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Autore: LaCla    16/05/2012    16 recensioni
Cosa accadrebbe se una manciata di schizzi e disegni di Oda, venisse investita da una serie di particolari radiazioni? Come reagirebbe il mondo reale, venendo a conoscienza del fatto, che i personaggi di uno dei manga più famosi del mondo, sono diventati reali, ed ora camminano tranquillamente tra di noi? Ma so prattutto, se Ace fosse stato catapultato nel nostro mondo, prima di Marineford? Se una ragazza potesse cambiarne il destino? e se invece non potesse realmente farlo?
Questa è la storia di una ragazza qualsiasi, che vivrà il suo sogno più bello, ma anche più doloroso!
FF che contine possibili spoiler, tanta fantasia (la richiede anche al lettore xD) e Ace! :) Buona lettura!!
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Of Love'
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Entrai nella camera davanti alla quale mi aveva lasciata il maggiordomo silenzioso, e potei subito sentire lo scrosciare dell’acqua in bagno. Elena era nervosa, e le docce calde la calmavano, quindi era sicuramente immersa nel vapore per distendere i nervi. Mi sedetti sul letto, che produsse uno strano rumore, come di carta che viene appallottolata. Mi rialzai, scoprendo di essermi seduta su un biglietto, e la scrittura era quella ordinata ed elegante della mia amica. Nemmeno paragonabile alle zampe di gallina che producevo io. Non c’era verso che la mia scrittura migliorasse, era sempre stata pessima, fin dalle scuole elementari, e non era cambiato nulla, nonostante i miei sforzi a riguardo.
Lessi il biglietto, che mi avvisava che lei era in doccia e che le dovevo, ovviamente, parecchie spiegazioni. Fin qui niente di insolito, ma fu il “PS” alla fine a farmi tremare.

“PS. Ha chiamato tua mamma, richiamala appena puoi, io la mia l’ho appena sentita. In bocca al lupo!”

Ok, ero morta, sepolta, riesumata, resuscitata, riuccisa ancora più violentemente e sepolta di nuovo! Mi ero totalmente scordata di avvisare mia madre del ritardo, di come erano andate le cose e, soprattutto, non mi era nemmeno passata per la testa l’ipotesi di chiederle il permesso di rimanere sul lago per cena.
Mi avvicinai al comodino, impugnando il mio cellulare come se fosse l’unico aggeggio in grado di proteggermi, separandomi fisicamente dal mostro che stavo per affrontare, ma anche l’oggetto che mi avrebbe potuta uccidere, mettendomi in contatto con l’essere più spaventoso della terra, la mamma arrabbiata.
Altro che mostri marini, giganti e uomini pesce tirannici, mia madre era decisamente più spaventosa! Premetti il tasto di chiamata rapida ed attesi, ormai rassegnata.
Rispose al terzo squillo. Buon segno, perché significava che non aveva il telefono in mano al momento della chiamata, e quindi non era poi così impaziente di sentirmi forse, ma anche pessimo segno per me, che avevo sperato in una non-risposta fino all’ultimo. Povera stupida ragazzina illusa…
«Selene?»
«Hem, sì mamma… Ciao…»
«Sì mamma un corno! Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere? Non un messaggio, non una telefonata, niente di niente!!! È da mezzogiorno che non ti sento, e sono le diciotto e quarantadue minuti!» ringhiò.
Porca miseria, ore e minuti perfetti, era davanti all’orologio. Pessima notizia. L’operazione “calma la bestia” ebbe inizio.
«Sì, mi dispiace tantissimo mamma, mi sono totalmente dimenticata! Ma non hai idea di cosa sia successo, vedi io ed Elen-»
«È proprio questo il punto! Non avevo la più pallida idea di cosa vi fosse accaduto! Per quanto ne sapevo potevi essere annegata nel lago assieme a quel rimbambito! Mi hai spaventata a morte!!»
Mia madre sapeva del quasi annegamento di Ace? Ma come? Sì beh ok, eravamo probabilmente in diretta mondiale quando era caduto, ma come diavolo faceva a non sapere che poi ero riemersa dall’acqua?
«Come fai tu a saper-» tentai di chiederle, invano.
