Note dell'Autrice: Ed eccomi rientrare con una storia che avevo data per persa. Forse per il poco tempo che ho, forse perché semplicemente non mi venivano idee, il classico "blocco dello scrittore" è finalmente terminato. So che vi ho fatto attendere un po' per sapere qualcosa, ma spero ci sia qualcuno che ancora segui la storia. Non lascio mai storie a metà, quindi completerò tutte quelle che ho nella pagina prima di postarne nuove. Vi lascio ora alla lettura.
Quando entrarono nella cittadella, i due gemelli
ricostruirono ciò che non c’era più dai ricordi che Estel gli aveva lasciato. La
casa in cima alla collina, quella dove risiedeva il re, aveva mantenuto gli
emblemi di Rohan, ma tutti gli intarsi erano in sfacelo. Le case che avevano
attraversato erano per lo più baracche di legno, di dubbia resistenza e, sulla
strada, non avevano trovato nessuno che potesse loro dare un segno di vita
all’interno di quella cittadina.
Elladan
fece scivolare la mano verso la spada che aveva al fianco, ma non la estrasse.
Si limitò a guardare Elrohir e dargli un cenno di assenso che subito fu
contraccambiato.
L’autunno
era calato sulla Terra di Mezzo, come una coltre pesante e così anche sulla
cittadina di Edoras. Troppe
similitudini con i racconti che gli fecero Estel e Legolas. Ora che non avevano
neanche la guida di qualcuno che era stato lì tempo fa, i due gemelli si
chiedevano come potessero fronteggiare questa nuova minaccia, senza però
distogliersi troppo dalla loro ricerca.
Davanti
la porta della dimora del re, Gàel si fece avanti, lasciando Milea dietro e ben
nascosta dietro i due elfi. Le guardie che erano lì poste gli sbarrarono la
strada con le loro pesanti lance. Non avevano preveduto un’accoglienza così
fredda verso i cittadini, ma dopo quello che stava succedendo era più che
plausibile.
-Dovete
lasciare le armi. Non si entra nella casa di re Theorl
armati.
Elladan
ed Elrohir si guardarono per qualche istante. Presero un profondo respiro e
annuirono insieme. Avrebbero seguito le direttive, ma avrebbero tenuto gli occhi
aperti. Non sapevano a cosa stavano andando incontro.
Milea
non riconosceva le guardie che stavano alla porta, probabilmente dalla sua
ultima visita l’avevano cambiate, poiché ricordava, oltre Ghadren, che ci fosse
anche Thorden. Scosse la testa, stando attenta a ciò che poteva succedere, dato
che la trattavano completamente come una ragazzina che aveva bisogno di
protezione.
Alla
seconda intimazione di deporre le armi, i due fratelli iniziarono a deporre le
loro. Quando furono completamente spogli, Gàel depose il suo stiletto che aveva
nella cintola. Niente di particolarmente pericoloso, ma comunque era sempre
un’arma.
Milea
era sprovvista di armi e le guardie si misero d’accordo a farli passare.
La
stanza era buia e pochi raggi di sole entravano all’interno della struttura, per
dargli un aspetto ancora più sinistro.
Elladan
ed Elrohir cercavano di mantenere l’attenzione, non sulle parole dell’uomo che
li accompagnava, ma su tutto ciò che li circondava. Su ogni movimento sospetto
che poteva minare la loro posizione.
Il
re, diretto parente di Eomér, morto ormai da molto tempo, sedeva sul trono
intarsiato. Portava la corona del regno di Rohan e per qualche istante ai due
fratelli somigliò ad un re dei tempi antichi.
Intorno
a lui sedevano altri tre individui, cui i volti non ricordavano nulla a quella
improvvisata compagnia.
Soldati
erano posti in ogni angolo della stanza che osservavano i movimenti dei due
gemelli e dei due umani. E di rimando Elrohir li guardava, non tanto sorpreso da
quella accoglienza. Aveva ogni nervo teso e pronto a qualsiasi evenienza, invece
Elladan era calmo, per quanto poteva esserlo, e rilassato rispetto al fratello.
Si scambiarono sguardi per alcuni istanti, intendendosi
velocemente.
Di
fianco al re, in piedi, c’era un uomo. Alto, magro più del dovuto e portava
abiti pesanti e di una foggia che non avevano mai visto. Il viso era affilato e
il naso aquilino, la bocca era stirata in una muta risata e gli occhi erano
incavati e attenti. I capelli erano lunghi e scuri, così come gli occhi che
stavano attenti ad ogni movimento di coloro che erano
giunti.
Improvvisamente
Theorl si alzò, puntando il dito verso Gàel che non si chinò a riverirlo. Non
c’era mai stato questa forma tra loro e Gàel era stato giudicato diversamente
dal re in persona. Sua moglie era la figlia del re e lei stessa aveva spiegato
ciò che le premeva in quel periodo, quando se andò.
