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Autore: FRC Coazze    16/05/2012    7 recensioni
La professoressa McGranitt è in ritardo con la correzione dei compiti. L’aiuto insperato che si vede arrivare la porterà a riflettere su uno dei suoi colleghi.
Il ragazzo era troppo stressato. Troppo sotto pressione, schiacciato dal suo dovere bifronte, un dovere che Severus non meritava di dover subire e che lentamente lo stava consumando. Lo vedeva. Minerva lo vedeva. Vedeva Severus perdere un pezzetto di sé ogni giorno. Ogni giorno un pezzo del suo corpo, della sua anima e della sua mente veniva reclamato dalla luce e dal buio in egual misura.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Una strana serata



 
Oltre ogni previsione.

Sì, quel compito andava oltre le sue previsioni… qualche errore qua e là, ma, nel complesso, si poteva dire che meritava una "O".

La McGranitt si aggiustò gli occhiali sul naso adunco. Alzò la penna e la calò sull’angolo in alto del frontespizio. Il pennino carico d’inchiostro segnò una bella “O” sulla carta. Vedi, Potter, che se studi i risultati arrivano?

Sospirò pesantemente mentre afferrava il compito di Potter e lo posava sulla colonna di compiti già corretti. Si tolse gli occhiali con un gesto lento e si passò una mano sul viso, massaggiando gli occhi stanchi. Si lasciò cadere indietro sulla sedia poggiando poi i polsi sul bordo della scrivania e gli occhi offuscati dalla luce tenue delle candele andarono a posarsi sulle verifiche che ancora aspettavano il suo voto e le braccia le caddero inesorabilmente in grembo. No, non sarebbe riuscita a finire quella sera. Era impossibile. Erano ore che correggeva compiti. Se solo non li avesse lasciati accumulare così… ma tra le riunioni con gli altri insegnanti, le lezioni, e l’inesorabile preside che la invitava a prendere il tè ora si ritrovava con i compiti dell’ultimo mese del terzo, quinto e sesto anno. E che ore erano? La professoressa allontanò lo sguardo dalla piglia di pergamene e gettò un’occhiata all’orologio appeso alla parete, di fronte a lei: le undici e un quarto. Non era ancora così tardi… forse ce la faceva.

Dei colpi alla porta.

La McGranitt alzò lo sguardo, gli occhi improvvisamente spalancati dalla sorpresa. Rimase immobile per un istante. Chi poteva bussare alla sua porta alle undici di sera? Albus non c’era… grazie a Merlino. Era andato al Ministero per un colloquio urgente col Ministro della Magia e non era ancora rientrato.

“Avanti.” Fece, curiosa di scoprire chi fosse il visitatore notturno.

La maniglia scattò e il cigolio leggero della porta accompagnò il suo scivolare sul pavimento di cotto. Il naso adunco di Severus Piton fece capolino nella stanza, insieme ai suoi perforanti occhi neri cupi, incavati nel viso più pallido e stanco del solito.

“Oh, Severus.” Fece la McGranitt, un poco stupita, non appena scoprì l’identità del suo ospite. “Vieni, entra.” Lo invitò.

“Ti ho portato la pozione che avevi chiesto.” Le rispose Piton con un leggero ghigno mentre si richiudeva la porta alle spalle. Avanzò verso il tavolo di mogano su cui stava lavorando la professoressa e poggiò sulla sua superficie lucida una bottiglietta scura con un’etichetta su cui era scritto, con la grafia elegante del professore di Pozioni: Pozione Saltapicchia.

La McGranitt si sistemò meglio sulla sedia, osservando prima la boccetta di vetro scuro, e poi il suo collega, in piedi dall’altra parte del tavolo, attraverso le lenti quadrate degli occhiali. “Ti ringrazio, Severus. Potevi comunque portarmela domattina, non ne ho bisogno ora.” Gli disse duramente mentre i suoi occhi chiari tornavano a posarsi sul compito di fronte a lei.

“Ti ho disturbata?” Chiese allora Piton incrociando le braccia sul petto.

