THE WEDDING DRESS by
Mistress Lay
[Disclaimer: i personaggi appartengono a Joanne Kathleen Rowling purtroppo, per il resto è tutto frutto della mia
fantasia malata e purtroppo vagamente contagiosa, da quanto mi dicono]
.
L'abito da sposa le stava d'incanto.
Era completamente bianco, candido come la neve appena
caduta, come i ghiacciai eterni, notevolmente ricamato nel corpetto, una linea
bianca disegnava l’area con fiori stilizzati i cui petali sbocciavano come
gigli, la lunga gonna di seta preziosa con un discreto strascico frusciava ad
ogni suo movimento.
La sposa alzò il viso e si osservò nello specchio, il bel
viso offuscato dal bianco velo fissato, grazie ad un fermaglio bianco a forma
di rosa appena sbocciata, all’acconciatura.
Strinse il bouquet di gigli bianchi nelle mani e senza
tradire il consueto terrore delle spose e si lisciò distrattamente la gonna con
le dita guantate.
Era il giorno più bello della sua vita, dove una donna si
trasformava e raggiungeva l'apice della bellezza gustando il nettare della
felicità suprema e imbevendo ogni fibra del suo corpo nella speranza di un
futuro sereno.
Dopo aver aggiustato per l’ultima volta il velo si
incamminò verso l'uscita accompagnata dal frusciare dell'abito e il ritmico
rumore dei tacchi, chiuse la porta lentamente, e poi s’incamminò a testa alta
verso l’uscita.
Intorno a lei tutto taceva, il silenzio ammantava ogni
cosa: non c'era il chiacchiericcio degli invitati, dei parenti e degli amici,
non c'era nessuno a intonare gli auguri e a baciare la bella sposa, non c'era
il rassicurante e emozionante suono della marcia nuziale che faceva soffiare il
naso a qualche anziana signora emotiva o commuovere qualche ragazzina
sensibile.
Non c'era chi l'accompagnava all'altare, doveva dirigersi
verso il suo sposo da sola, ma questo a lei non pesava, non ci pensava quasi.
Dentro di lei il cuore batteva al ritmo dei suoi passi,
dentro la sua mente il percorso che stava facendo verso il suo amato era tutto
costellato di visi sorridenti e commossi, di amici di vecchia data e parenti
sorridenti, il profumo dei gigli invadeva le sue narici e la marcia risuonava
dentro il suo cuore, scaldandoglielo di attesa.
Camminava a ritmo della marcia, beandosi ogni istante del
peso del suo bellissimo abito perchè le ricordava la sua situazione di sposa e
ben presto moglie.
Aprì la porta con le proprie mani, attenta a non sformare
il bouquet di gigli, e uscì all'aria aperta.
Rabbrividì istantaneamente per il freddo ma non si fermò e
continuò ad avanzare lentamente senza fermarsi nemmeno quando una folata di
vento gelido le sollevò il velo facendo sfuggire dall'acconciatura qualche
isolata ciocca di capelli bruni, un'altra folata di vento l'investì in pieno e
la gonna dell'abito si scompigliò.
La sposa camminava ancora verso il suo sposo, senza
curarsi di niente.
I piedi erano ormai gelidi sia per il freddo che per
l'umidità dei ciuffi d'erba che calpestavano le decolté bianche, la pelle del
viso, delle lunghe gambe, delle porzioni di petto, braccia e schiena scoperte
non rabbrividivano più da quanto si erano abituate al freddo pungente.
Teneva il bouquet all'altezza del petto stretto tra le
mani guantate, quando volò un lungo petalo la donna nemmeno se ne accorse,
intenta com'era a guardare di fronte a sè con tenerezza crescente.
Non gettò nemmeno uno sguardo attorno a sè o ai suoi piedi
per prevenire qualche ostacolo, solo, teneva gli occhi nocciola fissi davanti a
sè.
Infine si fermò.
- Ciao -
Non ci fu risposta al suo saluto ma nemmeno la donna si
aspettava risposta, sorride teneramente con sguardo comprensivo e traboccante
d'amore: - Sono in ritardo, lo so, ma mi hanno trattenuta -
Ancora nessuna risposta.
Trattenuta sì, dagli amici - perchè i suoi genitori erano
morti, sepolti in un lontano cimitero cittadino lontano dalla sua vista e dai
suoi pensieri in quel momento - che avrebbero dovuto, a rigore, sorridere e
prenderla in giro nella felicità del momento, amici che avrebbero dovuto
aiutarla a indossare il suo bell'abito, augurare tanta felicità e amore
perpetuo e sorriderle mentre marciava verso il suo sposo.
Invece l'avevano trattenuta, con parole di tristezza
infinita e malinconia, con parole dense di dolore e ragionamenti senza senso.
L'avevano rinchiusa nella sua stanza e le avevano detto di non andare, che quel
giorno era meglio che non pensasse al suo matrimonio.
Le avevano lasciato il suo abito da sposa però, giurandole
che l'avrebbero lasciata sola solo per qualche minuto e poi sarebbero tornati a
farle compagnia e portarla da qualche parte, se voleva.
Ma lei non voleva.
Aveva toccato la stoffa del suo abito da sposa e poi
l'aveva indossato nella solitudine della sua stanza, sognando ad occhi aperti
tutto quello che una sposa desiderava nel giorno più bello della sua vita.
Aveva indossato il suo abito sognando di essere attorniata
dalle sue amiche, aveva tolto i fiori dal vaso della sua stanza sognando che
fosse stata sua madre a porgerglieli, si era smaterializzata in un'altra stanza
e poi ne era uscita a piedi, sognando di essere nella chiesa scelta per
celebrare il suo matrimonio.
