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Autore: PattyOnTheRollercoaster    06/05/2012    4 recensioni
Il mio nome è Michel Holbrook Penniman Jr. Sembra un nome molto importante da portare sulle spalle, e le mie spalle, sebbene credo siano abbastanza forti, non hanno molta voglia di essere sempre così pesanti. Per questo motivo ho scelto un altro nome, un nome meno complicato, uno che tutti possano ricordare per quanto è corto. Un nome semplice, simpatico, colorato: Mika.
Una canzone diversa per ogni capitolo per dare vita ad una storia a volte triste, a volte allegra, che ha come protagonista un ragazzo - o forse un uomo? O forse un bambino? - che deve vedersela con il suo mondo colorato, in cui le combinazioni di colore non sempre sono perfette.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo uno
Ring Ring
o Inizia da un funerale

   Il mio nome è Michel Holbrook Penniman Jr. Sembra un nome molto importante da portare sulle spalle, e le mie spalle, sebbene credo siano abbastanza forti, non hanno molta voglia di essere sempre così pesanti. Per questo motivo ho scelto un altro nome, un nome meno complicato, uno che tutti possano ricordare per quanto è corto. Un nome semplice, simpatico, colorato: Mika.
   Nonostante questo non si possono comandare certe vecchie abitudini, soprattutto se della propria madre, e lei, come tutta la mia famiglia e i conoscenti più stretti, mi chiamano ancora Michel. E tutti lo sanno, che ancora vengo chiamato Michael dalla mamma, soprattutto quando si mette a strillare:
   «Michael!»
   Dio, no, non sono neanche le sette di mattina.
   «Michael!»
   Alzo la testa e getto un’occhiata alla sveglia. Be’, in realtà sono le dieci passate.
   «Michael!»
   Mugugno. Perché? Perché non posso dormire fin quando voglio? In fondo sono già un uomo bello che fatto, ho quasi trent’anni. Ah, le madri non smettono mai di essere madri, anche se il loro pargolo è un cinquantenne brizzolato. Ma comunque, cos’è tutta ‘sta fretta? Sono tornato a casa da appena un giorno dopo il tour negli Stati Uniti, ed è già tanto che io non sia andato a riposarmi a casa mia e invece sia passato a salutare i miei. Adesso mi ricordo del perché non ci vengo mai quando sono stanco. Per di più il mio appartamento non è neanche così lontano da casa loro, insomma perché cavolo ci sono venuto?!
   «Michael!»
   Mi tiro su e quasi cado dal letto. «Che c’è?», strillo contrariato.
   «Al telefono, è per te!»
   Sbuffo e riaffondo nelle coperte. Mi chiama per quisquilie del genere? «Non possono richiamare?!»
   La testa di mia madre sbuca in quella che era la mia vecchia stanza. «Dovresti rispondere, è importante.»
  E va bene. Maledetti, svegliare una persona all’alba delle dieci… Mi alzo e ciabatto fino alla porta, dove mamma mi porge il cordless. «Pronto?»
  Una voce di donna mi avvisa di qualcosa che non mi sarei mai aspettato. «Buongiorno, qui è il Royal College of Music, parlo con Michel Holbrook Penniman Jr?»
   «Sì, sono io.»
   «Volevamo informarla che uno dei suoi professori, Walter Pagnin, è venuto a mancare la settimana scorsa. Stiamo contattando molti dei suoi ex studenti perché partecipino al funerale. Lei è disponibile signor Penniman?»
   La notizia mi colpisce come uno schiaffo. Non mi aspettavo nulla del genere quando ho detto quel sonnolento “Pronto?”. A saperlo prima, mi sarei dato un contegno. Mi ricordo il professor Pagnin, insegnava solfeggio ed era uno dei miei professori preferiti. Era un uomo alto e grosso, indossava sempre giacca e cravatta e aveva quel modo di parlare che ti faceva sentire subito a tuo agio.
   «Signore?»
   «Sì, sì ci sono. Al funerale, intendo. Ci sono.»
   «Può darmi il suo attuale indirizzo per spedirle l’invito?»
   Il funerale di Walter Pagnin si terrà fra una settimana. Non sono del tutto sicuro di volerci andare; immagino che tutti quanti saranno addolorati e tristi mentre io, per quanto il professor Pagnin sia stato uno dei miei preferiti, non riesco a sentire più di un dispiacere blando, controllato. Ho un po’ paura di sentirmi fuori posto. Nonostante questo il funerale è arrivato, e tutto è andato bene fino a cerimonia ultimata.