Anche
se Theorl non era stato d’accordo al tempo, aveva acconsentito al volere della
figlia. E Gàel l’aveva ringraziato per questo, non portandogli alcun
rancore.
-Neithon
thia cenn o gwain?
¹
Elrohir
era dubbioso e guardava Elladan con celato disgusto per il trattamento che
stavano ricevendo. Gli aveva sussurrato quel dubbio nell’orecchio ed Elladan
aveva solo confermato ciò che temeva. Ora Elrohir cercava di ricordare e
attraverso i ricordi che Estel gli aveva dato all’epoca della guerra
dell’Anello. A Rohan era già capitata una cosa simile e proprio ad
Edoras.
-Aran
Theòden! ²
Espresse
Elladan a bassa voce e in modo che solo il fratello potesse sentire. Si
continuava a guardare intorno, cercando di carpire ogni singolo movimento
sospetto. Elrohir voleva andare via da quel posto poiché in esso sentiva una
pressante forza malvagia che si animava intorno ai presenti ed era sicuro che
Elladan aveva avvertito la stessa, identica cosa.
Elladan
annuì allo sguardo del fratello mentre Gàel e Milea iniziavano a parlare con il
re, ma questi sembrava non volerli neanche ascoltare. Eppure la donna era
convinta di potergli chiedere ciò che a loro serviva. Infatti fece qualche passo
indietro verso Elladan, tra i due gemelli era quello di cui si fidava di
più.
Milea
prese Elladan per il braccio, un tocco leggero di cui si accorse solo quando lo
prese. Guardò Elrohir per alcuni istanti.
-Non
ricordo questo suo comportamento. Vedo qualcosa di strano in
lui.
Elladan
si scostò dall’avvicinamento non voluto, anche per evitare di farla allarmare.
Si accorse solo in quel momento di un’altra presenza che camminava lungo le
piccole navate della casa. Aveva i tipici abiti degli Haradrim. Elladan corrugò
leggermente la fronte e strinse le labbra. Si avvicinò all’orecchio del
fratello.
-Bedim
, Elrohir!³
Elladan
aveva sussurrato verso il fratello. Aveva uno strano presentimento e il vedere
l’uomo del Sud alla corte del re, non era una cosa alquanto positiva, almeno
dagli ultimi risvolti che c’erano stati.
-Recuperiamo
le armi e andiamocene.
I
due gemelli presero un profondo respiro, vagando con lo sguardo alla ricerca di
quell’uomo che avevano visto, non ritrovandolo in nessun viso al momento
presente.
Gàel
aveva chinato il capo verso il re ed egli aveva riso maligno. Una risata che
sembrava innaturale.
-Altri
incontri mi attendono, mio buon amico.
Il
re era cambiato all’improvviso e sicuramente sotto l’influenza dell’uomo magro
che gli sedeva accanto. Si era alzato in piedi e aveva aperto le braccia, in
segno di accoglienza nella sua casa.
-Domani
sera organizzerò un banchetto per il tuo ritorno. E per la mia adorata
nipote.
Gli
occhi di Theorl si posarono per qualche istante sul volto di Milea e lei,
spaventata, aveva indietreggiato, nascondendosi alle spalle dei due
gemelli.
Elladan
aveva notato quello sguardo sinistro e aveva ricercato lo stesso sguardo nel
sottoposto accanto al re. Il sovrano non era l’unico ad essere sotto controllo
di qualche forza malvagia, qualcosa che era oltre le loro possibilità
adesso.
10
Novembre 129 della Quarta Era
Li
avevano condotti verso una delle stanze del palazzo di Edoras, ma le loro armi
non gli erano state consegnate. Elladan ed Elrohir avevano confabulato per
alcuni istanti nella loro lingua e Milea non era riuscita a stargli dietro,
poiché non conosceva la lingua degli Elfi. Era notte fonda e a lei non riusciva
a coglierla il sonno.
Aveva
chinato il capo silenziosa e se ne era rimasta nel suo angolo di stanza con le
gambe raccolte al petto. Il padre era stato accomodato nella stanza accanto a
lei, ma delle guardie sorvegliavano gli ingressi delle
camere.
In
profonda solitudine aveva cercato di comprendere il comportamento di suo nonno e
mille pensieri si era fatto circa lo strano tono di voce che le era stato
rivolto, quando li avevano invitati a cenare con loro.
Milea
scosse il capo, cercando di evitare brutti pensieri, ma erano gli unici che si
affacciavano nella sua mente. Improvvisamente fu scossa da un battere incessante
sulla porta. Corrugo la fronte e si alzò lentamente avvicinandosi ad uno dei
battenti.
-Milea,
aprimi.
La
ragazza trasalì. Era la voce di Ghadren.
Felice
di sentire un amico aprì senza pensarci due volte. Ghadren si infilò all’interno
della camera e, chiusa la porta, prese le mani di Milea stringendole
appena.