“Uh? Come?” La McGranitt alzò gli occhi su di lui, troppo presa dalla correzione dei compiti per rendersi conto del tono di voce freddo che aveva usato poco prima. “No, certo.” Disse in fretta. “E’ solo che sono parecchio impegnata con questi compiti e…”

“Vuoi una mano?”

Minerva lo guardò sconvolta. No. Aveva capito male. Severus non le aveva appena offerto il suo aiuto, vero?

“Minerva, vuoi una mano?” Ripeté Severus, leggermente irritato dal modo in cui la professoressa lo stava guardando. “Smettila di guardarmi come se fossi un drago a pois.” Ringhiò.

Minerva si riscosse in un attimo. “Sì, scusami. E’ solo che lo trovo curioso.” Disse poi, permettendosi di rivolgere un sorrisino ironico al giovane collega.

Severus la fulminò con gli occhi. “Che cosa ci sarebbe di curioso?” Chiese.

La McGranitt alzò la lunga penna scura con cui stava correggendo e la puntò verso Severus. “Il fatto che tu sia così disponibile questa sera. Hai avuto un incidente con qualche pozione dolcificante?” Disse infine sorridendogli furba. Si divertiva così tanto a stuzzicarlo…

Piton non rispose. Sembrava troppo stanco per intraprendere una discussione con la sua ex insegnante, semplicemente sorrise cupamente e sbirciò verso il primo compito della piglia di quelli già corretti.

“Hai dato una O a Potter?!” Fece incredulo.

“Sì. Il suo compito la meritava.” Ribatté piccata la McGranitt, mentre riprendeva a correggere il compito che aveva sottomano.

“Non ti serve un pozione per il mal di testa, ma una per il buon senso.” Commentò sarcastico Severus.

Minerva sospirò pesantemente, quindi alzò nuovamente gli occhi verso il giovane guardandolo con occhi scuri. “Se sei venuto qui solo per dire idiozie, la porta è quella.” Disse, accennando col capo alla stessa porta da cui era entrato.

Per tutta risposta Severus agguantò una buona metà dei compiti che giacevano ancora da correggere, tirò indietro la sedia dirimpetto alla professoressa con un gesto brusco e vi si sedette con un leggero grugnito.

“Che stai facendo?!” Esclamò la McGranitt stupefatta.

“Ti ho chiesto se volevi una mano… Non mi hai risposto, quindi prendo io l’iniziativa.” Le rispose duramente Severus; quindi, con un gesto veloce della bacchetta fece comparire sul tavolo una penna e un calamaio pieno di inchiostro rosso.

“Ma neanche per sogno!” Esclamò la professoressa con voce stridula. “Sono i miei compiti! Spetta a me correggerli!” Si protese in avanti per cercare di afferrare la verifica che Severus aveva già cominciato a leggere.

Severus ritrasse il compito con un movimento repentino salvandolo dalle grinfie della professoressa. “Smettila, Minerva. Non riusciresti a finire il lavoro da sola. Perché non vuoi che ti aiuti?” Fece Severus, osservando, leggermente divertito, lo sguardo rabbioso e sconvolto della sua ex insegnante.

Questa parve rilassarsi un attimo. “Insomma, guardati Severus. Sei pallido come un cencio, dovresti farti una bella dormita.”

Piton posò nuovamente il compito sul tavolo e ricominciò a leggerne le risposte come se niente fosse. “E’ il mio colorito naturale.” Rispose a voce bassa dopo un po’, sotto gli occhi della professoressa McGranitt che continuava a fissarlo rimproverante.

“No, è che lavori troppo.” Rispose lei piccata.

“Perché non continui il tuo lavoro invece di recitare la parte della madre angosciata che proprio non ti si addice?” Le disse Severus con voce atona senza alzare lo sguardo su di lei.

Minerva sbuffò irritata. Afferrò con furia la sua penna e prese a correggere il compito in silenzio. Per qualche tempo gli unici rumori che sussurravano nel tiepido salotto della professoressa McGranitt furono lo scoppiettare del caminetto e il raspare delle penne sulla pergamena come il frinire sommesso delle cicale, e pian piano anche gli sbuffi della professoressa andarono scemando.

