Poi si calma. Lo strattona ancora un po', poi si copre gli occhi con un braccio e si limita a singhiozzare. Perché Sherlock è lì, lo può toccare e sentirlo vivo è un'emozione tanto forte da farlo impazzire.  
- John.
Il dottore si lascia scappare un gemito quando la mano fredda di Sherlock gli sfiora il collo. E' una carezza leggera, appena accennata. E' una richiesta di scuse che John non sentirà mai provenire dalle sue labbra.
- Sei uno stronzo, un bastardo, e se non fossi troppo impegnato a recuperare la mia dignità ti sparerei in testa.
Sherlock ghigna e gli accarezza i capelli con l'altra mano mentre John si asciuga gli occhi come un bambino.
- Tu guardi ma non osservi, John. Moriarty era un uomo intelligente, ha fatto in modo di costringermi a suicidarmi prendendo voi come arma di riscatto, ma tu lo sai che non l'avrei mai fatto. Non c'era scelta ma sono troppo egocentrico per togliermi la vita in questo modo. Come hai potuto crederci? Sapevo che il tuo cervello era ristretto ma non pensavo lo fosse così tanto, John!
Ride. John ride, tanto e forte. Sherlock pensa che lo stato di shock lo abbia fatto impazzire. Ma John è lucido, tanto lucido da non riuscire a fermarsi - da non volersi fermare - stringendo Sherlock al petto e sfiorando i capelli corvini con la punta delle dita. Gli piace il modo in cui pronuncia il suo nome, gli piace la sua voce, gli piace poterlo stringere come sta facendo ora. Non si sono mai abbracciati prima, ma a Sherlock non sembra tanto strano farlo per la prima volta. Toccare John è un'azione che sembra incisa sulla sua pelle ed è sicuro che anche lui la pensi allo stesso modo. Le sue mani si muovono da sole, cingendo la schiena di John con le braccia, ignorando la posizione scomoda, gli spettatori a poca distanza, e il dolore alla guancia per il pugno ricevuto. Sherlock inspira l'odore di John, e si sente a casa.
- Non vuoi sapere com-
- No. - John si allontana di qualche centimetro, gli occhi zaffiro del Detective puntati nei suoi mentre si tira in piedi e afferrando Sherlock per le braccia, trascinandolo su con sé - Non ora, non adesso, non m'importa.
Sherlock sta in silenzio, fissandolo con quel modo di fare che gli ha sempre scandagliato il cervello e il cuore. Prova ancora rabbia, molta, ma John non si stupisce quando constata da sé che è niente paragonata alla gioia di averlo finalmente ritrovato, ancorandolo vicino al suo corpo per paura di farlo allontanare, stringendogli un braccio con forza. E lo sa, lo sa che Sherlock se n'è accorto e non fa una piega e non dice nulla. Perché va benissimo così a tutti e due.
- Potevi almeno avvisarci che era finzione, dannato bastardo.
Greg gli assesta una poderosa pacca sulla spalla - quando lui e Mycroft capiscono di potersi intromettere senza risultare inopportuni - con uno dei suoi sorrisi più luminosi, guadagnandosi in cambio un'occhiata di sufficienza tanto simile a quella di suo fratello Mycroft che l'Ispettore si sente in diritto di tirare un colpo anche all'Impero Britannico. Mycroft ghigna, giocherellando con il suo ombrello onnipresente, il volto assolutamente rilassato e finalmente libero da uno dei tanti pesi caricati sulle sue spalle.
- Il modo migliore per recitare una parte è quella di viverla.**- Mormora Sherlock, schioccando appena la lingua.
- Sì, beh, evita di farcela recitare un'altra volta o sarò ben felice di chiudere gli occhi quando John ti sparerà in fronte.
Greg ride, sguaiato, mentre John non riesce a trattenere un sorriso, uno di quelli veri, sinceri, che non era più abituato a fare senza che un velo di tristezza gli imperlasse lo sguardo. Mycroft guarda l'orologio al polso destro, poi quello al sinistro e si lascia scappare un sospiro, che somiglia più a uno sbuffo.
- Io devo tornare a Londra. Ho una convention con l'imperatore del Giappone e il presidente della Francia fra un'ora e quarantasette minuti. Non posso fare tardi, sono così terribilmente puntuali.
- Il SIS è fiscale, fratello, anche se con me hanno fatto un'eccezione***. Dovresti farti pagare di più per i tuoi servigi, anche se credo che l'FBI ti dia un conquibus decisamente sostanzioso.
Sherlock ghigna quando Mycroft s'irriggidisce e Greg si lascia scappare un'altra allegra risata. John alza gli occhi al cielo, tirando un colpetto al braccio del consulting detective.
- Sherlock, sei appena tornato in vita evita di farti uccidere una seconda volta, per favore.
Quest'ultimo alza gli occhi al cielo, incrociando le braccia come un bambino capriccioso. E John lo capisce in quell'istante. Lo sente, nel cuore, nel cervello, nelle mani che stringono la pelle di Sherlock e ne sentono il calore. Vivo. Ci vorrà un po' di tempo, probabilmente, non potranno tornare a Baker Street subito e la loro quotidianità non sarà più la stessa.Ma John lo sa.
Sarà anche meglio.

