Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Silvar tales    16/05/2012    8 recensioni
CAPITOLO 10 pronto al 25 %
[Thor/Loki] [Contesto: post Avengers]
Era sempre andata così, fin dall'inizio. A lui spettava l'umiliazione, la sconfitta, a Thor la gloria e il trono. Non c'era modo di cambiare le cose. D'altronde, se ci fosse stato un modo, Loki avrebbe smesso di lottare già da tempo.
Invece continuava a tramare, ad inventare, a usare il cervello. Proprio perché in cuor suo non vedeva margini di vittoria.
La sua era la natura di un titano. Avrebbe perso, qualunque cosa tentasse di fare, ma vincere non era il suo obiettivo reale. Quello che veramente voleva Loki, arrivato a questo punto e sbolliti gli spiriti caldi dell'adolescenza, era finire la sua storia a testa alta.
Ma prima aveva un altro compito da svolgere.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Mpreg, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Specchi Onirici e Illusioni


«Thor...» un visetto curioso spuntò da dietro l'elegante teca di vetro. «Thor, vieni qui. Secondo te che cos'è?»
Il bimbo si alzò curioso sulla punta dei piedi, appendendosi al sostegno in ebano.
«Loki non mi seccare proprio ora, sto cercando di battere il simulatore».
Un mostro di ferraglia brandiva una mazza ferrata e si muoveva in automatico verso il bambino biondo che aveva innanzi, cercando di colpirlo con stoccate poco decise. Thor le schivava agilmente per poi attaccare di rimando, con più forza.
Loki gonfiò le guance, rimirando affascinato quello strano martello antico. Pareva logorato dal tempo, come se avesse combattuto mille e più battaglie, come se avesse attraversato ere millenarie.
«Che razza di arma poco pratica e inusuale», disse fra sé e sé.
Sotto la teca era inchiodata una targa:
Mjöllnir.
«Mjöl-lnir», scandì a fatica Loki, strizzando gli occhi per mettere a fuoco le parole scritte in piccolo.
Ad udire quel nome, Thor interruppe miracolosamente il suo allenamento.
«Hai detto Mjöllnir?» Si volse verso il fratello, che gli annuì di rimando, con pochi cenni della testa.

Il bambino biondo si avvicinò a quell'imponente martello, osservandolo ora con un certo ardore negli occhi. «Dunque è questo!» Fece eccitato, non riuscendo a trattenere un piccolo salto di gioia e un sorriso largo da orecchio a orecchio.
«Questo cosa?» Domandò Loki annoiato.
«L'arma che mi spetta, la più potente di tutta Asgard! Anzi no, di tutti quanti i Nove Mondi!»
Loki lo assecondò con un sorrisetto accennato, non troppo entusiasta.
«E... come fai a sapere che spetterà proprio a te?»
«Me l'ha detto papà, mi ha raccontato tutto riguardo Mjöllnir, sapevo anche che era da qualche parte, nella reggia. Ha detto che chi ha il potere di brandire quest'arma diventerà Re di Asgard, e io lo diventerò!»
Loki non se la sentiva di smontare l'entusiasmo del fratello, per cui si limitò ad annuire ed a sorridere, nel modo più sincero che potesse fare.
«Papà non mi ha mai raccontato questa storia...» iniziò a bassa voce, ma Thor gli aveva già voltato le spalle ed era tornato alla sua attività con il simulatore.
Portò allora la sua attenzione sul martello, rimirandolo con un pungente desiderio nascosto, sebbene prima l'avesse trovato brutto ed ingombrante.
Chi ha il potere di brandire quest'arma diventerà Re di Asgard, e io lo diventerò!
Se era vero che entrambi erano nati per salire sul trono, come mai suo padre non gli aveva raccontato la leggenda di Mjöllnir?
«Thor, Loki!» la musicale voce di Frigga invase l'atrio, richiamando all'attenzione i due fratelli. Loki corse ad abbracciare la madre, la quale lo accolse benevolmente al proprio seno, sollevandolo in braccio. Thor invece rimase concentrato sul simulatore, non degnando nemmeno la nuova arrivata di un saluto. «Thor», iniziò lei offesa, «ora basta giocare con questo aggeggio, è ora di cenare!»
Stavolta toccò al maggiore esibirsi in uno vistoso sbuffo.
«E va beeene», si arrese, gettando sul pavimento la spada e scrollando le spalle. Frigga sorrise benevola, posò a terra Loki e diede un buffetto sulla guancia a Thor.
«Sei sempre così leggero Loki, dovresti mangiare un po' di più. Ora andate!»
I due bambini si scambiarono un sorriso complice, pronti a scalpitare per il loro giocoso rituale.
«Facciamo... a chi arriva prima!»
Come al solito Thor scattò prima del tempo, e come al solito Loki prese ad inseguirlo lungo i corridoi del palazzo, tra le sottane delle serve, tra le colonne dorate. A nulla serviva cercare scorciatoie, percorsi alternativi, tentare di allungare il passo di quelle esili gambe che si ritrovava: Thor sarebbe sempre arrivato primo.