Di tanto in tanto, Minerva sbirciava verso il collega. Ne osservava la mano affusolata maneggiare la penna con eleganza, gli occhi neri concentrati sulle parole spesso incomprensibili dello studente di cui stava correggendo la verifica. Vedeva i suoi lineamenti storcersi in una smorfia quando incontrava un errore e la penna calare inesorabile sulla pergamena. Severus sapeva molto bene cosa correggere e cosa, invece, far finta di non vedere. Conosceva i metodi di correzione di Minerva da quando andava a scuola… anche se lui non aveva mai visto sui suoi compiti molti segni rossi. Quando era diventato insegnante, più volte Minerva aveva notato il modo in cui lui cercava di emularla, assorbendo da lei molto del suo metodo di insegnamento per poi col tempo farlo più suo, ma lei era sempre stata il punto di riferimento nei suoi primi anni come professore. Era sempre stata la persona a cui chiedere consiglio o aiuto. E Severus era sempre stato un ragazzo che prendeva il lavoro sul serio… anche troppo. Perché Minerva non poteva fingere di non vedere quelle guance sempre più incavate, i cerchi scuri intorno agli occhi che li facevano sembrare sempre più gallerie insondabili e vuote. Non poteva fingere di non vedere il pallore di quella pelle che era sempre stata chiara, ma mai incolore e malaticcia come allora. Non poteva fingere di non vedere il gesto stanco della mano sinistra che saliva verso il viso, passando sugli occhi irritati e affaticati, accompagnata da un sospiro.

“Severus, apprezzo la tua gentilezza, ma dovresti riposare. Almeno un po’.” Gli disse ad un certo punto. Non poteva far finta di non vedere. E non poteva evitare di preoccuparsi per lui.

Severus alzò gli occhi arrossati verso di lei, strizzandoli appena nel passaggio dalla pergamena fitta di scrittura alla figura della sua collega. Scosse il capo grevemente. “No, Minerva; non è di riposo che ho bisogno.” Detto questo, il suo sguardo cadde di nuovo, inevitabilmente sul compito davanti a sé.

La McGranitt lo guardò interrogativa per un attimo. Non aveva bisogno di riposo. Oh no, stava solo rischiando di svenire sulla sedia da un momento all’altro. Perché? Perché continuava implacabilmente a leggere quelle risposte e a segnare gli errori? Perché era venuto da lei quella sera per portare una pozione che avrebbe tranquillamente potuto darle il giorno dopo? Il ragazzo era troppo stressato. Troppo sotto pressione, schiacciato dal suo dovere bifronte, un dovere che Severus non meritava di dover subire e che lentamente lo stava consumando. Lo vedeva. Minerva lo vedeva. Vedeva Severus perdere un pezzetto di sé ogni giorno. Ogni giorno un pezzo del suo corpo, della sua anima e della sua mente veniva reclamato dalla luce e dal buio in egual misura. E il grigio veniva divorato dal nero e dal bianco come una vittima sacrificale senza alcun diritto.

No.

Minerva si alzò di scatto dalla sua sedia, attirando improvvisamente l’attenzione di Severus su di sé, e fece il giro del tavolo. Afferrò il giovane per un braccio, totalmente immune alle proteste di questi, e lo condusse decisa verso il divano.

“Ehi, ma che…?!”

Lo fece sedere tra i morbidi cuscini e non appena Severus tentò di aprir bocca per opporsi un’ulteriore volta, la professoressa lo guardò con la sua migliore espressione da insegnante intransigente alle prese con uno studente ribelle.

 “Silenzio, Severus.” Gli disse freddamente. “Devi riposare. Ora ti sistemi lì e cerchi di dormire almeno qualche ora. Mi sono spiegata?”

“Ma io-” tentò di dire Severus, ma la professoressa lo silenziò un’altra volta.

“Zitto. Non ammetto repliche.” Ribatté duramente Minerva. Detto ciò voltò le spalle al giovane e raggiunse a grandi passi il tavolo decisa a riprendere il suo lavoro.