Ora era in piedi, immobile, incurante delle intemperie,
incurante del vento gelido e della bassa nebbiolina e della solitudine che la
circondava.
Sorrideva leggermente la bella sposa da dietro il velo,
senza essere agitata per il passo che stava per compiere.
Era circondata da fiori di ogni sorta: splendidi gigli,
meravigliose rose, semplici margherite, opulenti bouquet.
Tutti fiori che non appassivano per magia, alcuni disposti
ordinatamente, altri in disordine, poi altri omaggi, floreali e non.
- Sono arrivata alla fine. Lo sapevi, no? Non sarei mai
mancata -
Ancora una volta il silenzio solo fu spettatore delle sue
parole.
Solo il silenzio era lo spettatore del matrimonio, solo il
silenzio era il testimone dei due sposi.
Improvvisamente la sposa cadde in ginocchio, cadendo nel
fango e imbrattandosi l'abito bianco, affondando le mani nella terra umida e
appoggiandovi contro il bouquet di gigli.
- Sono qui per restare, amore mio - sussurrò - E' il
nostro matrimonio, finalmente. Non sai quanto ho aspettato questo giorno -
Il suo sposo era lì, di fronte a lei, gli occhi verdi
erano allegri, vivaci, la sua fronte che negli ultimi giorni era spesso
percorsa da rughe di preoccupazioni era liscia, i suoi capelli neri erano
indomabili come sempre e un ciuffo ben disposto nascondeva la cicatrice a forma
di fulmine, le belle labbra carnose erano distese in un sorriso tranquillo,
mite, eppure felice.
Il suo sposo sorrideva, come la sposa, con indosso i suoi
abiti eleganti, sorrideva sì, nella foto incorniciata.
La tomba era in marmo bianco e scalfita da caratteri
indelebili neri:
Harry James Potter
1979 - 2006
La sposa sentì le lacrime salirle agli occhi e il freddo
sparire dal suo cuore gelato sostituito dal bruciante e insopportabile dolore
per la perdita subita: dolore, dolore, dolore.
Sentì il cuore spezzarsi una seconda volta - la prima
volta era successo quando l'avevano avvertita della sua morte - e i frammenti
ormai erano impossibilitati a essere ricongiunti, nessuno poteva far ritornare
integro il cuore della giovane sposa.
Le lacrime cominciarono a scorrere lungo le sue guance,
poi caddero sulla terra già umida, il freddo vento non ebbe pietà del suo
dolore e cominciò a colpirla con più forza fino a che il velo non si sottrasse
alla presa del suo fermaglio e volò, volteggiando in aria e allontanandosi
sempre di più, facendo qualche capriola su un'altra tomba, una tomba
bianchissima, un altro altare di eroe, e poi dirigendosi verso il castello poco
lontano.
- Oh, Harry, perchè mi hai lasciato? - la voce incrinata
della donna si levò, scossa dai singhiozzi - Dovevamo sposarci oggi, dovevamo
divenire marito e moglie... dovevamo avere un futuro, Harry! Harry! HARRY!-
Era morto.
Harry Potter era morto nello scontro con Voldemort, in una
lontana pianura che tutto il Mondo Magico aveva maledetto più e più volte
perchè imbrattata di sangue di fratelli, genitori, amici e parenti.
Voldemort era morto. Magra consolazione, inesistente fonte
di piacere per le tante famiglie distrutte dal suo male.
Poco a poco i singhiozzi della sposa cessarono ma le
lacrime continuarono a scendere lungo le sue guance, inarrestabili.
Infine la bella sposa abbracciò la fredda lapide,
incurante del fango che imbrattava il suo abito e i guanti, incurante delle
pessime condizioni del tempo.
Sognò di essere nella chiesa dei suoi sogni, avvolta nel
silenzio, con una sola voce a declamare la loro unione, sognò di pronunciare le
promesse di matrimonio, sognò di sentire la voce di Harry pronunciare le sue
promesse di matrimonio, sognò il freddo metallo della fede scivolarle
nell'anulare, sognò le labbra di Harry sulle sue, sognò le congratulazioni,
sognò l'emozione di potersi finalmente definire 'moglie di Harry'.
Solo un sogno.
L’abito bianco che indossava non significava nulla, la
fede al dito non significava nulla, il suo bouquet non significava nulla... nulla...
perchè Harry era morto.
La cerimonia era conclusa.
La sposa sorrise, accarezzando con un dito la foto
dell’uomo che aveva amato così tanto: - Oggi è il nostro giorno. E lo sarà per
sempre -
La trovarono lì, qualche ora dopo, la bianca sposa che
ancora abbracciava disperatamente la lapide del suo sposo mancato, intirizzita
dal freddo, i capelli ricci sciolti alle sue spalle, il suo abito bianco sporco
di terra che la fasciava come un sudario.
- E' viva? -
Ron tirò su con il naso, sentendo gli occhi pizzicare: -
Si è appena sposata. E' felice -
Quando cercarono di staccarla dalla lapide la pelle era
fredda, le palpebre abbassate come se stesso dormendo, un sorriso le increspava
le labbra.
Hermione, così bella nel suo abito da sposa, un abito che
ora le faceva da sudario.
La sposa sorrideva.
'Sarà per sempre'
.The end.
Notes: La mia prima auror... e nemmeno un campione di
allegria. O di lunghezza. O di decenza. È l’ennesimo esperimento. Chissà cosa mi
capiterà di scrivere la prossima volta… *grin*
Fatemi sapere,
Miss