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Autore: PattyOnTheRollercoaster    13/05/2012    2 recensioni
Il mio nome è Michel Holbrook Penniman Jr. Sembra un nome molto importante da portare sulle spalle, e le mie spalle, sebbene credo siano abbastanza forti, non hanno molta voglia di essere sempre così pesanti. Per questo motivo ho scelto un altro nome, un nome meno complicato, uno che tutti possano ricordare per quanto è corto. Un nome semplice, simpatico, colorato: Mika.
Una canzone diversa per ogni capitolo per dare vita ad una storia a volte triste, a volte allegra, che ha come protagonista un ragazzo - o forse un uomo? O forse un bambino? - che deve vedersela con il suo mondo colorato, in cui le combinazioni di colore non sempre sono perfette.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo due
Lollipop
o La danzatrice





   Sposarsi è come fare la dieta. Prima di cominciare credi di doverti togliere dei vezzi a cui non potrai più accedere. Per questo motivo sono nati gli addii al celibato. Sarà divertente, se non altro per prendere un po’ in giro Richard, il fidanzato di Zuleika. Si sposano fra qualche giorno, con una bella cerimonia in riva al mare. Il fatto che Zuleika si sposi è come minimo assurdo, per me. Insomma, dopo che le ho anche scritto Lollipop lei si va a sposare! Non sarà mica incinta? Oh mio Dio, devo ammazzare Richard! Non era in programma un omicidio per la serata…
   Okay, basta farneticare! Dobbiamo portare lo sposo alla sua festa privata, in un bel locale che si chiama Jewel (“Perché qui non troverete ragazze, ma veri gioielli!”, recitava così la pubblicità e mi era sembrata tanto convincente), giusto per ricordargli che dovrà dire addio alle tette delle altre ragazze e se solo pensa a fare del male a Zuleika lo ucci… No, è un’occasione per festeggiare, niente minacce, niente di niente, anche se in fondo è di mia sorella che stiamo parlando! Hm, grande dilemma.
   Il Jewel è un locale ampio e scuro, tappezzato di tendaggi rossi e pieno di tavoli dai quali partono alti pali metallici che arrivano fino al soffitto. Quando io e gli altri invitati arriviamo ci fanno accomodare nella stanza che c’è apposta per le comitive, dove una ventina di ragazze sono già pronte ad entrare e ballare sul piccolo palco apposta per tutti noi. In realtà non sono così impaziente di vedere le ballerine quanto di vedere le reazioni degli altri, soprattutto quella di mio fratello Fortuné, che sorride come un deficiente già da un paio di giorni. Non che le ragazze non mi piacciano, ma non mi piace particolarmente questo tipo di intrattenimento. Non so, mi mette vagamente a disagio.
   Dopo la prima ora ho già bevuto un paio di drink e devo correre in bagno. Una ragazza con addosso solo un tanga argentato si è presa la briga di ballarmi di fronte tutta la canzone precedente, e io come uno scemo mi sono trattenuto anche se mi scappava perché pensavo che sarebbe stato da maleducati andarmene via così. Risultato? Corsa in bagno non appena la canzone è finita.
   Quando esco dal bagno, finalmente soddisfatto, mi accorgo che una canzone che conosco benissimo sta suonando a tutto volume. È Lollipop, è appena iniziata. Torno al tavolo balzellando allegro e mi avvicino a Fortuné, che mi guarda ridendo. «Devi ammettere che in un certo strano senso è la canzone più adatta!», grida per farsi sentire nella musica alta. In effetti…
   Rivolgo lo sguardo alla ragazza sul palco: ha i capelli biondi legati in due codini alti che, in teoria, dovrebbero darle un’aria più naif, ma con il suo corpo in movimento i pensieri non possono essere di natura casta, non proprio. Mi avvicino al palco assieme agli altri invitati, sorridendo come un deficiente, e mi appoggiò con i gomiti sul palco per osservare il balletto, canticchiando la  mia canzone. Forse in me c’è qualcosa di strano: tutti guardano il balletto, io canto la canzone.
   Ad un tratto la ragazza cammina sicura verso di me, un sorriso mieloso stampato in viso. Non mi sta guardando, forse neanche mi vede con tutte le luci che ha puntate addosso mentre il pubblico è nell’oscurità, ma io la riconosco, ancora una volta.
   «Andrea?» Questa volta non lo dico con piacere e stupore, ma con la gola secca e gli occhi spalancati. Lei non da l’impressione di avermi visto e continua a ballare tirando fuori dal reggicalze un chupa chupa, che scarta sul palco di fronte ad un amico di Richard e mette in bocca mentre la canzone continua. Mi allontano dal palco a passi veloci, le mani in tasca e la testa bassa, e mi incastro in un angolo della sala senza perdere di vista Andrea che si agita sul palco come una forsennata.
