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Autore: Dregya    21/05/2012    6 recensioni
Peeta Mellark ha una dote, la pittura . I suoi disegni rispecchiano la realtà, ma ritraggono sopratutto il viso di lei, di Katniss.
Katniss, che gli ha detto chiaro e tondo che tutto ciò che è successo nell'arena, non era altro che un modo per salvare la pelle ad entrambi, e avere sponsor.
Katniss, con cui adesso non parla ma che vede tramite la finestra della sua Villa nel Villaggio dei Vincitori.
Katniss, che scherza con Gale come se lui non esistesse.
Nonostante questo, Peeta non riesce ad odiarla.
La ama, la ama con tutto sé stesso, sino a crollare senza pietà in un baratro senza fine.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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« Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te. »




 
Peeta posò lo sguardo turchese sulla tela che aveva di fronte. Quest'ultima ritraeva il viso perfetto e smagrito di Katniss, intenta ad arrampicarsi su un'albero. Sembrava quasi una fotografia, per quanto quel dipinto fosse reale e pieno di dettagli che, normalmente, venivano trascurati. Eppure Peeta non era contento del suo operato. Perché quegli occhi e quelle ciglia  neanche il più abile dei poeti avrebbe potuto descriverle, tanto meno il tratto di un pennello avrebbe potuto tracciare il bordo sinuoso di quel luogo peccaminoso. Nessun rosato avrebbe potuto carpire il reale colore di quelle labbra, quelle piccole pieghe e piaghe sarebbero state riportate in modo grossolano dal pennello, e così era. Per questo il ragazzo si alzò, buttando per terra il pennello che prima aveva stretto fra le mani. Era furioso. 
Perché Katniss, perché? Si ritrovò a pensare, avvicinandosi a passi svelti alla finestra. Scostò la tenda e osservò la villa piena di vita di fronte la propria. Peeta sapeva che lì, vivesse l'intera famiglia Everdeen, ma non solo. Molte volte, dopo aver messo a raffreddare le sue torte, aveva visto Gale avvicinarsi alla porta dell'altra vincitrice degli Hunger Games e andare con questa a caccia. Proprio come in quel momento. La gelosia ormai da settimana divorava Peeta, che iniziava lentamente a crollare come se fosse stato di creta. Non aveva nessuna certezza, ormai. 
Quando si era ritrovato nell'arena, almeno aveva avuto l'illusione di aver davvero conquistato il cuore di Katniss, che finalmente la ragazza in fiamme si fosse accorta del ragazzo del pane. Ma si era sbagliato, perché Katniss aveva solo finto per salvare la pelle a tutte e due. 
E in realtà, avrebbe preferito morire anziché ritrovarsi in una situazione del genere.
"Mia madre potrebbe preparare un ottimo stufato, con quello." La voce di Katniss fece sussultare Peeta, che ancora era intento ad osservarla. Ella portava la solita tuta da caccia, quella che era stata di suo padre. Alla bisaccia aveva attaccato la carcassa di un tacchino e di qualche coniglio. Dietro di lei, Gale sogghignava.
"E' una specie di invito a pranzo, Catnip?" i due si guardarono con complicità e ridacchiarono, nonostante l'aria fosse tesa e i loro comportamenti differenti. Senza pensarci troppo, entrarono scuotendosi le scarpe per non macchiare il pavimento. 
Katniss e Gale. Gale e Katniss. Stanno insieme, alla fine. Com'è sempre stato. 
Quel pensiero trapassò la mente di Peeta, che richiuse con forza la tenda, erretrando stentatamente. Le sue membra dolevano come se una scossa elettrica lo avesse attraversato. I suoi occhi erano cerchiati e adesso, minaciavano di far fuoriuscire lacrime di dolore e delusione. Il cuore batteva con forza, rimbombando nei suoi timpani, confondendolo ancora di più. Sentiva le pareti stringersi sino a farsi piccole, il respiro appesantirsi e la sensazione di ritrovarsi in una gabbia aumentare. Ma era solo l'ennesima illusione.
"DANNAZIONE!" urlò allora, arrabbiato con sé stesso. Se c'era una cosa che Peeta odiava, era toccare ed ispezionare il fondo, essere avvolto dal buio. Con uno scatto repentio, buttò per terra i colori, che si versarono sul pavimento, sporcandolo senza pietà. Quasi non si accorse di ciò che aveva fatto, troppo concentrato sul ritratto di Katniss.
Inclinò il viso e si morse l'interno della guancia, stringendo i pugni sino a conficcarsi le unghie nei palmi. Fu quasi tentato di colpirlo, ma si limitò a scivolare per terra e a rannicchiarsi contro il pavimento.
Non era mai stato un'ottimo partito, né qualcuno di importante. Non era niente, se non l'ombra di un ragazzo distrutto, che amava l'arte. L'arte, quella così dolce azione che lo cullava e accarezzava. L'arte che era l'unica a capirlo e a dargli coraggio, l'arte che lo aveva aiutato e circondarsi di piccoli attimi la cui protagonista non era che Katniss.
Si sentiva così tanto stanco, però. Lasciò dunque che le lacrime furiuscissero e gli rigassero con violenza le gote e che il sonno piombasse su di lui, assieme ai terribili incubi che lo incatenarolo a loro senza lasciargli via di uscita.
Per questo, quando Katniss bussò alla porta con un'espressione preoccupata, urlando "Peeta! Peeta, rispondimi!Peeta!" Peeta non udì nulla, e continuò ad urlare e a contorcersi. Sognando di Katniss che lo baciava, ma che veniva allontanata dalle sue labbra da Cato, che l'aveva presa per i capelli. Il Favorito portò la lama del suo coltello alla gola di Katniss e la recise, affondando in profondità, lasciando che il suo sangue  schizzasse sul viso di Peeta.  Perché era vero; nei suoi incubi di solito aveva paura di perdere Lei. 
  
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