*



In uno strano stato di semi coscienza, sospeso tra il sonno e la veglia, Loki udì le voci del sogno appena trascorso mescolarsi con i rumori appartenenti alla propria realtà.
Altre voci, grezze e chiassose, che rimbombavano oltre la guardiola. Il prigioniero aprì faticosamente gli occhi. Aveva dormito per un tempo imprecisato sdraiato su quel pavimento d'acciaio, aveva il viso e le guance freddi e umidi, gran parte del corpo immerso nel torpore.
Mise a fuoco l'ambiente, strizzando dolorosamente gli occhi. Era notte, probabilmente notte avanzata. I guardiani ingannavano il tempo e il sonno conversando in compagnia di buon vino.
«Hanno già terminato l'esecuzione?»
Dei passi, e giunse una terza voce: «sì».
«È ciò che si merita, il figlio di questo lurido traditore Jotun». Scoppiò un coro di risate volgari, squillanti di ubriachezza.
Loki, che nel frattempo si era alzato in piedi per cogliere meglio le parole, si dovette appoggiare alla parete con una mano, perché le ginocchia non lo ressero più.
La realtà gli cadde addosso con tutta quanta la sua insopportabile atrocità; era talmente dolorosa che l'aveva rimossa, sperando inconsciamente di affogarla nel sonno.
Tremava di rabbia, d'incredulità, di spavento, di panico improvviso.
Quand'era successo? Com'era successo?! Per quanto aveva dormito, uno, due, tre giorni?
Dov'era il suo piccolo Liar? Possibile che fosse già morto, senza che lui se ne fosse accorto? Possibile che il suo cervello si fosse spento di propria volontà, incapace di sostenere il dolore?

«Tu credi di sapere cos'è il dolore...»