Severus sbuffò sonoramente e fece per alzarsi, ma…

“Non azzardarti a muoverti, Severus.” Soffiò improvvisamente la McGranitt mentre si sedeva nuovamente al tavolo e riprendeva in mano la sua penna. “Ti tengo d’occhio.” Aggiunse poi con una lieve nota di minaccia nella voce.

Piton la guardò rassegnato e indispettito allo stesso tempo. Doveva dormire lì? Davanti alla McGranitt? Quella donna era pazza. Non aveva alcuna intenzione di dargliela vinta, se non poteva raggiungere il tavolo, almeno poteva stare lì seduto sul divano ad osservarla lavorare… e sapeva quanto questo le dava fastidio. Si sistemò meglio tra i cuscini poggiati al bracciolo del divano, mezzo sdraiato su di esso e incrociò le braccia sul petto con fare contrariato.

Minerva segnò una grossa "T" sul compito di Gregory Goyle, con una strana soddisfazione che le macchiava il volto, e lo mise da parte. Prese un’altra pergamena da correggere e cominciò a leggere le risposte. Sapeva che Severus la stava guardando con occhi omicidi, ma non le importava. Ciò che importava era che il ragazzo si riposasse un po’, e il suo modo di comportarsi come un bambino, a volte, non le faceva né caldo né freddo. Da una parte, era sempre stata dell’opinione che Severus non fosse mai cresciuto nel profondo, che fosse sempre rimasto il bambino solo e desideroso di affetto e accettazione che era stato. Oh, sapeva nasconderlo bene, certo, ma non abbastanza per gli occhi acuti della professoressa. Era per quello che era venuto quella sera; semplicemente per il desiderio intrinseco di compagnia. A lungo andare anche un pipistrello solitario aveva bisogno di un po’ di calore. Sorrise a quel pensiero e lanciò un’occhiata verso il detto pipistrello. Il suo sorriso si allargò ancora di più. Severus si era addormentato tra i cuscini bordeaux; il suo cipiglio era durato poco, ora i suoi lineamenti erano lisci, tranquilli, sembrava molto più giovane senza la sua solita espressione tirata. Dimostrava gli anni che davvero aveva. Forse anche di meno.

Minerva scosse il capo mentre il sorriso non accennava ad abbandonare le sue labbra. Che strana serata. Lei affondata fino agli occhi nei compiti… Severus che si offriva di aiutarla a finire il lavoro… lei che si rendeva conto che Severus era esausto… Severus che era crollato addormentato sul divano. Davvero una strana serata. Non c’era altro aggettivo per definirla.

Riportò gli occhi sul tavolo. Severus aveva corretto una buona parte dei compiti, e ormai, ringraziando Merlino, ne rimanevano soltanto una decina ancora in attesa di voto. Ed era “appena” mezzanotte. Poteva ancora sperare di dormire alcune ore prima della colazione in Sala Grande. Severus era stato d’aiuto. Senz’altro. Ancora una volta, Minerva alzò gli occhi verso il giovane addormentato. Era così strano vederlo lì, abbandonato al calore dei suoi cuscini. E guardandolo, Minerva non poteva evitare di chiedersi perché. Perché quel ragazzo dovesse ridursi così. Perché permetteva che altri abusassero di lui in quel modo? Perché Minerva sapeva che erano stati gli altri a far diventare Severus quello che era. Perché un bambino non poteva avere diritto alla felicità? Perché un giovane non poteva vivere la propria vita senza richiudersi su sé stesso come faceva Severus? Tanti interrogativi e nessuna domanda.

E Albus. Albus che sapeva della situazione di Severus. Albus che era sempre stato il fulcro della vita di Severus da quando era venuto dal preside in cerca di aiuto… Albus che era diventato il suo mentore, guida e amico… Albus non si rendeva che quel ragazzo stava lentamente sfaldandosi davanti ai loro occhi?