- Chi ha voglia di un caffè?




Ps. I'm a serial addicted

Ci sono voluti diversi giorni, mi aspettavo di finire questa oneshot molto prima, ma ho avuto paura di concluderla troppo in fretta e di rimanerne un po' insoddisfatta. E così è successo, infatti. Non dico che mi faccia del tutto schifo, però sono rimasta comunque leggermente... uff. Uff è la parola giusta. L'immagine che avevo in testa è esattamente quella che ho scritto, ma mi è rimasto comunque un alone di potevo fare di meglio. Ma insomma, ormai è finita e io posso sempre scriverne altre. Ho avuto il terrore di far parlare Sherlock fino all'ultimo, e ogni sua battuta è stata un vero trauma perché avevo davvero paura di non riuscire a gestirlo. Sherlock Holmes è sempre stato il top per me, e spero solo che Doyle non si rivolti nella tomba. Come nell'altro capitolo, ci sono dei rimandi all'opera originale, che non ho potuto fare a meno di inserire:

- * Doyle ci dice che dopo 23 anni di indagini, il nostro amato Sherlock Holmes si ritira nel Sussex a studiare apicultura, e poi in una fattoria a cinque miglia da Eastbourne. Mi piaceva l'idea di uno Sherlock impegnato in questo genere di attività, così ho deciso di trasformare la sua dimoria post-investigazioni in un posto in cui nascondersi (ho fatto velatamente capire che Mycroft si è occupato dell'acquisto e della perdita delle tracce, ovviamente).

- ** Non potevo non inserire questa frase tratta da "L'ultimo saluto" di Doyle. Dal mio punto di vista ci sta più che a pennello, considerata la situazione.

- *** Sempre Doyle ci fa sapere che durante il suo periodo di sparizione dopo la morte, Sherlock Holmes aiuta l'Impero Britannico in gran segreto. Diciamo che ho un po' giocato con il significato di questa parola (SIS sta infatti per Secret Intelligence Service, i servizi segreti inglesi), anche perché non ce lo vedo proprio Sherlock stare buono buono ad aspettare che passi del tempo prima di tornare alla ribalta, in qualche modo. Non è nel suo stile. Un altra piccola cosa sulla nomina dell'FBI (il servizio federale degli Stati Uniti): considerando che Mycroft ha le mani in pasta ovunque ho pensato che non sarebbe stato tanto strano che persino in America avesse qualche tipo di intrallazzo, anzi, mi piaceva l'idea che la sua consulenza fosse richiesta persino negli States, per cui diciamo che è una licenza poetica per togliermi uno sfizio personale u.u

Che dire altro? L'ultima battuta potete interpretarla come volete, detta da chi volete, non ho messo segni apposta. Alla fine il caffè c'entra come no, e per quanto a me non piaccia per niente, amo inserirlo nelle mie storie addirittura più del thè. Non so che altro dire (a parte ricordare che questi meravigliosi personaggi non sono miei, purtroppo, ma appartengo in origine a Doyle e poi a Moffat e Gatiss T_T) spero non vi faccia del tutto schifo, fatemi sapere comunque che le critiche sono sempre positive (pure se sono negative, insomma) u.u è stato un vero piacere scrivere in questo fandom e spero di tornare presto con un'altra oneshot (magari meno schifida di questa).

ps. Anna, è sempre tutta per te questa, ti voglio tanto bene çwç


ps. La reazione di John è una mia personale visione di quanto detto pochi giorni fa in un'intervista da Gatiss... chissà, chissà u.u
see ya,


Jess
   
 
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