Specchi Onirici e Illusioni
«Thor...»
un visetto curioso spuntò da dietro l'elegante teca di
vetro. «Thor,
vieni qui. Secondo te che cos'è?»
Il
bimbo si alzò curioso sulla punta dei piedi, appendendosi al
sostegno in ebano.
«Loki
non mi seccare proprio ora, sto cercando di battere il
simulatore».
Un
mostro di ferraglia brandiva una mazza ferrata e si muoveva in
automatico verso il bambino biondo che aveva innanzi, cercando di
colpirlo con stoccate poco decise. Thor le schivava agilmente per poi
attaccare di rimando, con più forza.
Loki
gonfiò le guance, rimirando affascinato quello strano
martello
antico. Pareva logorato dal tempo, come se avesse combattuto mille e
più battaglie, come se avesse attraversato ere millenarie.
«Che
razza di arma poco pratica e inusuale», disse fra
sé e sé.
Sotto
la teca era inchiodata una targa: Mjöllnir.
«Mjöl-lnir»,
scandì a fatica Loki, strizzando gli occhi per mettere a
fuoco le
parole scritte in piccolo.
Ad
udire quel nome, Thor interruppe miracolosamente il suo allenamento.
«Hai
detto Mjöllnir?» Si volse verso il fratello, che gli
annuì di
rimando, con pochi cenni della testa.
Il
bambino biondo si avvicinò a quell'imponente martello,
osservandolo
ora con un certo ardore negli occhi. «Dunque è
questo!» Fece
eccitato, non riuscendo a trattenere un piccolo salto di gioia e un
sorriso largo da orecchio a orecchio.
«Questo
cosa?» Domandò Loki annoiato.
«L'arma
che mi spetta, la più potente di tutta Asgard! Anzi no, di
tutti
quanti i Nove Mondi!»
Loki
lo assecondò con un sorrisetto accennato, non troppo
entusiasta.
«E...
come fai a sapere che spetterà proprio a te?»
«Me
l'ha detto papà, mi ha raccontato tutto riguardo
Mjöllnir, sapevo
anche che era da qualche parte, nella reggia. Ha detto che chi ha il
potere di brandire quest'arma diventerà Re di Asgard, e io
lo
diventerò!»
Loki
non se la sentiva di smontare l'entusiasmo del fratello, per cui si
limitò ad annuire ed a sorridere, nel modo più
sincero che potesse
fare.
«Papà
non mi ha mai raccontato questa storia...» iniziò
a bassa voce, ma
Thor gli aveva già voltato le spalle ed era tornato alla sua
attività con il simulatore.
Portò
allora la sua attenzione sul martello, rimirandolo con un pungente
desiderio nascosto, sebbene prima l'avesse trovato brutto ed
ingombrante.
Chi
ha il potere di brandire quest'arma diventerà Re di Asgard,
e io lo
diventerò!
Se
era vero che entrambi erano nati per salire sul trono, come mai suo
padre non gli aveva raccontato la leggenda di Mjöllnir?
«Thor,
Loki!» la musicale voce di Frigga invase l'atrio, richiamando
all'attenzione i due fratelli. Loki corse ad abbracciare la madre, la
quale lo accolse benevolmente al proprio seno, sollevandolo in
braccio. Thor invece rimase concentrato sul simulatore, non degnando
nemmeno la nuova arrivata di un saluto. «Thor»,
iniziò lei offesa,
«ora basta giocare con questo aggeggio, è ora di
cenare!»
Stavolta
toccò al maggiore esibirsi in uno vistoso sbuffo.
«E
va beeene», si arrese, gettando sul pavimento la spada e
scrollando
le spalle. Frigga sorrise benevola, posò a terra Loki e
diede un
buffetto sulla guancia a Thor.
«Sei
sempre così leggero Loki, dovresti mangiare un po' di
più. Ora
andate!»
I
due bambini si scambiarono un sorriso complice, pronti a scalpitare per il loro giocoso rituale.