«Ne stanno parlando tutti i telegiornali!!! Solo che poi fino alle otto i telegiornali non ci sono! E questo stupido decoder ha deciso di rompersi proprio oggi, quindi non potevo sapere un accidenti di niente! Sapevo solo che una stupida ragazzina dai capelli corti si era lanciata nel lago a salvare coso di fuoco!»
Ok, quindi eravamo finite in TV. Bene. Però effettivamente era ovvio, c’erano telecamere e giornalisti ovunque, sperare di essere passate inosservate era un’utopia bella e buona. Chissà cosa avevano trasmesso… Il mio reggiseno era forse finito in mondo visione? Maledizione!
Evitando di correggerla suggerendole il vero soprannome di Ace, che non era di certo “coso di fuoco”, cosa che l’avrebbe solamente fatta imbestialire ulteriormente, tentai di farle la domanda che mi interessava:
«Cosa hanno detto alla TV?» dissi in fretta, stupendomi di essere riuscita a terminare la frase. Era un piccolo miglioramento, un microscopico passo verso il dialogo! Meglio di niente insomma.
«Che uno era caduto, non sapeva nuotare, una ragazza del pubblico si è tuffata per soccorrerlo. Non hanno rivelato i vostri nomi, e i vostri volti sono stati censurati, perché avreste potuto essere minorenni e non potevano mandarvi in onda senza il consenso scritto dei genitori. Hanno interrotto la diretta nel momento in cui Portughise, così mi pare l’abbiano chiamato, è caduto in acqua, perché temevano il peggio. Ma ho riconosciuto subito chi erano le due incoscienti, anche senza vedervi in faccia!!! Lo sai vero quanto sono pericolose le acque del lago? Quante volte te l’ho detto? Ma tu sei di coccio vero? Fai sempre di testa tua! Tale  quale a tuo padre! Almeno stai bene? Quando tornate? E come farai a guidare di notte, stanca morta e con il traffico? Per l’amor del cielo mi dici cosa ti passa per la testa? Ti ho assecondata, ma hai quasi vent’anni, non è ora di crescere e di lasciare perdere i cartoni animati?» ecco, eravamo appena passati dalla fase incazzatura alla fase predica. Forse preferivo l’incazzatura, almeno era gestibile con il silenzio e le scuse mortificate. La predica invece esigeva una mia risposta esauriente e convincente, che al contempo accontentasse mia madre. Dovevo pensare bene alle parole che stavo per dire, e sperare che il filtro, che ormai avevo catalogato come “difettoso”, non mi facesse altri scherzetti. Sorvolai nuovamente sull’ignoranza di mia madre riguardo al mondo di One Piece, che di sicuro non era aiutata dalle televisioni italiane. Tra censure e nomi stravolti, c’era un abisso tra chi seguiva il Manga o gli episodi in giapponese, e chi si affidava al doppiaggio italiano.
«Mamma mi dispiace davvero di averti fatta preoccupare, non mi è proprio venuto in mente di avvisarti, sono successe moltissime cose… E sì, sono consapevole della pericolosità delle correnti, ma non potevo certo lasciarlo morire, ero l’unica nelle vicinanze che sapeva nuotare! Ora comunque siamo in una villa sul lago, ci accompagneranno degli autisti dopo cena, non guiderò io… Stiamo bene comunque, ed ignorerò l’ultima parte del tuo discorso perché non sono in grado di affrontare l’argomento senza alterarmi, quindi lasciamo perdere ok?»
Sperando di non aver scordato nulla attesi la sua risposta, confidando in un tono meno aggressivo e meno di rimprovero.
«Ok, l’importante è che stiate bene! Degnati di avvisarmi quando partite!»
Era andata bene… dopo tutto…
Dopo aver salutato mia madre bussai alla porta del bagno, annunciandomi ad Elena, che uscì poco dopo avvolta nell’accappatoio, con i capelli quasi totalmente asciutti. Probabilmente aveva usato una di quelle cuffiette di plastica, per evitare di doverseli asciugare nuovamente. Per me l’asciugatura era un processo rapido, talvolta bastava la salvietta, ma per i suoi lunghi capelli castano chiaro, era un operazione che richiedeva parecchio tempo ed impegno.
«Hai già sentito tua madre?» mi chiese guardinga. Le incazzature della mia cara mammina erano leggenda tra i miei amici. Chi aveva assistito ad una nostra lite ne era rimasto affascinato. Eravamo due furie, urlavamo, ci lanciavamo cose, ci inseguivamo. Però mai una volta che ci fossimo mancate di rispetto a vicenda. Eravamo un’accoppiata stranissima, ma ci volevamo bene.