Assurdo che in una situazione simile ricordasse quelle parole, pronunciate da esseri che tanto disprezzava. Eppure, dovette ammettere che furono profetici. Loki non sapeva cos'era il dolore, non l'aveva mai sperimentato veramente, fino a quel giorno.
Non aveva mai desiderato di morire, fino a quel giorno. Tentò più e più volte di dar voce ai suoi muti singhiozzi, di dare un senso alla sua sofferenza, una manifestazione visibile. Niente.
Le lacrime erano invero un bene consolatorio, quello in cui era caduto era un baratro dal quale non sarebbe riuscito a risalire. Non esisteva consolazione a un male simile.
Si accasciò nuovamente sul pavimento, in preda ai brividi febbrili. Boccheggiò come un pesce fuor d'acqua, incapace di incassare aria a sufficienza a causa della costrizione che gli premeva sulla bocca. Allora chiuse gli occhi, accogliendo deliranti immagini dietro le palpebre. Un bambino rideva nella sua testa, ma non era Liar. O forse sì?
Forse è come sarebbe dovuto essere una volta cresciuto, forse era solo la proiezione di se stesso. Forse attendeva il suo carnefice, forse l'aveva appena sconfitto.
Una cantilena di sottofondo gli coprì le orecchie, la magica voce di Frigga che era solita allettare entrambi i leggendari fratelli, la sera. Ella cantava come una sirena, sembrava tessere le lodi e i fasti di un antico passato, definitivamente perduto.
«Se dovete star qua a festeggiare, è meglio che andiate altrove, subito». Una voce altisonante richiamò all'ordine i carcerieri molesti. Loki, seppur avvinghiato e alienato com'era nel suo pianto invisibile, drizzò le orecchie, riconoscendo una voce familiare. D'un tratto sentì la vita scorrergli di nuovo nelle vene.
Thor.
Una sensazione dolce e confortante, come se improvvisamente avesse trovato la soluzione.
Un sentimento di vendetta.
Udì la porta scattare, la serratura aprirsi. La sagoma del futuro re di Asgard si stagliava imperiosa, ma allo stesso tempo timida, sulla soglia della prigione. Loki lo squadrò dall'alto al basso, con saettanti occhi verdi. Si sentiva come se centinaia di cavalli gli scalpitassero nel petto. Sentiva ogni vena pulsare, ogni nervo emergere e soffrire, la pelle tirata, il respiro corto. Ogni centimetro del suo corpo era pronto ad esplodere, pronto ad esaurire ogni briciola di forza per distruggere, per annientare l'uomo che aveva di fronte.
Ancora un passo, ancora un altro. Le distanze tra loro si accorciavano progressivamente.
«Fratello, non...» In un attimo il dio degli inganni si avventò sul fratellastro, raggiungendolo con un debole pugno che venne prontamente deviato. Benché avesse impiegato tutte le sue forze, non aveva fatto i conti con la sua inevitabile debolezza. Non mangiava da quattro giorni, era stato privato dei suoi poteri innati, aveva il cuore e l'animo a pezzi.
D'un tratto si rese conto che nulla poteva contro Thor. E che, anche se l'avesse distrutto, non avrebbe cambiato le cose.
Infine piangeva. Il suo viso, rosso tremante e rigato di lacrime si specchiò negli occhi azzurri di Thor, che lo fissavano con pietà e dispiacere. Stavolta pareva sincero.
Il dio del tuono gli mise con cautela due mani dietro al collo, liberandolo delicatamente dal bavaglio.
«Ti odio», sussurrò Loki, continuando a riversare fuori dagli occhi lacrime salate.
«Io invece ti amo fratello, ti ho sempre...» una mano frenò la lingua oltraggiosa del semidio. Loki lo guardava con odio profondo e scellerato, non c'era più traccia di lucidità nel suo sguardo.
«Taci... TACI!» Urlò con tutto il fiato rimastogli, anche se con voce spezzata dal pianto.
Thor lo guardò invece con severità ed impazienza, mentre gli slegava anche il laccio che gli costringeva la caviglia destra. Adagiò la schiena del fratellastro alla parete, lasciò che scivolasse per terra e lo sovrastò delicatamente. Loki scosse la testa più e più volte, disgustato e confuso. Non voleva delicatezza e premure da Thor, voleva odio, un odio che ricambiasse adeguatamente il suo.