«Facciamo...
a chi arriva prima!»
Come
al solito Thor scattò prima del tempo, e come al solito Loki
prese
ad inseguirlo lungo i corridoi del palazzo, tra le sottane delle
serve, tra le colonne dorate. A nulla serviva cercare scorciatoie,
percorsi alternativi, tentare di allungare il passo di quelle esili
gambe che si ritrovava: Thor sarebbe sempre arrivato primo.
*
In
uno strano stato di semi coscienza, sospeso tra il sonno e la veglia,
Loki udì le voci del sogno appena trascorso mescolarsi con i
rumori
appartenenti alla propria realtà.
Altre
voci, grezze e chiassose, che rimbombavano oltre la guardiola. Il
prigioniero aprì faticosamente gli occhi. Aveva dormito per
un tempo
imprecisato sdraiato su quel pavimento d'acciaio, aveva il viso e le
guance freddi e umidi, gran parte del corpo immerso nel torpore.
Mise
a fuoco l'ambiente, strizzando dolorosamente gli occhi. Era notte,
probabilmente notte avanzata. I guardiani ingannavano il tempo e il
sonno conversando in compagnia di buon vino.
«Hanno
già terminato l'esecuzione?»
Dei
passi, e giunse una terza voce: «sì».
«È
ciò che si merita, il figlio di questo lurido traditore
Jotun».
Scoppiò un coro di risate volgari, squillanti di ubriachezza.
Loki,
che nel frattempo si era alzato in piedi per cogliere meglio le
parole, si dovette appoggiare alla parete con una mano,
perché le
ginocchia non lo ressero più.
La
realtà gli cadde addosso con tutta quanta la sua
insopportabile
atrocità; era talmente dolorosa che l'aveva rimossa,
sperando
inconsciamente di affogarla nel sonno.
Tremava
di rabbia, d'incredulità, di spavento, di panico improvviso.
Quand'era successo? Com'era successo?! Per quanto aveva dormito, uno,
due, tre giorni?
Dov'era
il suo piccolo Liar? Possibile che fosse già morto, senza
che lui se
ne fosse accorto? Possibile che il suo cervello si fosse spento di
propria volontà, incapace di sostenere il dolore?
«Tu credi di sapere cos'è il dolore...»
Assurdo
che in una situazione simile ricordasse quelle parole, pronunciate da
esseri che tanto disprezzava. Eppure, dovette ammettere che furono
profetici. Loki non sapeva cos'era il dolore, non l'aveva mai
sperimentato veramente, fino a quel giorno.
Non
aveva mai desiderato di morire, fino a quel giorno. Tentò
più e più
volte di dar voce ai suoi muti singhiozzi, di dare un senso alla sua
sofferenza, una manifestazione visibile. Niente.
Le
lacrime erano invero un bene consolatorio, quello in cui era caduto
era un baratro dal quale non sarebbe riuscito a risalire. Non
esisteva consolazione a un male simile.
Si
accasciò nuovamente sul pavimento, in preda ai brividi
febbrili.
Boccheggiò come un pesce fuor d'acqua, incapace di incassare
aria a
sufficienza a causa della costrizione che gli premeva sulla bocca.
Allora chiuse gli occhi, accogliendo deliranti immagini dietro le
palpebre. Un bambino rideva nella sua testa, ma non era Liar. O forse
sì?
Forse
è come sarebbe dovuto essere una volta cresciuto, forse era
solo la
proiezione di se stesso. Forse attendeva il suo carnefice, forse
l'aveva appena sconfitto.
Una
cantilena di sottofondo gli coprì le orecchie, la magica
voce di
Frigga che era solita allettare entrambi i leggendari fratelli, la
sera. Ella cantava come una sirena, sembrava tessere le lodi e i
fasti di un antico passato, definitivamente perduto.