   Le panche della chiesa sono tutte piene fino a metà, dove gli invitati iniziavano a farsi più radi. A fine cerimonia parlo con qualche persona che ho riconosciuto, qualche vecchio compagno di scuola, poi mi dirigo, sollevato eppure in qualche modo un po’ meno allegro, all’uscita della chiesa. Seduta sull’ultima panca c’è una ragazza minuta che ha indosso una felpa leggera e il cappuccio calato sulla testa. Non ci avrei mai fatto caso a lei se quella, all’improvviso, non si fosse alzata precipitosamente per uscire e non mi fosse finita addosso.
   «Oh scusami, non guardavo dove andavo», fa lei chinandosi a raccogliere il cellulare e una piccola agenda che le erano caduti.
   «Niente, non importa.» Tento di raccogliere il tutto prima di lei, ma non ci riesco, però quando entrambi siamo in piedi posso vederla in viso.
  È molto più bassa di me, ha i capelli di un biondo cupo, lunghi fino alle spalle, gli occhi verdi e labbra grandi. Sembra stanca, ma io la riconosco lo stesso. «Andrea?»
   Lei alza gli occhi fumosi, occhiaie profonde le solcano il viso. «Chi sei?»
   Ho un attimo di smarrimento. O ho sbagliato persona, oppure la mia faccia non rimane proprio impressa alla gente. Eppure io e Andrea siamo stati compagni per quasi due anni prima che lasciassi la Royal per incidere “Life in Cartoon Motion”. «Sono Michael, non ti ricordi? Michael Penniman.»
   Andrea apre la bocca stupefatta, in una smorfia di comprensione, e quella sua bocca carnosa disegna una ‘o’ perfetta. «Ma sì scusami. Scusa, non ti avevo neanche guardato bene, ero distratta.»
   Usciamo dalla chiesa insieme e cominciamo a camminare l’uno affianco all’altro, verso il centro della città, anche se non sappiamo bene dove stiamo andando; non ci facciamo caso.
   Ricordo bene Andrea, era una ragazza timida che se ne stava sempre sulle sue. Era piuttosto cicciottella quando andavamo a scuola, anche se all’ultimo anno aveva cominciato a perdere peso. Ci siamo parlati spesso ma non avevamo un’amicizia molto profonda, anche perché appena ho lasciato il college ci siamo persi di vista. Assieme ci trovavamo bene, tutto qui.
   «Quindi hanno chiamato anche te per il funerale di Pagnin?»
   «Sì, anche se veramente l’avevo letto prima su un necrologio per strada. In realtà non so neanche perché sono venuta, forse solo perché sono nostalgica.»
   «Ti offro un caffè, ti va?» Mi fermo in mezzo al marciapiede e la guardo sorridendo, incoraggiante. In fondo, forse anche io sono nostalgico, una parte di me spera di poter ricordare con Andrea molte delle cose successe a scuola.
   «Sì, d’accordo.»
  Entriamo nel primo bar che troviamo, ci sediamo ad un tavolino rotondo e ordiniamo due caffè e una fetta di torta per me. Mi sistemo sulla sedia e mi rivolgo ad Andrea, puntellandomi sui gomiti con un sorriso che mi va da parte a parte sulla faccia. Non si direbbe che sono appena uscito da un funerale. «Allora? Che mi racconti?»
  Alza un sopracciglio e si stringe nelle spalle. «Veramente, niente di interessante. Tu, piuttosto, ho sentito che hai fatto un altro album. Com'è che si chiama?»
   «The Origin of Love, l’ho rilasciato l'anno scorso.»
  «Hai fatto un sacco di cose da quando te ne sei andato dalla Royal, eh?» Per la prima volta l’accenno di un sorriso compare sul volto di Andrea. Tiene il cappuccio anche dentro il locale, ma leva la felpa poco dopo perché comincia a fare caldo, siamo a metà Maggio. In realtà il tempo qui a Londra è orribile, come una ragazza con la sindrome premestruale: un giorno è tutta amorevole, il giorno dopo una piantagrane.
   «Sì è vero, ma tutte queste cose le puoi trovare su internet. Piuttosto…»
   «Hai girato molti paesi?» Non faccio neanche in tempo a chiederle che fa lei che mi interrompe.
  «Sì, sono andato in un sacco di posti, sia per i tour che per incidere i pezzi. Ma ad essere sincero non ho mai tanto tempo per guardarmi intorno come si deve.»
   «Oh Dio, dev’essere bello lo stesso però. Mi piacerebbe tanto andare in America.»
   «Ci sono stato fino a una settimana fa, ero in tour. Adesso mi fermo per un po’, ricomincerò a fine Agosto.»
  Gli occhi di Andrea scattano alla porta, alle mie spalle, e lei si agita nervosa sulla sedia. «Mi dispiace che Pagnin sia morto, era uno dei miei insegnanti preferiti», dice all’improvviso. «Però, be’, era vecchio. Di cosa è morto?»