«Si, non è andata così male, ci siamo salutate prima di riattaccare!» risposi, facendo spallucce.
Elena sollevò un sopracciglio, assumendo un’aria perplessa, ma non fece altre domande sulla conversazione telefonica che avevo appena terminato, scatenandosi invece sulla conversazione reale che avevo avuto con Rufy.
«Allora, cosa ti ha detto Rufy? Hai scoperto qualcosa di interessante?» domandò sedendosi sul bordo del letto, accanto a me.
«Si, ho scoperto perché lui non può rivelare i suoi ricordi… Poi mi ha ringraziato per aver salvato suo fratello, ed io gli ho risposto che mi sono innamorata di Ace.» Riassunsi velocemente, con voce piatta, guardando attentamente una graziosissima nappa del tappeto persiano, che copriva praticamente tutta la superficie della stanza, come una moquette variopinta. Certo che quella nappa era proprio interessante… Ma cosa diavolo stavo facendo? Scossi la testa e mi voltai per guardare Elena, che non aveva proferito parola. Rispondeva al mio sguardo con occhi sgranati e sopracciglia aggrottate. Il suo volto esprimeva chiaramente il suo immenso stupore. Quando si riprese leggermente, mi afferrò un braccio, stringendomi leggermente.
«Mi prendi in giro? Lo sai che la prima cosa che farà Rufy sarà andarglielo a dire vero? » affermò, riscuotendosi dallo stato di shock che le avevo procurato. Era questo che amavo di lei, non mi aveva contestato la parola “innamoramento”, non mi aveva guardata storta perché provavo sentimenti per un personaggio totalmente irreale. Si era solo preoccupata che il suddetto personaggio irreale, ora divenuto reale, scoprisse questo segretuccio.
«Mi ha promesso di non farlo…» sussurrai, convincendo poco persino me stessa. Rufy avrebbe mantenuto la promessa? Diceva sempre che le promesse andavano sempre mantenute…
«Oh beh, vedremo se la manterrà, di solito è un ragazzo di parola... Ma ora dimmi tutto dei ricordi!! Perché non dice nulla a suo frate-»
Con uno schianto secco la porta si spalancò, interrompendo le parole di Elena e facendoci sobbalzare.
Nami entrò alla cieca, sommersa da una montagna di tessuto colorato e seguita da Robin e Bibi, che chiuse la porta alle sue spalle, con delicatezza. Finezza abbastanza inutile dopo che la rossa aveva appena demolito i cardini con un calcio. Non potevano aprirle quelle due?
Mi ero spaventata da morire, e la principessa lo notò, scusandosi in fretta per l’irruenza di Nami.
«Ragazze vi ho portato un po’ di abitini per stasera! E ho anche le scarpe! Ho pensato che i vostri abiti non fossero adatti ad una cena, così vi ho portato tutti questi tra cui scegliere!!!» esclamò allegra la navigatrice, gettando tutto sul letto e posizionando sei scatole di scarpe sul tappeto, come se non avesse fatto assolutamente nulla di insolito.
L’idea che i vestiti fossero stati scelti da lei non mi spaventava, mi gelava letteralmente il sangue dal terrore, gelo amplificato anche dalla modalità di entrata che aveva appena attuato.
L’agglomerato di tessuti e colori giaceva minaccioso sul copriletto floreale, e sembrava voler divorare qualsiasi cosa si avvicinasse a lui. E quel “qualsiasi cosa”, secondo i desideri di Nami, dovevo essere io.
«Forza, cosa aspettate? Noi abbiamo già deciso, vi fa nulla se rimaniamo qui con voi a prepararci?» insistette la rossa, porgendo una mano a Bibi, che le consegnò una borsa che non avevo notato prima.
«Ok, allora voi cambiatevi, intanto noi due… Sceglieremo i vestiti, va bene?» affermai, continuando a guardare con occhio preoccupato i vestiti sul letto. Perché diavolo ero convinta che da li a poco avrebbero preso vita, tentando di fagocitarmi? Il mio subconscio stava forse tentando di dirmi qualcosa? Ovviamente si, ma come potevamo rifiutare ormai?