«Se
dovete star qua a festeggiare, è meglio che andiate altrove,
subito». Una voce altisonante richiamò all'ordine
i carcerieri
molesti. Loki, seppur avvinghiato e alienato com'era nel suo pianto
invisibile, drizzò le orecchie, riconoscendo una voce
familiare.
D'un tratto sentì la vita scorrergli di nuovo nelle vene.
Thor.
Una
sensazione dolce e confortante, come se improvvisamente avesse
trovato la soluzione. Un
sentimento di vendetta.
Udì
la porta scattare, la serratura aprirsi. La sagoma del futuro re di
Asgard si stagliava imperiosa, ma allo stesso tempo timida, sulla
soglia della prigione. Loki lo squadrò dall'alto al basso,
con
saettanti occhi verdi. Si sentiva come se centinaia di cavalli gli
scalpitassero nel petto. Sentiva ogni vena pulsare, ogni nervo
emergere e soffrire, la pelle tirata, il respiro corto. Ogni
centimetro del suo corpo era pronto ad esplodere, pronto ad esaurire
ogni briciola di forza per distruggere, per annientare l'uomo che
aveva di fronte.
Ancora
un passo, ancora un altro. Le distanze tra loro si accorciavano
progressivamente.
«Fratello,
non...» In un attimo il dio degli inganni si
avventò sul
fratellastro, raggiungendolo con un debole pugno che venne
prontamente deviato. Benché avesse impiegato tutte le sue
forze, non
aveva fatto i conti con la sua inevitabile debolezza. Non mangiava da
quattro giorni, era stato privato dei suoi poteri innati, aveva il
cuore e l'animo a pezzi.
D'un
tratto si rese conto che nulla poteva contro Thor. E che, anche se
l'avesse distrutto, non avrebbe cambiato le cose.
Infine
piangeva. Il suo viso, rosso tremante e rigato di lacrime si
specchiò
negli occhi azzurri di Thor, che lo fissavano con pietà e
dispiacere. Stavolta pareva sincero.
Il
dio del tuono gli mise con cautela due mani dietro al collo,
liberandolo delicatamente dal bavaglio.
«Ti
odio», sussurrò Loki, continuando a riversare
fuori dagli occhi
lacrime salate.
«Io
invece ti amo fratello, ti ho sempre...» una mano
frenò la lingua
oltraggiosa del semidio. Loki lo guardava con odio profondo e scellerato,
non c'era più traccia di lucidità nel suo sguardo.
«Taci...
TACI!» Urlò con tutto il fiato rimastogli, anche
se con voce
spezzata dal pianto.
Thor
lo guardò invece con severità ed impazienza,
mentre gli slegava
anche il laccio che gli costringeva la caviglia destra.
Adagiò la
schiena del fratellastro alla parete, lasciò che scivolasse
per
terra e lo sovrastò delicatamente. Loki scosse la testa
più e più
volte, disgustato e confuso. Non voleva delicatezza e premure da
Thor, voleva odio, un odio che ricambiasse adeguatamente il suo.
«No,
ora sei tu quello che deve tacere».
Thor
gli posò le labbra sul collo umido e lo coinvolse in un
abbraccio
titubante, ma forte. L'altro accolse inerme quel contatto improvviso,
un contatto che erano abituati a scambiarsi.
«Non
sei tu il Re di Asgard».
«Credi
che possa importarmene qualcosa, ora?»
Loki
costrinse il fratello a guardarlo negli occhi, lasciandogli leggere
la sincerità e l'arrendevolezza che aleggiavano in essi.
«Sei
cambiato fratello».
«Anche
tu. Non avrei mai creduto che il tuo cuore debole, così
facilmente
corruttibile, fosse capace di cose simili». Il dio degli
inganni
stava rovinando ancora una volta nella pazzia. D'altro canto, come
biasimarlo? Le lacrime avevano ripreso ad allagare i suoi occhi
verdi, le labbra avevano ripreso a tremargli, il volto a diventare
più livido del solito. Pareva in preda a una crisi
terribile e affannosa, a un
collasso, a una morte apparente. Mai Thor avrebbe creduto il
fratellastro capace di tenere a una persona in modo così
tenace.