   Dio, “Succhia forte il tuo lecca-lecca”, ma come mi è venuto in mente?! Guardo Andrea cucciare quel lecca-lecca con addosso solo un tanga e delle calze nere, e penso di aver creato un mostro. In compenso, la piccola folla sta letteralmente impazzendo, e lanciano sul palco banconote che Andrea si china a raccogliere fin troppo lentamente, mostrando loro tutta la sua gratitudine e molto altro ancora. Devono avere una fantasia malata: Andrea è (era, ora non lo è più) vestita praticamente come una scolaretta della medie!
   Ringrazio tutti gli Dei quando la canzone finisce, e mi chiedo come mai ho deciso di ripetere il ritornello così tante volte inutilmente. Almeno adesso so dove lavora tutte le notti Andrea. Il giorno in cui siamo andati al cinema mi ha abilmente fatto parlare di me tutto il tempo.
   Andrea è una spogliarellista.
   Quindi?
   Che fare?
  Be’, ma perché sono tanto sconvolto? In fondo non è la mia vita, non è neanche la vita di qualcuno a cui tengo moltissimo. È la vita di una conoscente, che si fa quando si scopre che una conoscente fa la spogliarellista? Niente, ecco. Perfetto, non devo fare niente. Ma quant’è comoda la vita? No, non sono sconvolto, è solo che non me lo aspettavo, tutto qui. Insomma, è un po’ imbarazzante, siccome è una persona che conosco, ma a parte questo…
   Bene… quindi non devo fare nulla.
   Perfetto.
  Dovrei salutarla forse? Non so, forse la cosa la farà sentire in imbarazzo. Ma comunque, che cacchio ci fa qui a ballare in un locale di streap tease con la voce che si ritrova?! Hm, vediamo un po’ dove va adesso, immagino che avrà da fare, non è neanche l’una del mattino. Forse non è opportuno disturbarla ora. Con un po’ di fortuna non la rivedrò più. Almeno, non seminuda.
  Per qualche mia deformazione del cervello mi dirigo verso il palco, da dove Andrea è fuggita non appena si è resa conto di essere senza reggiseno davanti ad una trentina di persone. Dietro ad alcune tende rosse c’è una piccola scaletta, di appena quattro o cinque gradini, il che vi fa capire quanto quel palco sia basso, apposta per allungare le mani e sventolare biglietti da venti sterline. Dietro altre tende c’è il palco, vedo un’altra ragazza muoversi al ritmo di non so quale canzone, ma sulla mia sinistra c’è una porta con su scritto “Privato”. Dio, mi sento come un ladro. Forse dovrei solo aspettare che Andrea esca per un’altra canzone e salutarla nel modo più naturale possibile; il punto è che non mi va di vederla di nuovo che si spoglia! Mamma, voglio andare a casa…
   Ficco la testa dentro alla porta e trovo un corridoio con una porta per il bagno e un’altra a cui mi avvicino. Busso, non risponde nessuno, solo un brusio di voci concitate. Spingo piano la porta e, nel momento in cui compaio sulla soglia, una ventina di ragazze strette in vestitini succinti si girano verso di me, interrompendo qualsiasi cosa stessero facendo prima del mio arrivo.
   «Salve…», mormoro con un sorriso nervoso.
   Una di loro, mettendosi una forcina fra i capelli, mi guarda rabbiosa e dice: «Chi cazzo sei? Non è permesso entrare qui.»
   «Scusate, scusate, non lo sapevo!» Cerco di fuggire, ma mi hanno attorniato, mi proteggo cercando di scomparire dietro la porta. Ucciso da un branco di spogliarelliste! Che fine ingiusta, non mi sono neanche divertito a guardarle ballare.
   «Ah, non l’hai letto il cartello che dice “Vietato entrare”?!»
   «Sono dislessico, non so leggere!» Be’, non è del tutto una bugia, sono davvero dislessico. Però so leggere, ci tengo a precisarlo.
   «Che cosa succede?» Finalmente! Una voce amica.
   «Andrea!» Questa volta lo dico con sollievo.
  Lei, con un costume diverso, mi guarda allibita e vagamente divertita. Una delle ragazze le chiede se mi conosce e lei per fortuna mi salva. «Tranquille, è un mio amico. Adesso lo mando via.» Sorridendo mi spinge fuori dalla stanza ed esce con me, chiudendosi la porta alle spalle. «Che cosa ci fai qui?», domanda poi mettendosi le mani sui fianchi.