Le tre ragazze annuirono, iniziando a tirare fuori dalla borsa i loro accessori e i loro abiti. Mary Poppins era una dilettante a confronto.
Intanto io ed Elena ci avvicinammo circospette agli abiti ammassati sul letto, iniziando ad esaminarli. Erano tutti molto “mini” e poco “abiti”, fazzoletti di tessuto poco coprente e gonne inguinali. Male, molto male…
Riuscii a trovare un vestito nero, con uno scollo a V molto profondo sulla schiena, ed accettabile sul petto. Persino a lunghezza era accettabile, infatti la morbida gonna mi arrivava poco sopra il ginocchio. Il tessuto era soffice e leggero sul busto, mentre uno strato di chiffon andava a rivestire la gonna, rendendola più voluminosa e svolazzante. Elena fu meno fortunata, infatti l’unico abito che riuscì a farsi andare bene era un monospalla turchese, colore che le stava d’incanto, ma che per i suoi gusti risultava troppo appariscente. Grazie a quella tonalità di azzurro però, i suoi occhi cristallini venivano valorizzati moltissimo, sicuramente avrebbe fatto girare parecchie teste quella sera, e data la sua timidezza non ne era affatto lieta. Evitai di farle battutacce sul fatto che avrebbe fatto girare la testa al dottorino, perché ero in una posizione troppo scomoda per potermelo permettere.
Ci cambiammo, ed il risultato non era così male dopo tutto. Il nero del mio abito era identico a quello dei miei capelli, ed in più il vestito mi andava a pennello, non era troppo volgare, e nemmeno troppo appariscente.
Nonostante le paure di Elena, anche il suo vestito le stava d’incanto, ed indossato non era nemmeno così… Turchese!
Nami aveva scelto un tubino rosso, che donava ai suoi corti capelli dei riflessi spettacolari, stesso effetto faceva il blu notte dell’abito di Bibi, che come noi aveva optato per una lunghezza ed una copertura accettabili.
La bella Robin, in viola, era a dir poco magnifica invece. Sarebbe stato fantastico immortalare quel momento, eravamo cinque bamboline eleganti e sexy.
Si, persino io mi sentivo sexy in quelle vesti, nonostante il mio decolté fosse ridicolmente insignificante rispetto a quello delle tre fanciulle, mi sentivo veramente bella e vagamente attraente. Quella sicurezza però sarebbe sparita una volta uscite dalla camera, soffiata via dal soffio della timidezza. Ne avevo poca, ma bastava ed avanzava in certi frangenti, amavo dire che non ero timida, ma semplicemente detestavo essere al centro dell’attenzione.
Elena corse, per quanto le permettessero i tacchi, a frugare nello zaino, portato in stanza non so quando da non so chi, e tirò fuori la digitale. Quella ragazza mi leggeva nel pensiero, ne ero sempre più convinta!
«Che ne dite di fare una foto?» domandò, con gli occhi che brillavano per l’eccitazione. Anche lei, come me, voleva immortalare quel momento unico. Quando ci sarebbe ricapitato di prepararci per una serata con la Gatta Ladra, la principessa di Alabasta e l’ultima discendente dei demoni di Ohara?
Le ragazze acconsentirono con entusiasmo, ma prima bisognava essere definitivamente pronte.
Non so quanto tempo dopo, finito di sistemare trucco e capelli, eravamo veramente perfette, pronte per farci una bella fotografia. L’autoscatto era sempre una sfida, quindi impostammo una modalità che assicurava almeno una foto decente su svariati scatti. Era la nostra preferita, perché era veramente l’unica funzione in grado di farci ottenere una foto accettabile senza ritentare diecimila volte.
Dopo sette secondi dalla pigiatura del bottone, il flash iniziò a torturarci gli occhi, intanto che noi cambiavamo posa, ridevamo e ci ridicolizzavamo vergognosamente. Finita la tempesta di luce bianca, Elena trotterellò a controllare i risultati ottenuti. A parte uno scatto, uscito totalmente sfocato, ed il primo, nel quale Elena era ancora di spalle, impegnata nella corsa verso il suo posto, erano uscite tutte stranamente belle. Persino io, che evitavo le fotografie come la peste, vista la mia scarsa fotogenicità, ero uscita discretamente. Anzi, in una ero proprio uscita bene!