«Ascolta,
Loki...» Thor tentò di allungare una mano ad
accarezzargli i
capelli, ma l'altro gliela respinse con un sonoro schiaffo.
«Tutto
quello che ti chiedo è di uccidermi. Sì, prenditi
la mia vita, ma
non farmi passare per il traditore che è tornato sui propri
passi.
Non concedermi pietà solo dopo la morte, giacché sembra che questa sia diventata la nobile usanza di Asgard, in questi ultimi tempi.
Odiami
fino alla fine, come io farò con te. Io non
cederò mai, Asgard è
maledetta».
«Stai
delirando fratello...»
«Io
non sono tuo fratello, Thor! Devi chiamare le cose con il loro nome,
altrimenti finisci per confonderle». Il dio del tuono si
lasciò
sfuggire un ringhio, colmo d'irritazione e di esasperazione.
Inaspettatamente,
Loki si alzò in piedi, sferrando un potente calcio all'uomo
ancora
inginocchiato per terra. Approfittò poi di quei suoi pochi
secondi
di spaesamento per tentare di infilzare un'affilata lama di ghiaccio
nella sua gola, ma anche quest'ennesimo tentativo fu platealmente
stroncato. Thor schivò prontamente il colpo e si
alzò in piedi a
sua volta, sovrastando il fratellastro.
«Basta!»
Loki incassò due pugni allo stomaco, e trattenne a stento un
conato
di vomito. Più psicologico che altro, dato che non avrebbe
potuto
avere niente nello stomaco.
«Loki,
voglio che tu mi ascolti...»
«NO!»
Urlò lui, ormai fuori di sé. «Non
scambierò una parola di più
con te!»
«Tu
devi ascoltarmi...»
«Perché,
tu mi hai ascoltato quando mi hai portato via Liar? Hai ascoltato il
suo pianto quando l'hai stroncato?»
«Basta
Loki, non dire una parola di più! Tuo figlio vive
ancora».
Ridicolo,
quasi scherzoso, osservare l'espressione sul volto del fratello
mutare con rapidità indicibile. È come se un
focolaio di nuova
speranza accendesse i suoi occhi, rinnovando la loro luce verde e
asciugando le lacrime incastratevi.
Ma
fu solo per un attimo, perché poi Loki scosse la testa,
sorridendo
maligno.
«No,
tu mi stai prendendo in giro».
Thor
assunse l'espressione più seria potesse assumere, e
tentò di
riavvicinarsi al fratello, ponendogli una mano sulla spalla.
«Io...
ti stai solo divertendo ad illudermi!» Loki si ritrasse
d'istinto,
esitante nel dargli corda. Tuttavia gli risultava parecchio
difficile, in quel momento, mascherare l'immensa gioia e speranza che
l'avevano invaso; se era soltanto una bugia per alimentare
ulteriormente il suo dolore, allora era stata pianificata alla
perfezione. Ma in fondo non credeva Thor capace di una tale
freddezza.
Quest'ultimo
sembrava provato da un grande sforzo, e da un grande dolore. Come se
fosse attanagliato nel profondo da un terribile senso di colpa.
Tuttavia si limitò a scuotere la testa, ed a sorridere al
fratello.
«Loki,
io vorrei che tu... ritornassi nella tua vecchia stanza. Ricordi? La
nostra stanza».
Il
dio degli inganni gli restituì uno sguardo incuriosito, poi
ridiede
voce alle sue priorità. «Voglio vedere
Liar».
Thor
scosse energicamente la testa. «Mi dispiace ma non
è possibile. Ho
dovuto mandare tuo figlio fuori dai confini di Asgard, in un altro
mondo. Sta' tranquillo, ti posso assicurare che è in mani
premurose».
