Spruzzi d’acqua
Davanti allo schermo del
computer dorato donatole da Dedalo, Annabeth si mangiucchiava un’unghia.
Nemmeno la sua intelligenza era riuscita a concepire progetti interessanti come
quelli di Dedalo. Già comprendere alcune di quelle invenzioni era un enorme
passo avanti, ma aveva davanti ancora molta strada da fare.
L’unghia si ruppe di colpo
e Annabeth concentrò la propria attenzione su di essa. La fissò con espressione
torva e poi tornò a guardare il computer. Aveva altre cose da fare piuttosto
che stare dietro ad un’unghia pericolante. Era un lavoro da figlia di Afrodite,
quello, non da figlia di Atena.
-Toc, toc. Si può?-
Percy entrò nella cabina
sei come se fosse la sua. Un tuono alquanto minaccioso rombò in lontananza, ma
ormai il ragazzo aveva imparato a non farci caso. Non era un fan di Atena, ma
amava la figlia della dea più della sua stessa vita. Prima o poi Atena avrebbe
dovuto accettarlo. Poseidone si era già messo il cuore in pace.
Annabeth si alzò dalla
sedia di scatto e gli andò incontro. –Percy!Cosa ci fai qui?-
-Sono venuto a salvarti
dal nemico-
Annabeth sembrò non capire
perché inarcò un sopracciglio.
-Il computer- specificò
Percy –Perderai la vista se vai avanti così-
Le accarezzò i capelli e
vi posò sopra un bacio delicato, mentre la ragazza cominciava a sorridere. Non
voleva staccarsi da quell’abbraccio perciò, quando Percy fece per allontanarsi,
lo strinse a sé ancora di più e mugolò, soddisfatta.
Percy ridacchiò. –Com’è
che non mi lasci andare?-
-Smettila- mugugnò
Annabeth strofinando il naso contro la sua maglietta –Sei venuto a distrarmi,
no? Allora provaci-
Percy si portò una mano
alla fronte. –Agli ordini, capitano!- rise e si staccò dall’abbraccio, mentre
Annabeth protestava. Si posizionò ad una distanza di quattro passi dalla
ragazza e lì si fermò.
-Cosa stai facendo?-
Annabeth fece per avvicinarsi, ma lui non glielo permise.
-Ti distraggo-
Annabeth ebbe cinque
secondi di tempo per realizzare, poi Percy si fiondò fuori dalla cabina numero
sei. –Prendimi!- le gridò, dileguandosi sotto il sole del pomeriggio.
La ragazza non se lo fece
ripetere un’altra volta. Con uno scatto
felino partì all’inseguimento del suo ragazzo. Faceva ancora fatica ad
abituarsi a quel piccolo particolare, ma non le sembrava strano come ai primi
tempi. Ormai erano la coppia dell’anno e secondo la cabina numero dieci la più
bella e tenera che si fosse mai
vista.
Erano arrivati al lago e
quando Annabeth fu ad un soffio da lui, Percy si tuffò in acqua, sparendo sotto
la superficie azzurra con una risata cristallina. Annabeth, invece, strillò per
la frustrazione, sbattendo un piede a terra. Sempre così. Finiva sempre così!
Si chinò sul molo e toccò
col naso l’acqua. –Percy, vieni fuori da lì. Subito- provò ad apparire autoritaria, con scarso successo. Il
ragazzo rimase negli abissi, sicuramente a ridere come un matto.
-Percy, mi sto stufando!
Ora me ne vado!-
Aspettò giusto un po’ per
vedere se tornava a galla. Ovviamente no. Come aveva anche solo potuto
pensarlo?
Sbuffò, rialzandosi, e
fece per andarsene. Ma una mano umida si serrò attorno al suo polso e la tirò indietro,
facendola irrimediabilmente cadere in acqua. Agitò braccia e gambe, cercando di
tornare in superficie, ma fu inutile.
Quando i polmoni
cominciarono a farle male, Percy la baciò e lei poté respirare di nuovo. La
riportò alla luce del sole e premette la fronte contro la sua, ansimando.
-Non dire mai più che te
ne vai via da me- era serio, terribilmente serio, ma aveva un qualcosa negli
occhi che le fece capire che Percy aveva
seriamente avuto paura che lei se ne andasse.
Gli regalò uno dei suoi
sorrisi più belli. –Mai più- gli promise, baciandolo di nuovo.
Note:
La prima Percabeth! Sono
strafelice, anche se non è uscita un granché. Io ce l’ho messa tutta.
QUESTA STORIA E’ DEDICATA
A SONI SAPIENTONA! Ti voglio tanto bene!
Bene, spero che vi
piaccia. E spero che piaccia anche a te, Grande Soni.
Baci,
Aelle