Quando finimmo di commentare gli scatti, bussarono alla porta della stanza. Era il maggiordomo che ci avvisava che la cena stava per essere servita.
Ci guardammo un’ultima volta nel grande specchio che ricopriva interamente le ante del guardaroba, ed uscimmo. Elena e Bibi avevano una perfetta coda alta, la prima aveva lasciato lisci i suoi capelli, mentre la seconda li aveva arricciati abilmente, dando volume all’acconciatura. Nami e Robin non si erano sbizzarrite più di tanto, forse solo la rossa aveva aggiunto un piccolo fermaglio a forma di rosellina al solito look. Per quanto riguardava me, con il mio taglio corto avevo poco su cui lavorare, quindi mi ero limitata a spettinarmi ordinatamente. Il mio unico obbiettivo quando mi sistemavo i capelli, era evitare di assomigliare ad un cespuglio di rovi oppure a Paul McCartney nei tempi d’oro. E non sempre riuscivo a scongiurare la seconda somiglianza.
Scendemmo le scale, precedute dal domestico, che ci condusse fino alla sala da pranzo. Se il salotto mi era parso enorme al mio arrivo, quella stanza era a dir poco colossale. C’era un'unica, gigantesca tavolata totalmente bianca. Solo il variopinto assortimento cromatico dell’abbigliamento dei commensali, già accomodati attorno al tavolo, dava colore al luogo, ed era maledettamente fuori posto in quello spazio latteo. Perfino le pareti erano bianche e spoglie, ornate solo da qualche finestra che si affacciava sul giardino, ormai immerso nella penombra serale. Una villa così enorme, arredata e corredata con così poco gusto estetico era veramente uno spreco immane.
Nel momento stesso in cui formulai quel pensiero mi venne in mente l’ipotesi che non si trattasse veramente di una villa, ma di un albergo. Se così fosse stato, si sarebbe spiegato lo stile poco definito, la quantità esagerata di camere e gli spazi comuni tanto ampi. Non avevo notato però nessuna insegna, nemmeno una reception, ed inoltre nessuna delle camere aveva una chiave ed un numero, o almeno, così mi pareva.
Distolsi lo sguardo e l’attenzione dall’arredamento, concentrandomi sui pirati, sui marines e sui civili che sedevano di fronte a me. Si prospettava una cena molto interessante, soprattutto considerando la disposizione dei posti a sedere. A quanto pareva infatti, Elena sedeva tra Nami e Rufy, mentre io ero stata posizionata tra Garp ed Ace, perfettamente di fronte alla mia amica.
Sì, si prospettava decisamente una serata alquanto movimentata. Speriamo solo di non finire nel bel mezzo di una lite tra nonno e nipote, non avevo nessuna intenzione di finire strinata o colpita da un pugno gigante. E non bramavo nemmeno di essere ricoperta di briciole e rimasugli di cibo.
Mi sedetti al mio posto, sospirando a quel pensiero. Sarei tornata intera ed illesa a casa? Ne dubitavo. Stesso discorso valeva per la mia amica, che dovendo affrontare Rufy durante un pasto, era in pericolo quanto me. Avremmo superato incolumi il convivio? Ai posteri l’ardua sentenza… Come no, ci mancavano le citazioni manzoniane ora.


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Ciao! Eccomi qui, con un altro capitolo di passaggio... Lo so che siete stufe, ma si è scritto da solo, e toglierlo mi dispiaceva! Spero di risollevare l'"azione", anche se questa storia non è un avventura nel senso letterale del termine, nel prossimo capitolo!
Ribadisco che sono sempre sorpresa dai vostri commenti, sia per la quantità che per il contenuto, sono veramente contentissima che vi piaccia questa cosa che sto scrivendo xD bene, ora ovviamente non vi rivelo chi ha origliato, però posso dirvi che il personaggio in questione l'avete nominato! non dico chi, non dico quante volte, ma l'avete fatto! xD quindi brave/i!
ed ora...
cosa ne pensate della censura italiana sugli anime? secondo voi, perchè la attuano così spietatamente, talvolta rendendo incomprensibili parecchi aspetti della storia? (non parlo solo di one piece)

Baci baci, alla prossima!!! 

Immagini e personaggi non sono di mia proprietà e non sono a scopo di lucro


   
 
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