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Autore: telesette    14/05/2012    2 recensioni
Dietro allo sguardo intenso e profondo di Mark Lenders, così pieno di grinta e determinazione, i pensieri che spingono questo giovane a lottare non solo nel calcio ma nella vita...
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
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Gli Occhi di Mark

Lottare...
Fin da quando ero piccolo, la mia vita è sempre stata una lotta durissima.
Non solo per il gioco del calcio.
Ho imparato che la mia debolezza era un modo con cui i prepotenti potevano schiacciarmi.
Ho imparato a reagire, a rialzarmi, e ad andare contro ogni genere di ostacolo.
Anche quando mi trovavo da solo contro tutti, tra le risate di scherno e le prese in giro, l'unica cosa che volevo era combattere... Proprio così, combattere e dimostrare di avere la forza necessaria per non soccombere davanti a nessuno!
Come quella volta, da bambino, quando tre spacconi mi sfidarono a togliergli il pallone.
Ero svantaggiato rispetto a loro, sia come forza che come dimensioni, ciononostante continuavo a correre con gli occhi fissi sul mio obiettivo: prendere loro la palla, a qualunque costo.
All'inizio per loro sembrava un gioco, credevano di potermi umiliare facilmente perché ero solo un moccioso, invece ben presto si resero conto che non avevo alcuna intenzione di scherzare.
Ce l'avevo fatta, ci ero riuscito, quel pallone me lo ero conquistato nonostante tutto.
Erano tre, più grandi e più forti di me, e non volevano accettare di essere stati battuti dal sottoscritto.
In men che non si dica me li ritrovai tutti addosso: calci, pugni, tutto pur di farmela pagare per la figuraccia che gli avevo fatto fare.
Ma io non intendevo mollare.
No mai, quel pallone lo avevo conquistato, avevo combattuto e non intendevo lasciarlo.
Anche sotto il dolore dei loro colpi, io rimasi ostinatamente accucciato sul simbolo della mia vittoria.
Era mio, quel pallone lo avevo vinto io e da solo.
Potevano picchiarmi quanto volevano, rompermi tutte le ossa anche, ma era mio... MIO !!!
Non lo avevo rubato, non sono un ladro, e se avessero riconosciuto sportivamente la mia vittoria glielo avrei restituito senza problemi.
Anche mio padre aveva capito e apprezzato le mie ragioni.
Le parole che mi disse allora non le ho mai scordate:

"Diventerai un bravo giocatore professionista, ma per arrivare a quel traguardo dovrai combattere e fare molti sacrifici"...

Allora ero troppo piccolo, per capire fino in fondo ciò che mio padre intendeva dire.
Lui non si riferiva solo a lottare per far parte del duro mondo del calcio, ma di lottare per non farsi mettere i piedi in testa da nessuno... Nessuno!
All'epoca non potevo ancora capire, o meglio non potevo immaginare che la mia vita sarebbe stata così dura.
Ho visto mio padre, sul suo letto in ospedale, mentre soffriva le pene dell'inferno.
Ho visto il dolore, negli occhi di mia madre e dei miei fratelli.
Ho visto il cinismo e l'indifferenza delle persone che ci hanno voltato le spalle.
Ed è stato allora che ho finalmente capito.
Quello che intendeva dire mio padre, oltre a farsi strada nel mondo del calcio, era di imparare a farsi strada nel mondo in generale.
Il mondo non va incontro a nessuno. E' un posto lurido e meschino dove c'è gente che, solo perché si ritiene in diritto di farlo, è capace di far leva su ogni punto debole per costringere qualcun altro a crollare.
Non avevo mai provato così tanta rabbia, prima di allora.
La morte di mio padre, la chiusura della sua ditta, i debiti e i problemi per mandare avanti la nostra famiglia... E tutto ciò che avevo in quel momento erano solo le deboli mani di un bambino!
Tanta rabbia, tanta impotenza, e un odio che mi divorava dentro. 
Allora ho imparato a trarre forza da tutto quell'odio, a trasformare la mia rabbia nell'energia di cui avevo bisogno, e a stringere i denti davanti a ogni tipo di difficoltà. Papà aveva sempre lottato nella sua vita, non si era mai arreso, perciò anch'io dovevo fare lo stesso.
Grazie all'aiuto e alla generosità delle persone che mi hanno concesso di lavorare per mantenermi, ho potuto tirare avanti senza gravare troppo su mia madre e sui miei fratellini. Ho continuato a giocare, per diventare sempre più bravo, e con gli allenamenti di Jeff ho rafforzato il mio corpo per superare ogni ostacolo ed ogni avversario. Ho potuto contare su coloro che mi sono stati accanto nei momenti difficili, con grande affetto e solidarietà, e non mi sono mai tirato indietro davanti a nulla.
Te lo avevo promesso, ricordi papà?
Ti avevo promesso che avrei sempre dato tutto me stesso, dentro e fuori dal campo, e che niente e nessuno mi avrebbe impedito di raggiungere il mio obiettivo.
Se sono qui oggi, disposto a giocarmi il tutto per tutto pur di vincere, è solo perché credo fermamente nelle mie possibilità e perché tanti amici credono in me.
Non posso perdere, non posso perdere assolutamente.
Anche a costo di rimetterci la vita, versando sul campo fino all'ultima goccia di sangue che ho in corpo, continuerò a giocare fino alla fine... Fino alla fine!

- Mi senti, papà? Questo tiro lo dedico a te !!!

FINE

   
 
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