«No, ora sei tu quello che deve tacere».
Thor gli posò le labbra sul collo umido e lo coinvolse in un abbraccio titubante, ma forte. L'altro accolse inerme quel contatto improvviso, un contatto che erano abituati a scambiarsi.
«Non sei tu il Re di Asgard».
«Credi che possa importarmene qualcosa, ora?»
Loki costrinse il fratello a guardarlo negli occhi, lasciandogli leggere la sincerità e l'arrendevolezza che aleggiavano in essi.
«Sei cambiato fratello».
«Anche tu. Non avrei mai creduto che il tuo cuore debole, così facilmente corruttibile, fosse capace di cose simili». Il dio degli inganni stava rovinando ancora una volta nella pazzia. D'altro canto, come biasimarlo? Le lacrime avevano ripreso ad allagare i suoi occhi verdi, le labbra avevano ripreso a tremargli, il volto a diventare più livido del solito. Pareva in preda a una crisi terribile e affannosa, a un collasso, a una morte apparente. Mai Thor avrebbe creduto il fratellastro capace di tenere a una persona in modo così tenace.
«Ascolta, Loki...» Thor tentò di allungare una mano ad accarezzargli i capelli, ma l'altro gliela respinse con un sonoro schiaffo.
«Tutto quello che ti chiedo è di uccidermi. Sì, prenditi la mia vita, ma non farmi passare per il traditore che è tornato sui propri passi. Non concedermi pietà solo dopo la morte, giacché sembra che questa sia diventata la nobile usanza di Asgard, in questi ultimi tempi. Odiami fino alla fine, come io farò con te. Io non cederò mai, Asgard è maledetta».
«Stai delirando fratello...»
«Io non sono tuo fratello, Thor! Devi chiamare le cose con il loro nome, altrimenti finisci per confonderle». Il dio del tuono si lasciò sfuggire un ringhio, colmo d'irritazione e di esasperazione.
Inaspettatamente, Loki si alzò in piedi, sferrando un potente calcio all'uomo ancora inginocchiato per terra. Approfittò poi di quei suoi pochi secondi di spaesamento per tentare di infilzare un'affilata lama di ghiaccio nella sua gola, ma anche quest'ennesimo tentativo fu platealmente stroncato. Thor schivò prontamente il colpo e si alzò in piedi a sua volta, sovrastando il fratellastro.
«Basta!» Loki incassò due pugni allo stomaco, e trattenne a stento un conato di vomito. Più psicologico che altro, dato che non avrebbe potuto avere niente nello stomaco.
«Loki, voglio che tu mi ascolti...»
«NO!» Urlò lui, ormai fuori di sé. «Non scambierò una parola di più con te!»
«Tu devi ascoltarmi...»
«Perché, tu mi hai ascoltato quando mi hai portato via Liar? Hai ascoltato il suo pianto quando l'hai stroncato?»
«Basta Loki, non dire una parola di più! Tuo figlio vive ancora».
Ridicolo, quasi scherzoso, osservare l'espressione sul volto del fratello mutare con rapidità indicibile. È come se un focolaio di nuova speranza accendesse i suoi occhi, rinnovando la loro luce verde e asciugando le lacrime incastratevi.
Ma fu solo per un attimo, perché poi Loki scosse la testa, sorridendo maligno.
«No, tu mi stai prendendo in giro».
Thor assunse l'espressione più seria potesse assumere, e tentò di riavvicinarsi al fratello, ponendogli una mano sulla spalla.
«Io... ti stai solo divertendo ad illudermi!» Loki si ritrasse d'istinto, esitante nel dargli corda. Tuttavia gli risultava parecchio difficile, in quel momento, mascherare l'immensa gioia e speranza che l'avevano invaso; se era soltanto una bugia per alimentare ulteriormente il suo dolore, allora era stata pianificata alla perfezione. Ma in fondo non credeva Thor capace di una tale freddezza.
Quest'ultimo sembrava provato da un grande sforzo, e da un grande dolore. Come se fosse attanagliato nel profondo da un terribile senso di colpa. Tuttavia si limitò a scuotere la testa, ed a sorridere al fratello.
«Loki, io vorrei che tu... ritornassi nella tua vecchia stanza. Ricordi? La nostra stanza».
Il dio degli inganni gli restituì uno sguardo incuriosito, poi ridiede voce alle sue priorità. «Voglio vedere Liar».
Thor scosse energicamente la testa. «Mi dispiace ma non è possibile. Ho dovuto mandare tuo figlio fuori dai confini di Asgard, in un altro mondo. Sta' tranquillo, ti posso assicurare che è in mani premurose».
«Come puoi pretendere che io mi fidi di te?»
«Piuttosto, come faccio io a fidarmi di te, fratello, visto che sei un traditore e ti sto dando l'offerta di dormire nelle stanze reali, in un letto comodo, in una stanza arieggiata, soleggiata al mattino e ventosa la sera...» la sua voce andava sfumando. Con gli occhi cercava di catturare l'attenzione di quelli lucidi di Loki, di nuovo colmi d'acqua.
Con estrema cautela gli prese una mano, senza sentire la sua stretta in risposta.
«Ti prego», disse in un sussurro.