   «Non lo so, ti ho vista e pensavo di vanire a salutarti. Non mi aspettavo di vederti!»
  «Oh, grazie. Mi spiace ma di solito rimango qui almeno fino alle cinque del mattino.» Indossa un bustino nero, un cappellino a cilindro incollato ad un cerchietto, niente calze, solo alti stivali pieni di borchie e catenelle. «Hai sentito? Ho ballato la tua canzone. Ho scaricato tutti i tuoi album qualche giorno fa, Lollipop è diventata una delle mie preferite.»
  Non sembra affatto imbarazzata di essere stata colta in flagranza di reato. Immagino che se lo vedi come un lavoro come gli altri non ti preoccupa più di tanto. Be’, se lei non è imbarazzata non c’è motivo per cui debba esserlo io. In fondo è la sua vita, deve averlo scelto lei questo lavoro. Affari suoi, insomma. Certo, se una delle mie sorelle anche solo mostrasse interesse per qualcosa del genere la rinchiuderei in camera e piantonerei la porta come un bodyguard, senza farla uscire fino a quando non avrà raggiunto i quarant’anni… ma questo è un altro discorso.
   «Hai scaricato i cd?», domando incredulo. «Bastava che me li chiedessi, io te li potevo anche regalare.»
   «No, no, non volevo chiederteli, non ci si mette niente a scaricarli. Comunque, che ci fai qui?»
   «È un addio al celibato. Credo che diventerò molto popolare là fuori quando dirò di conoscere una delle ballerine», commento pensoso.
   Andrea ride e si sistema meglio il bustino. Ha un seno grande, che le rimane tutto schiacciato sul petto. Sembra una delle mie big girls, con la differenza che lei adesso è magra come un chiodo. Ho sempre trovato simpatiche le big girls, credo che siano ragazze che non hanno paura di mettersi in gioco. So che un sacco di persone sovrappeso si trovano a disagio soltanto ad uscire di casa. Be’ cazzo, le mie big girls si mettono a ballare di fronte ad una folla con i vestiti più sexy che ho mai visto! Sono fighe.
   «Ti stai per sposare?»
   «Chi? Io? No, no, mia sorella. Questa è la festa per il suo fidanzato.»
  «Ah, e qual è? Fammelo vedere. Dico alle ragazze che è il festeggiato.» Andrea si precipita di corsa verso il corridoio e scende i gradini per vedere la piccola folla di ragazzi accumulata di fronte al palco. Fortuné, approfittando della mia assenza, si è avvicinato per guardare da vicino. Adesso vado a prenderlo in giro.
   «Eccolo, è quello lì», le dico indicando Richard, che esibisce il suo sorriso più imbarazzato e cerca di voltare la testa da tutte le parti tranne che sul palco. Ma sì, in fondo è un tipo a posto. Mia sorella è sempre stata fortunata con i ragazzi, tutti quelli bravi li trovava lei… poi li mollava, e in un certo senso la cosa mi ha sempre dato un piacere viscerale. Richard è stato il primo e unico che è sopravvissuto per più di quattro mesi, dev’essere amore.
   «Non sembra che si stia divertendo», commenta Andrea ridacchiando. «Non importa, meglio per tua sorella. Mi dispiacerebbe se fosse il contrario. Anche se non sono affari miei. Allora ci vediamo dopo, d’accordo? Devo tornare il scena fra… una canzone e mezza.» Sorride e fa per andarsene, ma io la fermo.
   «Andrea», lei si volta, «Perché non mi hai detto che lavori qui?»
   Lei fa una smorfia e si stringe nelle spalle. «Non so mai che reazione ha la gente quando dico che lavoro in uno strip club, così non lo dico e basta.»
   «Oh… sensato.» Lei sorride e fa per andarsene di nuovo, ma io le chiedo quando ci vedremo una prossima volta.
  «Domani devo correre un po’ dappertutto, praticamente tutti gli uffici comunali della città e di fuori. Qualcuno mi ha lasciato in eredità una casa. Ci credi? Una casa intera! Spero solo che non si scopra alla fine che è tutto un errore.»
   Ci mettiamo d’accordo per Lunedì prossimo.

   La pizzeria che ho scelto si trova in centro e ha l’aria di un locale rustico dove impastano ancora a mano. A giudicare dalle braccia del pizzaiolo è proprio così, comunque come posto è davvero bello.
   «Uno per due.» Il cameriere è un ragazzo che avrà sì e no vent’anni, alto, forse coreano o giù di lì. Molto professionale, ci porta al tavolo e prende le ordinazioni sorridendo tutto il tempo.
   «Come va con la tua casa in eredità?»