-Dovete
andare via da qui, Milea.
Ghadren
strinse le labbra e si guardò attorno. Non aveva gli abiti da soldato che gli
aveva visto la mattina prima, ma degli abiti molto più comodi, forse gli stessi
che indossava sotto l’armatura.
Gli
occhi dell’uomo, però, erano preoccupati e vigili.
-Dovete
andare via da qui. Subito!
Milea
scosse il capo.
-Non
capisco. Cosa sta succedendo.
Ghadren
guardò la donna dritta negli occhi. Lei era visibilmente agitata e farle capire
in fretta ciò che doveva fare gli avrebbe portato via molte
energie.
-Ora
ascoltami e non fare domande. Ho lasciato le armi dei tuoi compagni fuori le
mura, sulla strada che conduce a sud. Andate verso Anorien, i Monti Bianchi, e
da li i tuoi compagni sapranno sicuramente la strada.
Milea
in un primo momento non rispose, ma ciò che le premeva sapere, in quel momento
non poteva essere rivelato.
-Non
ci sono guardie alle porte, ma solo lungo le mura. Siamo rimasti in
pochi.
Le
parole di Ghadren misere nel cuore di Milea una profonda tristezza. I tempi
antichi erano ormai solo un ricordo per la gente di Rohan. L’autunno stava
avvolgendo anche la storia di quei valorosi uomini che erano stati un tempo. Un
paese che aveva dato la nascita a grandi eroi, era destinato a
perire.
Ghadren
uscì dalla porta con molta accortezza. Fra poche ore sarebbe stato il suo turno
di guardia e non poteva tardare a raggiungere la sua posizione o si sarebbero
insospettiti.
Milea
sgattaiolò poco dopo l’uomo, guardandosi con sospetto intorno, in ogni angolo
buio non illuminato dalle torce. Strinse le labbra e si chiuse le mani al petto.
Si sentiva una ladra in un palazzo che l’aveva vista
crescere.
Richiamata
l’attenzione del padre, si diresse verso le stanze di Elladan ed Elrohir,
introducendosi all’interno della stanza insieme al padre.
Milea
aveva spiegato la situazione e i due fratelli stentavano quasi a credere alla
versione dei fatti.
Ma
se quella era l’unica possibilità per poter avvertire il nipote, Eldarion, di
quello che stava succedendo.
-Thelim
anno estel?
4
Elladan
aveva guardato il fratello con uno sguardo fermo. Aveva corrucciato leggermente
le sopracciglia, un’espressione che utilizzava raramente e solo in casi
particolarmente pericolosi.
Elrohir
di rimando fece un cenno di assenso.
-Boe!
5
Elladan
aveva preso un profondo respiro nel sentire la risposta del fratello e il suo
solo pensiero fu il riuscire ad uscire vivi da quell’impresa. Si era avvicinato
ad Elrohir e aveva posato una mano sulla sua spalla, ma rivolgendosi verso Gàel
e Milea.
-Allora
andiamo, non possiamo indugiare.
Milea
fece un cenno di assenso e, aprendo la porta, fece cenno agli altri di
affrettarsi ad uscire dalla stanza. Prese il padre dal braccio, forse un po’
frastornato da tutta quella situazione e un po’ rallentato
dall’età.
Erano
riusciti a superare la prima cinta muraria e discendere la collina quando videro
alcune torce volgersi verso di loro. Trattennero tutti il respiro ed Elladan, il
più impulsivo era già pronto a scattare, quando Elrohir con un cenno del capo lo
fece desistere dal suo intento. Erano soldati, ma non erano di ronda, stavano
accompagnando gli uomini che avevano visto quel giorno all’interno del palazzo e
la cosa sembrava alquanto strana.
Tutti
scattarono verso l’uscita, tra la palizzata ormai danneggiata dal tempo e
raggiunsero le armi che Ghadren aveva nascosto per loro.
-La faccenda
continua a complicarsi.
La
voce di Elrohir ruppe il silenzio e tutti si voltarono a guardarlo, mentre
sistemala la corda dell’arco. Il suo viso, quasi mai preoccupato, in quel
momento mostrava alcuni segni di angoscia.
-Dobbiamo
andare. Il nostro viaggi si è protratto troppo. Non metteranno molto ad
accorgersi che siamo fuggiti.
Elladan
fu il primo ad incamminarsi e a chiudere la coda fu Elrohir, attento ad ogni
movimento alle sue spalle.
Il male si stava risvegliando, lo stava
percependo.
Giungere da Eldarion, il Re dei Regni Uniti, sembrava l’unica
priorità.
Glossario
¹
“Sbaglio
o tutto questo si è già verificato?”
² “Re
Theòden!”
³ “Andiamo
via, Elrohir!”
4 “Vogliamo
dar loro speranza?”
5 “È
necessario!”