*


L'alba saliente sul regno di Asgard era forse uno degli spettacoli più incantevoli dei Nove Mondi. Manifestava tutta quanta la dolcezza della natura mescolata all'artificiosità divina, risaltava ulteriormente lo splendore della loggia d'oro, della mitica roccaforte che si ergeva sopra il pelo dell'acqua. Era un paesaggio imponente, imperioso e molle e delicato allo stesso tempo.
Loki aprì gli occhi, lentamente, e vide sontuosi tappeti rossi, pareti gialle e lucide, un elegante comodino, un recipiente colmo d'acqua cristallina. La sua camera.
Riconosceva anche alcuni giocattoli che aveva avuto da bambino, lasciati intatti e al loro posto. E soprattutto i suoi innumerevoli libri, racconti, favole, leggende, impilati ordinatamente in un piccolo scaffale di legno pregiato.
Dopo un primo sguardo dato alla stanza, si rese conto dell'effettiva situazione in cui si trovava.
La testa gli pesava, le orecchie gli fischiavano e la fronte era gelata.
Il suo corpo nudo era adagiato tra candide e morbide coperte, e un braccio muscoloso gli cingeva fastidiosamente la vita. Tentò di alzare leggermente il busto, ma le fitte lancinanti che gli pervasero le tempie e una silenziosa protesta di Thor lo fece desistere.
Il fratello mugolò piano nel sonno, trattenendo Loki al suo fianco, cingendolo ulteriormente con le braccia forti.
Loki sospirò dolorante, allungò una mano verso il mobile vicino e bagnò un fazzoletto di stoffa nella bacinella d'acqua profumata; premette l'impacco sulla fronte, cercando di dare un temporaneo sollievo all'emicrania.
Doveva ricostruire gli avvenimenti, com'era arrivato dalla sua cella a quel sontuoso appartamento?
Con suo rammarico, non riusciva a ricordare. Aveva cancellato un nesso importante.
Intanto, il dio del tuono che giaceva al suo fianco si mosse tra le lenzuola bianche, smorzando uno sbadiglio.
«Ti sei svegliato?»
Loki rivolse un'occhiata disprezzante al fratello, che intanto aveva preso a toccargli i capelli.
«Lasciami». Rispose freddamente il dio, cercando di divincolarsi dalla sua stretta, tuttavia senza provarci davvero. «Mi disgusti, Thor. Evidentemente sono tuo fratello solo quando ti fa comodo. Non mi sembra che da bambini usassimo questo letto per simili attività».
«Non la pensavi allo stesso modo, ieri sera».
Loki sussultò visibilmente, colto nel vivo. Si maledisse; non ricordava nulla della sera appena trascorsa, ma non poteva aver desiderato carnalmente Thor.
«Smettila di dire scioc...» si fermò nel suo tentativo di alzarsi in piedi, e ritornò seduto sul letto con una smorfia dolorante in viso.
«Che ti succede?» Fece Thor divertito.
«Niente», ringhiò Loki a denti stretti, facendo un secondo tentativo. «Con il tuo permesso, ho bisogno urgentemente di una bagno caldo, poi mi dirai in quale regno vive ora mio figlio».




   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Silvar tales