   «Bene! Ho scoperto che è mia.» Andrea sorride e disfa la scultura fatta con il tovagliolo. Io non voglio disfare la mia, è così bella. «In pratica apparteneva a uno zio di mio padre.»
   «Ma va? Aspetta… uno zio di tuo padre, quindi il fratello di uno dei tuoi nonni.»
   «Della nonna paterna. A quanto pare non aveva figli, né aveva più fratelli, e gli rimanevano solo i nipoti.»
   «Ah, capito. E dov’è questa casa?»
  «È in campagna, fuori Hastings. Non appena ho un minuto andrò a vederla. Mi hanno fatto vedere delle foto, sembra una baracca vista da fuori.»
   «Ah sì? Che sfiga.»
   «Insomma, probabilmente non è così male: è grande, ha tante stanze a quanto mi dicono, e l’impianto elettrico è stato rifatto cinque o sei anni fa. Dicono che è da ristrutturare.»
   «Ah, perfetto allora.»
   Andrea assume un’aria rassegnata. «Non posso permettermi di ristrutturare una casa intera. Ho il mio mutuo da pagare, e la macchina e tutto quanto. Forse però posso vendere la casa e guadagnarci qualcosa.» Rinfrancata da quell’idea Andrea sorride e dice grazie quando gli mettono la pizza di fronte.
   «Quand’è che fai vacanza in quel posto dove lavori? Scusa se te lo chiedo», disco poi, anticipando la prossima domanda, «ma è legale quello che fai?»
   Lei ride con ancora in bocca la pizza, tenendosi una mano davanti alle labbra. È davvero fine, non lo diresti di una spogliarellista, solo per degli stupidi pregiudizi. «Sì, è legale. O almeno, io non mi sono mai spinta più in là del mio lavoro. Ci sono ragazze che lo fanno, di certo porta più soldi, ma è meno sicuro: possono arrestarti se ti scoprono, o possono prendersi certe libertà.»
   «Cioè?» Mio malgrado sono interessato. È uno di quegli interessi morbosi su cui ti concentri anche se a una parte di te fanno schifo.
   «Voglio dire che non ci si può togliere tutto quanto, devi rimanere almeno con gli slip, per quanto piccoli siano. Alcune ragazze si spogliano del tutto, e si fanno pagare di più.»
   «E com’è possibile che ti scoprano?»
  «I poliziotti in borghese», risponde lei come se niente fosse dando un’alzata di spalle. «A volte vengono, ma si riconoscono subito se sei abituata. Poi, se non è un poliziotto, capita che il tizio in questione s’immagina che vuoi andare a letto con lui e che sei tipo una prostituta o qualcosa del genere.»
   «Oh…» Deglutisco e bevo un sorso di birra. Parlare di queste cose mi mette leggermente in imbarazzo. «Come mai lavori lì?»
   Andrea abbassa gli occhi e sembra molto, molto concentrata sulla sua pizza e su come tagliarla in maniera ergonomica. «È capitato.» Per un po’ sta in silenzio, poi si riprende tutta ed esclama: «Ah! Mi avevi chiesto se faccio le ferie. Certo che le faccio. Il locale è chiuso ogni Domenica e Lunedì, e poi quando voglio prendere delle vacanze basta che lo chiedo e io e qualche altra ragazza ci mettiamo d’accordo, perché devono esserci un numero minimo di ragazze in sala, almeno una per ogni tavolo.»
   Una giornata non male, tutto sommato. Abbiamo mangiato, abbiamo fatto un giro per il centro e poi siamo tornati a casa. Andrea è veramente cambiata, ha perso quella timidezza che la caratterizzava quando eravamo a scuola, è diventata vivace e solare.




















Ebbene sì... Andrea è una spogliarellista! u_u Ho letto un libro divertentissimo che parla di spogliarelliste: "Candy Girl - Memorie di una ragazzaccia per bene", di Diablo Cody, ed è da quello che vengono le mie conoscenze in materia. Ve lo consiglio, perché fa ridere un sacco!
A parte questo mi sono divertita a scrivere il capitolo, soprattutto le farneticazioni di Mika riguardo agli spogliarelli e Fortuné-maniaco. Ah, non credo proprio che Zuleika sia sposata, però mi sono presa una licenza poetica, diciamo così, e l'ho fatta sposare in giovine età solo perché faceva un paradosso con Lollipop (quanto darebbe fastidio a Mika, muahah!).
Vi lascio allo spoiler del prossimo capitolo, voi potete lasciare una recensione, ah! xD
Auguri a tutte le mamme che leggono o alle mamme di coloro che leggono =)
A Domenica prossima,
Patrizia
   
 
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