«Come
puoi pretendere che io mi fidi di te?»
«Piuttosto,
come faccio io a fidarmi di te, fratello, visto che sei un traditore
e ti sto dando l'offerta di dormire nelle stanze reali, in un letto
comodo, in una stanza arieggiata, soleggiata al mattino e ventosa la
sera...» la sua voce andava sfumando. Con gli occhi cercava
di
catturare l'attenzione di quelli lucidi di Loki, di nuovo colmi
d'acqua.
Con
estrema cautela gli prese una mano, senza sentire la sua stretta in
risposta.
«Ti
prego», disse in un sussurro.
*
L'alba
saliente sul regno di Asgard era forse uno degli spettacoli
più
incantevoli dei Nove Mondi. Manifestava tutta quanta la dolcezza
della natura mescolata all'artificiosità divina, risaltava
ulteriormente lo splendore della loggia d'oro, della mitica
roccaforte che si ergeva sopra il pelo dell'acqua. Era un paesaggio
imponente, imperioso e molle e delicato allo stesso tempo.
Loki
aprì gli occhi, lentamente, e vide sontuosi tappeti rossi,
pareti
gialle e lucide, un elegante comodino, un recipiente colmo d'acqua
cristallina. La sua camera.
Riconosceva
anche alcuni giocattoli che aveva avuto da bambino, lasciati intatti
e al loro posto. E soprattutto i suoi innumerevoli libri, racconti,
favole, leggende, impilati ordinatamente in un piccolo scaffale di
legno pregiato.
Dopo
un primo sguardo dato alla stanza, si rese conto dell'effettiva
situazione in cui si trovava.
La
testa gli pesava, le orecchie gli fischiavano e la fronte era gelata.
Il
suo corpo nudo era adagiato tra candide e morbide coperte, e un
braccio muscoloso gli cingeva fastidiosamente la vita. Tentò
di
alzare leggermente il busto, ma le fitte lancinanti che gli pervasero
le tempie e una silenziosa protesta di Thor lo fece desistere.
Il
fratello mugolò piano nel sonno, trattenendo Loki al suo
fianco,
cingendolo ulteriormente con le braccia forti.
Loki
sospirò dolorante, allungò una mano verso il
mobile vicino e bagnò
un fazzoletto di stoffa nella bacinella d'acqua profumata; premette
l'impacco sulla fronte, cercando di dare un temporaneo sollievo
all'emicrania.
Doveva
ricostruire gli avvenimenti, com'era arrivato dalla sua cella a quel
sontuoso appartamento?
Con
suo rammarico, non riusciva a ricordare. Aveva cancellato un nesso
importante.
Intanto,
il dio del tuono che giaceva al suo fianco si mosse tra le lenzuola
bianche, smorzando uno sbadiglio.
«Ti
sei svegliato?»
Loki
rivolse un'occhiata disprezzante al fratello, che intanto aveva preso
a toccargli i capelli.
«Lasciami».
Rispose freddamente il dio, cercando di divincolarsi dalla sua
stretta, tuttavia senza provarci davvero. «Mi disgusti, Thor.
Evidentemente sono tuo
fratello solo quando
ti fa comodo. Non mi sembra che da bambini usassimo questo letto per
simili attività».
«Non
la pensavi allo stesso modo, ieri sera».
Loki
sussultò visibilmente, colto nel vivo. Si maledisse; non
ricordava
nulla della sera appena trascorsa, ma non poteva aver desiderato
carnalmente Thor.
«Smettila
di dire scioc...» si fermò nel suo tentativo di
alzarsi in piedi, e
ritornò seduto sul letto con una smorfia dolorante in viso.
«Che
ti succede?» Fece Thor divertito.
«Niente»,
ringhiò Loki a denti stretti, facendo un secondo tentativo.
«Con il
tuo permesso, ho bisogno urgentemente di una bagno caldo, poi mi
dirai in quale regno vive ora mio figlio».