Scosse tristemente il capo e riportò la sua attenzione agli ultimi compiti. Con i pensieri che ancora divagavano, li corresse uno a uno, ponendo infine l’ultimo voto sull’ultima pergamena. Si appoggiò pesantemente allo schienale e si lasciò andare ad un sospiro liberatorio. Era fatta. Cambiò la penna per la bacchetta e appellò la pila di compiti corretti da Severus facendola posare davanti a sé. Vi gettò un’occhiata curiosa… giusto per vedere cosa avesse combinato il giovane pipistrello. Il primo compito della piglia era quello di Hermione Granger e Minerva non poté evitare di sorridere nel vedere l’elegante “E” che faceva bella mostra sull’angolo superiore. Con un altro veloce movimento della bacchetta, i compiti finirono sopra quelli corretti da lei e la McGranitt poté ammirare compiaciuta la colonna di verifiche giudicate e archiviate.

Severus si mosse appena sul divano, i suoi lineamenti si tirarono per un attimo, poi la calma del sonno lo avvolse di nuovo.

Minerva si alzò pesantemente in piedi e si avvicinò al giovane collega. Con un gesto veloce della bacchetta gli tolse la giacca nera e le scarpe, quindi, facendo attenzione a non svegliarlo, gli sollevò le gambe sul divano facendolo stendere completamente. Appellò una coperta appoggiata su una poltrona all’angolo del soggiorno e la pose sulle spalle di Severus, comprendolo con un gesto materno. E sorrise intenerita quando vide il giovane stringere il bordo della coperta nella mano per portarla più vicino al suo volto. Era strano veder Severus così vulnerabile, anche quando dormiva. Era strano vederlo così calmo.  Forse era per questo che Minerva si sentì autorizzata ad accarezzargli dolcemente una guancia. Dopotutto, era una strana serata, no? E la severa, fredda professoressa McGranitt non poteva rimanere indifferente di fronte al modo in cui Severus si stringeva alla coperta, quasi a cercare calore e allo stesso tempo a nascondersi in essa.

Si sedette piano sul bordo del divano, e prese ad accarezzare lentamente i capelli neri di Severus. Strano. Giusto quella mattina lei e Severus si erano quasi scannati per dieci punti tolti ai Serpeverde ed ora lei era lì a guardarlo dormire come se fosse stato suo figlio. E, certo, l’aveva visto crescere. Da quando era un bambino magro, isolato e spaventato ad ora che era un uomo chiuso, sarcastico e coraggioso e, forse, Minerva lo riteneva quasi un figlio. Come Albus, d’altronde. Ma il rapporto tra Albus e Severus era certo molto più profondo e inscindibile di quello che l’acido professore di Pozioni aveva con lei. Era un rapporto di affetto e stima e fiducia profondi, ciechi, e per questo era anche un rapporto insano. Perché Severus avrebbe fatto qualsiasi cosa se solo Albus glielo avesse chiesto, anche distruggere la propria anima. E Albus sapeva di poter chiedere a Severus qualunque cosa. Per Severus, Albus Silente era stato la salvezza e la dannazione allo stesso tempo.

“Albus…”

Minerva sussultò. I suoi occhi chiari si focalizzarono sul viso di Piton allontanando la bruma dei pensieri. La McGranitt non sapeva se essere intenerita dal fatto che Severus chiamasse Silente in sogno o se esserne arrabbiata. Vide il giovane stringersi ancora di più nelle coperte, quasi cercasse di nascondersi a qualche strana lonza dei suoi sogni, i lineamenti improvvisamente tirati. Le carezze di Minerva si fecero più forti.

“Ssst, Severus. Albus non c’è. Ci sono io.” Sussurrò. Sapeva che non sarebbe servito a molto. Severus si sentiva al sicuro solo con Silente. Albus. Solo Albus.

“Ah, mio povero ragazzo.” Sospirò la professoressa. “Cosa hai fatto di male per meritarti l’affetto di Albus Silente?”

Minerva vedeva gli occhi di Severus scattare a destra e a sinistra sotto le palpebre serrate, sentiva il suo respiro farsi meno regolare, ma lei non poteva fare nulla per scacciare quelle visioni. Solo Albus aveva quel potere.