   «Gli è venuto un ictus, molto forte. Il direttore della Royal mi ha detto che è rimasto paralizzato per sei settimane prima di…», lascio la frase in sospeso. Non è bello neanche da dire. «Ah, ti prego parliamo di cose più allegre!»
   Andrea sorride e finisce il suo caffè. «Hai ragione. Senti, perché non mi dai il tuo numero? Io sono libera praticamente tutti i giorni fino alle dieci di sera, e la mattina dormo almeno fino a mezzogiorno. Credo che sia meglio che ti chiami io, se hai voglia.»
   «Lavori di notte?»
   «Sì, in un locale.»
   Non dice altro, e io non indago. Le scrivo il mio numero su un foglietto di carta e glielo lascio. Non appena Andrea me lo strappa dalle mani si alza e scompare dal bar quasi di corsa, salutandomi velocemente. Un uomo di mezza età si volta mentre lei passa e fa un fischio che mi fa sbuffare di impazienza. Cristo, che vecchio maiale! Spero di non diventare così.

   Sono passati tre giorni da quando ho incontrato Andrea al funerale. Non mi ha sconvolto la vita, intendiamoci, ma se ci ripenso non posso fare a meno di ricordarmi quanto fosse strana in quel momento. Mi ricordavo di lei come una cosetta bionda che sedeva sempre dietro a qualcun altro, che parlava a voce bassa, e indossava abiti troppo larghi anche per lei, come se volesse nascondervisi dentro. Aveva delle amiche con cui passava la maggior parte del tempo e suo padre la portava a scuola e andava a riprenderla ogni giorno in macchina. Tutta questa timidezza non si addice a qualcuno che vuole sfondare nel mondo assolutamente competitivo della musica, eppure quando cantava capivi come mai era stata ammessa alla Royal Academy of Music: la sua voce è qualcosa di spettacolare, sono convinto che ce l’abbia ancora tutta in fondo alla gola, anche se Andrea non ha accennato a nessuna carriera di cantante o simili. Mi sembrava incredibile che una voce così potente potesse uscire da una persona schiva come quella. Ammetto di essere curioso di sentirla di nuovo cantare. Mi piaceva ascoltare gli altri compagni che cantavano, e attendevo ogni volta l’esibizione di Andrea con una certa impazienza. Non mi aveva mai deluso.
   Eppure c’è un problema: lei non chiama.
  Non pensavo che Andrea mi sarebbe mai mancata, non era mai stata parte della mia vita in maniera tanto importante. Se ci penso, però, in questi pochi giorni dopo il nostro incontro, mi dispiace che non mi richiami. Probabilmente è una di quelle persone che parlano tanto di amicizia ma alla fine non mantengono i contatti. Insomma, tanto fumo e niente arrosto.
   Rimango molto stupito quindi, una settimana dopo circa, quando mi squilla il telefono alle quattro del pomeriggio.
   Ring, ring.
   «Pronto?»
   «Pronto Michael? Sono Andrea.»
   Rimango zitto qualche istante perché un’immagine stupida su internet ha catturato la mia attenzione. Devo smetterla di guardare il pc quando sto al telefono!
   «Pronto?»
   «Eccomi. Ciao, come va?»
   «Tutto bene grazie, e tu?»
   Alzo le spalle, anche se lei non può vedermi. «Al solito. Non sto facendo niente, sono praticamente in vacanza.»
  «Beato te. Senti, pensavo che magari ti andava di fare un giro un giorno di questi. Io sono libera tutti i pomeriggi. Pensavo che magari potevamo andare… che ne so, al cinema, o a fare solo un giro in centro.»
  «Sì, perché no? Anche domani, se ti va.» Sorrido, incapace di trattenermi. Perché mai, poi? Se mi fa stare così bene dovrei organizzare un incontro di classe.
   Oh, che ottima idea!




















Ordunque... l'idea della fanfiction è piuttosto semplice, sono io che non so spiegarla. In pratica ho fatto un capitolo per ogni canzone dei primi due album, e in ogni capitolo ci sarà una citazione dalla canzone (magari non proprio alla lettera, però mi ci avvicinerò il più possibile). Se mi è possibile farò anche c'entrare il tema del capitolo con il tema della canzone, ma non vi assicuro nulla!
Per cui preparatevi alla bellezza di venticinque capitoli (la fanfiction più lunga che io abbia mai scritto, credo!) in cui il nostro Mika ne passerà di tutti i colori: ci saranno flashback del suo passato, gite al mare, cappelli a forma di pollo e ovviamente l'intera famiglia Penniman, che non può mancare.
Se volete uno spoiler sul prossimo capitolo/canzone/citazione vi segnalo il mio blog, e più precisamente se cliccate qui avrete un piccolo anticipo sul capitolo di Domenica prossima.
Spero di avervi incuriosite! ^^
A Domenica prossima,
Patrizia
   
 
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