Dei colpi alla porta.

Gli occhi di Minerva scattarono verso di essa. A malincuore, si alzò con delicatezza dal divano e camminò silenziosa verso la porta. Abbassò la maniglia e spiò al di là, in quello che era il suo ufficio, ora invaso dal buio e due occhi azzurri scintillarono di fronte a lei, brillando oltre gli occhiali a mezzaluna.

La professoressa aprì completamente la porta.

“Albus”, bisbigliò, “cosa ci fai qui?”

Silente avanzò nel soggiorno costringendo la collega a spostarsi.

“Cercavo Severus. Ho importanti notizie dal Ministero ma-”

“Ssst!” Lo rimproverò subito la McGranitt costringendolo ad abbassare il tono di voce. Di fronte allo sguardo interrogativo che le rivolse Silente, accennò col capo verso il divano.

Albus seguì il movimento della professoressa e i suoi occhi colsero la figura addormentata di Severus. Un sorriso salì alle sue labbra solleticandogli i baffi bianchi.

“E’ venuto qui a portarmi una pozione. E poi si offerto di aiutarmi con i compiti. E poi l’ho costretto a stendersi sul divano.” Gli spiegò la McGranitt sottovoce, osservando duramente il preside.

“Sì?” Fece soltanto questi. Quindi avanzò verso la figura addormentata e si chinò di fronte a Severus osservandone i lineamenti tirati dalle immagini che affollavano la sua mente. Levò una mano rugosa e la poggiò dolcemente sulla fronte del giovane mentre il sorriso sul suo volto si allargava dolcemente. Severus parve rilassarsi sotto quel tocco, mosse il capo spingendolo verso la mano di Albus in un movimento infantile.

“Ha un po’ di febbre.” Sussurrò Albus alla McGranitt senza tuttavia guardarla.

“E’ lo stress. Albus, non fai che incalzarlo con il tuo bene superiore. Con il suo dovere… fa qualcosa. Per lui.” Disse la McGranitt chinando la schiena sul preside in ginocchio e accennando a Severus.

Albus parve non averla udita. Si alzò con fatica da terra, quindi afferrò con delicatezza, ma fermamente, le spalle di Severus e lo alzò. Piton mormorò qualcosa, ma non si svegliò.

Silente si sedette sul divano e fece appoggiare Severus sul suo petto, stringendolo forte tra le braccia. Lo sapeva. Sapeva a  cosa doveva far fronte Severus ogni giorno e ogni notte. Sapeva che la colpa era principalmente sua, ma non poteva chiedergli di smettere. Non poteva chiedergli di smettere di andare da Voldemort, di spiare, di mentire… per lui. Perché Severus non l’avrebbe fatto. Era l’unica sua richiesta a cui Severus non avrebbe mai accondisceso.

E Minerva, vedendo come Severus premeva il capo contro la morbida barba del preside, ora che finalmente si sentiva al sicuro… ora che finalmente era venuto chi poteva proteggerlo dai suoi incubi… Minerva non poteva far altro che sorridere. Per quanto la vita avesse dato poco a Severus, per quanto il suo dovere lo stesse schiacciando… per quanto l’amore di Albus Silente fosse la dannazione per qualunque essere mortale, l’amore di Albus era anche l’unica casa sicura di Severus. Un bene e un male. Per quanto le richieste di Albus ferissero Severus profondamente nell’anima e nel corpo, la presenza del preside era anche l’unica medicina.

La professoressa McGranitt sorrise guardando Silente lentamente cullare Severus tra le sue braccia, scacciando via gli incubi. Quella era davvero una strana serata.

Oltre ogni previsione, Albus.


 




Questa storia non è nulla di particolare. Soltanto, avevo questa idea che mi girava in testa e ho deciso di scrivere qualcosa. Volevo solo scrivere qualcosa su Severus, Minerva e Albus.

Spero vivamente che vi sia piaciuta!

Qualche commentino me lo lasciate? ;)

Ciao a tutti!
  

  
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